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Polizza fideiussoria: cauzione o fideiussione?

Una sentenza della Corte d’Appello di Torino chiarisce la natura giuridica della polizza fideiussoria. Il caso riguardava una compagnia assicuratrice che rifiutava il pagamento a un’azienda beneficiaria, sostenendo che quest’ultima non avesse rispettato i termini di decadenza previsti dall’art. 1957 c.c. per la fideiussione. La Corte ha stabilito che il contratto in questione non era una fideiussione tipica, ma una cauzione, ovvero un contratto atipico di garanzia. La decisione si fonda sulla volontà delle parti, espressa in clausole contrattuali che creavano una regolamentazione autonoma e completa, escludendo l’applicazione delle norme codicistiche sulla fideiussione. Di conseguenza, la compagnia assicuratrice è stata condannata al pagamento.

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Pubblicato il 26 giugno 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Polizza Fideiussoria: Quando una Garanzia si Svincola dalle Regole della Fideiussione

La polizza fideiussoria è uno strumento contrattuale diffusissimo nel mondo degli affari, utilizzato per garantire l’adempimento di obbligazioni. Tuttavia, il suo nome può trarre in inganno. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Torino ha ribadito un principio fondamentale: non tutte le polizze etichettate come ‘fideiussorie’ seguono le rigide regole della fideiussione codicistica, in particolare quelle relative ai termini di decadenza. Questo caso dimostra come la volontà delle parti e la specifica redazione del contratto possano creare una garanzia atipica, più simile a una cauzione, con conseguenze operative molto diverse.

I Fatti del Caso

La vicenda legale ha origine dal rapporto tra tre soggetti: un’azienda acquirente (la beneficiaria della polizza), un’azienda fornitrice (la debitrice principale) e una compagnia di assicurazioni (la garante). L’assicurazione aveva emesso una polizza fideiussoria per garantire la corretta esecuzione di un contratto di fornitura.

Quando la società fornitrice è risultata inadempiente, la beneficiaria ha escusso la polizza, chiedendo il pagamento alla compagnia assicuratrice. Quest’ultima ha rifiutato, eccependo la decadenza dell’azione ai sensi dell’art. 1957 del Codice Civile. Secondo la compagnia, la beneficiaria non aveva agito legalmente contro il debitore principale entro i brevi termini previsti dalla legge per la fideiussione, perdendo così il diritto alla garanzia.

La Questione Giuridica sulla Polizza Fideiussoria

Il cuore della controversia risiedeva nella qualificazione giuridica del contratto. Si trattava di una fideiussione tipica, con conseguente applicazione dell’art. 1957 c.c., oppure di un diverso negozio di garanzia, svincolato da tali oneri?

* La tesi dell’Assicurazione: Il contratto, denominato ‘polizza fideiussoria’, doveva essere ricondotto allo schema della fideiussione. Pertanto, la mancata azione giudiziaria del creditore contro il debitore entro i termini di legge comportava l’estinzione della garanzia.
* La tesi della Beneficiaria: Il contratto, per come era strutturato, non era una fideiussione ma un contratto atipico di garanzia con funzione di cauzione. Le sue clausole specifiche prevedevano una procedura di escussione autonoma, che non richiedeva il rispetto dei termini dell’art. 1957 c.c.

La Decisione della Corte d’Appello

Dopo un complesso iter giudiziario, che ha visto anche un intervento della Corte di Cassazione, la Corte d’Appello di Torino ha dato ragione all’azienda beneficiaria. Ha qualificato il contratto non come fideiussione, ma come una polizza fideiussoria con funzione di cauzione, un negozio atipico regolato primariamente dalla volontà delle parti.

La Corte ha quindi dichiarato che le norme sulla decadenza della fideiussione (art. 1957 c.c.) non erano applicabili al caso di specie e ha condannato la compagnia assicuratrice al pagamento dell’importo garantito, oltre agli interessi e alle spese legali.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione si basa su un’analisi approfondita della natura del contratto e sulla giurisprudenza consolidata, in particolare quella delle Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 3947/2010). Le motivazioni principali sono le seguenti:

1. Autonomia Contrattuale (Art. 1322 c.c.): Il principio cardine è che le parti sono libere di determinare il contenuto del contratto. In questo caso, avevano creato una regolamentazione pattizia dettagliata e autonoma che disciplinava i loro rapporti in modo completo, senza necessità di ricorrere a norme esterne come quelle sulla fideiussione.

2. Volontà delle Parti: L’analisi del testo contrattuale ha rivelato che le parti intendevano stipulare una ‘cauzione’ e non una fideiussione. Il contratto stesso, in particolare all’art. 8, definiva le modalità per ottenere il ‘risarcimento’ (e non il pagamento di un debito altrui), legandolo a procedure specifiche come l’ammissione al passivo del fallimento del debitore, senza imporre limiti temporali stringenti.

3. Distinzione Funzionale: La Corte, richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite, ha sottolineato che questo tipo di polizza ha una funzione ‘cauzionale’. Il suo scopo non è tanto garantire l’adempimento di un debito altrui (come nella fideiussione), quanto sostituire il deposito di una somma di denaro, assicurando al beneficiario un rapido indennizzo in caso di inadempimento, senza le complessità procedurali della fideiussione.

4. Inapplicabilità dell’Art. 1957 c.c.: Poiché il contratto era stato qualificato come negozio atipico di garanzia, la sua disciplina andava ricercata nelle sue stesse clausole. Queste non prevedevano i termini di decadenza dell’art. 1957 c.c., che quindi non potevano essere applicati. La ‘clausola di improrogabilità’ invocata dall’assicurazione è stata ritenuta irrilevante, in quanto superata dalle proroghe consensuali e comunque non idonea a introdurre decadenze non previste.

Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica: il nomen iuris (il nome dato al contratto) non è decisivo per la sua qualificazione. Ciò che conta è la reale volontà delle parti, come emerge dal complesso delle clausole contrattuali. Per le imprese, ciò significa che nella stipula di una polizza fideiussoria è cruciale prestare la massima attenzione alla redazione delle clausole che regolano l’escussione della garanzia. Per i garanti, come le assicurazioni, la sentenza ribadisce che non possono fare affidamento automatico sulle tutele previste per la fideiussione tipica se il contratto è strutturato come una garanzia autonoma o una cauzione.

Una polizza etichettata come ‘fideiussoria’ è sempre soggetta alle regole della fideiussione, come l’art. 1957 c.c.?
No. Secondo la sentenza, la qualificazione giuridica di un contratto non dipende solo dal nome utilizzato (‘nomen iuris’), ma dalla concreta volontà delle parti come espressa nell’intero testo contrattuale. Se le clausole delineano un rapporto autonomo e completo, simile a una cauzione, le norme tipiche della fideiussione, come l’art. 1957 c.c., possono non essere applicabili.

Cosa distingue una polizza fideiussoria-cauzione da una fideiussione tipica secondo la Corte?
La distinzione fondamentale risiede nella funzione e nella regolamentazione. La fideiussione tipica è accessoria all’obbligazione principale. La polizza con funzione di cauzione, invece, è un negozio atipico che mira a sostituire il deposito di una somma di denaro, garantendo al beneficiario un indennizzo attraverso una procedura autonoma e svincolata dalle eccezioni tipiche della fideiussione, come stabilito dalle specifiche clausole contrattuali.

In questo caso, perché la Corte ha ritenuto che il beneficiario avesse agito correttamente?
La Corte ha ritenuto che il beneficiario avesse agito correttamente perché ha seguito la procedura prevista dal contratto di garanzia. Invece di dover rispettare i termini di decadenza dell’art. 1957 c.c., il beneficiario ha adempiuto agli oneri previsti dalle clausole contrattuali, in particolare l’art. 8, che richiedeva di agire contro il debitore principale (in questo caso, con l’insinuazione al passivo del suo fallimento) per ottenere il ‘risarcimento’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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