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Platea licenziamento collettivo: i criteri di scelta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1959/2024, ha stabilito che in un licenziamento collettivo per chiusura di una sede, l’azienda non può limitare la platea dei lavoratori da licenziare solo a quelli della filiale interessata. Se esistono professionalità fungibili in altre sedi, la comparazione deve avvenire a livello aziendale. La violazione di questo principio rende il licenziamento illegittimo e comporta la reintegrazione del lavoratore.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Platea nel Licenziamento Collettivo: La Scelta Non Può Ignorare le Altre Sedi Aziendali

Quando un’azienda decide di chiudere una filiale, può limitarsi a licenziare solo i dipendenti di quella sede? La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 1959 del 18 gennaio 2024, ha fornito una risposta chiara e netta, delineando i confini di una corretta procedura di licenziamento collettivo. La decisione sottolinea che la platea dei lavoratori da cui attingere per i licenziamenti non può essere arbitrariamente ristretta alla singola unità produttiva, ma deve estendersi a tutta l’azienda se esistono professionalità simili e intercambiabili.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla decisione di una società tecnologica di avviare una procedura di licenziamento collettivo a seguito della chiusura di una delle sue sedi. La società aveva limitato la selezione dei lavoratori da licenziare esclusivamente al personale impiegato in quella specifica filiale. Un lavoratore licenziato impugnava il provvedimento, sostenendo che la società avrebbe dovuto considerare anche i dipendenti con mansioni analoghe impiegati in altre sedi sul territorio nazionale.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello accoglievano le ragioni del lavoratore, dichiarando l’illegittimità del licenziamento e ordinando la sua reintegrazione nel posto di lavoro. La società, ritenendo di aver agito correttamente, proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo che la limitazione geografica della platea fosse giustificata da ragioni organizzative e dalla distanza tra le sedi.

I Criteri di Scelta nel Licenziamento Collettivo secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando le decisioni dei giudici di merito e consolidando un principio fondamentale in materia. I giudici hanno chiarito che, in un processo di riorganizzazione aziendale che coinvolge più unità produttive, il datore di lavoro non può limitare unilateralmente la platea dei lavoratori da licenziare a una sola di esse.

Il cuore della questione risiede nel concetto di ‘fungibilità’ delle mansioni. Se i lavoratori della sede da chiudere possiedono professionalità comparabili a quelle di altri colleghi in altre sedi, la selezione deve avvenire confrontando le posizioni di tutti questi dipendenti, applicando i criteri di scelta previsti dalla legge (carichi di famiglia, anzianità, esigenze tecnico-produttive) su una base aziendale complessiva.

L’irrilevanza della Distanza Geografica

La Corte ha specificato che la motivazione basata sulla dislocazione geografica e sui costi di un eventuale trasferimento non è sufficiente a giustificare una deroga a questo principio. La normativa sul licenziamento collettivo mira a ridurre l’impatto sociale della ristrutturazione, garantendo che la scelta dei lavoratori da espellere sia la più equa possibile. Limitare la comparazione a una singola sede vanificherebbe questa finalità, trasformando la procedura in un licenziamento mirato e non basato su criteri oggettivi.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando la consolidata giurisprudenza in materia. Il principio fondamentale è che, quando il progetto di ristrutturazione aziendale ha una portata generale, l’individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire nel rispetto del complesso aziendale. L’obbligo di applicare i criteri di scelta legali su una platea estesa a tutti i lavoratori con profili fungibili risponde a un’esigenza di trasparenza e correttezza.

Nel caso specifico, era emerso che le professionalità presenti nella sede soppressa erano del tutto comparabili con quelle di altre sedi e che un eventuale passaggio a settori produttivi diversi non avrebbe richiesto una formazione particolarmente onerosa. La comunicazione di avvio della procedura, invece, era stata standardizzata e incentrata unicamente sulla dislocazione geografica, trascurando l’analisi delle professionalità. Questa limitazione ingiustificata della platea costituisce una violazione sostanziale, e non meramente formale, dei criteri di scelta, legittimando l’applicazione della tutela reintegratoria prevista dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Conclusioni

L’ordinanza n. 1959/2024 della Corte di Cassazione rappresenta un importante monito per le aziende che affrontano processi di riorganizzazione. La gestione di un licenziamento collettivo richiede un’analisi attenta e non può basarsi su comode scorciatoie organizzative come la limitazione geografica della platea. Le imprese devono dimostrare di aver effettuato una comparazione ampia e oggettiva tra tutti i dipendenti con mansioni fungibili, a prescindere dalla loro sede di lavoro. Per i lavoratori, questa sentenza rafforza le tutele contro licenziamenti che, sebbene motivati da ragioni economiche, potrebbero nascondere scelte discriminatorie o non conformi ai principi di correttezza e buona fede.

In un licenziamento collettivo per chiusura di una sede, l’azienda può limitare la scelta dei lavoratori da licenziare solo a quelli di quella sede?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se in altre sedi aziendali esistono lavoratori con professionalità e mansioni fungibili, la platea di selezione deve essere estesa a tutta l’azienda per garantire una scelta corretta e trasparente basata sui criteri di legge.

La distanza geografica tra le diverse sedi aziendali giustifica la limitazione della platea dei lavoratori?
No. La sentenza chiarisce che le esigenze aziendali legate alla dislocazione geografica o ai costi di trasferimento non possono prevalere sull’obbligo di effettuare una comparazione su base aziendale tra tutti i dipendenti con profili professionali simili.

Qual è la conseguenza della violazione dei criteri di scelta nel licenziamento collettivo?
La violazione dei criteri di scelta, come la limitazione ingiustificata della platea dei lavoratori, costituisce un vizio sostanziale e non meramente formale. Ciò comporta l’illegittimità del licenziamento e l’applicazione della tutela reintegratoria, ossia l’ordine di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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