Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11698 Anno 2024
SENTENZA
sul ricorso N. 18917/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME come da procura speciale in calce al ricorso, domicilio digitale
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, con l ‘ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale ;
– controricorrente –
N. 18917/22 R.G.
avverso la sentenza n. 1257/2022 della Corte d ‘ appello di Venezia, depositata in data 1.6.2022;
udita la relazione della causa svolta nella udienza pubblica del 21.2.2024 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
udite le conclusioni rassegnate dal Sostituto Procuratore Generale dr.ssa NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
uditi gli avv.ti NOME COGNOME per delega, per la ricorrente, e NOME COGNOME per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME quale terza pignorata nel procedimento esecutivo presso terzi iscritto dinanzi al Tribunale di Vicenza al n. 1240/2016 R.G.E., avviato da RAGIONE_SOCIALE contro il proprio debitore NOME COGNOME si dichiarò debitrice di quest ‘ultimo di € 320,00 mensili, per canoni di locazione a lui dovuti, relativamente ad un immobile di proprietà dell ‘ esecutato; il giudice dell ‘ esecuzione, conseguentemente, emise ordinanza di assegnazione dei canoni ex art. 553 c.p.c., depositata il 5.10.2016, fino a concorrenza ed estinzione del credito vantato dalla P.R.G. verso NOME COGNOME. La COGNOME eseguì regolarmente i pagamenti, ma in data 1.12.2016 il custode giudiziario di detto immobile -già pignorato, nell ‘ ambito di procedura esecutiva iscritta al n. 438/2014 R.G.E., dinanzi allo stesso Tribunale di Vicenza -la informò di detta pendenza. La COGNOME, dunque, pur continuando a pagare alla creditrice assegnataria P.R.G., si rivolse al giudice dell ‘ esecuzione immobiliare, che con ordinanza del 6.7.2017 autorizzò il custode giudiziario IVG di Vicenza a richiedere il pagamento dei canoni a scadere direttamente alla conduttrice,
nonché ad attivarsi per ottenere la ripetizione dalla P.R.G. di quelli già da questa incassati. La Galante, quindi, iniziò a pagare direttamente a mani dell ‘ IVG (dalla sentenza impugnata e dal controricorso non risultano dati univoci circa il momento iniziale di detti pagamenti, ma la questione è irrilevante, n.d.e.).
Tuttavia, con atto di precetto notificato alla Galante in data 14.2.2019, ritenendo che la suddetta ordinanza non potesse privare di efficacia l ‘ ordinanza ex art. 553 c.p.c. del 5.10.2016, pure costituente titolo esecutivo, la P.R.G. intimò alla stessa Galante il pagamento dei canoni frattanto maturati; la conduttrice propose quindi opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c., contestando il diritto della P.R.G. di procedere alla minacciata esecuzione forzata nei suoi confronti, e ciò in forza di due fatti sopravvenuti alla formazione del titolo azionato:
la conoscenza, successivamente acquisita, della preesistenza della procedura esecutiva immobiliare;
l ‘ ordinanza del 6.7.2017, con cui il g.e. immobiliare aveva autorizzato l ‘ IVG a richiedere il pagamento dei canoni ad essa opponente, sul presupposto dell ‘ inopponibilità alla procedura esecutiva immobiliare dell ‘ ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. già resa in favore della P.R.G.
Il Tribunale di Vicenza, previa sospensione dell ‘ efficacia del titolo, accolse l ‘ opposizione con sentenza del 20.11.2020, confermata dalla Corte d ‘ appello di Venezia con sentenza dell ‘ 1.6.2022. Nel rigettare il gravame della P.R.G., e nel negare il diritto di questa di procedere ad esecuzione forzata nei confronti dell ‘ opponente, la Corte lagunare ritenne che effettivamente l ‘ opposizione
all ‘ esecuzione della Galante fosse fondata su fatti sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo, non risultando pertinente il principio invocato dalla società (affermato da Cass. n. 10912/2017) -nel senso che l ‘ ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., se non tempestivamente impugnata, non diviene inefficace per il solo fatto che i canoni di locazione che ne sono oggetto risultano già ricompresi nell ‘ oggetto di un pignoramento immobiliare precedentemente eseguito, ex art. 2912 c.c. -perché riferito a fattispecie diversa: infatti, in quel caso, secondo il giudice d ‘ appello, il terzo pignorato era venuto a conoscenza della preesistenza del pignoramento immobiliare prima della notifica dell ‘ ordinanza di assegnazione ed avrebbe dunque potuto opporsi ex art. 617 c.p.c., a differenza che nel caso in esame; inoltre, la Corte territoriale evidenziò l ‘ indubbia rilevanza dei provvedimenti adottati dal g.e. immobiliare, che avevano ‘ confortato l ‘ appellata nella convinzione di non dovere ottemperare all ‘ ordinanza di assegnazione emessa nell ‘ ambito dell ‘ esecuzione presso terzi ‘ . Infine, la Corte inflisse all ‘ appellante P.R.G. la condanna per lite temeraria, ex art. 96, comma 3, c.p.c., perché essa aveva intimato precetto alla Galante, nonostante più volte il g.e. della procedura immobiliare avesse disatteso le sue istanze per ottenere il riconoscimento della effettiva titolarità delle somme in discorso.
Avverso detta sentenza, RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi, cui resiste con controricorso NOME COGNOME entrambe le parti hanno depositato memoria. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso. A seguito di nuova fissazione per
l ‘ odierna pubblica udienza, le parti hanno depositato ulteriori memorie, mentre il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte, ribadendo quelle in precedenza rese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 553 e 615 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la Corte d ‘ appello disatteso il principio affermato da Cass. n. 10912/2017, che, in fattispecie similare, aveva ritenuto che l ‘ irretrattabilità dell ‘ ordinanza di assegnazione di somme dovute a titolo di canoni di locazione non venisse meno per effetto della scoperta della preesistenza di un pignoramento immobiliare, al contrario occorrendo che la parte tenuta al pagamento azionasse tempestivamente gli opportuni rimedi processuali. Aggiunge la ricorrente che non possono costituire validi fatti sopravvenuti -contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte lagunare -né un pignoramento immobiliare precedente alla dichiarazione ex art. 547 c.p.c. che di tanto non abbia dato conto, né un provvedimento giudiziale meramente autorizzatorio, quale quello adottato dal g.e. immobiliare in data 6.7.2017, comunque inidoneo a ipotizzare la sussistenza di un obbligo della COGNOME nei confronti della procedura, di contenuto contrario a quello risultante dall ‘ ordinanza ex art. 553 c.p.c.
1.2 -Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell ‘ art. 96 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la Corte lagunare ritenuto che la notifica del precetto opposto integri condotta temeraria, sia per non aver essa P.R.G. tenuto conto dei plurimi provvedimenti del g.e. immobiliare, con cui erano state disattese le istanze circa il riconoscimento
della propria effettiva titolarità dei canoni, sia per aver invece presentato il caso all ‘ esame, anche con l ‘ appello, come conforme al caso deciso da Cass. n. 10912/2017, nonostante le significative differenze. Sostiene la ricorrente come la condanna sia del tutto irragionevole, perché la minacciata esecuzione è avvenuta proprio in stretta applicazione dei principi di diritto affermati dal richiamato arresto, sia perché -ove dovesse adottarsi un diverso orientamento -di ciò non può farsi colpa all ‘ odierna ricorrente, ed è dunque da escludere qualsiasi ipotesi di dolo o colpa grave a suo carico.
2.1 -Vanno anzitutto disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla controricorrente.
Infatti, le doglianze avanzate dalla P.R.G., specie col primo motivo, sono senz ‘ altro adeguatamente specifiche, in relazione al preteso error in iudicando contestato alla Corte territoriale; nella specie, con riguardo alla questione centrale posta dal ricorso (l ‘ essere o meno la conoscenza di altra procedura preesistente, acquisita dal terzo pignorato dopo la notifica dell ‘ ordinanza ex art. 553 c.p.c., un fatto sopravvenuto), non si tratta ovviamente di verificarne i termini sotto il profilo fattuale, come lascia intendere la controricorrente; si tratta piuttosto di statuire se -fermo l ‘ accertamento in fatto operato dalla Corte d ‘ appello -una conoscenza così acquisita possa dirsi o meno ‘ fatto sopravvenuto ‘ , ai fini dell ‘ ammissibilità della spiegata opposizione all ‘ esecuzione, infatti contestata dalla P.R.G.
3.1 -Ciò posto, il primo motivo è infondato, benché la motivazione della sentenza impugnata debba essere corretta, ai sensi dell ‘ art. 384, ult. comma, c.p.c., il ricorso ponendo tra l ‘ altro l ‘ esigenza di esaminare approfonditamente
i rapporti tra singole procedure esecutive per espropriazione di diversa tipologia (nella specie, l ‘ una nelle forme del pignoramento presso terzi, l ‘ altra del pignoramento immobiliare), parzialmente coincidenti sul piano oggettivo.
3.2.1 In linea generale, è noto che il pignoramento avente ad oggetto un bene immobile si estende automaticamente ai suoi frutti, ex art. 2912 c.c.; tra questi, ove l ‘ immobile sia messo a rendita, rientrano anche i frutti civili, ossia i canoni dovuti al debitore esecutato per la locazione dell ‘ immobile stesso (sul tema, anche in relazione alle più varie declinazioni ipotizzabili, circa la opponibilità/inopponibilità della locazione, nonché circa i poteri di gestione del bene da parte dello stesso esecutato, o del terzo detentore, si veda per tutte, anche per richiami, la recente Cass. n. 8998/2023).
Può tuttavia darsi l ‘ evenienza che, in pendenza di procedura esecutiva immobiliare, avente ad oggetto immobile condotto in locazione da un terzo, quest ‘ ultimo venga raggiunto a sua volta da un autonomo pignoramento, nelle forme del presso terzi, ex artt. 543 ss. c.p.c., con cui altro creditore assoggetti a vincolo esecutivo dette somme, che però (come già detto) sono da considerarsi già pignorate ex art. 2912 c.c. da parte dal creditore che aveva avviato l ‘ esecuzione immobiliare.
Ora, se il terzo debitore è a conoscenza della preesistente pendenza di quest ‘ ultima (ad es., perché il custode giudiziario dell ‘ immobile si sia già palesato, chiedendogli di pagare a sue mani il canone dovuto al debitore, con piena efficacia liberatoria), il conflitto tra creditori concorrenti è agevolmente risolvibile: il terzo, nella normalità dei casi, può limitarsi a rendere dichiarazione che contempli fedelmente la circostanza che i canoni sono stati
già pignorati nell ‘ ambito dell ‘ esecuzione immobiliare (e che, pertanto, egli sta effettuando i relativi pagamenti al custode, se del caso indicandone gli estremi), sicché il giudice dell ‘ esecuzione del pignoramento presso terzi (fatte salve eventuali iniziative oppositive del creditore pignorante insoddisfatto) non può assegnare un credito di cui egli non può disporre.
Deve, peraltro, ricostruirsi il sistema delle interazioni tra i due pignoramenti nel senso che il giudice dell ‘ espropriazione presso terzi è tenuto, impregiudicati gli effetti di una univoca contraria volontà o della rinuncia del creditore procedente, a trasmettere il fascicolo al giudice dell ‘ espropriazione immobiliare, affinché questi proceda alla parziale riunione, secondo lo schema generale di cui all ‘ art. 493 c.p.c., di modo che si proceda in unico contesto.
A ben vedere, nell ‘ ipotesi che si considera, si tratta, infatti, di plurime azioni esecutive avviate da creditori diversi, su beni parzialmente coincidenti: ed è noto, al riguardo, che -fermo l ‘ effetto indipendente di ciascun pignoramento, anche in caso di riunione (art. 493, ult. comma, c.p.c.) -il pignoramento successivo sul medesimo bene ha gli effetti di un intervento (si vedano, al riguardo e in relazione alla tipologia di esecuzione, gli artt. 524, 550 e 561 c.p.c., rispettivamente per l ‘ espropriazione mobiliare, per l ‘ espropriazione presso terzi e per l ‘ espropriazione immobiliare); detto intervento deve quindi considerarsi tempestivo o tardivo a seconda che esso sia stato spiegato (con riguardo all ‘ espropriazione immobiliare) prima o dopo che sia stata effettivamente disposta la vendita, ex art. 564 c.p.c. (tra le altre, si veda, sul tema, Cass. n. 26423/2020).
Vero è che, nella specie (in cui la vicenda s ‘ è dipanata, come detto, con il previo avvio dell ‘ esecuzione immobiliare, cui è poi seguita l ‘ espropriazione dei canoni presso il terzo conduttore), non v ‘ è totale omogeneità tra beni pignorati, giacché quella preesistente comprende, com ‘ è ovvio, anche il bene immobile tout court , oltre agli stessi canoni di locazione. Tuttavia, non mancano indici normativi che depongono per la sicura percorribilità della prospettata soluzione, come può agevolmente evincersi dal disposto dell ‘ art. 483, comma 2, c.p.c., in tema di cumulo dei mezzi di espropriazione: ivi è infatti previsto che, qualora il debitore lamenti l ‘ eccesso dell ‘ espropriazione, spetti proprio al giudice dell ‘ esecuzione immobiliare già avviata l ‘ adozione dell ‘ ordinanza con cui l ‘ espropriazione viene limitata al mezzo che il creditore sceglie, ovvero che il giudice stesso determina. Ciò costituisce segno evidente che, in caso di plurime azioni esecutive singolari avviate su beni di natura diversa, appartenenti al debitore, una delle quali sia l ‘ espropriazione immobiliare, il ruolo di coordinamento spetta naturaliter al giudice dell ‘ esecuzione di quest ‘ ultima; il che non può che valere, vieppiù, allorché con pignoramento successivo vengano aggrediti cespiti (canoni di locazione) già rientranti nella sua egida, ex art. 2912 c.c.
3.2.2 -Peraltro, la soluzione della riunione dei procedimenti, appena propugnata, si lascia preferire alle altre alternative astrattamente ipotizzabili: 1) rigetto sic et simpliciter dell ‘ istanza di assegnazione; 2) improseguibilità per inesistenza dell ‘ oggetto del pignoramento (o, se si preferisce, per non assoggettabilità dei canoni ad ulteriore vincolo pignoratizio).
Infatti, come s ‘ è già evidenziato, il sistema dell ‘ esecuzione forzata non preclude in sé l ‘ aggredibilità in executivis di un bene già pignorato (purché, com ‘ è ovvio, prima che esso sia liquidato), specificamente attribuendo al secondo pignoramento la veste di intervento nella procedura già avviata in forza del primo pignoramento. Non v ‘ è dunque alcuna ragione che possa tout court giustificare né il rigetto dell ‘ istanza di assegnazione del credito, né la declaratoria di improseguibilità.
Del resto, quella prescelta è soluzione massimamente rispettosa del potere satisfattivo del creditore secondo pignorante, come cristallizzatosi nella relativa procedura, perché la ‘ trasformazione ‘ del pignoramento in intervento, ut supra , lo esime -in linea di massima -dal compimento di ulteriore attività processuale nella procedura immobiliare: una volta intervenuto, seppur con dette modalità, quel creditore può senz ‘ altro attendere il compimento della fase liquidativa, per poi attivarsi nell ‘ ambito della distribuzione, secondo lo schema dettato dal combinato disposto degli artt. 500 e 564 c.p.c., per l ‘ esecuzione immobiliare. La predetta soluzione, inoltre, si lascia preferire tanto più che – per quanto il pignoramento immobiliare debba essere trascritto nei RR.II. – non può ragionevolmente configurarsi l ‘ onere, per chi intenda assoggettare ad espropriazione canoni di locazione prodotti da un immobile, di verificare, mediante visura, se lo stesso risulti o meno già pignorato.
3.2.3 -Piuttosto, può porsi il problema dell ‘ individuazione della massa attiva su cui il pignorante successivo abbia diritto a concorrere: in assenza di univoche manifestazioni di volontà del creditore già procedente con pignoramento presso terzi di segno diverso circa l ‘ estensione dell ‘ intervento
ut supra spiegato, questo non può che intendersi limitato alla sola massa costituita dai canoni ex art. 509 c.p.c., non potendo egli senz ‘ altro concorrere sul ricavato della vendita dell ‘ immobile; a tal fine, occorre infatti che detto creditore spieghi un ulteriore intervento ‘ in estensione ‘ , comunque manifestando in seno al procedimento portante l ‘ intenzione di concorrere sulla più ampia massa attiva immobiliare, e non sui soli canoni.
3.3 -La questione può invece complicarsi vieppiù nel caso in cui il terzo pignorato non solo non dichiari la preesistenza di una procedura esecutiva immobiliare che investa anche i canoni (il che, come si vedrà tra breve, può dipendere o da mancata conoscenza tout court della pendenza, oppure da libera e consapevole scelta del terzo), ma renda senz ‘ altro dichiarazione di quantità positiva ex art. 547 c.p.c., ed il giudice del l’espropriazione presso terzi proceda dunque , nell’incolpevole ignoranza della precedente procedura immobiliare, all ‘ assegnazione dei canoni ex art. 553 c.p.c. in favore del creditore pignorante.
In tal caso, a ben vedere, il potenziale conflitto va ravvisato non tanto (e non solo) tra quest ‘ ultimo e il terzo pignorato (il quale è ovviamente esposto al rischio di dover pagare due volte il medesimo debito: al creditore assegnatario e al custode giudiziario dell ‘ immobile), bensì tra lo stesso creditore assegnatario e il ceto creditorio dell ‘ esecuzione immobiliare preesistente.
È infatti evidente che, mercé un pignoramento presso terzi che si svolga nei termini suddetti, il creditore pignorante (consapevole o meno della pendenza della procedura immobiliare, non importa), con l ‘ assegnazione del credito, finisce col sottrarsi al concorso già ritualmente (come, se non altro, nella
fattispecie che si sta considerando) da altri avviato, mediante il pignoramento immobiliare e gli eventuali interventi spiegati in quella sede da uno o più creditori; anzi, in tal guisa, egli finisce inevitabilmente con l ‘ alterare l ‘ ordine del concorso stesso (quantomeno, sulla massa costituita dai frutti civili), ledendo certamente i diritti dei creditori concorrenti e, in definitiva, la stessa par condicio creditorum , interferendo indebitamente sulla gestione dei frutti civili di un bene la cui espropriazione è rimessa invece ad altro giudice.
3.4 -Dopo questo necessario excursus , occorre ora evidenziare che l ‘ opposizione all ‘ esecuzione (pre-esecutiva) proposta dalla COGNOME si muove nel solco dell ‘ insegnamento di questa Corte di legittimità -che può dirsi granitico -secondo cui, in caso di esecuzione avviata (o minacciata) in forza di titolo esecutivo giudiziale, l ‘ opposizione può fondarsi solo su fatti estintivi, impeditivi o modificativi sopravvenuti o comunque successivi alla formazione del titolo, giacché quelli preesistenti devono essere necessariamente dedotti nel procedimento in cui detto titolo si formò, fatti salvi i termini di preclusione (per tutte, Cass. n. 3716/2020; la sentenza impugnata richiama Cass. n. 11493/2015, resa in relazione a procedura esecutiva avviata proprio in forza di ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., nonché Cass. n. 10912/2017, resa in fattispecie consimile, ma non identica, a quella che qui occupa).
Proprio in applicazione di detti principi, la Corte lagunare ha confermato l ‘ accoglimento dell ‘ opposizione proposta dalla COGNOME e ha rigettato il gravame della P.R.G., individuando detti fatti sopravvenuti, successivi all ‘ emissione dell ‘ ordinanza del g.e. del presso terzi datata 5.10.2016: 1) nella consapevolezza della COGNOME, incolpevolmente acquisita solo ex post , della
previa pendenza della procedura esecutiva immobiliare; 2) nell ‘ ordinanza del 6.7.2017, con cui il g.e. immobiliare aveva autorizzato il custode giudiziario IVG a richiedere il pagamento dei canoni nei confronti della stessa Galante: a quest ‘ultim o riguardo, ha precisato la Corte territoriale che proprio detto provvedimento aveva ‘ confortato l ‘ appellata nella convinzione di non dovere ottemperare all ‘ ordinanza di assegnazione emessa nell ‘ ambito dell ‘ esecuzione presso terzi ‘ .
3.5.1 -Orbene, quanto al primo fatto successivo (consapevolezza della Galante circa la preesistente pendenza della procedura immobiliare), la Corte veneta ha pure negato che la controversia potesse risolversi al lume dell ‘ insegnamento di Cass. n. 10912/2017, così massimata: ‘ In tema di espropriazione presso terzi, nell ‘ ipotesi di dichiarazione positiva ex art. 547 c.p.c., resa per errore incolpevole, il terzo pignorato può revocare la dichiarazione medesima sino all ‘ emissione dell ‘ ordinanza di assegnazione, mentre, se l ‘ errore emerga successivamente, ha l ‘ onere di proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso tale provvedimento. In mancanza di opposizione, l ‘ ordinanza di assegnazione è irretrattabile e, nell ‘ esecuzione forzata iniziata sulla base di essa, il terzo pignorato, assunta la qualità di debitore esecutato, può proporre solo contestazioni fondate su fatti sopravvenuti ‘ . In proposito, ha precisato il giudice d ‘ appello che, a differenza del caso al vaglio della S.C., regolato ut supra , nel caso che occupa il terzo pignorato non era a conoscenza della preesistenza della procedura immobiliare, donde la non percorribilità della soluzione indicata dalla citata
N. 18917/22 R.G.
Cass. n. 10912/2017: la COGNOME, in sostanza, non poteva considerarsi onerata di proporre l ‘ opposizione formale avverso l ‘ ordinanza del 5.10.2016.
3.5.2 -Ora, deve osservarsi che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte lagunare, la conoscenza o meno della pendenza dell ‘ esecuzione immobiliare all ‘ atto della dichiarazione del terzo ex art. 547 c.p.c. – non è di per sé dirimente, occorrendo più correttamente inquadrare la questione nel tema della dichiarazione di quantità afflitta da errore obiettivo di fatto: ciò perché, qualora il terzo sia a conoscenza di detta pendenza, ma ciononostante renda dichiarazione positiva, l ‘ opposizione formale gli è comunque preclusa, come meglio si dirà tra breve.
3.5.3 -Pressoché coevamente alla già citata Cass. n. 10912/2017, questa Corte ha affrontato il tema suddetto con altra pronuncia, ossia Cass. n. 13143/2017 (non massimata), che ha affermato il seguente principio: ‘ in tema di pignoramento presso terzi, ove la dichiarazione di cui all ‘ art. 547 c.p.c. sia inficiata da errore di fatto, il terzo può sempre revocarla e sostituirla con altra ritenuta corretta, ma solo se l ‘ errore sia a lui non imputabile (o sia comunque scusabile) e a condizione che ciò avvenga entro l ‘ udienza al cui esito il giudice dell ‘ esecuzione abbia provveduto o si sia riservato di provvedere. Pertanto, qualora lo stesso giudice abbia, ciononostante, emesso ordinanza di assegnazione ai sensi dell ‘ art. 553 c.p.c. sulla base della prima dichiarazione, il terzo può proporre opposizione agli atti esecutivi avverso la stessa ordinanza per farne valere l ‘ illegittimità, derivante dalla mancata considerazione degli effetti della revoca tempestivamente effettuata dal terzo stesso ‘ .
Pertanto, perché il terzo possa opporre ex art. 617 c.p.c., eventualmente, l ‘ ordinanza di assegnazione, non è sufficiente che essa sia fondata su una dichiarazione di quantità affetta da errore di fatto, ma è pure necessario che il terzo, accortosi dell ‘ errore (e sempre che sia a lui non imputabile, tanto dovendo per definizione escludersi ove la pendenza di procedura esecutiva immobiliare sia già nota al terzo stesso), abbia revocato detta dichiarazione al g.e. e che questi, ciononostante, abbia comunque emesso l ‘ ordinanza senza tenerne conto. Detto principio è stato poi riaffermato da numerose altre pronunce: tra le altre, Cass. n. 5489/2019; Cass. n. 5467/2020; Cass. n. 18109/2020; Cass. n. 13144/2021; Cass. n. 1163/2022; Cass. n. 1172/2022. 3.5.4 -Rapportando detto principio al caso in esame, dunque, è da escludere che la Galante potesse in qualsiasi modo opporsi all ‘ ordinanza del 5.10.2016 ai sensi dell ‘ art. 617 c.p.c., e ciò a prescindere dalla sua ignoranza circa la pendenza di altra procedura e dal momento in cui, invece, ella ne venne a conoscenza: la sua dichiarazione di quantità non venne revocata prima dell ‘ adozione di detta ordinanza, né la scoperta dell ‘ errore, in epoca successiva a tale momento, l ‘ avrebbe abilitata a tanto (ossia, a proporre l ‘ opposizione agli atti esecutivi entro venti giorni dalla scoperta dell ‘ errore, senza limiti di tempo): a tacer d ‘ altro, ciò significherebbe far operare l ‘ opposizione formale avverso l ‘ ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. (che, com ‘ è noto, è l ‘ atto conclusivo del pignoramento presso terzi) come una sorta di strumento impugnatorio straordinario, alla stregua della revocazione ex art. 395 c.p.c. Una simile soluzione, però, risulta in contrasto con la struttura e la funzione dell ‘ opposizione agli atti e dello stesso processo esecutivo, caratterizzato ‘ da
un sistema chiuso, tipizzato ed inderogabile, di rimedi interni ‘ (così, Cass. n. 7708/2014, in motivazione; nello stesso senso, Cass. n. 23182/2014; inoltre: Cass. n. 11172/2015, Cass. ord. n. 12242/2016, Cass. n. 5175/2018, Cass. ord. n. 11191/2019, Cass. n. 17661/2020, Cass., Sez. Un., n. 28387/20, punto 60 delle ragioni della decisione; e ancora, da ultimo, Cass. n. 12466/2023, Cass. n. 13362/2023, Cass. n. 22715/2023 e Cass. n. 32143/2023); gli esiti dell ‘ espropriazione forzata, dunque, non sono suscettibili di essere rimessi in discussione a tempo indefinito. D’altra parte, ogni espropriazione presso terzi si conclude irretrattabilmente con l’ordinanza di assegnazione, anche quando relativa a crediti futuri o periodici: sicché è quest’ultimo provvedimento che, operando una sostituzione ope iudicis del creditore nel rapporto obbligatorio che ne era stato oggetto, sarà poi posto in esecuzione dal creditore assegnatario contro il già terzo, dando vita ad una autonoma vicenda esecutiva, indipendente da quella processuale al cui esito il provvedimento stesso è stato emanato.
Per tutto quanto precede, ed in relazione al fatto sopravvenuto di cui si discute (costituito dalla conoscenza della pendenza dell ‘ altra procedura, acquisita dopo la notifica dell ‘ ordinanza di assegnazione), la Galante non avrebbe dunque potuto proporre l ‘ opposizione ex art. 617 c.p.c., né tantomeno affidare le sue chance ad una opposizione all ‘ esecuzione, come pure ritenuto dalla Corte d ‘ appello, che ne ha confermato l ‘ accoglimento, in parte qua , già disposto dal Tribunale palladiano. La relativa statuizione sul punto va, dunque, in tal senso corretta: la circostanza che l ‘ errore sia stato scoperto solo dopo l ‘ emissione dell ‘ ordinanza ex art. 553 c.p.c. è del tutto irrilevante, perché a
tal punto era stata già disposta -e, in assenza di tempestiva opposizione, aveva prodotto ed esaurito i suoi effetti -la cessione forzosa del credito in favore di RAGIONE_SOCIALE e la COGNOME era già divenuta debitrice di quest ‘ ultima (v., ancora, Cass. n. 10912/2017).
3.5.5 -D ‘ altra parte, le apparenti divergenze tra la massima ufficiale di Cass. n. 10912/2017 ed il principio dettato dalla pronuncia ‘ gemella ‘ di Cass. n. 13343/2017 sono state oggetto di reconductio ad unum , effettuata dalla già citata Cass. n. 5467/2020, che (in motivazione), afferma che, col principio dettato dalla stessa Cass. n. 13343/2017 ‘ è in tal modo ancora più compiutamente delimitato l ‘ ambito del principio già puntualizzato da Cass. 05/05/2017, n. 10912 (…), non altrettanto esplicita nell’ escludere la revocabilità della dichiarazione dopo la riserva in decisione da parte del giudice dell ‘ esecuzione; per l ‘ ampiezza delle argomentazioni sul punto sviluppate in quella sede, può qui bastare un integrale richiamo a quelle per rilevare che è pacifico tra le parti non essere stato fatto presente alcun errore al giudice dell ‘ esecuzione prima che egli pronunciasse l ‘ ordinanza di assegnazione oggetto dell ‘ opposizione (conclusa con la sentenza qui gravata), sicché imputerà esclusivamente a sé medesimo il terzo le conseguenze dell ‘ erroneità della sua stessa dichiarazione ‘ ; può anche qui richiamarsi la pure citata Cass. n. 1172/2022, che ancora in motivazione afferma che la ‘ giurisprudenza di legittimità richiamata dalla ricorrente circa l ‘ emendabilità della dichiarazione di quantità errata (Cass. n. 10912/2017, cui possono aggiungersi la pressoché coeva Cass. n. 13143/2017, nonché Cass. n. 5489/2019) ben chiarisce che il perimetro qualitativo e quantitativo della dichiarazione ex art. 547 c.p.c. –
quand ‘ anche alla prima, erronea o imprecisa, ne segua altra integrativa o sostitutiva – deve essere definito nel corso del procedimento di espropriazione presso terzi e, precisamente, entro l ‘ udienza in cui il giudice dell ‘ esecuzione emette l ‘ ordinanza ex art. 553 c.p.c. o si riserva sulla stessa, ma non anche una volta che l ‘ espropriazione si è con tale ordinanza conclusa definitivamente, assurgendo al rango di titolo esecutivo giudiziale, intangibile se non con gli strumenti previsti per impedire che divenga definitivo: ogni eventuale ulteriore errore o discrasia essendo allora solo suscettibili di opposizione formale ai sensi dell ‘ art. 617 c.p.c. ‘ .
3.5.6 -Pertanto, nelle condizioni date, può persino dubitarsi della sussistenza di un effettivo interesse ad opporsi all ‘ ordinanza di assegnazione da parte della COGNOME, perché l ‘ errore nella dichiarazione non solo non le era imputabile (pacifico essendo che il custode giudiziario, almeno fino alla data dell ‘ 1.12.2016, non s ‘ era mai palesato alla stessa COGNOME; dagli atti, peraltro, non è dato evincere la ragione per cui, tra l ‘ avvio della procedura immobiliare, avvenuto nel 2014, e l ‘ accesso dell ‘ IVG presso l ‘ immobile pignorato, nel 2016, siano trascorsi più di due anni), ma perché ella era tenuta a pagare in forza di un titolo di formazione giudiziale, non opposto da chi poteva averne interesse (ossia, dai creditori concorrenti nell ‘ esecuzione immobiliare), dunque irretrattabile.
Ma se anche la COGNOME fosse stata esposta al rischio del doppio pagamento (essendo richiesta dell ‘ adempimento sia dalla P.R.G., che dal custode giudiziario), ella avrebbe ben potuto attivare gli strumenti all ‘ uopo previsti dall ‘ ordinamento, quali il sequestro liberatorio ex art. 687 c.p.c.: si tratta di
rimedio offerto anche a colui che, tenuto all ‘ adempimento di un ‘ obbligazione, si veda destinatario della relativa pretesa da parte di due o più soggetti che si affermano titolari esclusivi del diritto e sono tra loro in contesa (si veda, in proposito, Cass. n. 19157/2014); tutto ciò, fatta salva l ‘ azione diretta di cognizione, da parte dei creditori e dopo l ‘ adozione dell ‘ ordinanza di assegnazione, ‘ per accertare che il terzo pignorato non è più tenuto ad effettuare pagamenti al creditore assegnatario del credito (e, se del caso, ottenere la restituzione delle somme già incassate) in ragione di circostanze modificative o estintive sopravvenute alla conclusione del processo esecutivo ‘ (così, Cass. n. 12690/2022).
Risulta dunque evidente che l ‘ iniziativa della Galante di ‘ intervenire ‘ nella procedura esecutiva immobiliare al fine di chiedere istruzioni al g.e. titolare di quel procedimento circa il destinatario del pagamento dei canoni non è stata affatto una scelta ortodossa, come invece opinato dalla Corte d ‘ appello. Ma di ciò si dirà tra breve.
3.6.1 -Può adesso esaminarsi la questione inerente al secondo ‘ fatto sopravvenuto ‘ , anch ‘ esso utilmente apprezzato dalla Corte lagunare onde accogliere l ‘ opposizione all ‘ esecuzione della Galante: l ‘ adozione del provvedimento del 6.7.2017 da parte del g.e. immobiliare, con cui l ‘ IVG, custode giudiziario dell ‘ immobile pignorato, venne tra l ‘ altro autorizzato a richiedere i canoni alla conduttrice.
È bene qui ribadire che detto provvedimento venne adottato a seguito di richiesta interlocutoria avanzata dalla stessa COGNOME, che – come poc ‘ anzi detto -‘ intervenne ‘ nella procedura esecutiva immobiliare, depositando
apposita istanza per chiedere al giudice dell’esecuzione di quest’ultima lumi sul soggetto cui avrebbe dovuto pagare i canoni: iniziativa che costituisce segno evidente della sua buona fede, ma certamente inopportuna, sia perché l ‘ ordinamento prevede, per siffatte ipotesi, specifici rimedi (v. quanto detto nel par. precedente circa il sequestro liberatorio di cui all ‘ art. 687 c.p.c.), sia perché rivolta ad un giudice (il g.e. immobiliare) che -stante la conclusione dell ‘ esecuzione presso terzi, con l ‘ adozione dell ‘ ordinanza ex art. 553 c.p.c. -in alcun modo avrebbe potuto disporre delle sorti dei canoni di locazione, perché già assegnati in pagamento, salvo esazione, alla P.R.G., con ordinanza emessa da altro giudice dell ‘ esecuzione, nel pieno esercizio delle sue funzioni. Una iniziativa del g.e. immobiliare circa la adprehensio dei canoni avrebbe potuto infatti giustificarsi (ad es. sollecitando l ‘ attivazione del custode giudiziario, o fissando l ‘ audizione dei creditori ex art. 485 c.p.c. per sentirli al riguardo) solo se la procedura presso terzi fosse stata ancora pendente, il pignoramento successivo assumendo il significato -come detto (v. par. 3.2.1) -di vero e proprio intervento; in buona sostanza, nella suddetta ipotesi, avrebbe potuto dirsi sufficiente l ‘ adozione di provvedimenti strumentaliordinatori, da parte di entrambi i giudici dell ‘ esecuzione investiti della direzione di ciascuna procedura, onde procedere finalmente in unico contesto, secondo lo schema di cui all ‘ art. 493 c.p.c.
3.6.2 L ‘ ordinanza emessa dal g.e. immobiliare il 6.7.2017, invece, costituisce certamente un fatto successivo all ‘ ordinanza ex art. 553 c.p.c. del 5.10.2016 ed è idonea a supportare l ‘ opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c., proposta dalla COGNOME. Con essa, infatti, il g.e. immobiliare -pur
pienamente consapevole dell ‘ adozione dell ‘ ordinanza di assegnazione in seno al pignoramento presso terzi -diede disposizioni al proprio ausiliario per la sostanziale acquisizione alla massa attiva di cespiti su cui, appunto, altro giudice aveva già disposto; ciò non può non aver determinato, dunque, una modificazione dell ‘ obbligazione di pagamento dei canoni ex latere creditoris , disposta con atto di quel giudice.
Risulta di tutta evidenza, pertanto, come un simile provvedimento abbia finito con lo sconfinare nella vera e propria abnormità, perché, lo si ripete, una volta chiuso il pignoramento presso terzi, solo adeguate iniziative dei creditori concorrenti nei confronti di chi -la P.R.G. -s ‘ era sottratta al concorso avrebbero potuto porre rimedio all ‘ anomalia.
Tuttavia, anziché proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso detta ordinanza, la P.R.G. si limitò a chiederne la revoca, pure spiegando intervento nella procedura immobiliare, per la soddisfazione del credito già azionato nel pignoramento presso terzi, come si evince dal controricorso. Considerazioni analoghe vanno fatte quanto all ‘ ordinanza del 10.12.2018 (di cui dà conto la sola controricorrente), con cui il g.e. immobiliare esplicitamente dichiarò non opponibile alla procedura l ‘ ordinanza di assegnazione del 5.10.2016.
Nessun ostacolo, a ben vedere, avrebbe potuto incontrare la P.R.G. nel proporre l ‘ opposizione formale sin dall ‘ adozione dell ‘ ordinanza del 6.7.2017 (perché, in tesi, immediatamente lesiva dei suoi diritti); ciò perché – anche a prescindere dall ‘ esame della tempistica del suo intervento nell ‘ esecuzione immobiliare – è ben noto, da un lato, che la legittimazione alla proposizione dell ‘ opposizione formale spetta non solo alle parti del processo esecutivo, ma
anche a terzi che in qualche modo entrino in contatto con la procedura e che risultino lesi nella propria sfera giuridica dall ‘ atto esecutivo ivi posto in essere che si assume illegittimo (si vedano, a titolo di esempio: quanto al terzo destinatario di ordine di liberazione, Cass. n. 9877/2022; quanto all ‘ offerente escluso, Cass. n. 23338/2022; quanto ai terzi occupanti dell ‘ immobile pignorato, Cass. n. 4236/2023); dall ‘ altro, che l ‘ adozione di un provvedimento abnorme da parte del g.e. non esime il soggetto interessato dall ‘ onere di proporre l ‘ opposizione formale, pena l ‘ inoppugnabilità dell ‘ atto, benché affetto da abnormità (v. Cass. n. 28562/2023).
3.6.3 -Pertanto, essendosi consolidata detta alterazione soggettiva dell ‘ obbligazione (proprio per effetto della mancata opposizione ex art. 617 c.p.c. dell ‘ ordinanza del 6.7.2018 da parte della P.R.G., a tacer degli ulteriori provvedimenti successivi), ne discende che l ‘ adempimento effettuato dalla Galante a mani del custode IVG deve ritenersi correlativamente estintivo del proprio debito per canoni di locazione via via maturati, ma perché effettuato al soggetto da qualificarsi legittimato, in virtù dell’ ordinanza del g.e. immobiliare del 6.7.2017, divenuta inoppugnabile anche sul punto in difetto di opposizione tempestiva.
3.7 -Apportate le descritte correzioni e integrazioni motivazionali, ex art. 384, ult. comma, c.p.c., il primo motivo non può dunque trovare accoglimento, perché il dispositivo della sentenza impugnata, col rigetto dell ‘ appello della P.R.G. e la conseguente conferma dell ‘ accoglimento dell ‘ opposizione all ‘ esecuzione della Galante, disposta in primo grado, si rivela al fondo corretto, ovvero conforme a diritto, in parte qua .
4.1 -Il secondo motivo è, invece, evidentemente fondato.
Per quanto fin qui detto, tenuto conto della complessità degli argomenti spesi sulla questione agitata col primo motivo, risulta di tutta evidenza come l ‘ azione esecutiva minacciata dalla P.R.G. in danno della COGNOME non possieda affatto i caratteri della temerarietà, come invece ritenuto dalla Corte lagunare, non potendo ravvisarsi né il dolo, né la colpa grave del creditore precettante: è anzi assai verosimile che se la P.R.G. si fosse attivata per tempo nell ‘ ambito della procedura esecutiva immobiliare, proponendo l ‘ opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l ‘ ordinanza del 6.7.2017 -e nonostante la lesione della par condicio creditorum comunque determinata dalla sua azione esecutiva in relazione canoni dovuti dalla COGNOME -le sue ragioni avrebbero ben potuto trovare accoglimento, proprio perché il g.e. immobiliare non era dotato di alcun potere per provvedere nel senso più volte descritto.
La condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., inflitta all ‘ appellante dalla Corte territoriale, non è, dunque, giustificata.
4.2 -Restano ovviamente inesplorate ed impregiudicate le questioni che – in casi analoghi a quello che occupa (ed in assenza di siffatti provvedimenti ‘ invasivi ‘ del g.e. immobiliare) – possono eventualmente prospettarsi onde ripristinare la par condicio creditorum , giacché il loro esame non appare necessario ai fini della presente decisione.
5.1 -In definitiva, il primo motivo è rigettato, con correzione della motivazione, mentre il secondo è accolto. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione alla sola censura accolta e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito, ai sensi dell ‘ art. 384,
N. 18917/22 R.G.
comma 2, c.p.c., con la declaratoria della insussistenza dei presupposti per l ‘ applicazione dell ‘ art. 96, comma 3, c.p.c.
La cassazione, benché così limitata, impone una regolazione ex novo delle spese relative all’unico grado di merito che quella sentenza ha definito. A questo riguardo, l ‘ importanza e la parziale novità delle questioni trattate rende di giustizia la compensazione integrale delle spese dell ‘ intero giudizio.
P. Q. M.
La Corte rigetta il primo motivo, con correzione della motivazione, e accoglie il secondo; cassa in relazione e, decidendo nel merito, dichiara l ‘ insussistenza dei presupposti di cui all ‘ art. 96, comma 3, c.p.c. Compensa integralmente tra le parti le spese dell ‘ intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il