Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14675 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14675 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 12535/2020 r.g. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentate e difese, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domiciliano in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO .
–
ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Mogliano Veneto INDIRIZZO, alla INDIRIZZO, in persona del AVV_NOTAIO speciale AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Brescia, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore .
– intimata – avverso la sentenza, n. cron. 10/2020, della CORTE DI APPELLO DI LECCE, pubblicata in data 07/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 24/04/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, in proprio, e NOME COGNOME, quale erede del padre NOME COGNOME (la prima avendo rinunciato alla eredità paterna), proposero opposizione, ex art. 645 cod. proc. civ., avverso il decreto n. 21/2011 con cui il Tribunale di Lecce aveva ingiunto loro -nelle rispettive qualità il pagamento di € 43.450,89 , in favore di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. (già Banca Intesa s.p.a.), per capitale residuo al 31 ottobre 2010 e rate scadute e non pagate dal 31 gennaio 2007 al 31 ottobre 2010 di un contratto di mutuo stipulato per l’importo in sorte capitale iniziale di € 32.000 ,00 – da NOME COGNOME e sottoscritto anche dal padre come coobbligato. Dedussero, fra l’altro, che al contratto suddetto era collegata una polizza assicurativa con RAGIONE_SOCIALE che garantiva il pagamento delle rate insolute in caso di decesso del mutuatario, sicché, essendo nelle more deceduto il coobbligato NOME COGNOME, chiesero ed ottennero di chiamarla in causa per essere garantite e manlevate dall’obbligo di pagamento, nei confronti della banca mutuante, della somma predetta.
1.1. Si costituì la menzionata compagnia assicuratrice, eccependo il difetto di legittimazione delle opponenti e/o la inoperatività della polizza, in quanto beneficiaria della copertura era soltanto NOME COGNOME, l’unica ad aver sottoscritto la richiesta di finanziamento ed il modello di adesione al contratto, e contestando comunque il merito dell’avversa domanda nei suoi confronti
1.2. Intervenuta volontariamente in quel giudizio anche RAGIONE_SOCIALE, affermatasi cessionaria del credito originariamente azionato da RAGIONE_SOCIALE, l’adito tribunale, con sentenza del 12 dicembre 2014, n. 4821, superate le eccezioni preliminari sollevate dalla chiamata in causa, accolse l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo opposto ed accogliendo la domanda di manleva (altresì ordinando la cancellazione delle trascrizioni pregiudizievoli, essendo stato eseguito il provvedimento monitorio provvisoriamente esecutivo con pignoramento immobiliare in danno della COGNOME), perché valutò come pienamente operativa la garanzia assicurativa de qua sul presupposto che la qualifica di ‘ richiedente ‘ non poteva essere attribuita soltanto a NOME COGNOME, atteso che il contratto di mutuo era stato sottoscritto anche da NOME COGNOME, nei cui confronti -essendo deceduto il 14 novembre 2006 -si era realizzato l’evento oggetto di garanzia.
Pronunciando sul gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) contro questa decisione, l’adita Corte di appello di Lecce, con sentenza del 18 dicembre 2019/7 gennaio 2020, n. 10, resa nel contraddittorio con NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE, lo accolse e, per l’effetto: i ) rigettò la domanda formulata da NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE); ii ) condannò le medesime appellate al pagamento delle spese processuali del doppio grado in favore dell’appellante; iii ) confermò, nel resto, la sentenza impugnata; iv ) condannò NOME COGNOME e NOME COGNOME a restituire a RAGIONE_SOCIALE le somme -per capitale interessi e spese -già versate da quest’ultima in esecuzione della sentenza di prime cure, maggiorate degli interessi al tasso legale maturati e maturandi dal dì del pagamento e fino al soddisfo; v ) condannò le stesse appellanti a restituire a RAGIONE_SOCIALE l’importo di € 5.220,00, oltre accessori di legge e di tariffa, versato loro a titolo di spese legali, in esecuzione della sentenza di prime cure; vi ) compensò integralmente le spese del grado fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
2.1. Per quanto qui ancora di interesse, quella corte ritenne fondato il primo e principale motivo di impugnazione, con cui era stato contestato al tribunale di aver disatteso la preliminare ed assorbente eccezione di carenza di legittimazione attiva delle opponenti/appellate e di inoperatività della polizza. Osservò, in particolare, che: i ) « Dalla documentazione prodotta in atti, emerge che, effettivamente, la proposta di finanziamento l’abbia sottoscritta quale ‘richiedente’ così espressamente qualificata -soltanto COGNOME NOME, giacché -per come si legge anche nella stessa proposta di mutuo, cui accede la polizza –COGNOME NOME ha sottoscritto detto contratto solo in qualità di ‘coobbligato’. Le condizioni generali di polizza, all’art. 2.2 reci tano testualmente: ‘nel caso in cui il Contratto sia sottoscritto da 2 o più persone, si considera Assicurato la persona definita nel modulo di richiesta di finanziamento stesso quale ‘richiedente’; tale previsione non può che interpretarsi -stante la chiarezza del testo contrattuale -nel senso che la copertura assicurativa debba necessariamente riguardare vicende relative al solo assicurato, coincidente con colui che figura come il ‘richiedente’ il finanziamento, in relazione al quale viene, quindi, ad essere commisurato il rischio della garanzia assicurativa, anche se il mutuo – cui la polizza è collegata -sia concluso da una pluralità di persone. La legittimazione attiva al pagamento dell’indennizzo, in caso di verificarsi del sinistro, spetta, quindi, solo all’Assicurato, al quale fanno capo direttamente i diritti derivanti dal rapporto assicurativo: nella specie Assicurato è soltanto COGNOME NOME, che assume tale posizione giuridica in quanto dal contratto di finanziamento risulta essere il ‘richiedente’ il finanziamento e che in tale veste lo ha sottoscritto. Tanto rende -diversamente da quanto ritenuto dal tribunale -entrambe le parti, la COGNOME in proprio -quale assicurata -e la COGNOME in qualità di erede dell’altro coobbligato prive della legittimazione attiva ad esperire l’azione contrattuale di garanzia e a pretendere, in adempimento della polizza, il pagamento da parte della RAGIONE_SOCIALE delle somme dalle stesse dovute all’istituto di credito mutuante, per rate scadut e e non pagate, non rappresentando il decesso di COGNOME NOME evento coperto
dalla polizza in scrutinio, in quanto ha colpito non l’assicurato, ma il coobbligato »; ii ) « Tale esito impone di considerare anche le pretese restitutorie, formulate da RAGIONE_SOCIALE, con riferimento alle somme versate a titolo di sorte capitale ed interessi, nonché di spese di lite, in esecuzione della sentenza di primo grado: le appellate COGNOME NOME e NOME COGNOME sono pertanto tenute a restituire l’importo ove già complessivamente versato -per capitale interessi e spese per cui vi è condanna in prime cure, maggiorato degli interessi legali dalla data dell’avvenuto esborso al saldo ».
Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto ricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME, affidandosi a sei motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.. Ha resistito, con controricorso, corredato da analoga memoria, RAGIONE_SOCIALE. È rimasta solo intimata, invece, RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
I) « Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, dell’art. 342, commi 1 e 2, nn. 1) e 2), cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. », contestandosi alla corte distrettuale di avere completamente omesso l’esame della eccezione, in quella sede sollevata dalle appellate, odierne ricorrenti, di inammissibilità del gravame per inosservanza dei requisiti sanciti dall’art. 342, commi 1 e 2, nn. 1 e 2, cod. proc. civ;
II) « Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, dell’art. 1370 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ». Si ascrive alla corte salentina: i ) di aver sorprendentemente qualificato NOME COGNOME quale semplice ‘ coobligato ‘, ignorando che il contratto di mutuo del 13 ottobre 2006 gli riconosceva, con inequivoca espressione letterale, la qualità di ‘ Cointestatario/Coobligato ; così attribuendogli la veste di debitore principale e non di semplice garante di obbligazioni altrui; ii ) di avere limitato la propria indagine ermeneutica alla semplice lettura del solo articolo 2.2. delle condizioni generali di contratto, senza premunirsi di verificare, alla luce
di quanto pattuito nel menzionato contratto, se dalla dicitura ‘ richiedente ‘ potesse, effettivamente, conseguire alcuna particolare, diversa e/o esclusiva, qualificazione di NOME COGNOME rispetto a NOME COGNOME, rivestendo entrambi la qualità di mutuatari; iii ) di non avere posto alcuna attenzione al chiaro tenore letterale del contratto del suddetto, ai sensi del quale «’ il Richiedente, il Cointestatario/Coobligato danno e prendono atto che, con la sottoscrizione della presente, oltre alla proposta di finanziamento, vengono stipulate in un unico contesto l’adesione alla copertura assicurativa (se tale volontà e sé stata manifestata nella sezione A) da parte del richiedente-assicurando »; iv ) di avere omesso qualsivoglia dovuta, necessaria comparazione tra quanto previsto nelle condizioni generali di polizza (circoscrizione della copertura assicurativa ai soli eventi concernenti il richiedente) e quanto pattuito con il contratto di mutuo (estensione della stessa copertura anche agli accadimenti relativi al cointestatario/coobligato);
III) « Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, dell’art. 1362, comma 2, c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. », per avere la corte di appello omesso di valutare il comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla conclusione del contratto, posto che RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, all’esito della formale comunicazione della morte di NOME COGNOME e dell’invito ad adottare i necessari provvedimenti, mai avevano contestato la operatività della polizza, né opposto alcuna diversa interpretazione delle relative pattuizioni negoziali;
IV) « Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, dell’art. 1363 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. », non avendo la corte territoriale proceduto ad una interpretazione sistematica del contratto di mutuo e della polizza assicurativa, che avrebbe determinato, invece, l’impossibilità di attribuire a posizioni giuridiche del tutto coincidenti, ed a fronte di eventi pregiudizievoli di uguale natura, diverse e discriminanti tutele;
V) « Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, dell’art. 1366 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. », essendo mancata un’interpretazione buona fede delle clausole contrattuali;
VI) « Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, dell’art. 1371 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ». Si assume che la natura onerosa del contratto avrebbe dovuto imporre, in ogni caso, una sua interpretazione volta alla realizzazione dell’equo contemperamento degli interessi delle parti, tale da rendere possibile, a fronte del pagamento del relativo pr emio, l’operatività della garanzia in favore di entrambi gli assicurati.
Il primo motivo di ricorso si rivela manifestamente infondato.
2.1. Giova ricordare, invero, che, ai fini della specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 cod. proc. civ., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado; non è necessaria, pertanto, l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice ( cfr. , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 9727, 4024 e 1798 del 2024; Cass. n. 2320 del 2023; Cass. n. 23781 del 2020. Si vedano pure Cass., SU, n. 36481 del 2022 e Cass., SU, n. 27199 del 2017, a tenore delle quali ‘ Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura
di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata ‘). Invero, essendo l’appello un mezzo di gravame con carattere devolutivo pieno, non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito, il principio della necessaria specificità dei motivi – previsto dall’art. 342, comma 1, cod. proc. civ. – prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione, ovvero che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicati, oltre ai punti e ai capi formulati, anche, seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 9727 e 4024 del 2024; Cass. n. 2320 del 2023; Cass. n. 21745 del 2006).
2.1.1. In definitiva, come significativamente chiarito da Cass. n. 30858 del 2023 (cfr. in motivazione), « I motivi dell’impugnazione -prima e dopo il 2012 -devono quindi non solo indicare il quantum appellatum, ma anche il quia: il motivo d’appello deve allora individuare le parti di cui l’appellante chiede la riforma e gli errori, in iudicando o in procedendo, da cui esse sono affette. In breve, si può allora dire schematizzando, il motivo di appello è specifico quando, esaminato ex ante, è idoneo a privare la sentenza impugnata della sua base logico-giuridica. Insomma, è come si diceva motivo specifico quello che, valutato ex ante, ossia prima ancora della verifica di fondatezza, possiede l’attitudine a scardinare la ratio decidendi che sorregge la sentenza impugnata: la specificità si riassume, dunque, in ciò, tra il motivo e la sentenza impugnata deve correre una relazione di incompatibilità, di reciproca esclusione, nel senso che, ipotizzato il motivo come fondato, allora la sentenza impugnata è necessariamente errata. Non è superfluo aggiungere che il concetto di specificità del motivo di appello, come emergente dalla giurisprudenza di questa Corte, e che il legislatore del 2022 ha non solo
espressamente ripristinato ma anche ampiamente rafforzato, non manifesta alcunché di formalistico od eccessivamente rigido e severo, ed anzi esso costituisce valorizzazione dei poteri delle parti, il che è perfettamente in armonia con principi basilari del nostro processo civile, quali il principio dispositivo, che si realizza anche attraverso la necessaria corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ed il principio del contraddittorio ».
2.2. Tanto premesso, il Collegio osserva che il diretto esame della sentenza di primo grado e dell’atto di appello di RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE), operato da questa Corte in ragione della natura processuale della questione posta con il ricorso (che, in sostanza, deduce un error in procedendo . Cfr . Cass. n. 20716 del 2018; Cass. n. 2320 del 2023; Cass. nn. 9727 e 4024 del 2024), consente di apprezzare l’idoneità delle censure mosse nel gravame della menzionata compagnia assicuratrice, per come chiaramente riportate anche dalla decisione oggi impugnata ( cfr . pag. 3), a sottoporre a critica adeguata e puntuale la decisione di prime cure e, quindi, la sufficiente specificità delle stesse.
Il secondo, il terzo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso, scrutinabili congiuntamente perché chiaramente connessi, tutti censurando, sebbene sotto differenti profili, l’interpretazione di clausole del contratto di mutuo e della polizza assicurativa ad esso connessa fornita dalla corte distrettuale, si rivelano complessivamente insuscettibili di accoglimento, alla stregua delle considerazioni tutte di cui appresso.
3.1. È opportuno premettere che, nella concreta vicenda all’attenzione del Collegio, si è al cospetto di un contratto di mutuo chirografario cui accede una polizza assicurativa sostanzialmente volta al soddisfacimento di due interessi: quello della banca alla restituzione del mutuo e quello del mutuatario (e, se del caso, dei suoi eredi) alla liberazione dal debito restitutorio al verificarsi di alcuni eventi, tra cui la sua morte.
3.2. La corte territoriale ha accertato che: i ) la proposta di finanziamento (mutuo chirografario) era stata sottoscritta, quale ‘ richiedente ‘, -così espressamente qualificata -soltanto da NOME COGNOME, giacché -per
come si legge anche nella stessa proposta, cui accedeva la polizza assicurativa di cui si discute –NOME COGNOME (padre di NOME), l’aveva sottoscritta solo in qualità di ‘ coobbligato ‘; ii ) le condizioni generali di polizza, all’art. 2.2 così recitano testualmente: ‘ Nel caso in cui il Contratto sia sottoscritto congiuntamente da 2 o più persone, si considera Assicurato la persona definita nel modulo di richiesta di finanziamento stesso quale ‘richiedente’ il Contratto di finanziamento ‘;
3.2.1. Poste tali premesse, quella corte ha ritenuto che quest’ultima previsione « non può che interpretarsi -stante la chiarezza del testo contrattuale -nel senso che la copertura assicurativa debba necessariamente riguardare vicende relative al solo assicurato, coincidente con colui che figura come il ‘richiedente’ il finanziamento, in relazione al quale viene, quindi, ad essere commisurato il rischio della garanzia assicurativa, anche se il mutuo cui la polizza è collegata -sia concluso da una pluralità di persone ». Da ciò ha tratto la conclusione che « La legittimazione attiva al pagamento dell’indennizzo, in caso di verificarsi del sinistro, spetta, quindi, solo all’Assicurato, al quale fanno capo direttamente i diritti derivanti dal rapporto assicurativo: nella specie Assicurato è soltanto COGNOME NOME, che assume tale posizione giuridica in quanto dal contratto di finanziamento risulta essere il ‘richiedente’ il finanziamento e che in tale veste lo ha sottoscritto ».
3.3. Le doglianze contenute nei motivi in esame, muovendo dal presupposto che NOME COGNOME risultava indicato nella proposta di finanziamento (mutuo chirografario) suddetta quale ‘ Cointestatario/Coobligato ‘, così da doversi attribuire a quest’ultimo « la veste di debitore principale, e non di semplice garante di obbligazioni altrui » ( cfr. pag. 1516 del ricorso), sono tutte chiaramente volte a censurare l’esito interpretativo raggiunto dalla corte distrettuale quanto alla individuazione del soggetto da consi derarsi come ‘ Assicurato ‘ alla stregua della già riportata clausola 2.2. della polizza assicurativa suddetta.
3.3.1. Va ricordato, allora, che, come ancora recentemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte ( cfr. , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 2607 del 2024; Cass. nn. 30878, 13408, 13005 e 7978 del 2023; Cass. nn. 35787, 35041, 29860, 19146 e 15240 del 2022; Cass. n. 25909 del 2021; Cass. n. 25470 del 2019; Cass. n. 14938 del 2018), il sindacato di legittimità sull’interpretazione degli atti privati, governata da criteri giuridici cogenti e tendente alla ricostruzione del loro significato in conformità alla comune volontà dei contraenti, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile, in sede di legittimità, solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale (essendo, a questo scopo, imprescindibile la specificazione dei canoni e delle norme ermeneutiche che in concreto sarebbero state violate, puntualizzandosi – al di là della indicazione degli articoli di legge in materia – in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sarebbe discostato) e nel caso di riscontro di una motivazione contraria a logica ed incongrua, e cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione in sé (occorrendo, altresì, riportare, nell’osservanza del principio dell’autosufficienza, il testo dell’atto nella parte in questione). Inoltre, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando siano possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (su tali principi, cfr., ex plurimis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 24539 del 2009, Cass. n. 2465 del 2015, Cass. n. 10891 del 2016; Cass. n. 7963 del 2018; Cass. n. 9461 del 2021; Cass. nn. 30878, 13408 e 7978 del 2023; Cass. n. 2607 del 2024).
3.3.1.1. In altri termini, il sindacato suddetto non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ed afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla
ricostruzione della volontà privata operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati ( cfr., ex aliis , Cass. n. 2607 del 2024; Cass., SU, n. 2061 del 2021; Cass. n. 2465 del 2015; Cass. n. 10891 del 2016).
3.3.2.2. La censura, poi, neppure può essere formulata mediante l’astratto riferimento a dette regole, essendo imprescindibile, come si è già anticipato, la specificazione dei canoni in concreto violati e del punto, e del modo, in cui il giudice di merito si sia, eventualmente, discostato dagli stessi, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella decisione impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni ( cfr. Cass. n. 2607 del 2024; Cass. nn. 13408 e 7978 del 2023; Cass., SU, n. 2061 del 2021; Cass. n. 28319 del 2017; Cass. n. 25728 del 2013).
3.3.3. Nel quadro dei riportati princìpi, risulta chiaro che i motivi in esame si risolvono in una sostanziale, inammissibile, rivisitazione del merito, attraverso la proposizione di una interpretazione di clausole contrattuali (del mutuo/finanziamento e della polizza assicurativa), in senso favorevole alle istanti, diversa da quella, da esse contestata, preferita dalla corte territoriale. Il tutto, peraltro, ripetutamente confondendo le parti e gli effetti del contratto di mutuo (in cui ‘ Richiedente ‘ risul ta essere unicamente NOME COGNOME, mentre NOME COGNOME ne era ‘ Cointestatario/Coobligato ‘. La sola ‘ Richiedente ‘, peraltro, aveva ivi dichiarato di ‘aver preso conoscenza’ e di aderire, come ‘ Assicurato ‘ alla ‘ polizza collettiva ‘ che accedeva al finanziamento) e le parti e gli effetti del contratto di assicurazione (la cui clausola n. 2.2., di chiarissimo tenore letterale, sancisce, come si è già detto, che, ‘ Nel caso in cui il Contratto sia sottoscritto congiuntamente da 2 o più persone, si considera Assicurato la persona definita nel modulo di richiesta di finanziamento stesso quale ‘richiedente’ il Contratto di finanziamento ‘).
4. In conclusione, dunque, l’odierno ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME deve essere respinto, restando a loro carico, in via solidale, le
spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla sola costituitasi controricorrente, altresì dandosi atto, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte delle medesime ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME e le condanna, in solido tra loro, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute da RAGIONE_SOCIALE, liquidate in complessivi € 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera delle medesime ricorrenti, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile