Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34682 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34682 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1823/2024 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE PERSONA DEL LEGALE RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
REGIONE CAMPANIA, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3705/2023 depositata il 22/08/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 23 gennaio 2024 RAGIONE_SOCIALE, illustrato da memoria, ricorre per cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli pronunciata nei suoi confronti e della regione Campania in relazione due polizze fideiussorie rilasciate dalla ricorrente all’ente territoriale al tempo della partecipazione a un bando per l’assegnazione di incentivi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, con erogazione di contributi, rinunciati dalla ricorrente con corrispondente richiesta di svincolo delle polizze, tuttavia non accettata dalla regione. L’intimata ha notificato controricorso.
La RAGIONE_SOCIALE chiedeva con citazione notificata il 22.2.2011, che il Tribunale di Napoli accertasse il suo diritto allo svincolo delle polizze fideiussorie ordinando alla Regione Campania la restituzione dei titoli, con condanna dell’Ente alla rifusione dei danni subiti. La difesa dell’Ente era nel senso che la garanzia non poteva essere venuta meno perché rilasciata in funzione della realizzazione dell’opera e non (più) del contributo, (ancorché) non (più) erogato. Il tribunale rigettava la domanda della ricorrente ritenendo che vi fosse stata una novazione del rapporto dopo la rinuncia ai contributi pubblici.
Impugnata la sentenza dalla ricorrente, la Corte d’appello, in conformità alla sentenza di primo grado, riteneva che la società qui ricorrente non avesse diritto di sentirsi svincolata dalla polizza fideiussoria stipulata con la regione Campania, correggendo la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva
affermato che, per effetto del decreto regionale, comunicato alla RAGIONE_SOCIALE, e della conseguente risposta della società del 17 giugno 2008, la garanzia fideiussoria doveva considerarsi modificata/novata. Di contro, la Corte di merito assumeva che le polizze fideiussorie avessero da sempre garantito la realizzazione dell’opera pubblica, talché la circostanza che successivamente fosse venuta meno, per scelta del beneficiario, l’obbligazione della Regione di versamento dei contributi non incideva minimamente sulla persistenza della distinta obbligazione a suo carico di realizzare l’opera pubblica e di lasciare in vita o eventualmente rinnovare le polizze fideiussorie (sino all’importo già definito e commisurato ad una percentuale del contributo revocato) a garanzia del corretto adempimento di tale obbligo.
Motivi della decisione
Con unico complesso motivo la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto ( ex art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt. 1230, 1324, 1362, 1363, 1366, 1369 c.c.). Deduce che RAGIONE_SOCIALE non fosse obbligata a realizzare l’impianto di cui al bando n. 238/2006 cit., a prescindere dalla corresponsione del contributo ivi previsto, e che la Corte di merito abbia erroneamente ritenuto fonte dell’obbligazione di realizzare l’intervento in discorso nella sua mera partecipazione al bando, in violazione degli artt. 1230, 1324, 1362, 1363, 1366, 1369 c.c.
Con ulteriore profilo di doglianza la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto ( ex art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt. 1325, n. 2, 1936, co. 1°, 1939 c.c.), là dove la Corte di merito ha ritenuto che l’oggetto delle fideiussioni prestate dalle Banche fosse di garantire la realizzazione degli impianti a prescindere dalla concessione del contributo di cui al bando n. 238/2006 e che il mutamento
dell’«obbligazione a carico dell’Ente pubblico» consentisse di mantenere in vita le fideiussioni prestate originariamente, pur in difetto di qualsiasi volontà espressa dai garanti in tal senso, in violazione degli artt. 1325, n. 2, 1936, co. 1°, 1939 c.c.
Il motivo è inammissibile in quanto affetto da vizio di aspecificità rispetto alla ratio decidendi .
Quanto al primo profilo di doglianza la ricorrente contrappone una propria interpretazione dei due negozi che si sono susseguiti nel tempo a quella ravvisata dalla Corte d’appello, sostenendo che l’oggetto delle fideiussioni era certamente l’obbligo di realizzazione dell’intervento, la cui nascita tuttavia era ed è rimasta subordinata all’erogazione del contributo di cui all’art. 5 del bando per cui è causa. Pertanto, la condizione implicita di operatività della polizza, non menzionata perché facente parte della fattispecie costitutiva del rapporto obbligatorio, in tesi sarebbe rinvenibile nel contributo grazie al quale si sarebbero realizzate le opere. Tuttavia, la contrapposizione di una tesi rispetto all’altra non è idonea a denunciare la violazione delle norme ermeneutiche dei contratti o la loro errata applicazione. Poiché l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del
ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017; Sez. 1 – , Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017).
Quanto al secondo profilo di doglianza la ricorrente denuncia come inaccettabile l’ implicazione, pur desumibile dal decisum, circa l’ipotetica novazione (pur parziale) dell’oggetto dell’obbligazione, prospettata dal giudice di appello, che avrebbe in tal modo erroneamente giustificato il mantenimento in vita delle originarie garanzie all’insaputa dei fideiussori, che avrebbero dovuto garantire -senza saperlo- non quanto previsto nelle fideiussioni ma quanto asseritamente convenuto tra debitore e garantito senza il loro coinvolgimento. La fideiussione sarebbe, di contro, un negozio giuridico bilaterale tra il creditore e il fideiussore (tanto vero che essa può essere assunta anche spontaneamente, ovvero senza che il debitore ne abbia conoscenza: cfr. art. 1936 c.c.), per cui non può essere modificata ab externo , attraverso pattuizioni intervenute tra creditore e debitore principale, senza la partecipazione del garante. Tale assunto non è, anch’esso, in grado di attingere la ratio decidendi della sentenza che è giunta a ritenere che, con argomentazioni inerenti alla causa concreta dei negozi stipulati, oggetto primario della garanzia rilasciata con polizza fideiussoria fosse, sin dall’origine, la realizzazione dell’impianto, correggendo in parte qua la tesi dell’intervenuta novazione oggettiva delle polizze fideiussorie abbracciata dal giudice di prime cure.
Entrambe le censure, in breve, sono argomentate in termini di semplice contrapposizione alla tesi sostenuta dal giudice che ne rammostrano prima facie l’inammissibilità, giusta il disposto di cui all’art. 366, 1° comma, n. 4, cod. proc. civ. Esse, in particolare, non sono state dedotte mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza
gravata che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, al fine di consentire a questa Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass., Sez. Un., 05/05/2006, n. 10313): non è il punto d’arrivo della decisione di fatto che determina l’esistenza del vizio di cui all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
Va altresì disposta la condanna della ricorrente al pagamento di somma ex art. 96, co.3, c.p.c., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 8.200,00, di cui e € 8.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; di € 8.000,00 ex art. 96, co. 3, c.p.c.
Così deciso in Roma, il 19/11/2024