Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34128 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34128 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23039/2022 R.G.
proposto da
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentate e difese dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentate e difese dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– ricorrenti –
contro
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– intimati – avverso la sentenza n. 1112 del 30/6/2022 del Tribunale di Tivoli;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero -in persona della Dott.ssa NOME COGNOMEe le memorie delle parti;
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso le ordinanze, emesse il 10/7/2019 e il 19/7/2019 nell ‘ espropriazione immobiliare n. 2111/2006 R.G. del Tribunale di Tivoli, con le quali il giudice dell ‘ esecuzione aveva revocato l ‘ aggiudicazione degli immobili identificati come lotti nn. 1, 2, 3 e 5 e dichiarato improseguibile la procedura relativamente a tali beni (ordinanza del 10/7/2019), perché i cespiti pignorati erano stati identificati, nell ‘ atto ex art. 555 c.p.c., con l ‘ indicazione di dati catastali già soppressi e non aggiornati al momento dell ‘ apposizione del vincolo e, poi, aveva revocato l ‘ aggiudicazione dell ‘ immobile identificato come lotto n. 4 (ordinanza del 19/7/2019), perché non risultava trascritta l ‘ accettazione delle eredità di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, danti causa dei debitori esecutati (NOME COGNOME e NOME Ambrosetti).
I creditori opponenti (odierni ricorrenti) deducevano, con riferimento all ‘ ordinanza del 10/7/2019, che nessun rilievo poteva essere attribuito all ‘ erronea indicazione dei dati catastali soppressi, atteso che l ‘ identificazione dei lotti nn. 1, 2, 3 e 5 non avrebbe potuto generare incertezza nei terzi; in riferimento all ‘ ordinanza del 19/7/2019, sostenevano che il giudice dell ‘ esecuzione non avrebbe potuto disporre la revoca dell ‘ aggiudicazione del lotto n. 4 sulla scorta del parere dell ‘ aggiudicatario, ma avrebbe dovuto concedere ai creditori un termine per ripristinare la continuità delle trascrizioni.
3. Nel contraddittorio con gli esecutati (rimasti contumaci) e con gli aggiudicatari dei predetti lotti (NOME COGNOME aggiudicatario dei lotti nn. 1, 2 e 3, contumace nel grado di merito; NOME COGNOME, aggiudicatario
del lotto n. 4; NOME COGNOME e NOME COGNOME aggiudicatari del lotto n. 5), il Tribunale di Tivoli rigettava l ‘ opposizione con la sentenza n. 1112/2022 del 30/6/2022.
4. Per quanto qui ancora rileva, il giudice di merito affermava, con riguardo al lotto n. 4, che il giudice dell ‘ esecuzione aveva legittimamente raccolto la sollecitazione dell ‘ aggiudicatario alla restituzione del prezzo, poiché quest ‘ ultimo non era stato reso edotto della necessità di garantire il ripristino della continuità delle trascrizioni, che, peraltro, avrebbe dovuto essere curato prima della celebrazione dell ‘ udienza di cui all ‘ art. 569 c.p.c. («Resta il fatto che al tempo dell ‘ aggiudicazione la continuità delle trascrizioni difettava e che dunque non era possibile il trasferimento del diritto. Pertanto, dinanzi alla volontà dell ‘ aggiudicatario del lotto n. 4 di ottenere la restituzione del prezzo versato, è stata correttamente revocata l ‘ aggiudicazione con restituzione del prezzo all ‘ aggiudicatario»).
Rispetto agli altri lotti, il Tribunale confermava l ‘ ordinanza del giudice dell ‘ esecuzione, perché i beni erano stati individuati sulla scorta di dati erronei (è «onere del creditore, prima di eseguire il pignoramento, procedere all ‘ accertamento dei dati catastali attuali dei beni da pignorare, così da garantire l ‘ esatta individuazione degli stessi trattandosi peraltro di attività che implica uno sforzo di diligenza minimo e dunque esigibile. È poi irrilevante che i dati indicati in pignoramento siano i dati precedenti con cui si individuavano gli stessi beni … Il pignoramento che individui i beni mediante dati catastali non più attuali al tempo del vincolo non può dunque ritenersi valido»).
6. Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano ricorso per cassazione, fondato su due motivi; non svolgevano difese nel giudizio di legittimità gli intimati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Prima dell ‘ adunanza del 12/6/2024, il Pubblico Ministero concludeva per l ‘ accoglimento del primo motivo e il rigetto della seconda censura; le ricorrenti depositavano memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.
8. Con l ‘ ordinanza interlocutoria n. 19322 del 12/7/2024, comunicata nella stessa data, il Collegio rilevava che non era stata data prova dell ‘ avvenuta notifica del ricorso introduttivo a NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME avendo la parte ricorrente omesso di depositare gli avvisi di ricevimento; conseguentemente, si disponeva, ai sensi dell ‘ art. 291 c.p.c. e nei confronti dei predetti, «la rinnovazione della notificazione del ricorso entro il termine perentorio indicato in dispositivo , fermi gli oneri di tempestiva produzione di prova dell ‘ ottemperanza a tale ordine».
La difesa di parte ricorrente depositava le prove della rinnovata notificazione del ricorso in data 12/9/2024 e, con la medesima nota, depositava anche la documentazione attestante che il ricorso introduttivo era stato sin dall ‘ origine notificato a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOMEi quali, comunque, non svolgevano difese nel giudizio di legittimità).
Nelle sue conclusioni scritte il Pubblico Ministero chiedeva l ‘ accoglimento del primo motivo e il rigetto della seconda censura.
All ‘ esito della camera di consiglio del 18/11/2024, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, occorre rilevare che la prova della rinnovazione della notifica del ricorso è stata depositata soltanto in data 12/9/2024 e, cioè, oltre il termine di venti giorni -non soggetto a sospensione feriale, trattandosi di opposizione esecutiva, e prescritto a pena di improcedibilità dall ‘ art. 371bis c.p.c. -dalla scadenza del termine assegnato dal Collegio (12/8/2024).
A rigore, il tardivo deposito determina l ‘ improcedibilità del ricorso (secondo la regola applicata anche da Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 18539 del 08/07/2024, Rv. 671799-01): tuttavia, questa non può essere pronunciata, perché i ricorrenti hanno prodotto documentazione che consente di ritenere provata la corretta instaurazione -ab origine -del contraddittorio in cassazione.
Infatti, a convinto avviso del Collegio, la sanzione di improcedibilità ex art. 371bis c.p.c. non può trovare applicazione quando il medesimo scopo per il quale è stato concesso il termine per rinnovare la notificazione ex art. 291 c.p.c. -cioè, instaurare regolarmente il contraddittorio -era già stato raggiunto con l ‘ originaria notificazione, sebbene di tanto sia data prova soltanto dopo l’emanazione dell’ordine di rinnovazione ; né la mancata produzione iniziale della prova della notifica può condurre all ‘ inammissibilità del ricorso dopo la concessione del menzionato termine ex art. 291 c.p.c.
La soluzione ermeneutica ora esposta trova conferma sistematica.
Secondo uniforme giurisprudenza, in caso di mancata dimostrazione dell ‘ avvenuta notifica del ricorso introduttivo (mediante produzione dell ‘ avviso di ricevimento, se eseguita a mezzo posta) entro la data fissata per l ‘ udienza o l ‘ adunanza camerale, il ricorso per cassazione va dichiarato inammissibile in assenza di attività difensiva dell ‘ intimato, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito della prova e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ex art. 291 c.p.c. ( ex multis , Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 18361 del 12/07/2018, Rv. 649461-01); costituisce ratio dell ‘ orientamento richiamato la ragionevole durata del processo, che non ammette un ingiustificato rinvio della decisione della Suprema Corte a causa di un ‘ inerzia della parte interessata.
Nella fattispecie, tuttavia, il rinvio ad una successiva adunanza non è stato concesso ad onta del precetto ex art. 111, comma 2, secondo periodo, Cost., bensì, ai sensi dell ‘ art. 291 c.p.c., per la doverosa rituale instaurazione del contraddittorio (oggetto di verifica ex officio ) nei confronti di tutti gli intimati e, del resto, è precipuo scopo della citata disposizione rimediare
ad un difetto di notifica (anche quando è sottesa un ‘ incuria del notificante) per salvaguardare il menzionato principio fondamentale del processo.
Perciò, poiché il rinvio non è dipeso, in ultima analisi, da un ‘ inerzia della parte e dato che la prova della regolare notificazione del ricorso -con instaurazione del contraddittorio ab origine -è stata data anteriormente all ‘ inizio dell ‘ odierna adunanza camerale, non può essere dichiarata l ‘ inammissibilità dell ‘ impugnazione.
Nel contempo, è preclusa la declaratoria di improcedibilità per la tardività della prova dell’ottemperanza all’ordine di rinnovazione : diversamente opinando -e, cioè, non considerando l ‘ originaria sussistenza del contraddittorio tra tutte le parti e soltanto il tardivo deposito ex art. 371bis c.p.c. -si dovrebbe sostenere che il rinvio concesso per salvaguardare il principio costituzionale conduce comunque alla chiusura in rito del giudizio di cassazione, sol perché la regolare convocazione delle parti ab initio è stata scoperta dopo un rinvio dato dalla stessa Corte di legittimità; si tratterebbe di un ‘ evidente aporia logica e di un eccesso di formalismo, incompatibile con l ‘ art. 6 CEDU, come interpretato dalla costante giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
2. Tanto premesso in ordine all’ ammissibilità e procedibilità del ricorso in relazione alla ritualità dell’instaurazione del contraddittorio, va ora osservato che, col primo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono la «Violazione e falsa applicazione degli artt. 156 e 555 c.p.c. in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., atteso che la sentenza impugnata … rigettava in parte qua l ‘ opposizione, confermando la dichiarata nullità del pignoramento relativamente ai lotti nn. 1, 2, 3 e 5, sull ‘ erroneo presupposto che «…il pignoramento immobiliare deve indicare ‘esattamente’ il diritto reale ed il bene immobiliare che si intendono sottoporre ad esecuzione, utilizzando a tal fine ‘gli estremi per l’ individuazione dell ‘immobile ipotecato’ indicati dall’ art. 2826 c.c…», nonostante che i surriferiti beni staggiti fossero stati originariamente individuati nel pignoramento, non commettendo errori di digitazione, ma solo sulla scorta degli originari estremi catastali tra l ‘ altro indicati
nel titolo esecutivo per cui si procedeva soppressi anteriormente al pignoramento stesso, ma senza che ciò determinasse nella procedura esecutiva alcuna incertezza riguardo all ‘ individuazione dei beni staggiti, tant ‘ è che tutti gli atti del procedimento, dalla certificazione ipo-catastale, alla CTU, all ‘ ordinanza di vendita, alla relazione dell ‘ incaricato alle vendite ed ai processi verbali di aggiudicazione dei relativi lotti, riportavano la mutata matrice catastale».
La censura -che riguarda esclusivamente la declaratoria di invalidità dell ‘ atto di pignoramento relativo ai lotti nn. 1, 2, 3 e 5, oggetto della opposta ordinanza del 10/7/2019 -è fondata.
A sostegno della propria decisione il Tribunale di Tivoli richiama la decisione di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 18249 del 26/8/2014, nella parte in cui afferma l ‘ invalidità dell ‘ atto di pignoramento «se dal suo complesso, nonostante non rilevi più ex se l ‘ indicazione di tre confini, non si escluda l ‘ assoluta incertezza sul bene che ne è oggetto», richiede «che il bene sia compiutamente e con certezza identificato fin dal pignoramento, al fine di garantirne la successiva circolazione», esclude che possa «il creditore pretendere di rimettere a successivi interventi, perfino ufficiosi, la specificazione dell ‘ oggetto dell ‘ azione esecutiva, specificazione che incombeva invece esclusivamente a lui».
Tuttavia, la citata pronuncia si riferiva ad una «procedura esecutiva avente ad oggetto una non meglio precisata quota ereditaria di un immobile … ed in virtù della conversione in pignoramento di un sequestro conservativo ‘la necessità della rettifica della trascrizione del sequestro attesi i dubbi circa l ‘ individuazione della p.lla ‘a/1’ o ‘4/L’ … pure il sequestro era stato trascritto relativamente ad una non meglio precisata quota ereditaria di pertinenza dell ‘ esecutato».
Di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 18249 del 26/8/2014 il giudice di merito fornisce una lettura fuorviante, perché trae arbitrariamente dall ‘ esigenza di certa individuazione del bene staggito (peraltro, dal «complesso» dell ‘ atto ex art. 555 c.p.c., costituito dalla notificazione del libello e dalla successiva
trascrizione; v. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7998 del 20/04/2015, Rv. 635099-01, e Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6873 del 14/03/2024, in motivazione) la conclusione che tale esatta «identificazione del bene deve essere possibile mediante la mera lettura dell ‘ atto di pignoramento», restando così irrilevante il fatto che i dati indicati dal procedente fossero quelli che in precedenza individuavano gli stessi immobili.
Con plurime argomentazioni questa Corte si è più volte pronunciata in senso contrario a tale interpretazione: in primis , va considerato che il giudice dell ‘ esecuzione ha necessariamente a disposizione l ‘ estratto del catasto, documento che forma oggetto di indefettibile deposito ex art. 567 c.p.c. (salva la facoltà di produrre un certificato notarile, ex lege equipollente) e che consente di individuare le diverse ‘denominazioni’ rectius , gli estremi catastali (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11272 del 21/05/2014, in motivazione, ravvisa un ‘ «evoluzione del dato catastale, da mero riferimento fiscale a potenziale … pregnante elemento di identificazione dell’ immobile») -assunte nel tempo dall ‘ immobile, anche in relazione agli atti traslativi che l ‘ hanno riguardato (risultanti dal certificato delle trascrizioni o dalla certificazione notarile); in secondo luogo, l ‘ invalidità del pignoramento -tra l ‘ altro, da esaminare nel suo complesso e non con riferimento alla sola nota di trascrizione o soltanto al libello notificato -può discendere esclusivamente dalla assoluta incertezza circa l ‘ identificazione del bene colpito, ipotesi che non si realizza qualora la documentazione prodotta ex art. 567 c.p.c. (non potendo il giudice limitarsi alla «mera lettura dell ‘ atto», come invece si afferma nella sentenza impugnata) permetta di accertare che i nuovi dati catastali corrispondono, univocamente, a quelli più risalenti -comunque identificativi del cespite -impiegati del creditore pignorante.
Si ascrivono all ‘ orientamento giurisprudenziale succitato -da reputarsi ormai consolidato -le decisioni di:
Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25055 del 07/11/2013, in motivazione: «l ‘ indicazione, nel pignoramento e nella sua nota di trascrizione, di dati catastali non aggiornati al momento del pignoramento stesso … non vizia né
l ‘ uno né l ‘ altra, ove non vi sia comunque incertezza sulla fisica identificazione dei beni ed ove sussista continuità tra i dati catastali precedenti e quelli corretti all ‘ atto dell ‘ imposizione del vincolo, sì che l ‘ erroneità, di per sé considerata, non comporti confusione sui beni o perfino un riferimento a beni ontologicamente differenti.»;
Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 2110 del 31/01/2014, Rv. 629847-01: «L ‘ errore contenuto nell ‘ atto di pignoramento sugli elementi identificativi del bene pignorato non è causa di nullità del pignoramento, tranne nel caso in cui comporti incertezza assoluta sul bene stesso.»;
Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6833 del 03/04/2015, Rv. 635142-01: «Il pignoramento di beni appartenenti solo in quota all ‘ esecutato è nullo ove, nel relativo atto, non sia indicata la misura di quest ‘ ultima; qualora, peraltro, la quota dell ‘ esecutato si ricavi con chiarezza dalla nota di trascrizione, la reciproca interazione tra i due atti consente di escludere ogni incertezza sull ‘ identificazione del diritto assoggettato ad esecuzione, sicché, anche in ragione del principio di conservazione degli atti del processo, non può essere dichiarata la nullità dell ‘ atto di pignoramento, in dipendenza di una lacuna solo originaria.»;
Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 19123 del 15/09/2020, Rv. 658885-01: «L ‘ errore sugli elementi identificativi dell ‘ immobile pignorato non è causa di nullità dell ‘ atto di pignoramento, salvo che induca incertezza assoluta sul bene gravato.»;
Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 7342 del 07/03/2022, Rv. 664248-01: «In tema di pignoramento immobiliare, gli errori o le imprecisioni di identificazione del bene negli atti di provenienza sono di per sé irrilevanti rispetto ai terzi di buon fede che abbiano eseguito il pignoramento dopo aver diligentemente verificato i registri immobiliari, né l ‘ indicazione nel pignoramento o nella sua nota di trascrizione di dati catastali non aggiornati ha alcun effetto invalidante, ove non vi sia comunque incertezza sulla fisica identificazione dei beni ed ove sussista continuità tra i dati catastali prece-
denti e quelli corretti al momento dell ‘ imposizione del vincolo, sì che l ‘ erroneità di per sé considerata non comporti alcuna confusione sui beni che si intendono pignorare.»;
Cass., Sez. 3, Sentenza n. 16336 del 08/06/2023, Rv. 667814-01: «In materia di esecuzione forzata, il decreto ex art. 586 c.p.c. che – nel trasferire la proprietà del bene pignorato all ‘ aggiudicatario e in ossequio al ‘favor’ di cui questo gode – individui l ‘ immobile con dati catastali aggiornati, ma diversi rispetto a quelli indicati nell ‘ atto di pignoramento e nell ‘ avviso di vendita, non è viziato, a condizione che non vi sia alcuna incertezza sulla identità fisica tra i cespiti trasferiti e quelli oggetto dell ‘ espropriazione.».
Nel caso di specie, i beni poi identificati come lotti nn. 1, 2, 3 e 5, erano idoneamente stati originariamente individuati nel pignoramento, non commettendo errori di digitazione, ma solo sulla scorta degli originari estremi catastali, tra l’altro indicat i nel titolo esecutivo per cui si procedeva e modificati, sì, anteriormente al pignoramento stesso, ma senza che ciò determinasse nella procedura esecutiva alcuna incertezza riguardo alla possibilità di individuarli: in accoglimento del primo motivo, dunque, la sentenza impugnata va cassata nella parte in cui ha confermato la declaratoria di invalidità dell ‘ atto di pignoramento relativo ai lotti nn. 1, 2, 3 e 5.
Col secondo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono la «Violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 2650, secondo comma, c.c. e degli artt. 152, 175, 484 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., atteso che la sentenza impugnata, asserendo che al tempo dell ‘ aggiudicazione la continuità delle trascrizioni difettava e che dunque non era possibile il trasferimento del diritto senza rischi d ‘ evizione, omette di riconoscere come fondata l ‘ eccezione dedotta dai ricorrenti, consistente nel fatto che il G.E. avrebbe dovuto concedere loro, un termine per espletare la formalità e così integrare la documentazione, e ciò in quanto, svolto l ‘ adempimento richiesto e quindi avvenute le trascrizioni richieste, si sarebbe prodotto, ex art. 2650 cit., in capo all ‘ esecutato e, per l ‘ effetto del decreto di trasferimento, a sua volta in capo all ‘ aggiudicatario, l ‘ effetto sanante richiesto per eliminare ogni rischio di evizione.».
La censura , riferita alla reiezione dell’opposizione avverso l’ordinanza del 19/7/2019 (di revoca dell’aggiudicazione del lotto 4), va respinta, ma dev ‘ essere corretta la motivazione del provvedimento impugnato.
Secondo la giurisprudenza di legittimità il controllo della continuità delle trascrizioni costituisce compito ineludibile del giudice dell ‘ esecuzione, tenuto a verificare ex officio la titolarità, in capo al debitore esecutato, del diritto reale pignorato sul bene immobile «onde garantire la stabilità dell ‘ acquisto dell ‘ aggiudicatario» ed evitare «il rischio di evizione dell ‘ aggiudicatario» (così Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11638 del 26/05/2014, in motivazione).
Non solo: come statuito da Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15597 del 11/06/2019, Rv. 654474-01 (è conforme la successiva Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3746 del 08/02/2023, Rv. 666771-02), «il giudice dell ‘ esecuzione ha il dovere di richiedere, ai fini della vendita forzata, la certificazione attestante che, in base alle risultanze dei registri immobiliari, il bene pignorato è di proprietà del debitore esecutato sulla base di una serie continua di trascrizioni di idonei atti di acquisto riferibili al periodo che va dalla data di trascrizione del pignoramento fino al primo atto di acquisto anteriore al ventennio dalla trascrizione stessa», in quanto adempimento volto a ridurre il rischio di evizione dell ‘ acquirente e, così, rafforzando la tutela dell ‘ aggiudicatario, a fortificare l ‘ affidabilità e stabilità della vendita forzata.
In base a tale insegnamento giurisprudenziale (la già citata Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11638 del 26/05/2014 è ripresa, sul punto, da Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4301 del 13/02/2023), non è essenziale che la continuità delle trascrizioni sussista «nel momento di avvio dell ‘ azione esecutiva», ma, in quanto funzionale alla vendita, deve esistere -o essere stata ripristinata -«prima dell ‘ autorizzazione alla vendita ai sensi dell ‘ art. 569 c.p.c.», posto che, in difetto, il giudice dell ‘ esecuzione non può emettere i provvedimenti volti alla liquidazione, ma deve pronunciare la chiusura anticipata del processo esecutivo (provvedimento da adottare anche in caso di mancata produzione, imputabile al soggetto richiesto, dell ‘ atto di acquisto anteriore al
ventennio, come statuito da Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15597 del 11/06/2019).
Tuttavia, come precisato dalla pronuncia da ultimo richiamata, la vendita comunque eseguita, «a processo esecutivo concluso, non sarà in sé invalida né inefficace ma assoggettabile ad evizione, con gli effetti di cui all ‘ art. 2921 c.c., e fatta sempre salva la possibilità di ripristinare la continuità delle trascrizioni con effetto retroattivo ai sensi dell ‘ art. 2650 c.c., comma 2, senza alcun limite temporale» (analogamente, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4301 del 13/02/2023, Rv. 667072-01, dove si ribadisce che «la vendita forzata eseguita senza che sia stata trascritta l ‘ accettazione dell ‘ eredità non è né invalida, né inefficace, ma eventualmente assoggettabile a evizione (con gli effetti dell ‘ art. 2921 c.c.), e fatta sempre salva, senza limite temporale alcuno, la possibilità di ripristino della continuità delle trascrizioni (con effetto retroattivo ex art. 2650, comma 2, c.c.)»).
Consegue a quanto esposto che il giudice dell ‘ esecuzione non può disporre la vendita in caso di discontinuità delle trascrizioni e che il creditore ha l ‘ onere, prescritto a pena di improcedibilità, di integrare la documentazione ipotecaria (ripristinando la continuità) prima dell ‘ udienza ex art. 569 c.p.c.
Ciononostante, qualora sia mancato il controllo sulla continuità delle trascrizioni e sia stata comunque disposta la vendita, quest ‘ ultima non è affetta da alcun vizio che ne comporti l ‘ invalidità o l ‘ inefficacia, di talché non sarebbe ammissibile un ‘ opposizione avverso gli atti della liquidazione o contro il decreto di trasferimento.
In altre parole, dato che la discontinuità non determina l ‘ invalidità della vendita (ma, al più, la sua inefficacia ex art. 2650 c.c.), una volta addivenuti all ‘ aggiudicazione, né il giudice dell ‘ esecuzione potrebbe dichiarare nulli gli atti di liquidazione già compiuti (o revocarli perché viziati), né le parti potrebbero opporli fondatamente.
Ciò non significa, però, che il giudice dell ‘ esecuzione, nell ‘ ambito dei suoi poteri discrezionali, non debba orientare la procedura alla massima tutela dell ‘ aggiudicatario (alla quale -come sopra esposto -è funzionale il
contro
llo sulla continuità delle trascrizioni) e al suo affidamento qualificato sulla stabilità della vendita giudiziaria (sulla giustificazione sistematica del favor per l ‘ aggiudicatario, diffusamente, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3709 del 08/02/2019, in motivazione).
Conseguentemente, non già per istanza formulata da un soggetto che non è nemmeno parte del processo esecutivo (Cass., Sez. U, Sentenza n. 5701 del 11/04/2012, esclude dal novero delle parti della procedura sia gli offerenti, sia l ‘ aggiudicatario), bensì a fronte del suo manifestato disinteresse a perfezionare l ‘ acquisto del bene aggiudicato, con correlata assunzione a proprio carico del rischio dell ‘ evizione o dei costi del ripristino della continuità, il giudice dell ‘ esecuzione ha la potestà di revocare ex officio l ‘ aggiudicazione qualora il mancato rilievo di circostanze idonee a minare la stabilità della vendita, non preventivamente segnalate, né altrimenti note ai potenziali acquirenti, sia tale da incrinare l ‘ affidabilità della liquidazione giudiziale.
Di certo, però, non hanno titolo i creditori per instare affinché il giudice dell’esecuzione fissi o conceda loro ulteriori termini per porre rimedio ad una situazione, a loro sfavorevole ma a loro imputabile, derivante dall’incompletezza della documentazione che avevano invece l’onere di produrre in modo tale da evitare incertezze: perciò, il giudice, nel momento in cui reputi definitivamente compromessa l’affidabilità della liquidazione giudiziale in dipendenza della persistente incertezza sui suoi presupposti, del tutto legittimamente procede a revocare ex officio l’aggiudicazione.
Analogamente, al medesimo scopo di assicurare la massima affidabilità delle vendite giudiziarie e di evitare che i loro effetti siano inficiati da iniziative di un aggiudicatario non adeguatamente informato e tutelato, la prassi (da ritenersi condivisibile) ammette la revoca dell ‘ aggiudicazione qualora si scoprano, successivamente ad essa, difformità tali da integrare l ‘ alienazione di aliud pro alio (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7708 del 02/04/2014, Rv. 630352-01) oppure in caso di sopravvenuta lesione dello ius ad rem a causa di sopravvenuti e gravi danneggiamenti del bene aggiudicato (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 14765 del 30/06/2014, Rv. 631577-01).
In conseguenza di quanto esposto, deve reputarsi legittima la revoca dell ‘ aggiudicazione del lotto n. 4, non già per la mera «volontà dell ‘ aggiudicatario del lotto n. 4 di ottenere la restituzione del prezzo versato» (a cui si riferisce il Tribunale di Tivoli), né perché la vendita doveva ritenersi viziata dalla mancanza di continuità delle trascrizioni, bensì -correggendo la motivazione della sentenza impugnata -perché essa deriva da un provvedimento del giudice dell ‘ esecuzione che è corrispondente alla doverosa tutela dell ‘ interesse dell ‘ aggiudicatario (potenzialmente pregiudicato dalle omesse trascrizioni e, comunque, esposto al rischio di evizione) e, soprattutto, mira alla salvaguardia dell ‘ affidabilità e della stabilità della vendita forzata.
Alla cassazione della gravata sentenza in dipendenza dell’accoglimento del primo motivo di ricorso segue necessariamente il rinvio al medesimo Tribunale di Tivoli, in persona di diverso giudicante, affinché riesamini l ‘ opposizione dispiegata dai creditori avverso la su richiamata ordinanza emessa il 10/7/2019 (di revoca delle aggiudicazioni dei lotti 1-2-3-5 e chiusura anticipata del processo quanto ad essi) nell’espropriazione immobiliare n. 2111/06 r.g.e., alla stregua dei principi di diritto qui affermati.
P. Q. M.
La Corte
accoglie il primo motivo del ricorso e, per l ‘ effetto, cassa la sentenza impugnata -nella parte in cui ha confermato la declaratoria di invalidità dell ‘ atto di pignoramento relativo ai lotti nn. 1, 2, 3 e 5 -con rinvio al Tribunale di Tivoli, in persona di diverso giudice, per nuovo esame e per la decisione sulle spese di lite, anche del giudizio di legittimità;
rigetta il secondo motivo del ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,