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Posizioni Organizzative: Obbligo di valutazione comparativa

Un dipendente pubblico si opponeva alla mancata valutazione della sua candidatura per diverse posizioni organizzative. La Cassazione ha stabilito che la Pubblica Amministrazione ha sempre l’obbligo di effettuare una valutazione comparativa tra i candidati, basandosi sui principi di buona fede e correttezza, anche in assenza di una procedura formale con avviso pubblico. La sentenza d’appello è stata annullata con rinvio.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Posizioni Organizzative: La Valutazione Comparativa è un Obbligo, non una Facoltà

L’assegnazione delle posizioni organizzative nella Pubblica Amministrazione deve sempre seguire un percorso di trasparenza e correttezza. Anche quando non esiste una procedura formale con bando pubblico, il datore di lavoro pubblico non può agire in modo arbitrario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: l’obbligo di effettuare una valutazione comparativa tra tutti gli aspiranti a un incarico, fondato sui doveri di buona fede e correttezza. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il Caso: Un Dipendente Ignorato

La vicenda ha origine dall’azione legale di un dipendente di un’amministrazione regionale, in servizio dal 1991. Nel corso degli anni, il lavoratore aveva manifestato più volte il suo interesse per diverse posizioni organizzative che si rendevano disponibili. Tuttavia, le sue aspirazioni venivano sistematicamente frustrate: un incarico a cui ambiva veniva prima soppresso e poi riassegnato ad un collega con una diversa connotazione; in un’altra occasione, gli veniva preferito un altro candidato; infine, un’ulteriore posizione di suo interesse veniva cancellata.

Sentendosi illegittimamente escluso, il dipendente si è rivolto al Tribunale per chiedere l’accertamento del suo diritto a una valutazione delle proprie istanze e il conseguente risarcimento del danno. Mentre il Tribunale di primo grado ha riconosciuto la violazione dei canoni di correttezza e buona fede da parte dell’amministrazione, ha però negato il risarcimento. La Corte d’Appello, riformando la decisione, ha dato torto al lavoratore, sostenendo che, prima del 2014, non esistesse un vero e proprio diritto a essere valutati, poiché solo da quell’anno l’ente aveva introdotto procedure selettive precedute da un avviso pubblico.

La Valutazione per le Posizioni Organizzative secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello, accogliendo le ragioni del dipendente. Gli Ermellini hanno stabilito un principio di diritto chiaro e inequivocabile: l’obbligo della Pubblica Amministrazione di procedere a una valutazione comparativa non nasce con l’introduzione di una specifica procedura formale, ma è insito nei principi generali che regolano ogni rapporto di lavoro.

Il conferimento di posizioni organizzative deve rispettare non solo i criteri previsti dalla contrattazione collettiva, ma anche e soprattutto le clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.) e i principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha spiegato che, anche in assenza di un avviso pubblico, l’amministrazione che riceve più manifestazioni di interesse per un incarico ha il dovere di prenderle tutte in considerazione e di confrontarle. La selezione deve essere il frutto di una scelta comparativa, sebbene di carattere non concorsuale. È irrilevante che l’amministrazione abbia formalizzato una procedura specifica solo in un momento successivo (nel caso di specie, dal 2014). I doveri di buona fede e correttezza sono preesistenti e si applicano a ogni fase del rapporto di lavoro, inclusa quella della progressione di carriera.

Ignorare la candidatura di un dipendente e non metterla a confronto con quella degli altri concorrenti costituisce una violazione di tali principi. Il datore di lavoro pubblico non può eludere questo obbligo, nemmeno in assenza di precise previsioni contrattuali che lo impongano esplicitamente. La Corte ha quindi “cassato con rinvio” la sentenza, ovvero l’ha annullata, incaricando la Corte d’Appello di riesaminare il caso attenendosi a questo principio.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza le tutele per i dipendenti pubblici che aspirano a incarichi di maggiore responsabilità. Essa chiarisce che il diritto a una valutazione trasparente e imparziale non dipende dall’esistenza di un bando, ma è un caposaldo del rapporto di impiego pubblico privatizzato. L’amministrazione deve sempre agire in modo non arbitrario, motivando le proprie scelte e garantendo un confronto equo tra tutti i candidati. Per i lavoratori, ciò significa poter contare su una maggiore protezione contro decisioni discrezionali e non motivate, potendo esigere che la propria professionalità e le proprie competenze vengano seriamente considerate ogni volta che si concorre per posizioni organizzative.

La Pubblica Amministrazione è obbligata a valutare le candidature per le posizioni organizzative anche senza un avviso pubblico formale?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di effettuare una valutazione comparativa tra i candidati deriva direttamente dai principi generali di buona fede, correttezza e imparzialità, che si applicano a prescindere dall’esistenza di una procedura formalizzata con un avviso.

La selezione per le posizioni organizzative è un concorso pubblico?
No. La sentenza chiarisce che si tratta di una “scelta comparativa di carattere non concorsuale”. Questo significa che, pur dovendo esserci un confronto trasparente tra i candidati, non si applicano le rigide regole procedurali dei concorsi pubblici per l’assunzione.

Cosa può fare un dipendente se la sua manifestazione di interesse per una posizione organizzativa viene ignorata?
Il dipendente può agire in giudizio per far accertare la violazione dell’obbligo di valutazione comparativa da parte dell’amministrazione e chiedere il risarcimento del danno subito, come ad esempio la perdita di chance di ottenere l’incarico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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