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Posizione organizzativa: no al rinnovo automatico

Una dipendente pubblica si era vista negare il rinnovo di una posizione organizzativa. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 16139/2024, ha ribaltato la decisione di merito, stabilendo che la mancata riconferma di una posizione organizzativa rientra nella discrezionalità dell’ente pubblico e non costituisce demansionamento. La decisione si fonda sul principio del ‘giudicato esterno’, poiché una precedente sentenza tra le stesse parti aveva già definito la natura non permanente di tale incarico. La Corte ha invece confermato la condanna dell’ente per aver assegnato un’indennità di produttività inferiore in modo discriminatorio.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Posizione Organizzativa: Il Mancato Rinnovo Non è Demansionamento

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato il delicato tema della posizione organizzativa nel pubblico impiego, stabilendo un principio fondamentale: il mancato rinnovo di tale incarico non costituisce demansionamento, ma rientra nella piena discrezionalità della Pubblica Amministrazione. Questa decisione, basata sul vincolo di una precedente sentenza passata in giudicato, offre chiarimenti cruciali per i dipendenti pubblici e gli enti locali.

Il Contesto: La Battaglia Legale per la Posizione Organizzativa

Il caso trae origine dal ricorso di una dipendente di un Ente Locale, inquadrata nella categoria D3, che si era vista revocare la responsabilità di un servizio, con valenza di posizione organizzativa, a partire dal 1° maggio 2008. L’incarico era stato successivamente affidato a un altro collega, inquadrato in una categoria inferiore (D1). La lavoratrice aveva adito le vie legali per ottenere il riconoscimento del proprio diritto a mantenere l’incarico e la relativa indennità, oltre a contestare una valutazione discriminatoria ai fini del bonus di produttività.

La Corte d’Appello aveva dato ragione alla dipendente, condannando l’amministrazione a riassegnarle funzioni consone e al pagamento dell’indennità di posizione organizzativa. Inoltre, aveva riconosciuto il suo diritto a un punteggio più alto per l’indennità di produttività, ritenendo che la valutazione inferiore fosse stata ingiusta e discriminatoria. L’Ente Locale, non accettando la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Cassazione e il Ruolo del Giudicato Esterno

La Suprema Corte ha accolto i motivi di ricorso dell’Ente Locale relativi alla questione della posizione organizzativa, ribaltando la decisione dei giudici di merito. L’elemento chiave della decisione è stato il richiamo a un ‘giudicato esterno’, ovvero una precedente sentenza, divenuta definitiva, emessa tra le stesse parti in un precedente contenzioso.

In quella decisione, la Cassazione aveva già stabilito che:

1. L’incarico di posizione organizzativa per un dipendente di categoria D3 è un mutamento di mere funzioni, non di profilo professionale.
2. Tale incarico cessa naturalmente alla sua scadenza.
3. Il rinnovo dell’incarico è una facoltà discrezionale del datore di lavoro pubblico.

Di conseguenza, il mancato esercizio di tale facoltà (cioè il non rinnovo) non richiede motivazione e non può dar luogo a un’ipotesi di demansionamento. Essendo la questione già stata decisa in modo definitivo, la Corte ha dichiarato preclusa ogni ulteriore discussione sul diritto della dipendente alla posizione organizzativa.

La Questione dell’Indennità di Produttività

Diversamente, la Cassazione ha ritenuto inammissibili i motivi di ricorso dell’Ente relativi all’aumento del punteggio per l’indennità di produttività. I giudici hanno specificato che la valutazione della Corte d’Appello, che aveva riscontrato un trattamento discriminatorio e una valutazione ‘a pioggia’ ingiustificata, costituiva un apprezzamento di fatto. Tale valutazione non può essere riesaminata in sede di legittimità, che si occupa solo di violazioni di legge e non del merito della controversia.

Le Motivazioni della Corte Suprema

La motivazione centrale della Cassazione risiede nel principio del ne bis in idem e del vincolo del giudicato esterno. La Corte ha spiegato che, avendo già definito la natura dell’incarico di posizione organizzativa in una precedente pronuncia tra le stesse parti (Cass. n. 22405/2020), non era più possibile rimettere in discussione tale qualificazione. Il conferimento di una posizione organizzativa non eleva il dipendente a un nuovo e superiore profilo professionale, ma gli attribuisce temporaneamente funzioni di maggiore responsabilità con un beneficio economico. Alla scadenza, l’incarico termina senza che il dipendente possa vantare un diritto alla sua riconferma. Questa discrezionalità dell’amministrazione è un pilastro della gestione del personale pubblico, volto a garantire flessibilità ed efficienza organizzativa. La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello sul punto e, decidendo nel merito, ha rigettato la domanda originaria della lavoratrice relativa all’attribuzione della posizione organizzativa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Dipendenti Pubblici

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro con importanti implicazioni pratiche. I dipendenti pubblici non possono considerare l’assegnazione di una posizione organizzativa come un diritto acquisito in modo permanente. La sua durata è limitata nel tempo e il suo rinnovo è soggetto alla valutazione discrezionale dell’ente, che non è tenuto a fornire una specifica motivazione in caso di mancata riconferma. Questo non significa che il lavoratore sia privo di tutele: la decisione conferma infatti che le condotte palesemente discriminatorie, come quelle riscontrate nella valutazione per l’indennità di produttività, possono essere efficacemente contestate e sanzionate in sede giudiziaria. In sintesi, la discrezionalità dell’amministrazione esiste, ma deve essere esercitata nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede.

Un dipendente pubblico ha diritto al rinnovo automatico della sua posizione organizzativa?
No, la Corte ha stabilito che il rinnovo è una facoltà discrezionale del datore di lavoro pubblico e non un diritto del dipendente.

La mancata riconferma di una posizione organizzativa costituisce demansionamento?
No, secondo la sentenza, non costituisce demansionamento perché l’incarico modifica solo le funzioni e non il profilo professionale, e cessa naturalmente alla sua scadenza.

Cosa significa ‘giudicato esterno’ e come ha influenzato questa decisione?
Significa che una precedente sentenza definitiva tra le stesse parti ha già risolto la questione. In questo caso, il giudicato esterno ha impedito alla Corte di riesaminare il diritto alla posizione organizzativa, poiché era già stato negato in un precedente processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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