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Posizione organizzativa: nomina e valutazione comparata

Una dipendente comunale contesta la revoca del suo incarico di posizione organizzativa e la successiva nomina di un collega. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, stabilendo che il conferimento di una posizione organizzativa, pur essendo un atto di gestione privatistica, richiede sempre una valutazione comparativa tra gli aspiranti, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede. La revoca dell’incarico iniziale, avvenuta senza tale procedura, è stata ritenuta legittima, così come il successivo conferimento basato su una comparazione motivata.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Posizione organizzativa: la nomina richiede sempre una valutazione comparata

L’assegnazione di una posizione organizzativa all’interno di un ente locale, come un Comune, non può essere un atto puramente fiduciario e discrezionale del Sindaco. Anche negli enti privi di personale con qualifica dirigenziale, è indispensabile una procedura di valutazione comparativa tra gli aspiranti. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con l’ordinanza n. 25537/2024, che chiarisce i limiti del potere datoriale della Pubblica Amministrazione.

I fatti di causa

Una dipendente di un Comune si era vista conferire un incarico apicale come responsabile del settore delle politiche sociali. Successivamente, a seguito di un provvedimento cautelare del Tribunale che lamentava un difetto di motivazione, l’ente locale revocava l’incarico alla dipendente per avviare una nuova procedura. Al termine di questa nuova valutazione, l’incarico veniva assegnato a un altro dipendente.

La lavoratrice ha quindi impugnato tali atti, sostenendo l’illegittimità della revoca del suo incarico e contestando la legittimità della progressione di carriera del collega prescelto. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le sue domande, ritenendo che l’Amministrazione avesse agito correttamente nel revocare un incarico inizialmente conferito senza la necessaria procedura comparativa e nell’espletare successivamente una valutazione motivata tra i due aspiranti. La controversia è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione sul conferimento della posizione organizzativa

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: il conferimento di una posizione organizzativa rientra negli atti di gestione del rapporto di lavoro di natura privatistica. Tuttavia, l’Amministrazione, anche quando agisce come datore di lavoro privato, è sempre tenuta a rispettare i principi di imparzialità, correttezza e buona fede, sanciti anche dall’art. 97 della Costituzione.

Di conseguenza, la scelta non può essere arbitraria o basata su un mero rapporto fiduciario (ex intuitu personae), ma deve scaturire da una valutazione comparativa dei profili professionali dei candidati. Il vizio che ha reso illegittima la nomina iniziale della ricorrente non era un semplice difetto di motivazione, ma un vizio procedurale più profondo: la totale assenza di una qualsiasi forma di comparazione. Questa mancanza ha legittimamente giustificato la revoca dell’incarico e l’avvio di una nuova procedura selettiva.

Le motivazioni: perché la valutazione comparativa è sempre necessaria

La Corte ha chiarito che l’obbligo di una procedura comparativa non equivale a un concorso pubblico formale, ma impone all’ente di esaminare i curricula e le competenze degli aspiranti, motivando la propria scelta. Questo dovere deriva direttamente dai principi generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), che impongono di non prescindere dalla scelta di un aspirante a favore di un altro senza un’adeguata ponderazione.

Nel caso specifico, la determinazione sindacale iniziale era viziata non per una motivazione insufficiente, ma per aver violato la lex specialis dell’ente, ovvero il regolamento comunale che prevedeva specifiche procedure. La revoca dell’incarico non è stata quindi un atto illegittimo, ma il corretto rimedio a un vizio procedurale originario.

Inoltre, la Corte ha respinto le censure relative alla carriera del controinteressato, sottolineando la mancanza di interesse della ricorrente a contestare tali aspetti, poiché l’eventuale accoglimento di tali motivi non le avrebbe garantito automaticamente l’assegnazione dell’incarico. L’esito di una nuova e corretta valutazione comparativa sarebbe potuto essere comunque diverso da quello da lei auspicato.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale nel pubblico impiego: la trasparenza e l’imparzialità devono guidare anche gli atti di gestione del personale. L’assegnazione di una posizione organizzativa non è una mera concessione fiduciaria, ma il risultato di un processo selettivo che, sebbene informale, deve essere tracciabile, motivato e basato sul confronto oggettivo delle professionalità in campo. Le amministrazioni pubbliche sono avvisate: ogni scelta deve essere giustificata da una comparazione effettiva, pena l’illegittimità degli atti e l’insorgere di contenziosi.

È obbligatorio per un Comune effettuare una procedura comparativa per assegnare una posizione organizzativa?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che, anche per gli enti privi di dirigenza, l’assegnazione di una posizione organizzativa deve essere preceduta da una valutazione comparativa tra gli aspiranti. Questo processo, pur non essendo un concorso formale, deve rispettare i principi di correttezza, buona fede e imparzialità.

Un incarico di posizione organizzativa già conferito può essere revocato?
Sì, può essere revocato se il conferimento iniziale è viziato da un difetto procedurale. Nel caso esaminato, l’incarico è stato legittimamente revocato perché era stato assegnato senza alcuna procedura di valutazione comparativa, in violazione delle norme e dei principi generali.

L’assegnazione di una posizione organizzativa è un atto puramente fiduciario del Sindaco?
No. La Corte ha chiarito che non si tratta di un atto discrezionale e fiduciario quasi ex intuitu personae. La scelta deve essere motivata e basata su una comparazione oggettiva delle competenze, al fine di garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’amministrazione, come previsto dall’art. 97 della Costituzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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