SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 4786 2025 – N. R.G. 00004684 2019 DEPOSITO MINUTA 05 08 2025 PUBBLICAZIONE 05 08 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI ROMA SEZIONE SESTA CIVILE
composta dai magistrati:
dott.ssa NOME COGNOME Presidente
dr. NOME COGNOME Consigliere
dott.ssa NOME COGNOME
Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
definitiva nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 4684/2019 del registro generale degli affari contenziosi vertente tra
(P.I. ), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’ Avv. NOME COGNOME del Foro di Ancona (C.F. , ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME COGNOME del Foro di Roma, giusta delega in atti P. C.F.
– APPELLANTE –
E
‘ – RAGIONE_SOCIALE‘ -e/o Compagnia e/o Assicuratrice’ (C.F. e P.I. in persona dei procuratori speciali, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. ) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO giusta delega in atti P. C.F.
-APPELLATA –
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto regolarmente notificato la società ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale civile di Roma n. 3441/2019, pubblicata il 14.2.2019 e resa nel giudizio intercorso tra le parti.
I fatti di causa sono riportati nel provvedimento impugnato come segue: ‘ Con atto
di citazione in opposizione ritualmente notificato la società ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo 8814/2015 emesso dal Tribunale di Roma con il quale era stato ingiunto alla società di provvedere al pagamento della somma di euro 180.946,33 oltre interessi e spese relativamente alla somma ritenuta dovuta in applicazione delle clausole del contratto di assicurazione del credito intercorso tra le parti.
In particolare nel ricorso la società aveva dedotto di aver stipulato una polizza n 2005/ che prevedeva, in caso di mancato pagamento di somme da parte dei soggetti debitori, venisse riconosciuta una percentuale del credito stesso a titolo di indennizzo, che aveva segnalato la posizione di 17 clienti in relazione ai quali la assicurazione avrebbe indicato che le pratiche erano ancora aperte e che gli importi da corrispondere ammontavano ad euro 180.946,33 e che malgrado la richiesta detta somma non era stata corrisposta.
A fondamento della opposizione la ha dedotto che la polizza azionata copriva solo crediti aventi caratteristiche precisamente determinate e condizionava l’operatività della polizza al rispetto di determinati obblighi da parte dell’assicurato.
Poiché non era stato accertato il rispetto di tali obblighi il credito non poteva essere ritenuto certo liquido ed esigibile e quindi non poteva essere emesso il decreto ingiuntivo.
Infatti la polizza prevedeva specifiche indicazioni in ordine al contenuto delle fatture che potevano essere oggetto di garanzia, la individuazione di un massimale per ciascun cliente segnalato a condizione che alla richiesta del massimale per cliente fosse stata indicata la eventuale presenza di ritardi superiori ai 90 giorni nei pagamenti,massimale previsto per crediti superiori a 25.000 euro a mano che non si fosse in presenza di cliente per il quale era stato revocato in precedenza un massimale.
I massimali potevano essere revocati e comunque all’inizio di ciascun anno di garanzia era necessario il rinnovo del massimale.
Inoltre il premio assicurativo era calcolato sull’importo globale delle vendite assicurate ed era prevista la decadenza della garanzia nel caso di mancata osservanza di uno degli obblighi quali il divieto di accordare dilazioni di pagamento, di comunicare il fatturato assicurato, di adoperarsi al fine di minimizzare le perdite, fornire informazioni corrette e le somme eventualmente recuperate, fornire nelle proposte assicurative tutte le notizie utili alla valutazione del rischio, non concludere accordi con il cliente dopo la conclusione del contratto ulteriori accorsi che modifichino l’esecuzione dello stesso, segnalare i ritardi nei pagamenti superiori a 90 giorni, non
eseguire ulteriori forniture in presenza di peggioramento delle condizioni di solvibilità del cliente quando si fosse in presenza delle condizioni per richiedere la garanzia o comunque fosse scaduto il termine di pagamento per altri crediti.
Ulteriori condizioni erano poste in materia di termine per la segnalazione dei mancati pagamenti.
La procedura di indennizzo postulava la presentazione della domanda di indennizzo ed era subordinata al ricevimento delle informazioni richieste in ordine alla indennizzabilità dei crediti che potevano portare all’indennizzo detratta la franchigia ammontante dal 1 ottobre 2010 ad euro 2.000 per singolo sinistro. Ovviamente dall’indennizzo doveva anche essere detratto quanto eventualmente percepito dall’assicurato ed era corrisposto nei limiti della percentuale di indennizzo concordata. Fatte queste premesse nel merito ha dedotto di aver ricevuto denunzie di mancato incasso per crediti vantati dalla relativamente alla società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE MAS,
e indicate nel decreto ingiuntivo
Tuttavia era stato chiesto all’assicurata di produrre la documentazione di polizza, non allegata alla denunzia di mancato incasso.
Inoltre l’assicurata aveva scelto di conferire mandato alla solo in relazione alle posizioni debitorie della COGNOME, della RAGIONE_SOCIALE COGNOME e COGNOME, avendo scelto di gestire personalmente gli altri crediti segnalati.
In particolare in relazione alla RAGIONE_SOCIALE la RAGIONE_SOCIALE aveva definito un piano di rientro con la emissione di effetti cambiari da euro 13.500 mensili a decorrere dal settembre 2012 ed un ulteriore effetto cambiano scadente il 5 febbraio 2013. Alla richiesta di informazioni la società assicurata aveva trasmesso una situazione debitoria dalla quale non risultava l’avvenuto pagamento del primo titolo avvenuto il 24 ottobre 2012 ed inoltre risultava che nei confronti della medesima ditta erano state eseguite ulteriori forniture dopo la denunzia di mancato pagamento ed erano emerse delle scadenze maggiori rispetto a quelle previste in polizza. Inoltre per la definizione dell’eventuale indennizzo spettante, occorreva tenere conto che la ditta aveva ottenuto dal Tribunale di Macerata una ristrutturazione del debito che prevedeva il pagamento dello stesso entro dodici mesi dalla omologa, termine non ancora scaduto al momento della richiesta di decreto ingiuntivo.
In relazione alle altre posizioni, RAGIONE_SOCIALE COGNOME e COGNOME ha indicato che i tentativi di recupero erano stati infruttuosi anche se la COGNOME aveva presentato istanza per la ammissione a concordato preventivo.
In relazione alle altre posizioni per le quali non era stato dato incarico per il recupero, nessuna informazione aggiornata era stata trasmessa dall’assicurata in ordine alla NOME, in relazione alla quale risultava unicamente la fissazione di una udienza nel giudizio di opposizione il 5 dicembre 2012, alla BM per la quale era stata approvata una proposta transattiva intercorsa tra la assicurata e la BM per un importo di euro 12.000, alla RAGIONE_SOCIALE relativamente alla cui posizione risultava una proposta di accordo transattivo per un importo di euro 3.500, alla SB in relazione alla quale nulla era stato più comunicato in relazione al concordato preventivo che prevedeva il pagamento del debito nella misura del 28%, alla per la quale era stato revocato il mandato preferendo agire direttamente nei confronti degli eredi senza più nulla comunicare.
Inoltre nel febbraio 2013 era stato eseguito un controllo relativamente alle annualità 2011 e 2012 in relazione al fatturato assicurato per dette annualità e pur non essendo stata consegnata tutta la documentazione necessaria era emerso che per il 2011 non era stato dichiarato un fatturato pari ad oltre 11 milioni di euro a fronte di un fatturato di soli 7 milioni di euro dichiarato e che per il 2012 era stato dichiarato un fatturato ai fini dell’assicurazione inferiore di circa dodici milioni di euro operando anche detrazioni non consentite ai sensi di polizza, situazione che giustificava, sulla base dell’esame della documentazione prodotta nel giudizio monitorio la risoluzione di diritto del contratto e la decadenza dal diritto all’indennizzo.
Ha dedotto, infine che tutte le dichiarazioni di mancato incasso erano state trasmesse oltre il termine previsto dalla polizza.
Ha evidenziato, inoltre, che il documento indicato dalla società assicurata era un documento di lavoro nel quale erano riportati i crediti per i quali era ancora in corso l’istruttoria.
In particolare ha indicato che in relazione alla BM era intervenuta con la assicurata una transazione che prevedeva il pagamento del credito di euro 12.000 in venti rate e che la fattura 5353 non avrebbe potuto essere indennizzata essendo relativa a fornitura eseguito dopo che si era già verificato il mancato pagamento della fattura 2790 alla scadenza.
In relazione alla Athena l’importo riconoscibile pari ad euro 6.500 non era liquidabile essendo in corso il giudizio di opposizione proposto dalla debitrice e trovando applicazione l’articolo 10 comma 1, delle condizioni di polizza.
Per quanto riguarda la COGNOME ha dedotto la non indennizzabilità della fattura 7307 perché emessa dopo l’omesso pagamento alla scadenza della fattura 4949. Inoltre detta
società era stata ammessa a concordato preventivo e quindi il relativo importo di indennizzo non poteva essere allo stato determinato.
Relativamente alla non poteva essere riconosciuto l’importo di cui alla fattura 3185 emessa dopo il mancato pagamento alla scadenza della fattura 1865.
Relativamente alla RAGIONE_SOCIALE ha evidenziato che era intervenuto un accordo transattivo in relazione al quale non era più stata fornita alcuna notizia.
Per quanto riguarda la oltre quanto dedotto è stato evidenziato che non era oggetto di indennizzo la fattura 2555 in quanto emessa dopo il mancato pagamento alla scadenza della fattura n. 603.
Per quanto riguarda la è stato evidenziato che non erano oggetto di indennizzo le fatture 5164 e 5839 in quanto emesse dopo il mancato pagamento alla scadenza della fattura n. 3982.
Per quanto riguarda la è emerso che relativamente alle fatture NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA la società assicurata aveva previsto una dilazione di pagamento a 150 giorni a fronte del termine di 60/90 giorni previsto nelle bolle di pagamento. Di conseguenza non erano oggetto di indennizzo le fatture NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA emesse dopo il mancato pagamento delle fatture prevedenti alla scadenza pattuita. Per quanto riguarda la COGNOME ha evidenziato che la assicurata non aveva comunicato l’eventuale mancato incasso di titoli emessi – di cui peraltro il primo risultava regolarmente incassato – emessi dal debitore nel quadro del piano di rientro concordato. Inoltre è stato evidenziato che non erano oggetto di indennizzo le fatture 398, 963, 1118 per le quali non era stata presentata la dichiarazione di mancato incasso 657, tutte emesse dopo la riduzione del massimale garantito a 50.000 a decorrere dall’8 febbraio 2012. Inoltre nelle fatture 6476, 7146 e 120 era stato previsto una dilazione di pagamento superiore a quella consentita per fruire della garanzia di polizza. Inoltre nessuna informazione era stata fornita in ordine al fatto che fosse stato accolta, su consenso della , una ristrutturazione del credito, omologata dal Tribunale di Macerata, che prevedeva il pagamento del 50% del credito entro dodici mesi.
Si è costituita la società deducendo che la non si era avvalsa della risoluzione del contratto come dimostra la eccezione proposta relativa dalla decadenza dal diritto all’indennizzo per effetto della successiva rilevazione delle cause che avrebbero determinato la risoluzione del contratto dal momento che in questo modo l’assicuratore poteva prolungare il contratto pur in presenza di cause di
risoluzione, continuando ad incassare i premi libero di eccepire la decadenza dal diritto all’indennizzo nel caso che lo stesso fosse stato azionato.
Ha dedotto, inoltre, la insussistenza di modalità previste dal contratto per la denunzia di mancato incasso.
Nel merito ha contestato le deduzioni della opponente dal momento che tutte le informazioni sui crediti erano conosciute dalla In particolare in relazione alla NOME ha dedotto che essendo stato pronunziato il fallimento il credito era certo. Per la COGNOME il recupero era gestito dal legale della ed era quindi la a dover comunicare quanto recuperato. In relazione alla la certezza dell’insoluto era stata raggiunta solo dopo la consegna del materiale venduto. Relativamente alla Gieffe ha confermato la stipula della transazione che, quindi, dimostrerebbe il diritto al restante indennizzo. Relativamente alla ha dedotto che il pagamento della fattura 603 era stato previsto in due tranches e la scadenza della seconda rata aveva determinato l’insoluto della fattura. Relativamente a ha dedotto che la polizza consentiva il differimento fino a 150 giorni dei pagamenti e che benché il concordato aveva previsto il pagamento del credito in misura del 28 % nulla era stato conseguito. Per quanto riguarda la COGNOME ha riconosciuto l’incasso del primo assegno da 13.500 euro evidenziando che null’altro era stato pagato e che anche in quel caso era possibile l’assegnazione del termine di 150 giorni per il pagamento.
Ha ribadito che nella comunicazione di controparte erano indicati i crediti, che la chiedeva di controllare previo aggiornamento. Aggiornamenti che erano stati costantemente inviati, evidenziando che nel procedimento per ingiunzione aveva prodotto le fatture, le denunzie di mancato incasso.
Ha chiesto, infine, il pagamento di quanto ingiunto o della eventuale minore somma accertata in corso di giudizio’.
Il Tribunale adito, con l’impugnata sentenza, ha così deciso: ‘ accoglie la opposizione proposta dalla società avverso il decreto ingiuntivo n. 8814/2015 emesso dal Tribunale di Roma in favore della società e per l’effetto revoca il decreto stesso. *condanna la società a rimborsare alla società le spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 5.406,50 di cui euro 5.000 per onorari delle fasi processuali ed euro 406,50 per spese, oltre accessori come per legge e maggiorazione forfettaria delle spese nella misura del 15% ‘.
Avverso la sentenza ha proposto appello la società che ha
svolto le seguenti conclusioni: ‘ Piaccia all’Ecc.ma Corte di appello adita, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, in accoglimento dei motivi di appello sopra riportati e qui da intendersi integralmente trascritti, riconoscere l’errore di fatto e di diritto in cui è incorso il Giudice di prime cure nelle parti di sentenza sopra specificate per l’effetto, in totale riforma della sentenza n. 3441/2019, pubblicata il 14.02.2019, emessa dal Tribunale di Roma, Sezione Dodicesima Civile, in persona del dott. COGNOME NOME in seno al procedimento n. R.G. 56414/2015, notificata a mezzo pec al sottoscritto difensore in data 05.06.2019.
Nel merito, in via principale, respingere l’opposizione proposta dalla nei confronti della in quanto infondata in fatto ed in diritto per i motivi esposti in premessa, da intendersi qui integralmente ritrascritti, e per l’effetto confermare integralmente il decreto ingiuntivo opposto, e condannare la , in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, nei confronti della Ditta opposta, della somma di Euro 180.946,33, oltre interessi legali dal dovuto al saldo e spese di procedura come liquidate in decreto. In via subordinata, accertare la eventuale debenza di minor somma a titolo di indennizzo assicurativo rispetto a quella richiesta in via monitoria in relazione agli stessi sinistri che hanno fornito la base della richiesta monitoria, e per l’effetto condannare la al pagamento, nei confronti di di tale accertanda minor somma, previa revoca del decreto ingiuntivo opposto. In ogni caso con condanna della società alla restituzione a favore della società delle somme da questa versate alla prima in ottemperanza alla sentenza appellata. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa ‘.
Si è costituita –RAGIONE_SOCIALE -e/o Compagnia e/o RAGIONE_SOCIALE chiedendo l’accoglimento delle seguenti conclusioni: ‘ Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello adita, sulla base di tutto quanto esposto innanzi esposto e disattesa ogni avversa istanza e deduzione, in accoglimento delle suesposte ragioni: 1) dichiarare inammissibile l’interposto gravame e, per l’effetto, confermare integralmente la sentenza gravata; 2) in subordine, dichiarare il medesimo infondato e, per l’effetto, confermare integralmente la sentenza gravata; 3) in mero ulteriore subordine, per l’ipotesi di accoglimento dell’interposto gravame, in accoglimento di tutto quanto innanzi esposto, rigettare comunque le domande di in quanto inammissibili nonché infondate in fatto e diritto e dichiarare, le somme richieste in via monitoria da in tutto o in parte, comunque non dovute da 3) condannare in ogni caso,
al pagamento in favore di delle competenze e spese (anche forfettarie) di lite ‘.
Con ordinanza dell’11.12.2019, la Corte ha rigettato le istanze istruttorie dell’appellante e rinviato la causa per la precisazione conclusioni.
All’udienza del 18.03.2025 le parti precisavano le conclusioni e venivano assegnati i termini di cui al combinato disposto dell’art. 190 c.p.c.e 352 c.p.c.
In primo luogo, va rigettata l’eccezione di inammissibilità ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. Tale pronuncia di inammissibilità, nella versione vigente ratione temporis, deriva da una valutazione ictu oculi di infondatezza, ed ha, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, i tratti propri di un apprezzamento sul merito della pretesa azionata (cfr. Cass. 6 sez. ord. 37272 del 29.11.2021). Il giudizio di ragionevole probabilità di accoglimento dell’appello si risolve in un vaglio prognostico di manifesta infondatezza del gravame, tale da non meritare, prima facie, il dispendio di energie processuali (così Cass., SS.UU., 02.02.2016, n. 1914; App. Roma 23.01.2013; Trib. Milano 16.09.2016, n. 10176). Nel caso di specie, non ricorre l’ipotesi descritta dalla norma, poiché i motivi di appello e le censure alla sentenza impugnata meritano una più approfondita disamina, incompatibile con una pronuncia preliminare di natura sommaria.
L’appello proposto dalla società è articolato in due motivi.
Con il primo motivo di appello, rubricato ‘ Sulla sussistenza del diritto della a vedersi corrisposte le somme dovute a titolo di indennizzo assicurativo ‘, parte appellante lamenta un’erronea applicazione dell’art. 5.2 del contratto di assicurazione, in quanto non sarebbe maturata la decadenza ivi prevista, contrariamente a quanto asserito dal giudice di primo grado che ha così escluso, erroneamente, il diritto all’indennizzo della società appellante. Rileva che l’appellata fosse a conoscenza del mancato pagamento da parte dei soggetti debitori, come risulterebbe dalla documentazione versata in atti e, nello specifico e soprattutto, alla luce della mail datata 28.11.2012 e dalle relazioni contenenti aggiornamenti delle pratiche sottoscritte dalla difesa di parte appellante. Da siffatta documentazione peraltro emergerebbe che l’appellata aveva manifestato la chiara volontà di rinunciare alla decadenza di cui all’art. 5.2 del contratto di assicurazione. Lamenta altresì quest’ultima la mancata ammissione della prova testimoniale che avrebbe ulteriormente dimostrato l’avvenuta comunicazione dei mancati incassi e rileva, infine, che nonostante l’invio delle denunce di sinistro e l’invio delle relazioni aggiornate circa il mancato incasso di somme spettanti alla la compagnia di assicurazione non aveva eccepito
né l’inoperatività della polizza né la risoluzione del contratto.
Con il secondo motivo di appello, rubricato ‘ Sulla non maturata decadenza ex art. 5.2 lett. B) del contratto – difetto di motivazione e violazione di legge processuale (art. 115 c.p.c.,2733 c.c. art. 2697 c.c.) carenza di motivazione’ , l’appellante impugna la sentenza in quanto il giudice avrebbe a suo dire erroneamente applicato l’art. 5.2 della polizza, al fine di escludere il diritto all’indennizzo relativamente alle somme portate dalle fatture emesse dalla nei confronti dei propri debitori dopo l’emissione della prima fattura rimasta non pagata. Erroneamente il tribunale avrebbe escluso anche per i successivi pagamenti, pur se tempestivamente denunciati, il diritto all’indennizzo in quanto il cliente non pagante la prima fattura doveva ritenersi ‘insolvente’ ai sensi e per gli effetti della clausola contenuta nell’art. 5.2 lett. B) del contratto. A tal proposito, deduce che non poteva dirsi sussistente, in capo a nessuno dei debitori non paganti la prima fattura emessa dalla lo stato di insolvenza, così come definito dall’art. 1 del contratto oltre che dai pronunciamenti dalla giurisprudenza di legittimità.
La sentenza impugnata ha così motivato: ‘ Parte convenuta ha prodotto la polizza stipulata con la società convenuta avente decorrenza dal 1 gennaio 2008 con durata annuale prorogata di anno in anno con la quale alle condizioni di polizza era garantito un indennizzo percentuale delle somme fatturate con la presenza di uno scoperto fisso per sinistro variato nel corso del contratto da 300 euro a 2.000 euro sulla base della appendice 14 in vigore dal 1 gennaio 2010.
Il giudizio verte in ordine alla sussistenza del diritto all’indennizzo in relazione ai crediti vantati dalla società convenuta nei confronti delle società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e
alle quali aveva eseguito forniture rientranti nella assicurazione stipulata. In particolare la società convenuta ha dedotto, a fondamento del decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto che la stessa società avrebbe riconosciuto mediante una e-mail nella quale aveva indicato i seguenti importi per ciascun debitore, importi qualificati come saldi ancora da corrispondere.
TABLE
In particolare la società convenuta aveva indicato i seguenti importi:
TABLE
per un totale di euro 180.946,63
In relazione a detti debitori la società ha depositato il massimale concesso per ciascuna.
Detti importi risultano essere i seguenti:
TABLE
Per quanto riguarda la RAGIONE_SOCIALE risulta che la fattura 5353 del 30 settembre 2011, la fattura 6.037 del 31 ottobre 2011 risultano essere state emesse dopo il mancato pagamento al 31 agosto 2011 della fattura 2790 del 31 maggio 2011, senza che risulti documentata alcuna proroga della scadenza dei 90 giorni previsti in fattura. Analogamente non può essere presa in considerazione la fattura 6179 del 31 ottobre 2011 emessa nei confronti della in quanto emessa oltre la scadenza
del termine di novanta giorni assegnato e non prorogato con la fattura 3652 del 30 giugno 2011.
Per quanto riguarda la società non possono essere riconosciute le fatture 5164 del 30 settembre 2011, 5839 del 31 ottobre 2011 emesse dopo la scadenza del termine assegnato per il pagamento della fattura 3982 del 30 luglio 2011 e non prorogato.
Per quanto riguarda la RAGIONE_SOCIALE risulta essere intercorsa la decadenza relativamente alla fattura V01-7307 del 31 dicembre 2011 emessa dopo la scadenza del termine per il pagamento della fattura 4949 in data 31 agosto 2011.
Relativamente alla società la segnalazione di mancato incasso venne trasmessa tre mesi e mezzo dopo la scadenza del termine assegnato per il pagamento.
Relativamente alla la fattura 3185 appare essere stata emessa un mese dopo la scadenza al 31 maggio 2012 del termine assegnato per il pagamento della fattura 1865 del 30 aprile 2012.
Sempre in relazione alle segnalazioni di mancato incasso l’articolo 5.2 prevede un termine a pena di decadenza per l’invio.
Infatti, è previsto che l’assicurato sia tenuto ad inviare, entro trenta giorni a pena di decadenza, la denuncia di mancato incasso di un credito secondo le modalità di cui al punto n. 2.6, vale a dire presso la sede della individuata nella polizza.
Il termine di 30 giorni per l’invio ai sensi della lettera A) della predetta clausola, decorre dalla scadenza del termine per il pagamento del credito o, nel caso di proroga entro 15 giorni dalla scadenza della stessa.
La lettera B prevede che anche prima della scadenza del termine per il pagamento o della scadenza della proroga la dichiarazione di mancato incasso debba essere inviata entro 15 giorni dalla conoscenza della insolvenza del cliente, del protesto di assegni o cambiali emessi dal cliente, dall’avvio di azioni giudiziarie di natura patrimoniale nei confronti del cliente, o dal ricevimento di informazioni negative relative alla situazione patrimoniale del cliente.
La stessa clausola prevede che in caso di piano di rientro con la emissione di titoli soggetti a protesto, il rischio cessava di essere assicurato se il mancato pagamento non fosse comunicato entro i trenta giorni.
Unitamente alla denunzia di sinistro doveva essere allegata la prova di eventi generatori di sinistro.
In relazione a tale ulteriore aspetto risulta che la denunzia di mancato incasso relativamente alla società risulta essere datata il 2 settembre 2011 e
pervenuta alla il 12 settembre 2011 ed è relativa alla fattura della società opposta n. 2318/V01 con scadenza del pagamento fissata al 30 giugno 2011.
In questo caso la società opposta è decaduta dalla garanzia avendo dovuto essere spedita la denunzia di mancato incasso entro il 30 luglio 2011.
Per quanto riguarda la denunzia di mancato incasso relativa alla società di la stessa risulta essere datata 2 settembre 2011 e pervenuta alla il 12 settembre 2011. La fattura prevedeva la scadenza del pagamento al 31 luglio 2011 e, di conseguenza, anche in questo caso la società era decaduta dalla garanzia dal 31 agosto 2011 e quindi già al momento della predisposizione della denunzia non era più valida la garanzia per detto credito.
Per quanto riguarda i crediti vantati nei confronti della società BM la denunzia di mancato incasso risulta essere stata sottoscritta il 30 novembre 2011 e pervenuta alla in data 6 dicembre 2011. Il termine per il pagamento della fattura 2790/V01 era fissato al 31 agosto 2011 e di conseguenza la denunzia di mancato incasso avrebbe dovuto essere spedita entro il 30 settembre 2011. Analoga situazione ricorre per la fattura 3507/V01 per la quale il termine per il pagamento scadeva il 30 settembre 2011 e quindi la denunzia di mancato pagamento, se si fosse trattato di una fattura singola, avrebbe dovuto essere spedita entro il 30 ottobre 2011. In questo caso trovava, però applicazione la clausola di cui alla lettera B della clausola 5.2 e quindi il mancato pagamento doveva essere segnalato entro quindici giorni dalla scadenza del termine per la segnalazione del primo inadempimento della società. Tale situazione si riverbera per le fatture 4.177/V01, 4776N01, 5353/V01, e 6037/V01 che risultano essere state emesse tutte dopo la scadenza del termine assegnato per il pagamento della prima fattura senza che la stessa fosse stata adempiuta e segnalate solo dopo il 30 novembre 2011 quando era scaduto il termine per il pagamento di quattro fatture.
Anche in questo caso si deve ritenere che la società opposta fosse decaduta dalla garanzia.
Relativamente alla denunzia di mancato pagamento relativa alla società RAGIONE_SOCIALE la stessa risulta essere stata sottoscritta in data 30 dicembre 2011 e pervenuta in data 11 gennaio 2012, mentre la scadenza del termine per il pagamento della fattura 3652/V01 risultava alla data del 30 settembre 2011 di guisa che la denunzia di mancato pagamento doveva essere spedita, ai sensi di polizza entro il 30 ottobre 2011. Le fatture 3856/V01, 4905/V01 e 5526/V01 risultano emesse prima della scadenza del termine di pagamento della prima fattura, ma tuttavia dovevano essere
segnalate al più tardi entro quindici giorni dalla scadenza del termine per la segnalazione del mancato incasso mentre la fattura 6179/V01 risulta emessa dopo il mancato pagamento della prima fattura.
La società opposta era quindi decaduta dalla garanzia anche in relazione di detti crediti.
Per quanto riguarda i crediti vantati nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE la denunzia di mancato incasso risulta essere stata sottoscritta il 3 gennaio 2012 e pervenuta il giorno 11 gennaio 2012. La prima fattura non pagata da detta società alla scadenza è la 2589/V01 la cui scadenza di pagamento era fissata al 30 giugno 2011. Di conseguenza la denunzia di mancato incasso doveva essere inviata entro il 30 luglio 2011 e da tale data decorreva il termine per la segnalazione delle fatture non ancora scadute ed il divieto di ulteriori forniture. Per quanto riguarda la fattura n 3982/V01 il cui adempimento era previsto per il giorno 31 agosto 2011 per il 50% ed il 31 ottobre per il restante 50%. La relativa denunzia di mancato pagamento doveva essere trasmessa entro il 14 agosto 2001. Relativamente alla fattura 4625/V01 la stessa risulta emessa il 31 agosto 2011 quando si era già verificato l’inadempimento e quindi la vendita non poteva rientrare nella garanzia ed infatti la stessa risulta scaduta il 30 settembre 2011 per il 50% e il 31 ottobre per l’altro 50% senza essere pagata.
Inoltre in tutti i casi la segnalazione di mancato incasso è stata inviata a distanza di mesi, ben oltre il termine di decadenza. Anche le successive fatture 5164/V01 e 5830/V01 risultano essere state emesse in una situazione di inadempimento conclamato e quindi non potevano rientrare nella garanzia.
Per quanto riguarda i crediti relativi a fatture emesse nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, la dichiarazione di mancato pagamento risulta essere stata sottoscritta il 2 marzo 2012 a fronte della scadenza del termine per il pagamento della fattura 4949/V01 fissata al 10 novembre 2011 che comportava l’obbligo a pena di decadenza di segnalare il mancato pagamento entro il 10 dicembre 2011. Per effetto dell’inadempimento anche le altre fatture per le quali non era ancora scaduto il termine per l’adempimento dovevano essere segnalate entro quindici giorni dalla scadenza del termine per la segnalazione del primo inadempimento. Tale situazione riguarda la fattura 5579/V01, mentre la fattura V01-7307 in data 31 dicembre 2011 risulta essere stata emessa quando era già scaduto il termine per la presentazione della denunzia di mancato incasso e quindi il credito non poteva rientrare nella garanzia.
Per quanto riguarda i crediti relativi alla la denunzia di mancato incasso risulta essere stata sottoscritta il 16 gennaio 2012 e risulta essere relativa a
fatture emesse a decorrere dal 30 aprile 2011 (vedi le n.2385 e 2386) con scadenza a 150 giorni il 30 settembre 2011. Di conseguenza il termine per la segnalazione del mancato incasso scadeva il 30 ottobre mentre per le restanti fatture scadeva entro il 15 di ottobre. Le fatture non potevano rientrare nella garanzia le fatture 6735/V01 e 7389/V01 in quanto emesse quando era già insorta una situazione di insolvenza. Anche detti crediti non possono rientrare nella garanzia contrattuale.
Per quanto riguarda i crediti relativi alla , la denunzia di mancato incasso risulta sottoscritta dalla società opposta l’8 maggio 2012 e pervenuta alla in data 15 maggio 2012. La prima fattura è la n. 6476N01 ed aveva prima scadenza al 10 febbraio 2012 per un terzo e, di conseguenza il termine per la denunzia di mancato incasso doveva essere presentata entro il 12 marzo 2012 mentre risulta essere stata presentata con circa due mesi di ritardo. Le fatture 7146/V01 e 120/V01 dovevano essere segnalate entro il 25 febbraio 2012 mentre la fattura 677/V01 non poteva essere ricompresa in garanzia essendo stata emessa quando vi era già un inadempimento da parte del cliente.
Per quanto riguarda la società la denunzia di mancato incasso risulta essere stata sottoscritta il 15 giugno 2012 mentre il pagamento della fattura 90/V01 aveva la scadenza fissata per la metà dell’importo al 29 febbraio 2012 e, di conseguenza la denunzia doveva essere spedita entro il 30 marzo 2012. Anche in questo caso si era verificata la decadenza di cui alla clausola 5.2 lettera A. Relativamente ai crediti relativi alla società la denunzia di mancato incasso risulta sottoscritta il 13 luglio 2012 e pervenuta alla il 24 luglio 2012. La prima fattura, la n. 1865/V01 aveva scadenza al 31 maggio 2012 e quindi la società opposta avrebbe dovuto spedire la denunzia di mancato incasso entro il 30 giugno 2012 anche in questo caso la denunzia delle fatture emesse anche se non era ancora scaduto il termine per l’adempimento.
Per quanto riguarda la , risulta essere stata sottoscritta il 1° settembre 2012 e pervenuta alla il 18 settembre 2012, la prima fattura, la n. 6023/V01 aveva scadenza per il pagamento al 30 aprile 2012 e quindi la denunzia doveva essere presentata entro il 30 maggio 2012 .Anche le successive fatture 1457/V01, 1942/V01 e 2555/V01 risultano tutte scadute e l’ultima per il 50% dopo l’inadempimento del pagamento della prima fattura il 30 aprile 2012 e non segnalate ai sensi della lettera B della clausola 5.2 ed addirittura tutte segnalate dopo la scadenza del termine di trenta giorni di cui alla lettera A della medesima clausola per ciascuna di esse.
Di conseguenza per nessuna delle fatture risultano essere stati rispettati i termini di decadenza per la validità della garanzia e di conseguenza deve essere escluso il diritto all’indennizzo ai sensi di polizza.
Per quanto riguarda le altre eccezioni proposte dalla opponente occorre preliminarmente esaminare quella concernente la mancata comunicazione dell’intero fatturato determinato ai sensi di polizza ai fini della determinazione del premio dovuto.
L’articolo 2 prevede che oggetto della polizza fossero tutti i contratti conclusi dall’Assicurata con i clienti residenti negli Stati individuati dalla polizza sui quali l’Assicuratore avesse concesso un massimale con la esplicita indicazione che la copertura assicurativa si applicava comunque a tutte le vendite e prestazione di servizi con pagamento dilazionato, fatturate nel periodo di validità della polizza stessa. Il fatturato assicurato doveva essere notificato entro trenta giorni dal termine del periodo di riferimento, indicato nell’articolo 10 delle condizioni particolari di polizza nella fine dell’annualità assicurativa ed il premio assicurativo non poteva essere comunque inferiore all’importo minimo indicato in polizza.
Dal fatturato erano dedotte le note di credito intervenute in relazione a singole vendite purché antecedenti alla scadenza del termine di novanta giorni dalla emissione della fattura. Sotto questo aspetto la ha evidenziato che la società Assicurata aveva escluso dal fatturato del 2012, pari ad euro 18.802.681,86 euro 11.638.058, riducendo così il fatturato assicurato sul quale era stato calcolato il premio a soli euro 7.164.623,56. Per l’anno 2011 era stato accertato un fatturato assicurato di euro 21.375.790,56 dal quale erano stati esclusi euro 11.962.872,98 con un fatturato sul quale calcolare il premio dovuto.
In particolare la ha dedotto che dalla documentazione prodotta risultava che la società RAGIONE_SOCIALE aveva continuato ad intrattenere rapporti commerciali con clienti per i quali aveva omesso di rinnovare la richiesta di massimale o di procedere a verifica benché si trattasse di clienti declinati e revocati negli anni precedenti, come pure per gli anni 2011 e 2012 erano stati detratti totalmente gli importi relativi a forniture quando era ancora vigente il massimale e clienti per i quali non era stata chiaramente indicata la causa di detrazione.
In relazione agli importi relativi a clienti declinati o revocati o cancellati per anni dal 2008 a 2010 le detrazioni ritenute indebite ammontavano ad euro 2.438.884,28 mentre per l’anno 2011 le detrazioni indebite ammontavano ad euro 4.852.330,61.
Sulla base di tali elementi accertati era stata dedotta la decadenza dal diritto all’indennizzo ai sensi dell’articolo 9 delle condizioni di polizza.
Tuttavia tale decadenza è considerata dalle condizioni della polizza un effetto della risoluzione prevista dalla polizza in caso di dichiarazioni false o atti fraudolenti e nel caso di specie nel presente giudizio la società opponente non ha richiesto la risoluzione del contratto, peraltro già cessato tra le parti dal 31 dicembre 2012.
Tuttavia la stessa clausola 9.1 prevede all’ultimo capoverso che qualora la situazione di mancata corretta dichiarazione degli importi sui quali calcolare il premio venga rilevata successivamente alla scadenza del contratto la stessa comporta egualmente la perdita del diritto all’indennizzo.
La clausola in questione, ovviamente, presuppone la applicazione del principio di buona fede tra le parti e quindi presuppone per la applicazione che si tratti di fatti scoperti dopo la cessazione del contratto in quanto se conosciuti in precedenza in costanza di rapporto determinavano la necessità che l’Assicurazione procedesse o alla risoluzione del contratto o procedesse al recupero del premio evaso con ripristino della garanzia dal momento del pagamento, situazione che evidentemente non può verificarsi nel caso di scoperta del fatto solo dopo la cessazione del contratto.
In ogni caso la decadenza della società dalla garanzia in relazione ai crediti segnalati per aver provveduto alla denunzia di mancato incasso tardivamente rispetto al termine di decadenza previsto in polizza determina l’accoglimento della opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo 8814/2015 emesso dal Tribunale di Roma. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo ‘.
Innanzitutto, va dichiarata l’inammissibilità della produzione documentale di relativa alla documentazione allegata per la prima volta alla comparsa conclusionale, nello specifico, il documento rubricato sub. doc. 1 ed allegato alla comparsa conclusionale, nonché quella depositata per la prima volta in appello di cui al sub. doc.3), in quanto dette produzioni concernono denunce di mancato incasso diverse rispetto a quelle prodotte in precedenza.
Ai sensi dell’art. 345 c.p.c., va rilevato come la produzione di nuovi documenti in appello sia ammissibile solo nel caso in cui la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile, ipotesi questa che non ricorre nel caso di specie. Parte appellante avrebbe potuto produrre in precedenza siffatta documentazione (doc. 3) ma così non ha fatto sicché la detta produzione gli è oramai preclusa in questo grado. Le medesime conclusioni vanno assunte in relazione al doc. 1 allegato alla comparsa conclusionale, in quanto gli atti risultano essere stati tardivamente prodotti da nel primo grado unitamente alla comparsa conclusionale. Trattasi peraltro di documentazione allegata
per la prima volta con la comparsa conclusionale relativa agli anni 2008-2013, quindi antecedente alla scadenza dei termini delle memorie 183, II termine che è elasso ad aprile 2016.
Ma siffatta documentazione risulta pure ultronea, essendo le dette DMI come allegate alla comparsa conclusionale ed in appello afferenti ad altri clienti già liquidati e che sono state prodotte al solo fine di dimostrare che in passato aveva liquidato indennizzi anche se non era stato rispettato il termine decadenziale.
Venendo al merito, con il primo motivo l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza impugnata la quale, accogliendo l’eccezione della relativa all’applicazione della condizione di polizza contenuta nell’art. 5.2 del contratto di assicurazione, ha conseguentemente ritenuto non sussistente il diritto di a percepire le somme dovute a titolo di indennizzo, essendo maturata la decadenza in relazione a siffatto diritto, così escludendo la copertura assicurativa per diverse posizioni di clienti nello specifico, quelle relative ad RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, Tale decadenza non si sarebbe verificata avendo secondo la tesi dell’appellante, contezza del mancato pagamento dei debitori della come si evincerebbe sia dalla mail datata 28/11/2012 sia dalle relazioni inoltrate dalla appellante. Asserisce inoltre che né l’art. 5.2 né tantomeno l’art. 2.6 della polizza prevedevano alcuna formalità circa l’invio delle DMI e che quest’ultimo era stato effettuato nei termini previsti.
Il motivo prospettato non coglie nel segno.
Infatti, come si evince dal contratto di assicurazione in atti l’art. 5.2, rubricato ‘ Denuncia di mancato incasso ‘ prevede che a ‘ Pena la decadenza dal diritto al relativo indennizzo, l’assicurato con le modalità di cui all’art. 2.6 – è tenuto ad inoltrare all’assicuratore la denuncia di mancato incasso di un credito (Denuncia di mancato incasso): A) entro 30 giorni dalla data di scadenza del credito(o, nel caso di proroga concessa, entro 15 giorni dalla scadenza della proroga) ovvero B) ove antecedente la scadenza del credito, entro e non oltre il 15 (quindicesimo) giorno lavorativo successivo alla data in cui l’assicurato abbia avuto conoscenza del verificarsi anche di uno solo degli eventi e/o delle circostanze elencate(..)’ .
La norma, pertanto, rimanda circa le modalità di inoltro della denuncia di mancato incasso di un credito all’art. 2.6 che, a tal proposito dispone che: ‘ Le parti
convengono che tutte le comunicazioni (ivi incluse, a titolo esemplificativo, la proposta di Assicurazione, le Richieste di Massimale, le Notifiche Periodiche, le Denunce di Mancato Incasso, le Domande di Indennizzo, le comunicazioni relative agli adempimenti successivi al sinistro) di cui alla presente polizza saranno inoltrate dall’Assicurato a presso la sede individuata nella presente Polizza . Parimenti, trasmetterà le comunicazioni previste dalla presente Polizza all’Assicurato al domicilio indicato nella Polizza stessa ‘.
Sicché, alla luce del combinato disposto degli articoli menzionati non ha pregio alcuno la doglianza di parte appellante secondo la quale, per l’inoltro della Denuncia di Mancato Incasso non era prevista alcuna formalità, in quanto in base al dato normativo l’assicurato era tenuto ad inoltrare le denunce presso la sede individuata nella polizza, non rilevando, pertanto, la comunicazione avvenuta per vie brevi, quale la mail del 28.11. 2012 (doc. 4 allegato al ricorso per decreto ingiuntivo nonché doc. 1 allegato alla comparsa di costituzione e risposta) e le relazioni inoltrate da in luogo delle denunce di mancato incasso che invece andavano debitamente compilate facendo ricorso al modulo predisposto dalla compagnia ed inviate presso la sua sede nel termine decadenziale previsto dall’art. 5.2., ossia entro trenta giorni dalla scadenza del credito. Le comunicazioni effettuate mediante vie brevi non risultano infatti contemplate nella polizza sottoscritta, alla stregua di quanto previsto dall’art. 2.6 relativamente alle comunicazioni esplicitamente annoverate dall’art. 5.2., tra cui appunto proprio le Denunce di Mancato Incasso.
Circostanza questa che peraltro era ben nota alla parte appellante la quale è documentato come avesse provveduto a trasmettere a i moduli della Denunce di Mancato Incasso presso la sua sede, come si evince dai documenti versati in atti (cf. doc. 3 fascicolo monitorio di , seppur tardivamente, come riscontrato dal giudice di primo grado.
Inoltre, non può riconoscersi valenza ricognitiva alla mail del 28.11.2012 posto che, come chiarito dalla Suprema Corte, per il riconoscimento del debito sono richiesti taluni specifici elementi che difetterebbero nel caso di specie. Infatti, il riconoscimento di debito, pur non avendo natura negoziale né carattere recettizio e costituendo invero un atto giuridico in senso stretto, non solo deve provenire da un soggetto che abbia poteri dispositivi del diritto, ma richiede altresì in chi lo compie una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo a tal fine la consapevolezza del riconoscimento desunta da una dichiarazione univoca, tale da escludere che la dichiarazione possa avere
finalità diverse o che lo stesso riconoscimento resti condizionato da elementi estranei alla volontà del debitore(cf. Cass., Sentenza n. 10755 del 11/05/2009).
Il riconoscimento e la ricognizione di debito (che, ai sensi dell’art. 1988 c.c., costituiscono dichiarazioni unilaterali recettizie) affinché possano spiegare il proprio effetto, è necessario che la relativa dichiarazione sia indirizzata direttamente dall’obbligato al creditore, con lo specifico intento del primo di costituirsi debitore del secondo (cf. Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 15057 del 29/05/2023 , Cass., sez. 3, Sentenza n. 2104 del 14/02/2012; Cass., sez. 3, Sentenza n. 7787 del 31/03/2010 ).
Ebbene, nel caso di specie non può configurarsi alcuna ricognizione di debito, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, mancando nella detta comunicazione qualsivoglia intenzione ricognitiva di trattandosi di un elenco di sinistri che espressamente avrebbe dovuto essere oggetto di successivo controllo e verifica e dunque affatto definitivo, ciò che contrasta con qualsiasi volontà ricognitiva da parte della compagnia.
Altresì, non può trovare accoglimento la doglianza relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale articolata dall’odierna appellante con la quale questa deduce di poter ulteriormente dimostrare che vi era stata l’avvenuta comunicazione dei mancati incassi. Su tale aspetto va richiamata l’ordinanza della Corte datata 11.12.2019 con al quale si è ritenuto che le istanze istruttorie avanzate dall’appellante non potessero trovare accoglimento, non avendo censurato con espresso motivo di gravame l’apprezzamento espresso dal primo giudice in merito alla genericità delle stesse ed alla natura documentale della causa. In particolare, questo il tenore del provvedimento: ‘ La Corte, all’esito della camera di consiglio; ritenuto che le istanze istruttorie avanzate dall’appellante non possono trovare accoglimento, non avendo censurato con espresso motivo di gravame l’apprezzamento espresso dal primo giudice in merito alla genericità delle stesse e alla natura documentale della causa, rigetta le istanze istruttorie dell’appellante e rinvia all’udienza del 14 dicembre 2022, ore 10, per conclusioni ‘.
Orbene, alla luce della normativa richiamata, entro il termine decadenziale di trenta giorni dalla scadenza del credito avrebbe dovuto comunicare a il verificarsi del sinistro e quindi il mancato incasso, inoltrando le DMI presso la sede dell’odierna appellata, come indicato nella polizza. Pertanto, la mail indicata e versata in atti dall’appellante non può sostituirsi alle denunce di mancato incasso, né costituisce ricognizione del debito, e non attesta né l’indennizzabilità dei sinistri n é
tantomeno il quantum eventualmente indennizzabile come rilevato dall’appellata. Tantomeno rilevano le altre deduzioni di parte appellante, quali la conoscenza della situazione debitoria da parte di per mezzo della mail in atti, delle relazioni allegate oltre che dell’ok dato alla transazione. Dovendo, in base al contratto stipulato dalle parti osservarsi per le denunce di mancato incasso rispettarsi, ai sensi della polizza, sia le formalità prescritte dall’art. 2.6 a cui esplicitamente rimanda l’art. 5.2 del contratto, quanto i, rispetto del termine decadenziale ivi indicato.
Inoltre, parte appellante deduce che aveva manifestato la chiara volontà di rinunciare alla decadenza così come prevista dall’art. 5.2. del contratto di assicurazione, rilevando che la sussistenza dei sinistri aperti, il nulla osta dato alla compagnia al raggiungimento di accordi transattivi per chiudere alcune posizioni debitorie, l’invio costante e continuo degli aggiornamenti sulla situazione delle pratiche, il pagamento degli indennizzi nonostante la comunicazione solo formale del mancato incasso oltre il termine di trenta giorni dalla scadenza della fattura sarebbero stati tutti segni evidenti della sua rinuncia ad avvalersi della decadenza prevista nell’art. 5.2. del contratto. A tal riguardo, nel giudizio di appello ove sia prospettata per la prima volta una questione nuova, una nuova eccezione essa è da ritenersi inammissibile stante l’esplicito divieto di cui all’art. 345 c.p.c., II comma. ha lamentato che, mai nonostante siano state inviate le denunce di sinistro e inviate le relazioni aggiornate circa il mancato incasso delle somme spettanti alla abbia eccepito la mancata operatività della polizza e la risoluzione del contratto. Tale deduzione è stata formulata dall’appellante solo nella comparsa conclusionale e riproposta a corredo dell’eccezione formulata per la prima volta in appello, secondo la quale avrebbe manifestato la chiara volontà di rinunciare alla decadenza prevista dall’art. 5.2.
Sicchè, come chiarito dalla Suprema Corte, tanto nel giudizio di appello, quanto in quello di primo grado, la comparsa conclusionale di cui all’art. 190 c.p.c. ha la sola funzione di illustrare le domande e le eccezioni già ritualmente proposte, sicché, ove con tale atto sia prospettata per la prima volta una questione nuova, il giudice non può, e non deve, pronunciarsi al riguardo, senza, con ciò, incorrere nella violazione dell’art. 112 c.p.c. (Cf. Cass., sez. 1, Ordinanza n. 20232 del 23/06/2022).
Altresì, sempre la Suprema Corte ha chiarito che ‘nel procedimento d’appello, il divieto di introdurre nuove eccezioni posto dall’art. 345 c.p.c. non opera nel caso di eccezione fondata su fatti sopravvenuti, verificatisi dopo lo scadere del termine per la loro deducibilità in sede di primo grado dal momento che l’insussistenza del fatto storico nelle more del giudizio di prime cure, che ha reso impossibile sollevare la
relativa eccezione, non contrasta con l’esigenza di assicurare il doppio grado di giudizio sul merito. Sez. 1 – , Sentenza n. 18219 del 05/07/2019′, nonché precisato che ‘Le mere difese, volte a contrastare genericamente le avverse pretese senza tradursi nell’allegazione di un fatto impeditivo, modificativo o estintivo rispetto alle stesse, non sono precluse, ancorché “nuove”, in appello poiché esse non rientrano nel campo di applicazione dell’art. 345, comma 2, c.p.c. che vieta espressamente la proposizione delle sole nuove eccezioni in senso proprio, ossia quelle non rilevabili d’ufficio, e non, indistintamente, tutte le difese comunque svolte dalle parti’. Sez. 6 1, Ordinanza n. 23796 del 01/10/2018. Ed ancora, ai sensi dell’art. 345, comma secondo, cod. proc. civ. non sono ammissibili in appello nuove eccezioni, al di fuori di quelle rilevabili anche d’ufficio, mentre sono proponibili le mere difese, che si differenziano dalle prime poiché con esse le parti si limitano a contestare genericamente le reciproche pretese (cf. Cass., sez. 3, Sentenza n. 15211 del 19/07/2005).
Pertanto, come emerge dalla giurisprudenza di legittimità, sono escluse dall’operatività del divieto di cui all’art. 345 c.p.c., le eccezioni fondate su fatti sopravvenuti e le mere difese che non si traducano nell’allegazione di un fatto impeditivo, modificativo o estintivo del diritto altrui. Sicchè nel caso di specie, posto che con tale eccezione deduce la rinuncia alla decadenza della clausola di cui all’art. 5.2 della polizza da parte di non limitandosi a svolgere su siffatta questione una mera difesa, opera pienamente il divieto previsto dall’art. 345 c.p.c. che esclude che possano proporsi nel giudizio di appello nuove eccezioni.
Inoltre, a sostegno della propria tesi parte appellante deduce che dalla documentazione prodotta (doc. 3) emergerebbe che non abbia mai preteso che la denuncia di sinistro fosse effettivamente eseguita nel termine di trenta giorni dalla scadenza della fattura di riferimento; e tuttavia siffatta documentazione è stata prodotta tardivamente, in quanto depositata per la prima volta in appello e pertanto è da ritenersi inammissibile. Infatti, come già chiarito, il divieto, di cui all’art. 345, comma 3, c.p.c., di produzione di documenti nuovi in appello, è superabile dalla verifica dell’impossibilità per la parte di provvedere tempestivamente, nel giudizio di primo grado, a tale produzione per causa ad essa non imputabile. ( cf. Cass. Sez. 2 – , Sentenza n. 29506 del 24/10/2023; conforme Cass. sez. 3, sentenza n. 26522 del 9.11.2017). E nel caso di specie non si è affatto profilata siffatta ipotesi, con conseguente inammissibilità della documentazione prodotta.
Il primo motivo deve essere pertanto rigettato.
Passando al secondo motivo di appello va rilevato che con esso lamenta il difetto di motivazione e la violazione di legge processuale ai sensi degli artt. 115 c.p.c., 2733 c.c. e 2697 c.c., ritenendo che il tribunale avrebbe errato laddove ha ritenuto maturarsi la decadenza del diritto a percepire l’indennizzo assicurativo facendo applicazione dell’art. 5.2. e così escludendo il diritto all’indennizzo relativamente alle somme portate dalle fatture emesse dalla nei confronti dei propri debitori dopo l’emissione della prima fattura rimasta non pagata. Deduce che nella maggioranza dei casi abbia emesso nei confronti di un proprio debitore più fatture, ciascuna con una propria scadenza, per cui la denuncia poteva essere tardiva rispetto alla scadenza della prima fattura, ma tempestiva rispetto alle fatture successive. Erroneamente il giudice avrebbe ritenuto di escludere anche per i successivi mancati pagamenti, pur se tempestivamente denunciati, il diritto all’indennizzo in quanto il cliente non pagante la prima fattura doveva ritenersi ‘insolvente’ ai sensi e per gli effetti dell’art. 5.2. lett. B) del contratto.
Neppure il secondo motivo di gravame risulta aver pregio.
Il giudice di primo grado ha provveduto ad analizzare ogni singola posizione debitoria dando contezza dell’esistenza, per taluni debitori, dell’emissione di diverse fatture, analizzando la operatività della clausola di cui all’art. 5.2 della polizza assicurativa e il rispetto della decadenza ivi indicata.
A tal riguardo l’appellante deduce che il giudice avrebbe errato facendo applicazione dei termini di cui all’art. 5.2 del contratto di assicurazione, ritendo ‘insolvente’ ai sensi di tale clausola il cliente, non ricorrendo invece nel caso di specie lo stato di insolvenza alla luce della stessa definizione fornita all’art. 1 del contratto di assicurazione oltre che come delineata dalla giurisprudenza di legittimità richiamata.
La censura mossa non coglie nel segno in quanto il tribunale non ha fatto riferimento allo stato di insolvenza, bensì all’inadempimento dei clienti della come chiaramente evincibile dalla lettura del provvedimento impugnato.
Il giudice di primo grado, nel valutare la decadenza della clausola di cui all’art. 5.2. in relazione alle DMI prodotte ha fatto applicazione sia della lett. A) quanto della lettera B) del medesimo articolo, escludendo – essendo decorsi i termini ivi indicati -la indennizzabilità a favore di Nella sentenza impugnata, invero ed a più riprese, il giudice di primo grado si riferisce all’inadempimento dei clienti, rilevando pertanto, in tal caso, l’operatività della lettera b) dell’art. 1 rubricato ‘Definizioni’ di cui al contratto assicurativo, in base al quale esso si configura nel caso di mancato pagamento da parte di un cliente della somma dovuta all’assicurato, alla scadenza
originaria o prorogata del credito (in breve, ‘inadempimento’). Tale norma va letta in combinato disposto con l’art. 5.2 lett. B) che stabilisce, circa l’inoltro delle denunce di mancato incasso, che esso andava effettuato ‘ ove antecedente la scadenza del credito entro e non oltre il 15 (quindicesimo giorno) lavorativo successivo alla data in cui l’assicurato abbia avuto conoscenza del verificarsi anche di uno solo degli eventi e/o circostanze di seguito elencate ‘ tra cui si annovera, alla lettera B4) informazioni negative concernenti la situazione patrimoniale, economica o finanziaria del cliente ovvero comunque qualsivoglia notizia che possa determinare una perdita della presente polizza, ove certamente vi rientra il mancato pagamento/inadempimento dei clienti di cui all’art. 1 della polizza.
Il giudice ha pertanto fatto buon governo della normativa prevedendo che il termine per la presentazione delle DMI fosse di trenta giorni come previsto dalla lettera A) in riferimento alla scadenza del credito e facendo invece applicazione della lettera B), ossia del termine di 15 giorni dal verificarsi di taluno degli eventi dedotti nella lettera b) della medesima clausola per le fatture non ancora scadute ma emesse dopo l’inadempimento dei clienti della
Cosicché e definitivamente neppure il secondo motivo di censura merita accoglimento, in quanto non può che condividersi su tale aspetto il passaggio motivazionale del primo Giudice secondo cui ‘ Sempre in relazione alle segnalazioni di mancato incasso l’articolo 5.2 prevede un termine di decadenza per l’invio. Infatti è previsto che l’assicurato sia tenuto ad inviare, entro trenta giorni a pena di decadenza, la denuncia di mancato incasso di un credito secondo le modalità di cui al punto 2.6, vale a presso la sede della individuata nella polizza. Il termine di 30 giorni per l’invio ai sensi della lettera A) della predetta clausola, decorre dalla scadenza del termine per il pagamento del credito o, nel caso di proroga entro 15 giorni dalla scadenza della stessa. La lettera B prevede che anche prima della scadenza del termine per il pagamento o della scadenza della proroga la dichiarazione di mancato incasso debba essere inviata entro 15 giorni dalla conoscenza dell’insolvenza del cliente, del protesto di assegni o cambiali emessi dal cliente, dall’avvio di azioni giudiziarie di natura patrimoniale nei confronti del cliente, o dal ricevimento di informazioni negative relative alla situazione patrimoniale del cliente ‘. Parte appellante deduce che nessuna delle ipotesi contenute nell’art. 1 del contratto si sia verificata nel caso di specie, in verità, non si sarebbe verificato lo stato di insolvenza indicato all’art. 1 lettera a) ma bensì l’evento generatore di sinistro di cui alla lettera b) dell’art. 1, ossia il mancato pagamento da parte del cliente della somma dovuta all’assicurato in forza di una
Vendita Assicurata, alla scadenza originaria o prorogata del credito (in breve, ‘Inadempimento’).
Pertanto il giudice di prime cure, proprio alla luce di siffatta premessa normativa, ha escluso l’indennizzabilità relativamente ad RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, risultando le Denunce di Mancato Incasso inviate successivamente alla scadenza del termine decadenziale di trenta giorni previsto dalla lett. A) della norma 5.2; mentre per RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, ed le denunce di mancato incasso sono prevenute tardivamente presso la sede di facendo applicazione del combinato disposto della lettera A) e lettera B) della norma di cui all’art. 5.2., in quanto per effetto dell’inadempimento anche le altre fatture per le quali non era ancora scaduto il termine per il loro adempimento dovevano essere segnalate entro quindici giorni dalla scadenza del termine per la segnalazione del primo inadempimento, essendosi verificato uno degli eventi dedotti nella lettera B) della norma 5.2.
In ogni caso, opera nella specie la decadenza dal diritto all’indennizzo ex art. 9.1 secondo comma penultimo capoverso, essendo stata pacificamente rilevata l’evasione del fatturato per euro 26.600.930,98 dopo la cessazione della polizza intervenuta in data 31.12.2012 in seguito al controllo della dichiarazione di fatturato (notifica del fatturato). E’ invero documentato come ai sensi dell’art. 8.1 della Polizza, abbia dato avvio in data 1.3.2013 (cfr. missiva doc. 19 allegata alla citazione) alla procedura di controllo di quanto dichiarato nella notifica del fatturato per l’anno 2012, ricevuta dalla Compagnia il 01.02.2013 (cfr. doc. 18 allegato alla citazione) e dell’annualità precedente.
Infatti. È fatto altrettanto pacifico e pure provato documentalmente come la polizza fosse cessata il 31.12.2012 e che abbia omesso di denunciare a l’effettivo fatturato (in particolare risulta che per annualità 2011 ella ha omesso di denunciare euro 11.962.872,98 di fatturato (fatturato effettivo 21.375.790,90 -fatturato denunciato a euro 9.412.917,92); la clausola invocata prevede invero il venir meno dell’indennizzo ove la Compagnia abbia avuto contezza, come nel caso di specie, di circostanze che avrebbero dato luogo alla risoluzione della polizza e che siano state rilevate successivamente alla cessazione della polizza stessa per qualsiasi motivo. Su tale questione appare dunque condivisibile quanto affermato dal giudice di primo grado nella sentenza impugnata, ad avviso del quale ‘ Tuttavia la stessa clausola 9.1
prevede all’ultimo capoverso che qualora la situazione di mancata corretta dichiarazione degli importi sui quali calcolare il premio venga rilevata successivamente alla scadenza del contratto la stessa comporta egualmente la perdita del diritto all’indennizzo. La clausola in questione, ovviamente, presuppone la applicazione del principio di buona fede tra le parti e quindi presuppone per la applicazione che si tratti di fatti scoperti dopo la cessazione del contratto in quanto se conosciuti in precedenza in costanza di rapporto determinavano la necessità che l’Assicurazione procedesse o alla risoluzione del contratto o procedesse al recupero del premio evaso con ripristino della garanzia dal momento del pagamento, situazione che evidentemente non può verificarsi nel caso di scoperta del fatto solo dopo la cessazione del contratto’ .
In ordine a detta clausola va detto che ne ha invocato la piena operatività, conformemente al principio di buona fede come richiamato dal giudice di prima cure, attesa l’avvenuta pacifica mancata e corretta ‘comunicazione dell’intero fatturato ai sensi di polizza’ e, dunque, in relazione a fatti pacificamente scoperti da dopo la cessazione della polizza intervenuta per disdetta al 31.12.12. Non può, pertanto, ravvisarsi in capo alla compagnia alcuna condotta dolosa o colposa che legittimerebbe la nullità della clausola prevista in polizza ai sensi dell’art. 1229 c.c. norma che prevede la nullità di qualsiasi patto che escluda o limiti preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave, correlandosi l’insorgenza dell’indennizzo alla verifica di elementi determinati e, nella specie, all’esistenza di documentazione indispensabile ai sensi di polizza, in difetto della quale la garanzia non poteva operare. Il giudice di primo grado, in definitiva, ha fatto un buon governo della normativa indicata e pertanto anche il secondo motivo di appello va integralmente rigettato.
Per le motivazioni sopra delineate l’appello deve ritenersi infondato e la sentenza impugnata merita sicura conferma, oltretutto dovendosi condividere quanto statuito dalla Corte con ordinanza dell’11.12.2019 in punto di rigetto delle istanze istruttorie avanzate dall’appellante non essendo stato proposto uno specifico motivo di appello in ordine a quanto deciso dal primo giudice che ha ritenuto la prova richiesta generica e la causa di natura documentale.
Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, ai sensi del DM 55/2014, come modificato dal DM 147/2022 (scaglione ricompreso tra €52.001 e €260.000) con applicazione di valori medi per le fasi di studio, introduttiva e decisionale e minimi per quella istruttoria/trattazione attesa la ridotta attività espletata.
Infine, poiché l’impugnazione è respinta, sussistono i presupposti per
l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da avverso la sentenza del Tribunale di Roma, n. 3441/2019, pubblicata il 14.2.2019, così provvede:
rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata;
condanna a rifondere in favore di le spese del presente grado, liquidate in complessivi €12.154,00 per compensi, oltre a spese generali (15%), iva e cpa come per legge.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1, quater d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come successivamente modificato ed integrato, che sussistono i presupposti per il versamento, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato da parte di pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Così deciso in Roma il 25.7.2025
Il consigliere estensore Il presidente
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