Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6595 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6595 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10220/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
COGNOME (CODICE_FISCALE), pec: EMAIL;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona de procuratore, NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 1532/2019, depositata in data 25/10/2019;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato in fatto che:
NOME COGNOME conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE per chiederne la condanna al pagamento dell’indennizzo dei danni occorsi al veicolo di sua proprietà, nella notte tra il 6 ed il 7 luglio 2007, a causa di una violenta tempesta verificatasi in zona Tortoreto Lido, quando l’auto, parcheggiata in un garage seminterrato, rimaneva gravemente danneggiata in quanto l’interno del locale, ove era parcheggiata, si era riempito completamente di acqua e fango; il veicolo era assicurato con polizza ‘ Auto in’ che prevedeva la garanzia accessoria per i danni materiali e diretti subiti dal mezzo in occasione di trombe d’aria, uragani, bufere e tempeste compresa la grandine (art. 25 bis delle Condizioni Generali di RAGIONE_SOCIALE);
la convenuta contestava in fatto e in diritto la pretesa attorea, invocando l’art. 26 delle condizioni generali di polizza che escludeva dall’assicurazione ‘ i sinistri avvenuti in occasione di (…) trombe d’aria, uragani, alluvioni, inondazioni ‘;
il Tribunale di Ascoli Piceno, con la sentenza n. 271/2015, rigettava la domanda attorea, ritenendo operanti le esclusioni di cui all’art. 26;
la Corte d’appello, investita dell’impugnazione da NOME COGNOME, con la sentenza n. 1532/2019, resa pubblica in data 25/10/2019, ha rigettato l’appello e confermato la decisione di prime cure;
in particolare, dato per accertato che il danno all’auto si era verificato a causa dell’allagamento del garage provocato da una violenta tempesta d’acqua, ha ritenuto fondata l’eccezione di esclusione della garanzia per i sinistri avvenuti in occasione di allagamenti, in ragione del fatto che: i) le condizioni di polizza chiarivano che per sinistro doveva intendersi ‘il verificarsi dell’evento dannoso per il quale è prestata la garanzia’ e per danno quello ‘materialmente
riscontrabile sul mezzo e derivato dal sinistro ‘ ; ii) dette definizioni erano conformi a quanto disposto dall’art. 1882 cod.civ. secondo cui l’assicurazione è il contratto con il quale l’assicuratore verso il pagamento di un premio si obbliga a rivalere l’assicurato del danno ad esso prodotto da un sinistro; ha concluso, pertanto, che l’uso del termine sinistro sta ad indicare l’evento che corrisponde al rischio assicurato; ha escluso che l’art. 26 del contratto dovesse essere specificamente approvato per iscritto, ai sensi dell’art. 1341 cod.civ., perché nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità per gli effetti dell’art. 1341 cod.civ. (con conseguente sottoposizione delle stesse alla necessaria e specifica approvazione preventiva per iscritto) quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all’oggetto del contratto – e non sono, perciò, assoggettate al regime previsto dal 2° comma dell’art. 1341 cod.civ. – le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e che, quindi, specificano il rischio garantito; non essendo l’art. 26 una clausola imitativa della responsabilità, ma essendo volta a determinare l’oggetto del contratto non era da sottoporre al regime di cui all’art. 1341 cod.civ.; ha, in aggiunta, escluso che la clausola 26 del contratto avesse un continuo ambiguo e che dovesse essere interpretata, ai sensi dell’art. 35 cod. consumo, nel senso più favorevole al consumatore;
NOME COGNOME ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando sei motivi;
resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE; la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1
cod.proc.civ.;
la ricorrente ha depositato memoria.
Considerato in fatto che :
con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod.civ. (letto in combinato disposto con gli artt. 24 e 111 Cost.), in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., per avere la Corte d’appello omesso di considerare e di motivare circa l’eccezione di giudicato esterno della sentenza n. 79/2013 del Tribunale di Ascoli Piceno che aveva accolto la domanda di indennizzo formulata da NOME COGNOME, suo figlio, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, relativa ai danni alla sua auto verificatisi nelle stesse circostanze di tempo e di luogo di quelle per cui è causa; detta pronuncia aveva rigettato l’eccezione di non indennizzabilità formulata dall’impresa assicuratrice, ritenendo applicabile l’art. 25 bis della polizza; l’eccezione di giudicato era stata proposta all’udienza del 7 marzo 2014, nella comparsa conclusionale di primo grado, nella memoria di replica di primo grado, nell’atto di appello, nella conclusionale di appello, nella replica conclusionale d’appello;
con il secondo motivo alla Corte d’appello si imputa la violazione degli artt. 132, n. 4, cod.proc.civ. e 118 disp.att. cod.proc.civ. per omessa motivazione, non essendosi il giudice a quo espresso sul secondo motivo di appello con cui aveva lamentato la violazione e/o falsa applicazione dei principi di legittimo affidamento e di certezza del diritto, rendendo una pronuncia inidonea a far comprendere la ratio del rigetto dell’eccezione di giudicato;
i primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente perché attengono alla stessa questione;
anche senza considerare che detta questione è sottoposta allo scrutinio di legittimità sotto due profili -l’omessa pronuncia e l’omessa motivazione che si elidono a vicenda [in sede di legittimità è, infatti, intrinsecamente contraddittoria la denuncia dei vizi di omessa pronuncia e omessa motivazione, il primo dei quali implica la totale mancanza del provvedimento indispensabile per la
soluzione del caso concreto e si traduce nella violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ., mentre il secondo presuppone che la questione sia stata esaminata dal giudice di merito, che l’abbia tuttavia risolta senza alcuna motivazione o con motivazione apparente, perplessa, illogica o gravemente contraddittoria, e va fatta valere ai sensi dell’articolo 132, 2° comma cod.proc.civ. ( ex plurimis , cfr. Cass. 1/09/2022, n. 25855)], la ricorrente si duole del mancato accoglimento dell’eccezione di giudicato riflesso senza che ne ricorrano i presupposti;
per la estensione della efficacia “preclusiva” riflessa del giudicato inter alios è richiesta una duplice condizione:
che l’accertamento compiuto nella sentenza passata in giudicato contenga “una affermazione di verità” che non possa essere altrimenti smentita dal terzo;
b) che – al di fuori evidentemente della estensione della efficacia di giudicato all'”avente causa” ex art. 2909 cod.civ. – il terzo, rimasto estraneo al giudizio, sia titolare di una situazione giuridica “dipendente” ossia di una situazione giuridica negli elementi costitutivi della quale è ricompresa la stessa situazione giuridica o lo stesso diritto che sono stati già oggetto di accertamento inter alios con la sentenza passata in giudicato;
va anche considerato che per quanto siano diverse e del tutto disomogenee tra di loro le fattispecie rispetto alle quali può venire in questione una efficacia “riflessa” del giudicato, in quanto le modalità con cui gli effetti del giudicato possono riverberarsi sulla situazione giuridica vantata dal terzo variano a seconda della struttura relazionale di “dipendenza” che caratterizza la situazione giuridica di cui quest’ultimo risulta essere titolare (dipendente/accessoria, dipendente/derivata, dipendente/pregiudicata: Cass. 11/06/2019, n. 15599), nessuna di esse ricorre nella fattispecie in esame;
4) con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367 e 1370 cod.civ.
e dell’art. 35 del cod. consumo, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.;
alla Corte d’appello è imputata la violazione: i) dell’art. 1362 cod.civ., per aver ritenuto di distinguere il significato delle parole ‘ danno’ e ‘sini stro ‘ , contenute nell’art. 26, senza spiegare la ragione per cui tali due differenti locuzioni siano state confusamente inserite nella medesima clausola, fermandosi al criterio meramente letterale; ii) dell’art. 1363 cod.civ., perché l’art. 26 avrebbe dovuto essere letto insieme all’art. 25 bis : infatti, se da una parte l’art. 25 bis estende la garanzia ‘ ai danni materiali e diretti subiti dal veicolo assicurato in occasione di trom be d’aria, uragani, bufere e tempeste compresa la grandine ‘ , il successivo art. 26, al punt o 2, esclude dall’assicurazione ‘i sinistri avvenuti in occasione di (…) trombe d’aria, uragani, alluvioni, inondazioni, allagamenti (… )’; l’unica differenza tra queste d i sposizioni è l’utilizzo delle due diverse parole, perciò la ricorrente ipotizza che l’attribuzione del medesimo significato alle due espressioni porterebbe le due clausole a elidersi a vicenda; iii) dell’art. 1367 cod.civ., perché l’interpretazione accolta viola il principio di conservazione degli effetti delle singole clausole in quanto l ‘a rt. 25 bis non avrebbe senso di esistere; iv) degli artt. 1366, 1370 cod.civ. e dell’a rt. 35 cod. consumo, per avere la Corte d’ap pello ritenuto che il tenore letterale della norma non generasse incertezza interpretativa arrestandosi al senso letterale dell’art. 2 6, senza metterlo in correlazione con l’art. 25 bis e senza interpretarlo, ai sensi dell’art. 1370 cod.civ. e dell’art. 35 cod. consumo, contra stipulatorem , ma solo a favore della società RAGIONE_SOCIALE;
il motivo è inammissibile;
mette conto al riguardo ricordare che, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità soltanto
per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione (nei limiti, peraltro, in cui l’allegazione è oggi consentita dal nuovo testo dell’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.); pertanto, onde far valere in cassazione tali vizi della sentenza impugnata, non è sufficiente che il ricorrente faccia puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma è altresì necessario che egli precisi in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato ovvero ne abbia dato applicazione sulla base di argomentazioni censurabili per omesso esame di fatto controverso e decisivo ( ex plurimis , cfr. Cass. 20/08/2015, n. 17049; Cass. 09/10/2012, n. 17168; Cass. 31/05/2010, n. 13242; Cass. 20/11/2009, n. 24539); con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o sul vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. 26/10/2007, n. 22536); sul punto, va altresì ribadito il principio secondo cui, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che l’interpretazione data alla dichiarazione negoziale dal giudice del merito sia l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto, ma è sufficiente che sia una delle possibili e plausibili interpretazioni; nella specie, non si ricava dalla motivazione della sentenza alcuna affermazione che si ponga in contrasto con i criteri legali di ermeneutica negoziale; le censure mosse con il motivo si risolvono, come detto, nella prospettazione di questioni di merito eccedenti il perimetro del sindacato di legittimità e, in ultima analisi, nella mera assertiva contrapposizione di un esito diverso dell’attività esegetica riservata al giudice del merito e nella specie legittimamente compiuta (cfr., in tal senso, Cass. 28/11/2019, n.31078);
peraltro, va osservato che la ricorrente non ha messo a fuoco la statuizione impugnata che ha fondato la sua decisione sulla distin-
zione tra la nozione di sinistro e quella di danno; il sinistro è l’evento assicurato che è causa del danno e deve essere tenuta ben distinta da quella di danno provocato dal sinistro: così è nell’art. 1882 cod.civ., a mente del quale l’assicuratore (…) si obbliga a rivalere l’assicurato del danno prodotto da un sinistro, nell’art. 1905 cod.civ., secondo cui l’assicurato è tenuto a risarcire (…) il danno sofferto dall’assicurato in conseguenza del sinistro, nell’art. 1914, il quale impone all’assicuratore di rispondere dei danni direttamente derivati alle cose assicurate dai mezzi adoperati dall’assicurato per evitare o diminuire i danni del sinistri (cfr. Cass. 7/04/2023, n. 9607 che si è pronunciata su una fattispecie analoga a quella per cui è causa, in cui si controverteva di danni non causati direttamente dalla grandine e dalle piogge, eventi atmosferici assicurati, ma da conseguenze delle stesse);
5) con il quarto motivo è denunciata la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, n. 4 cod.proc.civ. e 118 disp.att. cod.proc.civ. per omessa motivazione in ordine alla mancata sussunzione della fattispecie concreta nell’art. 25 bis delle condizioni generali di contratto; a fronte di due possibili soluzioni interpretative, sarebbe stata applicata la clausola relativa all’esclusione della garanzia assicurativa senza motivare minimamente le ragioni per cui non è stato considerato l’art. 25 bis ;
6) con il quinto motivo la ricorrente, sostenuto che vi erano i presupposti per ritenere superata la preclusione processuale di cui all’art. 348 ter ultimo comma cod.proc.civ., dato che la sentenza d’appello ha confermato quella di prime cure, ma con diversa motivazione, deduce l’omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ., per non avere la Corte d’appello esaminato la clausola di cui all’art. 25 bis delle condizioni generali di contratto;
7) i motivi quarto e quinto possono essere esaminati congiuntamente e sono da rigettare;
la Corte d’appello, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, ha ben spiegato i rapporti tra l’art. 25 bis e l’art. 26 delle condizioni generali di contratto ed è del tutto percepibile l’ iter logico e giuridico del suo percorso argomentativo, a nulla rilevando, perché la legge processuale non li valorizza, i profili di sufficienza nell’esplicitazione dei singoli passaggi di interconnessione tra la conclusione (inidoneità alla dimostrazione dei fatti idonei ad integrare la fattispecie) e il fondamento di esse (tenore concreto delle allegazioni svolte); né le affermazioni motivazionali presentano profili di contraddittorietà che possano far ipotizzare un difetto di motivazione rilevante ex art. 132 n 4 cod.proc.civ.;
8) con il sesto motivo alla Corte d’appello si ascrivono la violazione e/o falsa applicazione deli artt. 1341 cod.civ. e dell’art. 34 cod. consumo, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., per non avere ritenuto vessatoria la clausola di cui all’art. 26, in quanto attinente all’oggetto del contratto;
invece, si tratterebbe di una clausola limitativa di responsabilità dal momento che il predisponente l’aveva dapprima garantita in occasione di determinati eventi atmosferici (art. 25bis ) e poi subito dopo (art.26) le avrebbe negato la garanzia per gli stessi fatti;
inoltre, il giudice di appello avrebbe del tutto ignorato ‘la natura del bene o il servizio oggetto del contratto ‘ ex art.34 comma 1, cod. consumo, essendo ovvio che aveva un interesse fisiologico ad esser garantita nel caso delle intemperie elencate, essendo altrimenti totalmente svuotata la causa della suddetta assicurazione;.
in subordine, la ricorrente sottolinea che l’art. 34, al comma 2, cod. consumo esclude la valutazione del carattere vessatorio della clausola che attiene alla determinazione dell’oggetto soltanto se tale elemento è individuato in modo chiaro e comprensibile; invece, insiste la ricorrente nel caso di specie si trattava di clausole assolutamente dubbie e oscure e non univocamente interpretabili;
di conseguenza, ai sensi dell’art. 3 6, letto in combinato disposto con gli artt. 33 e 34 cod. consumo, la clausola avrebbe dovuto dichiararsi nulla;
il motivo è inammissibile;
la premessa delle censure mosse alla sentenza impugnata è che la clausola sia equivoca, ma in verità l’unico motivo addotto a giustificazione di tale assunto è la sentenza n. 79/2013 del Tribunale di Ascoli Piceno, di cui la ricorrente ha infondatamente invocato l’efficacia di giudicato riflesso con il primo ed il secondo motivo (cfr. supra );
ad ogni modo, come si è detto, cfr. supra § 3, cui si rinvia, l’interpretazione del giudice di merito non deve essere l’unica possibile, ma solo una delle interpretazioni possibili;
per le ragioni indicate il ricorso va rigettato;
le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore di quella controricorrente, liquidandole in euro 2.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione in data 19/02/2024.
Il Presidente NOME COGNOME