Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20521 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20521 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5255/2022 R.G. proposto da
:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domiciliato digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
SOCIETA RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA al INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, domiciliato digitalmente per legge
– controricorrente –
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di CATANIA n. 3277/2021 depositata il 19/07/2021.
Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 28/05/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Mascalucia, la RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenerne la condanna al pagamento del premio di assicurazione di euro 2.800,00 scaduto in data 31/12/2013.
La RAGIONE_SOCIALE si costituì in giudizio e dedusse di avere esercitato il diritto di recesso di cui al contratto con raccomandata inviata in data 12/11/2013 e, quindi, non era obbligata al versamento del premio.
Il Giudice di pace, con la sentenza n. 452 del 2015, rigettava la domanda della compagnia assicuratrice.
Avverso la sentenza di primo grado la RAGIONE_SOCIALE proponeva appello al Tribunale di Catania.
La RAGIONE_SOCIALE si costituiva ritualmente in giudizio in fase d’ impugnazione e deduceva che la polizza era stata sottoscritta in data 23/01/2013, cosicché il recesso, comunicato ritualmente in data 12/11/2013, aveva piena efficacia e validità, in quanto il contratto sarebbe venuto a scadere il 23/01/2014.
Il Tribunale, ritenuta la causa documentale, con la sentenza n. 3277 del 19/07/2021 accoglieva l’impugnazione e condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento del premio, ossia della somma di euro 2.800,00, oltre interessi dalla domanda al soddisfo, in favore della compagnia assicuratrice.
Avverso la sentenza del giudice di appello ha proposto impugnazione per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidandosi a un unico motivo di ricorso.
RAGIONE_SOCIALE ha risposto con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale del 28/05/2025, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il motivo di ricorso è unico ed è il seguente: violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per violazione o falsa applicazione dell’art. 1899 e dell’art. 1901 c.c. L’assunto prospettato dalla ricorrente è che il Tribunale ha errato là dove ha affermato che, sebbene il contratto di assicurazione fosse stato stipulato in data 23/01/2013, esso aveva decorrenza dal 31/01/2012 e veniva a scadere il 31/01/2013, cosicché la lettera raccomandata del 12/11/2013 era da considerarsi tardiva. Il motivo afferma che la deroga all’art. 1889 c.c. sulla decorrenza della garanzia assicurativa dalle ore 24 del giorno della stipula del contratto deve risultare in modo certo e univoco da apposita clausola scritta, che nella specie non vi sarebbe.
Il motivo non coglie nel segno, in quanto la decorrenza del contratto ai fini di legge era quella indicata in contratto, ossia dal 31/12/2013 e, quindi, tutti gli effetti di legali, anteriori e successivi, compresa l’intimazione della disdetta nei sessanta giorni antecedenti l’inizio della durata andavano rapportati a detta data. La circostanza che il contratto fosse stato materialmente sottoscritto in data successiva al 31/12/2012, ossia il 23/01/2012, non comportava uno spostamento della data di efficacia, in quanto la data di inizio di efficacia era stata accettata con la sottoscrizione, implicante accettazione della retrodatazione a un giorno a essa anteriore.
Il motivo è manifestamente infondato, giacché evoca a torto una violazione dell’art. 1899 c.c. in combinazione con quella dell’art. 1901 c.c., pretendendo di desumere dal principio di cui alla seconda norma, che condiziona l’efficacia del contratto al mancato pagamento della prima rata del premio o del premio, così non incidendo in alcun modo sulla durata del contratto, una indebita conseguenza, in quanto priva di adeguato addentellato normativo, circa una sorta di condizionamento della durata contrattuale al momento del pagamento del premio.
Ciò, peraltro, i n disparte il fatto che l’art. 1899 c.c. si occupa della durata del contratto e lo fa con la previsione della sua potenziale efficacia (e, dunque, decorso della durata) dal momento della conclusione del contratto (se non diversamente disposto), e ugualmente in disparte il rilievo che la previsione dell’art. 1899 c.c. non esclude che l’autonomia dei privati preveda -come nella specie -una retrodatazione dell’efficacia, questa sì soggetta comunque all’art. 1901 c.c., ossia subordinata al pagamento del premio e con idoneità a coprire eventi dannosi successivi al momento di retrodatazione, per esempio ancora ignoti.
In conclusione, l’art. 1901 c.c. là dove ‘sospende’ l’efficacia del contratto fino al momento del successivo pagamento tardivo, non può essere interpretato nel senso che esso possa spiegare l’effetto di procrastinare la durata convenzionale, ossia quella pattuita dai contraenti, che è quanto parte ricorrente intende ottenere con l ‘unic a censura mossa avverso alla decisione del Tribunale di Catania.
Giova, peraltro, ribadire -sebbene ad abundantiam – che questa Corte ha affermato (Cass. n. 1855 del 24/03/1982 Rv. 419699 – 01) che l’art. 1901, primo comma, c.c., sulla sospensione della garanzia assicurativa per il caso di mancato pagamento del premio o della prima rata di premio (al momento della conclusione del contratto od alla diversa scadenza pattuita), può trovare deroga, in senso più favorevole allo assicurato, in una apposita clausola che regoli diversamente tali effetti del contratto, e non anche, pertanto, in una clausola che si limiti a fissare la durata del rapporto con decorrenza anteriore alla stipulazione (in deroga all’art. 1899 c.c.).
Peraltro, (Cass. n. 6623 del 12/03/2024 Rv. 670589 – 01) la clausola che, in deroga all’art. 1901, primo comma, c.c., prevede che la copertura assicurativa sia svincolata dal pagamento del premio è valida, ai sensi dell’art. 1932 c.c., purché abbia un contenuto specifico che non si limiti a fissare la durata del rapporto con decorrenza anteriore alla stipulazione, in deroga all’art. 1899
c.c., e sia provata per iscritto, dovendosi escludere che il mero riferimento, contenuto nella polizza, ad una decorrenza anteriore alla sua emissione possa integrare gli estremi del patto derogatorio di cui all’art. 1901 c.c.
La motivazione del T ribunale d’appello resiste pienamente alle censure mosse con l’unico motivo di ricorso, cosicché l’efficacia del contratto terminava al 31/12/2013 e la disdetta intimata dalla RAGIONE_SOCIALE nel novembre del detto anno era tardiva, in quanto intimata in un termine inferiore ai sessanta giorni.
Il ricorso, in conclusione, è infondato e deve, pertanto essere rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e, in considerazione dell’attività processuale espletata, in re lazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.
Deve, da ultimo, attestarsi la sussistenza, nei confronti della parte ricorrente e soccombente, dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1, quater del d.P.R. n. 115 del 30/05/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, che liquida in euro 1.500,00 oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15 per cento, oltre CA e IVA per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione