Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16216 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16216 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16822/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOME, nonché, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, COGNOME DI COGNOME FRANCESCO RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME e NOME COGNOME, presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata dei quali sono domiciliati per legge;
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato e per RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME NOMECOGNOME presso l ‘ indirizzo di posta elettronica del quale è domiciliata per legge;
-controricorrente-
nonché contro AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE
-intimata-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di LOCRI n. 50/2023, depositata il 27/01/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. pignorò alcuni immobili della società RAGIONE_SOCIALE ed altri (e, in particolare, le unità immobiliari site in Bovalino – RC, alla INDIRIZZO, censite in catasto fabbricati del Comune di Bovalino al foglio 10, mappale 1123, subalterni 6, 7, 8, 4 e 5) e contestualmente dichiarò di voler pignorare anche tutte le pertinenze e le accessioni riguardanti il complesso immobiliare descritto nell’atto di pignoramento.
Il giudice dell’esecuzione – dopo aver chiesto con ordinanza 6 febbraio 2015 alla creditrice procedente di rettificare la nota di trascrizione – con ordinanza 13 aprile 2017 dispose verifiche di natura tecnica tramite c.t.u.
In data 18/11/2019 la società RAGIONE_SOCIALE in persona dei legali rappresentanti pro tempore, nonché gli altri debitori esecutati COGNOME NOME, NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, avanzarono istanza di estinzione della procedura esecutiva, ma detta istanza fu rigettata dal giudice dell’esecuzione con ordinanza 18/09/2020.
Avverso detta ordinanza fu proposto ricorso in opposizione ex art. 617, comma II, c.p.c., sostenendosi che l’oggetto del pignoramento non era stato correttamente individuato, dato che la creditrice procedente non si era limitata a indicare dei numeri di subalterni non più esistenti ma comunque collegati a quelli precedenti, ma aveva omesso di pignorare il subalterno n. 1, con le conseguenti assoluta incertezza sull’identificazione del bene e nullità del pignoramento.
Nel procedimento conseguente si costituì la RAGIONE_SOCIALE (acquirente dalla Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. del credito posto in esecuzione), chiedendo dichiararsi inammissibile e/infondata l’istanza di sospensione della procedura esecutiva immobiliare e, all’esito dell’eventuale giudizio di merito, l’opposizione tout court .
Il giudice dell’esecuzione con ordinanza 15/04/2021 rigettò la richiesta di sospensione della procedura esecutiva, condannando gli opponenti alla rifusione delle spese legali.
COGNOME NOME, NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, anche quali legali rappresentanti della RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, introducendo il giudizio di merito, chiesero, per quanto qui rileva, accertarsi e dichiararsi l’illegittimità della procedura esecutiva e, conseguentemente, estinguere la procedura esecutiva ai sensi degli artt. 567 e 187 bis c.p.c. ovvero dichiararne la improcedibilità.
Si costituì in giudizio RAGIONE_SOCIALE quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE riproponendo le difese svolte da quest’ultima nella fase cautelare.
Il Tribunale di Locri, istruita documentalmente la causa, con sentenza n. 50/2023 rigettò l’opposizione, sul presupposto che, anche alla luce dei rilievi formulati dal c.t.u., non vi erano dubbi sull’oggetto del pignoramento, essendo <>. Con condanna degli opponenti, in solido tra loro, a rifondere le spese processuali in favore di COGNOME quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE
Avverso la sentenza del giudice dell’opposizione agli atti esecutivi ha proposto ricorso la F.RAGIONE_SOCIALE, in uno agli altri soggetti indicati in epigrafe, cui ha resistito con
contro
ricorso RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice della RAGIONE_SOCIALE
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
I Difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria a sostegno delle rispettive conclusioni.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità del controricorso. Invero, essendo stato il ricorso notificato il 27 luglio 2023, il controricorso avrebbe dovuto essere depositato entro martedì 5 settembre (né applicandosi alle opposizioni esecutive, nemmeno nei gradi di impugnazione, la sospensione feriale); e, poiché è stato, invece, depositato il 7 settembre 2023, esso è tardivo.
L’inammissibilità del controricorso tardivo rende, nel nuovo rito camerale di legittimità, inammissibile pure la memoria depositata dalla parte intimata ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., in applicazione della preclusione di cui all’art. 370 cod. proc. civ. (in termini, tra le più recenti: Cass. n. 11803/2025; con riguardo al rito camerale anteriore alla riforma del 2023: Cass. n. 23921/2020; n. 4428/2022).
Nella sentenza impugnata, il giudice dell’opposizione – dopo aver richiamato: a) l’espressa dichiarazione, resa nell’atto di pignoramento da parte del creditore procedente, inerente la volontà di sottoporre ad esecuzione anche pertinenze ed accessioni degli immobili staggiti; b) le precisazioni rese nel Quadro ‘D’ della nota di trascrizione relativamente alle variazioni catastali intervenute; c) i rilievi del nominato esperto, il quale aveva riscontrato che il sub. 1 identificava un piazzale posto al servizio del complesso edilizio pignorato, e non separabile dallo stesso non avente autonomia strutturale ed essendo a quello funzionalmente legato dal vincolo pertinenziale – ha ritenuto che,
integrando l’atto di pignoramento a mezzo delle indicazioni riportate nel Quadro D della nota di trascrizione, fosse possibile accertare la continuità tra i subalterni e la sottoposizione a pignoramento anche del piazzale posto al servizio del complesso edilizio pignorato identificato al sub 1. Per tale ragione, ha pertanto rigettato l’opposizione.
COGNOME NOME, NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, nonché la F.RAGIONE_SOCIALE Zappia RAGIONE_SOCIALE, articolano in ricorso tre motivi.
3.1. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia: <> nella parte in cui il giudice dell’opposizione ha affermato (p. 5 e ss): dapprima, che: <>; poi, che: <>; infine, che: <>.
Si duole che, secondo il giudice dell’opposizione, <>.
In sintesi, secondo parte ricorrente, nell’applicazione della disposizione di cui all’art. 2912 C.C. va evitato il rischio di ritenere pignorati beni senza che, in relazione ad essi, l’esistenza del vincolo pignoratizio sia resa opponibile ai terzi mediante la trascrizione. Con la conseguenza che la presunzione, di cui all’ art. 2912 C.C., non opera nel caso in cui il bene, che sia astrattamente configurabile come una pertinenza e che deve essere dotato di dati identificativi catastali, non sia indicato nel pignoramento e nella nota, nei quali sono indicati altri beni compiutamente identificati con loro propri ed esclusivi dati catastali, perché tale situazione comporta un’obiettiva e diversa risultanza dell’atto di pignoramento e della sua nota di trascrizione. Pertanto, il giudice della impugnata sentenza non avrebbe dovuto ritenere operativa la presunzione, di cui all’art. 2912 c.c., ma avrebbe dovuto provvedere alla corretta identificazione del bene ed alla attribuzione dei dati catastali.
3.2. Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia <> nella parte in cui il Tribunale, violando anche il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, ha omesso di pronunciarsi sull’eccezione di mancato rispetto dei termini di cui all’art. 567 commi 2 e 3 c.p.c.
Sottolinea che in sede di atto di citazione (allegato 2 pagina 4) aveva rilevato che: a) già il primo giudice dell’esecuzione aveva affermato con l’ ordinanza del 06.02.2016 (allegato 3) che <>; b) come emergeva anche dalla menzionata istanza di estinzione, la Banca aveva omesso di eseguire/depositare la rettifica richiesta dal giudice nei termini opportuni (avendo sì depositato in data 31.03.2016 istanza in relazione alle richieste dell’ordinanza del 06.02.2016, ma avendo prodotto soltanto in data 21.05.2021 la rettifica della nota di trascrizione).
Osserva che dai suddetti elementi risulta che detto deposito si poneva in violazione dell’allora vigente articolo 567 commi 2 e 3 c.p.c.; e precisa, comunque, che nella rettifica del 2021 ancora non compariva alcuna menzione specifica ai dati catastali del sub 1 nella parte identificata come piazzale dal c.t.u.
3.3. Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia <> nella parte in cui il Tribunale di Locri l’ha condannata a versare alla controparte la somma di € 6.000,00 in considerazione dell’infondatezza dell’opposizione.
Sostiene che detta condanna alle spese deve considerarsi eccessiva: sia perché la fase istruttoria avrebbe dovuto essere esclusa; sia perché vi era similitudine tra la fase di sospensiva ed il merito (con la conseguenza che anche il compenso per la fase di studio poteva essere eliminato o ridotto); sia perché tanto valeva anche per la fase della discussione <> e, in particolare, la Banca aveva depositato <>.
Sottolinea che, in ogni caso, l’accoglimento del primo motivo di ricorso non potrà che togliere le basi alla pronuncia di condanna, tenuto conto che la stessa poggia espressamente sulla infondatezza della opposizione; e che alla cassazione della decisione dovrà seguire l’annullamento di tutte le statuizioni relative alle spese e ai compensi conseguenti alla soccombenza.
4. Il ricorso è inammissibile.
4.1. Inammissibile è il primo motivo.
L’inammissibilità consegue, in primo luogo, dal disposto di cui all’art. 360bis numero 1 c.p.c., in quanto il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o per mutare l’orientamento della stessa.
Invero – fermo restando che l’errore sui dati catastali non provoca la nullità del pignoramento se non genera incertezza assoluta sul bene pignorato e, in particolare, se permangono elementi idonei a escludere l’incertezza sull’identità del bene e vi è ‘continuità’ tra i vecchi e i nuovi dati catastali (Cass. n. 7342/2022 e 25055/2013) – questa Corte ha avuto modo anche di recente di precisare che:
-<> (cfr Cass. n. 13701/2023, che espressamente richiama Cass. n. 17811/2021; n. 17041/2018; n. 26841/2011);
-<<La mancata indicazione espressa, nel pignoramento e nella nota di trascrizione, dei dati identificativi catastali propri, esclusivi ed univoci, di una pertinenza, a fronte dell'espressa indicazione di quelli,
diversi e distinti, di altri beni, integra, in difetto di ulteriori ed altrettanto univoci elementi in senso contrario (ricavabili, ad esempio, da idonee menzioni nel quadro relativo alla descrizione dell'oggetto o nel quadro "D" della nota meccanizzata), una diversa risultanza dell'atto di pignoramento e della sua nota di trascrizione, idonea a rendere inoperante la presunzione dell'art. 2912 cod. civ. (Cass. n. 11272/2014).
Conforme ai suddetti principi di diritto è la sentenza impugnata, con la quale il giudice dell'opposizione – dopo aver accertato in fatto (e, quindi, in modo qui incensurabile, non ravvisandovisi vizi logici o giuridici) che il sub 1 è funzionalmente legato alle unità pignorate e che l'intenzione della banca di pignorare anche le pertinenze risultava dal testo dell'atto e dal quadro D della nota di trascrizione – ha affermato (p.6) che: <>.
In sintesi, il giudice dell’opposizione, a seguito della valutazione in fatto del contenuto dei documenti citati, ha ritenuto che, al di là della correttezza degli identificativi catastali esposti, esisteva piena sovrapposizione tra i beni individuabili a mezzo dei dati corretti di attuale iscrizione in catasto, e quelli che si era inteso sottoporre ad esecuzione. Ed ha ritenuto che l’operatività dell’art. 2912 c.c. non soltanto non era inibita da alcuna contraria previsione, ma era financo assecondata dalla espressa enunciazione creditoria della volontà di sottoporre alla procedura esecutiva anche le pertinenze.
Peraltro, va rilevato che la parte ricorrente, nonostante che nella sentenza impugnata siano state indicate le ragioni per le quali erano individuabili con esattezza il bene e le pertinenze ad esso annesse (pp. 5-6, sentenza impugnata; e, quindi, la riconducibilità delle seconde all’ambito del pignoramento come complessivamente descritto), non
ha allegato l’esistenza di elementi ‘univocamente’ contrari all’estensione del vincolo, ma ha sollevato contestazioni, di ordine fattuale, sull’asserita ‘incertezza oggettiva’ sul bene, che sono non idonee ad introdurre temi di disputa scrutinabili in sede di legittimità.
Donde un secondo profilo di inammissibilità del motivo, in quanto la parte ricorrente, pur formalmente evocando vizi previsti dall’art. 360 c.p.c., ha sostanzialmente invocato una rivalutazione nel merito della controversia, preclusa in sede di legittimità.
In definitiva, il motivo viene deciso sulla base dei seguenti principio di diritto:
-<>;
-<>.
4.2. Inammissibile è anche il secondo motivo, ma per difetto di specificità.
Parte ricorrente, infatti, omette di indicare ove abbia sottoposto al giudice dell’opposizione l'<>.
Occorre qui ribadire che il ricorrente, ai fine di rispettare il disposto di cui all’art. 366, primo comma, nn. 3 e 6, c.p.c., è tenuto a: a) specificare dove e in quale sede processuale l’atto su cui si fonda ogni singolo motivo sia rinvenibile, non essendo sufficiente un generico richiamo alla sua esistenza (cfr. Sez. Un. n. 7701/2016; Cass. n. 4493/2020; n. 8494/2020; n. 16655/2016); b) trascrivere o riassumere in ricorso il contenuto di detto atto, nel rispetto del principio di autosufficienza (Cass. n. 33827/2023; n. 22508/2019).
In mancanza del rispetto di tali oneri di forma-contenuto, che rappresentano un precipitato del principio di specificità (talvolta definito come di autosufficienza o di autonomia), va affermata l’inammissibilità del motivo, non essendo consentito demandare a questa Corte la verifica del contenuto dell’atto su cui la censura si fonda, senza precisa indicazione della sua collocazione tra gli atti prodotti.
4.3. Inammissibile, infine, è anche il terzo motivo.
Come è noto, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 24360/2015; n. 15116/2018), la statuizione sulle spese rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo ove risulti fondata su motivazione inesistente, illogica o giuridicamente errata, nonché in caso di violazione dei parametri legali o per evidente ultrapetizione.
Nulla di tutto questo nel caso di specie, nel quale parte ricorrente inammissibilmente: formula una contestazione generica; non adduce la violazione dei limiti dello scaglione reputato corretto; si duole della concreta quantificazione della misura del compenso (in sé incensurabile in sede di legittimità, essendo demandata all’esclusivo sindacato del giudice di merito, ove non allegata – né, tanto meno, provata – la violazione dei parametri).
Il motivo, inoltre, ed è questo un ulteriore profilo di inammissibilità, non deduce alcun autonomo e specifico vizio di
legittimità della statuizione sulle spese, ma prospetta la caducazione della stessa alla stregua di ‘res sperata’, cioè quale conseguenza dell’accoglimento del ricorso. Sotto questo profilo, il motivo in esame si presenta alla stregua di un ‘non motivo’ (Cass. n. 17330/2015; n. 22478/2018; n. 34412/2022), essendo tale quello che invoca sì la riforma della statuizione sulle spese ma solo in dipendenza dell’eventuale accoglimento del ricorso.
All ‘ inammissibilità del ricorso non consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, in considerazione della inammissibilità del controricorso, ma consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell ‘ importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2025, nella camera di consiglio