Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6392 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6392 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/03/2025
composta dai signori magistrati:
Oggetto:
dott. NOME COGNOME
Presidente
OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI (ART. 617 C.P.C.)
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere relatore
dott. NOME COGNOME
Consigliere
Ad. 05/02/2025 C.C.
dott. NOME COGNOME
Consigliere
R.G. n. 10723/2023
ha pronunciato la seguente
Rep.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 10723 del ruolo generale dell’anno 2023, proposto da
COGNOME NOME COGNOMEC.F.: LRS PSQ 53R55 E155K) COGNOME NOME (C.F.: LGR GPP 51A23 E155K)
rappresentati e difesi dall’avvocat o NOME COGNOMEC.F.: CSR SRG CODICE_FISCALE
-ricorrenti-
nei confronti di
STAGNO NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE , titolare dell’omonima impresa individuale avvocato NOME COGNOME (C.F.:
rappresentato e difeso dall’ SCI CODICE_FISCALE
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Matera n. 151/2023, pubblicata in data 20 febbraio 2023; udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del
5 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
NOME COGNOME titolare di omonima impresa individuale, ha promosso l’esecuzione forzata, nelle forme del pignoramento mobiliare presso il debitore, ai sensi dell’art. 513 c.p.c., nei confronti di NOME COGNOME a sua volta titolare di omonima impresa edile individuale, sulla base di titolo
esecutivo giudiziale costituito da decreto ingiuntivo. Il pignoramento, eseguito presso un cantiere in una pubblica via di Matera, ha avuto ad oggetto due automezzi di proprietà della debitrice.
NOME COGNOME ed il suo coniuge NOME COGNOME hanno proposto opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., nonché opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c..
Il Tribunale di Matera -per quanto rileva in questa fase del giudizio -ha rigettato l’opposizione agli atti esecutivi formulata ai sensi dell’art. 617 c.p.c..
Ricorrono la COGNOME ed il COGNOME sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso lo COGNOME.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni dalla data della decisione.
Ragioni della decisione
1. In primo luogo, si deve osservare che il ricorrente NOME COGNOME non è debitore esecutato e non risulta di fatto assoggettato all’espropriazione in quanto proprietario dei beni pignorati; di tali beni, del resto, non rivendica la proprietà quale terzo e, in realtà, neanche ha dedotto di esserne possessore o detentore in prima persona.
Egli si trovava semplicemente nella mera detenzione dei suddetti beni, nel momento in cui è stato eseguito il pignoramento, ma, secondo la sua stessa prospettazione, deteneva tali beni per conto di una società terza, rimasta estranea all’esecuzione ed al presente giudizio, della quale assume di essere dipendente.
Non può ritenersi, quindi, titolare di un interesse giuridico e di fatto tale da giustificare la sua diretta legittimazione alla proposizione della presente opposizione agli atti esecutivi.
Con riguardo alla sua posizione, ferma restando la conformità a diritto del provvedimento impugnato, che ha respinto le sue domande, deve, pertanto, essere corretta la relativa motivazione, nel senso appena indicato , ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c..
Per quanto riguarda, poi, il merito del ricorso avanzato da NOME COGNOME è opportuno effettuare alcune precisazioni preliminari.
2.1 Il pignoramento la cui regolarità è controversa ha avuto ad oggetto due automezzi, beni mobili iscritti in pubblici registri, di proprietà della COGNOME, titolare di impresa edile in forma individuale, destinati, per le loro caratteristiche (autocarri) e per la loro funzione tipica, all’esercizio dell a suddetta attività d’impresa.
La titolarità dei beni mobili pignorati non è in contestazione ed è stata, del resto, accertata dal l’ ufficiale giudiziario che ha eseguito il pignoramento in forza della visura del Pubblico Registro Automobilistico allegata al relativo verbale, dalla quale si evince che i veicoli in questione sono effettivamente di esclusiva proprietà della debitrice esecutata.
Secondo l’accertamento in fatto operato dal tribunale, inoltre, l ‘ufficiale giudiziario ha eseguito il pignoramento mobiliare recandosi nel luogo ove la COGNOME stava svolgendo la sua attività di impresa (segnatamente, lavori di pavimentazione di una pubblica strada comunale), anche per mezzo dei propri collaboratori (NOME COGNOME, suo coniuge, e figli), presso un cantiere sito in Matera, alla INDIRIZZO dove gli automezzi risultavano parcheggiati, come emerge dal verbale di pignoramento.
2.2 La COGNOME, con la sua opposizione, ha lamentato che il pignoramento sarebbe avvenuto: a) in luogo a lei non appartenente; b) su beni di cui essa non aveva diretta disponibilità e che il terzo che li deteneva non aveva consentito di esibire.
La prima questione (quella sub a ), relativa al luogo in cui è avvenuto il pignoramento, è oggetto del primo motivo del ricorso: con tale motivo viene, infatti, censurata la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il pignoramento era avvenuto in luogo appartenente alla debitrice, secondo il disposto dell’art. 513, comma 1, c.p.c. .
La seconda questione (quella sub b ), relativa alla diretta disponibilità dei beni pignorati da parte della debitrice e/o del l’eventuale consenso del terzo possessore ad esibirli, è oggetto del secondo e del terzo motivo del ricorso: con i suddetti motivi si sostiene che il tribunale avrebbe dovuto considerare che i beni pignorati erano, in realtà, in possesso di una società terza, alla quale la debitrice li aveva noleggiati e che la persona fisica che li deteneva, nell’interesse di tale società terza, in quanto dipendente di questa società (cioè, il coniuge della COGNOME), non aveva affatto consentito ad esibirli all’ufficiale giudiziario, onde erano state violate le prescrizioni sulle modalità del pignoramento di cui agli art. 513, comma 3 e 4, e/o 548 c.p.c. (oltre che, conseguentemente, quelle degli artt. 492 e 518 c.p.c.).
2.3 Il pignoramento dei beni mobili del debitore può e deve avvenire secondo diverse modalità, a seconda del luogo in cui essi si trovino e del potere di disposizione che il debitore stesso abbia in relazione ai medesimi:
in primo luogo, ai sensi dell’art. 513, comma 1, c.p.c., l’ ufficiale giudiziario, « può ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti » e procedere, dunque, senz’altro al pignoramento di tutti i beni che si trovino in tali luoghi, senza alcuna limitazione; ai fini della legittimità del pignoramento dei beni che si trovano nei luoghi appartenenti al debitore, in altri termini, la legge non richiede nessun altro requisito o indice di appartenenza o diretta disponibilità e nessuna altra formalità: la legittimità del pignoramento, in tal caso, può essere contestata esclusivamente da eventuali terzi
che rivendichino la proprietà dei beni pignorati, mediante l’opposizione di terzo all’esecuzione, ai sensi dell’art. 619 c.p.c., peraltro soggetta agli stringenti limiti di prova di cui all’art. 621 c.p.c., opposizione nella specie non proposta (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23625 del 20/12/2012, Rv. 624689 – 01);
laddove, invece, i beni da pignorare non si trovino « nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti », bisogna distinguere:
b1) se si tratta di beni dei quali il debitore « può direttamente disporre », il pignoramento può, comunque, avvenire in forma diretta da parte dell’ufficiale giudiziario, ma occorre una autorizzazione del presidente del tribunale, ai sensi dell’art. 513, comma 3, c.p.c., necessaria per consentire all’ufficiale giudiziario di accedere ai predetti luoghi, che non ‘ appartengono ‘ al debitore;
b2) se, al contrario, si tratta di beni dei quali il debitore non può direttamente disporre, il pignoramento può ancora avvenire in forma diretta, da parte dell’ufficiale giudiziario, ma solo se il terzo possessore consente spontaneamente di esibirli (art. 513, comma 4, c.p.c.);
b3) se, infine, si tratta di beni che -oltre a non trovarsi in luoghi appartenenti al debitore e dei quali questi non può direttamente disporre -il terzo possessore non consente spontaneamente di esibire, allora non sono ammesse le forme del pignoramento diretto ed è necessario utilizzare le diverse forme del pignoramento presso terzi, di cui agli artt. 543 c.p.c. e ss..
Va, altresì, precisato che l’accertamento in ordine all’appartenenza al debitore dei luoghi in cui avviene l’accesso dell’ufficiale giudiziario è compiuta contestualmente alle relative operazioni direttamente da quest’ultimo; ma tale accertamento è suscettibile di prova contraria, il cui onere ricade peraltro su chi lo contesti mediante opposizione, che: se proposta dal debitore, come nella specie, integra una opposizione agli atti esecutivi,
ai sensi dell’art. 617 c.p.c., in quanto diretta a contestare l’irregolarità di un atto del processo esecutivo (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1524 del 05/03/1984, Rv. 433610 -01); se proposta da terzi che rivendichino la proprietà dei beni pignorati integra, invece, una opposizione di terzo all’esecuzione ai sensi dell’art . 619 c.p.c..
Dal quadro sistematico sin qui esposto discende che, se il pignoramento avviene nella casa o in altri luoghi appartenenti al debitore, esso sarà sempre legittimo con riguardo a tutti i beni mobili ivi rinvenuti, senza alcuna limitazione o necessità di ulteriori formalità.
Ne deriva che le questioni relative alla diretta disponibilità dei beni da parte del debitore ed all ‘ eventuale consenso del terzo possessore ad esibirli hanno rilievo esclusivamente nel caso in cui il pignoramento avvenga in luoghi non appartenenti al debitore.
2.4 Tanto premesso, come meglio si vedrà di seguito, risultando il primo motivo del ricorso infondato, sono da ritenere, di conseguenza, inammissibili, per difetto di interesse, gli altri due: una volta escluso, infatti, che il pignoramento possa ritenersi avvenuto in luogo non appartenente alla debitrice, le altre questioni -relative alla disponibilità diretta dei beni pignorati da parte della debitrice ed al consenso del terzo possessore ad esibirli -non possono assumere alcun rilievo, perché, come fin qui chiarito, il pignoramento eseguito in luoghi appartenenti al debitore può legittimamente cadere su tutti i beni mobili ivi reperiti dall’ufficiale giudiziario, senza alcuna limitazione (fatta ovviamente sempre salva la possibilità, per eventuali terzi che ne rivendichino la proprietà, di proporre l’opposizione di terzo all’esecuzione, ai sensi dell’art. 619 c.p.c., peraltro soggetta agli stringenti limiti di prova di cui all’art. 621 c.p.c. e, comunque, nella specie non proposta).
Di seguito sono illustrate le ragioni di tale conclusione.
Con il primo motivo del ricorso si denunzia « Error in judicando -Falsa applicazione del primo comma dell’art. 513 c.p.c. per avere il Giudice del Tribunale ritenuto di ricondurre il concetto di «altri luoghi a lui appartenenti» a quello di «esercizio dell ‘ attività di impresa», trascurando del tutto (dopo avere correttamente interpretato la norma) quella necessaria relazione di fatto che deve intercorrere tra il debitore ed il luogo in cui sia rinvenuta la res oggetto di pignoramento (art. 360, comma I, nr. 3 c.p.c.) ».
3.1 Secondo l’i nterpretazione preferibile, espressamente fatta propria dal giudice di primo (e unico) grado, nella nozione di « altri luoghi appartenenti al debitore » va ricompreso qualsiasi luogo col quale il debitore abbia di fatto un rapporto di godimento stabile e duraturo, a prescindere dalla titolarità della proprietà o di altro diritto reale o personale sullo stesso. In particolare, si considerano appartenenti al debitore i luoghi in cui quest’ultimo svolge la propria professione o mansione, come l ‘ ufficio, lo studio professionale, la sede dell ‘ azienda il laboratorio o lo stabilimento e, finanche, la stessa via o pubblica piazza dove il debitore disponga dei detti suoi beni (come nel caso dell’ambulante che ivi venda la sua merce) .
La ricorrente COGNOME non contesta in diritto la correttezza di tale opzione interpretativa; anzi, afferma espressamente di condividerla.
Sostiene, però, che i relativi principi non sarebbero stati correttamente applicati, nel caso di specie, in quanto il tribunale avrebbe ritenuto legittimo il pignoramento limitandosi a dare atto del fatto che esso era stato « eseguito in un luogo comunque riconducibile all’attività d’impresa della debitrice esecutata », ma « senza veicolare il suo giudizio finale sull’esame, affatto necessario, della esistenza o meno di una effettiva e stabile relazione di fatto tra la ditta COGNOME Pasqua ed il luogo in
cui l’espropriazione mobiliare del giorno 11/04/2018 si era consumata ».
Tale assunto è infondato.
Da una complessiva lettura della motivazione della decisione impugnata emerge chiaramente, in realtà, che il tribunale non ha affatto ritenuto di poter prescindere dall’accertamento di un rapporto di godimento stabile e duraturo, in capo alla debitrice, relativamente al luogo in cui era avvenuto il pignoramento: al contrario, ha ritenuto che tale rapporto sussistesse senz’altro, in quanto il pignoramento aveva avuto luogo nel cantiere presso il quale la debitrice svolgeva la sua attività di impresa, benché posto su una pubblica via. Secondo il tribunale, poiché nella nozione di ‘ altri luoghi appartenenti al debitore ‘ devono ricomprendersi finanche le vie pubbliche o le piazze ove il debitore svolga la sua attività d’impresa , certamente il cantiere edile ove il debitore svolge la sua attività d’impresa è da considerarsi « altro luogo a questi appartenente ».
In altri termini -in parte espressamente e in parte implicitamente, ma in ogni caso inequivocabilmente -il tribunale ha ritenuto che il cantiere dove aveva avuto luogo il pignoramento degli automezzi di proprietà della debitrice fosse nella disponibilità di quest’ultima e che tale disponibilità integrasse il necessario rapporto di godimento stabile e duraturo con tale luogo che rendeva legittima l’adozione delle forme di espropriazione di cui all’art. 513, comma 1, c.p.c..
Contrariamente a quanto si afferma nel ricorso, il giudice del merito, come emerge dalla complessiva lettura della motivazione del provvedimento impugnato, ha, quindi, ritenuto valido il pignoramento proprio perché esso aveva avuto luogo in un luogo del quale la debitrice aveva, di fatto, un godimento stabile e duraturo, vale a dire il cantiere destinato allo svolgimento della sua attività di impresa, cantiere ritenuto nella sua disponibilità sulla base di un accertamento di fatto.
Orbene, sulla base di tale accertamento in fatto, il disposto di cui all’art. 513, comma 1, c.p.c., non può dirsi in alcun modo violato, in diritto, in quanto la disponibilità del cantiere presso il quale è avvenuto il pignoramento, in capo alla debitrice, configura certamente il rapporto di godimento stabile e duraturo richiesto dalla suddetta norma.
3.2 La ricorrente COGNOME sostiene, altresì, in effetti, che il cantiere in questione non era affatto nella propria disponibilità, in quanto era una diversa impresa (alla quale sostiene che aveva noleggiato le proprie attrezzature, inclusi gli automezzi pignorati) a svolgere i lavori pubblici per i quali tale cantiere era stato realizzato. Sostiene, in particolare, che il suo stesso coniuge COGNOME, che si trovava nella detenzione di fatto degli automezzi al momento dell’accesso dell’ufficiale giudiziario, era un dipendente di tale diversa impresa.
Orbene, tali censure devono ritenersi inammissibili.
L ‘accertamento di fatto operato dal tribunale in ordine alla titolarità del cantiere e, dunque, alla sua disponibilità, in quanto sostenuto da adeguata motivazione, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, non è, infatti, sindacabile nella presente sede.
Sotto tale profilo, le censure di cui al motivo di ricorso in esame si risolvono, dunque, nella inammissibile contestazione di tale accertamento di fatto, nonché nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nel giudizio di legittimità.
3.3 È opportuno precisare che la questione del l’avvenuto noleggio dei beni pignorati ad un’impresa terza è stata ritenuta dal giudice di merito una allegazione tardivamente avanzata, in quanto non effettuata con il ricorso in opposizione e che, di conseguenza, l ‘affermazione della regolarità del pignoramento è stata effettuata sulla base della valutazione dei soli fatti oggetto di regolare e tempestiva allegazione e prova: il giudice
del merito ha valutato i soli elementi istruttori regolarmente acquisiti agli atti e li ha considerati insufficienti a integrare la prova contraria all’accertamento operato dall’ufficiale giudiziario in ordine all’appartenenza alla debitrice del luogo in cui aveva effettuato il suo accesso, prova contraria il cui onere certamente incombeva su quest’ultima.
Il tribunale -come del resto già chiarito -ha concluso, dunque, che il cantiere dove aveva avuto luogo il pignoramento era nella disponibilità della debitrice ed era da questa utilizzato per lo svolgimento della sua attività di impresa, anche attraverso i suoi collaboratori (che avevano per tale ragione la detenzione degli automezzi oggetto del pignoramento).
In questo quadro, le ulteriori considerazioni contenute nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine alla possibilità di svolgere l’attività di impresa anche per mezzo del semplice noleggio a terzi delle attrezzature, al di là della loro correttezza in diritto, risultano svolte dal tribunale solo ad abundantiam : l’effettiva ratio decidendi della sua statuizione, in merito al profilo in esame, è quella relativa all’inammissibilità, in radice, della questione del dedotto noleggio dei beni pignorati. Ne consegue che tutte le censure dirette a contestare le affermazioni contenute in tale parte della motivazione della decisione impugnata, vanno ritenute inammissibili, per difetto di interesse.
In primo luogo, si tratta, infatti, di affermazioni non costituenti effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata.
In ogni caso, è assorbente il rilievo per cui, poiché -per le ragioni già ampiamente esposte -l’assunto dell’avvenuto noleggio degli automezzi incide esclusivamente sulla questione relativa alla disponibilità diretta dei beni da parte della debitrice (peraltro pacificamente loro proprietaria), ma non può direttamente interferire sulla diversa questione dell’appartenenza a quest’ultima del luogo dove ha avuto luogo l’accesso
dell’ufficiale giudiziario (cioè della disponibilità del cantiere) , tale assunto, in realtà, non avrebbe potuto assumere alcun rilievo, ai fini della regolarità del pignoramento, una volta escluso che lo stesso sia avvenuto in luogo non appartenente alla debitrice.
4. Con il secondo motivo si denunzia « Error in judicando -Omesso esame di due rilevanti circostanze di fatto ed attinenti, rispettivamente: a) il rapporto di lavoro subordinato intrattenuto dal Sig. COGNOME NOME con la società RAGIONE_SOCIALE che gli consentiva di possedere il mezzo pignorato in virtù di un contratto di noleggio intervenuto tra la prefata società e la ditta COGNOME Pasqua; b) la consegna non spontanea del mezzo pignorato perché il Sig. COGNOME NOME vi fu ‘costretto’ (dopo due ore dall’inizio delle operazioni di esproprio ) a causa dell’intervento in loco della Polizia di Stato; circostanze, queste, decisive ed idonee al fine di poter accertare l’illegittimità dell’espropriazione mobiliare per non essere stati rispettati i requisiti di cui ai commi III e IV dell’art. 513 c.p.c. e dell’ art. 543 e ss. c.p.c., nonché degli artt. 492 e 518 c.p.c. (art. 360, comma I, nr. 5 c.p.c.) ».
Con il terzo motivo si denunzia « Error in judicando -Falsa applicazione degli artt. 513 e 543 c.p.c., nonché degli artt. 617 e 618 c.p.c. per avere il Tribunale di Matera ritenuto inammissibile la «questione del contratto di noleggio intercorso con la ditta RAGIONE_SOCIALE» desumendo che il contratto di noleggio fosse la causa petendi dell’opposizione agli atti esecutivi, allorquando, invece, al contratto di noleggio andava attribuita la funzione di prova documentale finalizzata a dimostrare i motivi di opposizione ex art. 617 c.p.c. avanzati dai ricorrenti (art. 360, comma I, nr. 3 c.p.c.) ».
Il secondo ed il terzo motivo, una volta esclusa la possibilità di accogliere il primo motivo, risultano inammissibili, per difetto di interesse, per le ragioni già in precedenza chiarite.
Una volta escluso che il pignoramento possa ritenersi avvenuto in luogo non appartenente alla debitrice, le questioni poste con i motivi di ricorso in esame, aventi tutte ad oggetto la diretta disponibilità dei beni pignorati da parte sua, nonché l’eventuale consenso del soggetto che li deteneva ad esibirli all’ufficiale giudiziario, risultano del tutto irrilevanti ai fini dell’esito dell’opposizione, per l’assorbente ragione che il pignoramento avvenuto in luogo appartenente al debitore è di per sé legittimo in relazione a tutti i beni mobili in tal luogo reperiti dall’ufficiale giudiziario, senza che possano assumere alcun rilievo le indicate questioni attinenti alla loro disponibilità , con l’unico limite dell’eventuale opposizione di cui all’art. 619 c.p.c., eventualmente proposta dal terzo che se ne assuma proprietario (opposizione nella specie non proposta) o che vanti sul bene altro diritto di eguale rango e meritevole di analoga tutela (situazione che, nella specie, si è visto non ricorrere in capo al Lagreca).
Il ricorso è rigettato, nei sensi appena precisati.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-rigetta il ricorso;
-condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidandole in complessivi € 3.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge;
-dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1
quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-