Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 17819 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 17819 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15128/2021 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME e COGNOME
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME e NOME COGNOME rappresentati e difese da ll’avvocato NOME COGNOME
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SASSARI n. 368/2020 depositata il 25/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, con tre motivi avversati da NOME COGNOME e NOME COGNOME con controricorso, per la
cassazione della sentenza della Corte di Appello di Cagliari, sez. distaccata di Sassari, n.368 del 25 novembre 2020, con cui, in riforma della sentenza di primo grado, essi ricorrenti sono stati condannati ad arretrare l’edificio insistente sul loro lotto di terreno in Stintino, fino alla distanza, imposta dal piano di lottizzazione approvato dal Comune il 23 luglio 1963, di 10 metri dal confine del limitrofo lotto di proprietà dei controricorrenti.
La Corte di Appello ha evidenziato che la tesi degli allora appellati COGNOME e COGNOME secondo cui vi sarebbe stato un successivo piano di lottizzazione, risalente al 1969, che non avrebbe riproposto la previsione contenuta nel piano del 1963 sulla distanza dal confine, era infondata risultando che l’unico piano approvato era quello del 1963. La Corte di Appello ha aggiunto che anche nel contratto di acquisto degli appellati, datato 7 agosto del 1973, era richiamato il piano di lottizzazione del 1963 e che la clausola di tale contratto per cui la parte acquirente ‘si obbliga di edificare sull’appezzamento in stretta osservanza dei volumi previsti dalla tabella allegata alla tavola n.5 del PdL’ doveva intendersi -come osservato anche dal CTU di primo gradocome riferita alla ‘tavola n.5 del 1° PdL e non certo del 2°’;
le parti hanno depositato memoria;
la parte controricorrente ha depositato nota spese;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.4, c.p.c., per avere la Corte di Appello travisato il senso della clausola contenuta nel contratto di acquisto dei ricorrenti ritenendo che la stessa fosse riferita alla ‘tavola n.5 del 1° PdL’ laddove invece era riferita al ‘secondo PdL’, approvato nel 1969, con conseguente incoerenza della motivazione’. A sostegno del motivo i ricorrenti deducono che lo stesso CTU di primo grado aveva dichiarato che, sebbene nel contratto ‘… si citi
esplicitamente solo il 1° PdL, è altrettanto vero che le superfici di progetto e le cubature edificabili … fossero riferite al 2° PdL’, che il CTU si era chiesto ‘sulla scorta di quale documentazione tecnica si sono resi garanti i venditori se alla data dell’atto pubblico il 2° PDL non era ancora stato preso in considerazione dall’allora commissione edilizia di Sassari’, che, non solo l’atto di acquisto di essi ricorrenti ma anche l’atto di acquisto della controparte richiamava la tavola n.5 e i limiti di cubatura in essa contenuti, che il Comune di Sassari aveva rilasciato ad essi ricorrenti la concessione per l’intervento edilizio poi realizzato sulla scorta di parere del 4 aprile 2006 da cui risultava che gli interventi edificatori fino a quel momento realizzati erano conformi ‘alle prescrizioni urbanistiche in quanto l’edificazione sul confine non è espressamente vietata dalle norme generali del PdL e dalle norme generali di attuazione del PRGC’;
2.con il secondo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.5, c.p.c., ‘omesso esame di un fato decisivo e discusso tra le parti, in relazione all’art. 115 c.p.c. e all’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c.’, per avere la Corte di Appello omesso di esaminare la documentazione già ricordata in riferimento al primo motivo di ricorso -relazione del CTU; atti di acquisto delle parti; parere del 4 aprile 2006nonché le ‘copie conformi del secondo piano di lottizzazione comprensive della tavola 5’, da cui risultava l’approvazione di tale secondo piano di lottizzazione ossia del piano del 1969;
3. con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., per avere la Corte di Appello, ‘nell’esercizio del suo potere discrezionale quanto alla scelta ed alla valutazione degli elementi probatori, omesso di valutare le risultanze di cui era stata espressamente dedotta la decisività in ordine alla prova dell’approvazione del secondo PdL’. Si richiamano ancora i documenti menzionati con il
primo motivo nonché la comunicazione data dal Comune di Stintino al CTU da cui risultava che il Comune non aveva un provvedimento di approvazione del piano di lottizzazione del 1969 ma da cui non risultava che il Comune avesse un provvedimento negativo della approvazione.
I tre motivi di ricorso sono strettamente congiunti e sono inammissibili.
È opportuno ricordare preliminarmente i seguenti principi:
‘è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. 8053/2014)’;
‘in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio’ (Cass. Sez. U , sentenza n.20867 del 30/09/2020);
‘il travisamento del contenuto oggettivo della prova -che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio- trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre -se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a
pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti- il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale’ (Cass. Sez. U – ,sentenza n.5792 del 05/03/2024);;
‘l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie’ (Sez. U, Sentenza n.8053 del 07/04/2014).
Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata è chiara e lineare: il piano di lottizzazione approvato nel 1963 imponeva che le costruzioni sui vari lotti fossero mantenute ad almeno 10 metri dal confine rispetto agli altri lotti; la costruzione degli attuali ricorrenti non rispettava la distanza; la tesi degli attuali ricorrenti per cui sarebbe stato approvato, nel 1969, un piano di lottizzazione c.d. ‘2° piano di lottizzazione’ – in base al
quale non sarebbe stato più necessario rispettare tale distanza non trovava rispondenza negli atti (‘Non vi è traccia di approvazione ed adozione di un secondo piano di lottizzazione nel 1969’: così pagina 4 della sentenza).
I ricorrenti evocano l’art. 115 c.p.c. ma non denunciano che il giudice di appello abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli.
I ricorrenti evocano il travisamento della prova e l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ma non indicano l’unico “fatto storico” che sarebbe stato veramente decisivo né tanto meno il “dato” da cui esso risulterebbe esistente, ossia l’approvazione, risultante da una delibera del Comune, del piano di lottizzazione del 1969.
Anzi: dalla lettura del ricorso emerge che quello che i ricorrenti vorrebbero far passare per il secondo piano di lottizzazione era in realtà solo un ‘progetto di lottizzazione’ (v. in particolare pagina 13 del ricorso);
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo tenendo conto dei parametri generali di cui all’art. 4 d.m. 55/2014, del valore indeterminato e della complessità della controversia ex art. 5 d.m. 55/2014, nella misura di cui in dispositivo con riduzione dell’importo eccessivo richiesto dalla parte controricorrente con propria nota;
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, liquidate in €3 .500,00, per compensi professionali, €200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma 25 giugno 2025.
Il Presidente NOME COGNOME