Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16139 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16139 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 19871-2019 proposto da :
Provincia di Oristano, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME;
– intimato –
avverso la sentenza n. 321/2018 della C orte d’appello di Cagliari, depositata il 17/12/2018 R.G.N. 108/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 23/05/2024
CC
La Corte d’appello di Cagliari ha respinto il gravame proposto dalla Provincia di Oristano e confermato la statuizione del primo giudice relativa alla illegittima mancata assegnazione ad NOME COGNOME -inquadrata nella categoria D3 del C.C.N.L. del 31 marzo 1999 – di funzioni di responsabilità di servizio con valenza di posizione organizzativa, con conseguente condanna dell’amministrazione ad assegnare alla dipendente funzioni consone al suo profilo professionale, oltre al pagamento della correlata indennità di posizione organizzativa; inoltre, in parziale accoglimento dell’appello separatamente proposto da NOME COGNOME e quindi riunito, ha riconosciuto il diritto della dipendente al punteggio di 98 nell’anno 2009 e di 99 negli anni 2010 e 2011 nelle schede di valutazione dell’indennità di produttività, condannando la Provincia al pagamento dell’indennità in misura pari ai punteggi riconosciuti, oltre interessi legali.
Per quanto qui rileva, la Corte territoriale, premesso che il contenzioso fra le parti traeva origine da un precedente giudizio promosso dalla dipendente sempre al fine di rivendicare il diritto alla posizione organizzativa nonché all ‘attribuzione di un punteggio maggiore in sede di valutazione ai fini della liquidazione dell’indennità di produttività, ha ritenuto che, avuto riguardo alla pronuncia favorevole ottenuta in quella sede dalla lavoratrice, era rimasto accertato che il funzionario inquadrato nella categoria D3 è responsabile di servizio con valenza di posizione organizzativa, sicché NOME COGNOME era stata illegittimamente privata dal 1° maggio 2008 della responsabilità del servizio fino a quel momento ricoperto, mentre ad altro dipendente –NOME COGNOME, evocato in giudizio come controinteressato – era stata attribuita la responsabilità del servizio di protezione civile nonostante fosse inquadrato nella categoria D1.
2.1. Quanto alla valutazione annuale finalizzata alla liquidazione dell’indennità di produttività, nella sentenza impugnata si osserva che nel precedente giudizio fra le parti era stata accertata l’assegnazione alla
dipendente di punteggi inferiori a quelli attribuiti ‘a pioggia’ a tutti gli altri colleghi, in violazione dei principi di correttezza e buona fede e con evidente carattere discriminatorio. Sul punto, la lavoratrice aveva dedotto una variazione dei criteri di valutazione dal 2009, distinti in valutazione degli obbiettivi e in valutazione delle prestazioni, con la conseguenza che l’amministrazione , invece di assegnare un duplice punteggio, avrebbe dovuto riconoscere un unico punteggio medio. La Corte di merito ha, dunque, accolto il gravame proposto dalla lavoratrice, ritenuto documentalmente provato, sì da comportare la rideterminazione del punteggio già riconosciuto dal Tribunale e la condanna della Provincia al pagamento dell’indennità produttiva in misura pari ai punteggi così attribuiti.
Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la Provincia di Oristano articolando nove motivi, cui resiste NOME COGNOME con controricorso, mentre NOME COGNOME è rimasto intimato. 4. Le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la Provincia deduce violazione dell’art. 113 cod. proc. civ. e degli accordi e C.C.N.L., in materia di posizione organizzativa (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), con la precisazione che la posizione organizzativa già ricoperta da NOME COGNOME non era stata revocata ma semplicemente non rinnovata.
C on il secondo motivo si deduce l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di prova e discussione fra le parti (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.), con riferimento alle disposizioni del C.C.N.L. del 31 marzo 1999 in tema di posizione organizzativa;
Con il terzo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione del C.C.N.L. del 31 marzo 1999, artt. 8 e 9, del C.C.N.L. del 6 luglio 1995, art. 37, e dell’art. 107 TUEL e degli artt. 5 e 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, sempre con riferimento alla disciplina della posizione organizzativa.
Con il quarto motivo si denuncia l’omessa pronunzia sui motivi di appello e l’omessa motivazione in relazione alla violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., e dell’art. 111 Cost. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), per avere erroneamente la Corte d’appello ritenuto preclusa la valutazione sul riconoscimento della posizione organizzativa per effetto della pronuncia intervenuta nel pregresso giudizio.
Con il quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 cod. proc. civ. e del principio generale del ne bis in idem , nonché dell’art. 337 cod. proc. civ. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), sempre in riferimento all’asserita preclusione ritenuta dalla Corte d’appello in ordine al riconoscimento della posizione organizzativa.
Il primo ed il terzo motivo sono fondati, con conseguente assorbimento proprio degli ulteriori mezzi volti a censurare il riconoscimento del diritto alla posizione organizzativa (fra molte, Cass. Sez. L, 22/06/2020, n. 12193).
6.1. Occorre, infatti, richiamare la decisione con cui questa Corte (Cass. Sez. L, 15/10/2020, n. 22405) ha definito il precedente giudizio fra le parti, nel senso che il conferimento dell ‘ incarico di posizione organizzativa in favore di dipendente inquadrato nella posizione D3 del C.C.N.L. del 31 marzo 2009 comparto Regioni ed Autonomie locali -posizione alla quale non può attribuirsi alcun carattere di apicalità in termini di mansioni, differenziandosi solo sotto il profilo economico dalle altre posizioni della categoria D, non contraddistinta dallo svolgimento di compiti di responsabilità di un servizio – determina un mutamento non di profilo professionale, bensì di mere funzioni, comportanti unicamente l ‘ attribuzione di una posizione di responsabilità con correlato beneficio economico, funzioni che cessano alla naturale scadenza dell ‘ incarico; ne consegue che, costituendo il rinnovo dell ‘ incarico stesso una facoltà del datore di lavoro pubblico, il mancato esercizio della facoltà in questione che non richiede alcuna determinazione, né motivazione – non può dar
luogo a demansionamento. Sul punto, dunque, è intervenuto il giudicato (esterno) fra le parti , rilevabile anche d’ufficio (fra molte, Cass. Sez. L, 21/04/2022, n. 12754), con conseguente preclusione di ogni ulteriore questione volta nuovamente a porre in discussione il diritto di NOME COGNOME alla posizione organizzativa nel medesimo contesto per cui è causa.
Con il sesto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. (art. 360, primo comma, n. 4 e n. 5, cod. proc. civ.) e della consolidata interpretazione giurisprudenziale della disparità di trattamento in quanto regola del caso concreto (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), per avere la Corte d’appello riconosciuto il diritto all’aumento del punteggio per l’indennità di produttività in violazione dell’art. 2697 cod. civ. e sulla base di argomenti giuridicamente irrilevanti, attraverso una indimostrata valutazione ‘a pioggia’ .
Con il settimo motivo si deduce la violazione dell’art. 2697 cod. civ. e l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti (art. 360, primo comma, n. 4 e n. 5, cod. proc. civ.), per non avere la Corte d’appello considerato i documenti che provavano come la dipendente avesse rifiutato ogni mansione, così giustificando la valutazione negativa sulla produttività.
I motivi, nei termini formulati, sono inammissibili, in quanto, dietro lo sche rmo d’una denuncia di violazione o falsa applicazione di norme di legge, mirano, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. Sez. U, 27/12/2019, n. 34476). Infatti, come già osservato nella precedente decisione emessa inter partes da questa Corte, l ‘ art. 116 cod. proc. civ. non disciplina i limiti di intervento del giudice nelle ipotesi di violazione da parte del datore di lavoro pubblico delle regole procedimentali di gestione del rapporto di lavoro, ma attiene
al potere di valutazione delle prove riservato al giudice del merito; la violazione dell’art. 116 ricorre quando il giudice consideri prova legale quella che tale non è, oppure ove valuti liberamente quella che in realtà è una prova legale. Né sussiste violazione dell ‘ art. 2697 cod. civ., che si configura soltanto nell ‘ ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l ‘ onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, doglianza ben diversa da quella prospettata nelle censure in esame, ove si intende piuttosto confutare la valutazione delle prove effettuata dal giudice di merito, il che non è ammissibile in sede di legittimità.
Con l’ottavo motivo si lamenta l’omessa pronuncia sull’ ottavo motivo d’appello nonché la violazione dell’art. 22, comma 36, della l egge n. 724 del 1994, relativo al riconoscimento in primo grado del cumulo di interessi e rivalutazione, cumulo escluso nel dispositivo della sentenza d’appello senza esplicitare l’accoglimento del motivo .
Con il nono motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, comma 7, della legge n. 228 del 2012 (art. 360, primo comma, n. 4 e n. 5, cod. proc. civ.), per avere la Corte d’appello condannato la Provincia all’integrale refusione delle spese processuale ed al pagamento del raddoppio del contributo unificato benché fosse fondato il motivo dell’erroneo cumulo di interessi e rivalutazione.
Tali censure risultano assorbite dall’accoglimento del primo e del terzo motivo, che comportano la cassazione della sentenza impugnata sul punto e le ulteriori statuizioni anche in ordine alla disciplina delle spese.
Pertanto, in accoglimento del primo e del terzo motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata sul punto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. , con il rigetto della domanda
di attribuzione della posizione organizzativa e delle relative differenze retributive, ferma restando la statuizione sull’indennità di produttività .
Quanto alle spese processuali, le stesse possono essere integralmente compensate fra le parti, a vuto riguardo all’esito dei giudizi di merito ed alla sopravvenuta decisione di questa Corte.
P.Q.M.
Accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, assorbiti il secondo, il quarto, il quinto, l’ottavo e il nono, inammissibili gli ulteriori motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da NOME COGNOME di attribuzione della posizione organizzativa e delle relative differenze retributive, ferma la statuizione sull’indennità di produttività . Dichiara integralmente compensate fra le parti le spese dell’intero processo .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23/05/2024.