Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7577 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7577 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8094/2019 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE e con indicazione di domicilio digitale all’indirizzo pec: EMAIL
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME e NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME e rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE e dall’Avv. NOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrenti- nonché
COGNOME
-intimata-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 4435/2018, pubblicata il 4/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/12/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME, NOME ed NOME, in qualità di eredi di NOME, fratello di NOME, deceduta ab intestato in data 8.2.2008, citarono in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli NOME e COGNOME NOME, rispettivamente sorella e nipote della de cuius , per sentire dichiararsi ‘la nullità di due assegni bancari’ dell’importo di € 433.000,00 emessi dalla medesima in favore del citato nipote NOME, con la conseguente condanna alla restituzione del controvalore alla massa ereditaria.
Gli attori esposero che detti assegni erano frutto del reato di circonvenzione di incapace commesso dai convenuti in danno di NOME
Nel contraddittorio con i convenuti, il Tribunale di Napoli, qualificata l’azione come petitio hereditatis , accolse la domanda e condannò COGNOME Raffaello alla restituzione della somma di € 433.300,00, oltre rivalutazione monetaria all’attualità ed interessi legali dall’incasso degli assegni, da calcolarsi sulla somma annualmente rivalutata.
La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza n. 4435/2018, accolse parzialmente l’appello proposto da l NOME COGNOME in relazione alla decorrenza degli interessi dalla data di proposizione della domanda, confermando nel resto la sentenza del Tribunale.
La Corte territoriale qualificò come petitio hereditatis l’azione proposta dagli attori e, trattandosi di questione di diritto ovvero di
questione di fatto mista a diritto, non ritenne necessario sottoporre la questione della qualificazione della domanda al contraddittorio delle parti.
NOME era l’appartenenza dei titoli alla de cuius, che aveva versato al nipote come corrispettivo di un contratto assistenziale, concluso in data 16/1/2001, con il quale COGNOME COGNOME si era impegnato ad assisterla per tutta la vita in cambio di una somma di denaro sufficiente all’acquisto di un appartamento a Napoli, nel INDIRIZZO
La Corte d’appello di Napoli, delineata la distinzione tra vitalizio alimentare e rendita vitalizia, ritenne che il contratto fosse nullo per indeterminatezza dell’oggetto in quanto prevedeva la dazione, da parte della de cuius , a NOME COGNOME di ‘una congrua somma per l’acquisto di un appartamento a Napoli Vomero’, senza indicare l’entità di tali somme ed il contenuto delle prestazioni che il predetto si era impegnato a fornire per tutta la vita in favore della donante.
3.1. In seguito all’emissione dei due assegni bancari per l’importo di € 433.300,00, NOME COGNOME e la madre NOME erano stati sottoposti a procedimento penale, che si era concluso con sentenza di non luogo a procedere per difetto di querela nei confronti di NOME e per intervenuta prescrizione nei riguardi di NOME COGNOME.
La Corte d’appello partenopea, sul rilievo che la sentenza di non luogo a procedere per prescrizione non faceva stato nel processo civile, ritenne che gli atti del processo penale non consentissero di accertare le condizione della de cuius al momento della stipula del contratto di assistenza, sì da ritenere provata la mala fede di NOME COGNOME; inoltre, poiché la documentazione medica in atti era successiva alla conclusione dell’accordo, non essendo provata la mala fede di NOME COGNOME gli interessi erano dovuti dalla domanda giudiziale.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la citata sentenza della Corte d’appello di Napoli sulla base di quattro motivi.
4.1. NOMECOGNOME NOME Rocco ed NOME hanno resistito con un congiunto controricorso.
4.2. NOME è rimasta intimata.
4.3. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
4.4. In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 533 c.c., 534 c.c., 101 c.p.c., 112 c.p.c., 113 c.p.c. e 183 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 4 c.p.c.; il ricorrente sostiene che la Corte d’appello, aderendo alla decisione del primo giudice, sia incorsa nel vizio di ultrapetizione per aver mutato la domanda originaria, alterando petitum e causa petendi .
Si prospetta che gli attori avevano agito per chiedere la nullità di due transazioni bancarie quali frutto di responsabilità extracontrattuale da fatto costituente illecito penale, ovvero per circonvenzione di incapace, mentre la Corte d’appello av eva erroneamente qualificato la domanda come petizione ereditaria, volta a far rientrare nella massa ereditaria le somme derivanti dalla nullità del contratto di assistenza concluso tra la donante e NOME COGNOME per indeterminatezza dell’oggetto. Trattavasi di domanda mai proposta dagli attori e fondata su fatti non dedotti con l’atto introduttivo sicché si sarebbe dovuta ritenere configuratasi mutatio libelli da parte del giudice di primo grado, avallata dalla Corte d’appello.
2. Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia, ai sensi dell’art.360, comma 1, n. 3 c.p.c. e 4 c.p.c., la violazione degli artt. 101 c.p.c., 112 c.p.c. e dell’art. 183 c.p.c., per avere la Corte d’appello mutato l’oggetto della pretesa degli attori da nullità delle due transazioni per violazione di norme imperative in nullità contrattuale per indeterminatezza dell’oggetto.
Il ricorrente osserva che gli attori non avevano mai chiesto al Tribunale di dichiarare la nullità del contratto di assistenza concluso tra la donante ed il nipote ma, al contrario, avevano eccepito la validità di detto contratto. Sebbene la giurisprudenza di legittimità ammetta il rilievo ufficioso delle nullità (Cass. 26242/2014 e Cass. 26243/2014), esso sarebbe circoscritto alle ipotesi di impugnativa negoziale, ovvero quando sia stata proposta una domanda di risoluzione per eccessiva onerosità, adempimento, risoluzione, rescissione del contratto mentre, nel caso di specie, gli attori avevano agito per l’annullamento di due transazioni bancarie frutto di un illecito penale.
3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 101 c.p.c. e 112 c.p.c., la contraddittorietà della motivazione, la violazione e falsa applicazione degli artt. 533 c.c., 948 c.c., 1346 c.c., 2069 c.c., 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., oltre alla violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Si evidenzia che la Corte di merito avrebbe errato nel qualificare la domanda come petizione ereditaria in quanto gli attori non avevano chiesto di accertare la loro qualità di eredi, né il convenuto aveva mai vantato la qualità di erede di NOME
Il ricorrente richiama un precedente di legittimità (Cass. 123/19), con il quale è stato affermato che l’erede può reclamare, con la petitio
hereditatis , i beni che, al tempo dell’apertura della successione, erano compresi nell’asse ereditario mentre, nel caso di specie, i beni sarebbero usciti dall’asse ereditario di NOMECOGNOME
Con il quarto motivo di ricorso, si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., la manifesta insufficienza e illogicità della motivazione della sentenza di appello, l’omesso riscontro su elementi di fatto e di diritto decisivi per il giudizio, nonché la violazione e falsa applicazione degli articoli 533 c.c., 1325 c.c., 1346 c.c., 1378 c.c., 101 c.p.c., 112 c.p.c., 183 c.p.c., 115 c.p.c., 116 c.p.c., 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., per avere la Corte d’appello omesso di sottoporre alle parti la questione rilevata d’ufficio relativa alla dichiarazione di nullità del contratto di assistenza.
Il ricorrente pone in risalto , anche con questo motivo, che l’azione proposta non poteva essere qualificata come petitio hereditatis perché l’importo di € 433.000,00 era uscito nella disponibilità della de cuius con il suo consenso quando era in vita mentre l’azione di petizione di eredità presupporrebbe che il terzo o l’erede si sia impossessato dei beni caduti in successione.
I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono fondati.
5.1. Gli attori avevano, invero, chiesto dichiararsi ‘la nullità di due assegni bancari’ emessi dalla de cuius in vita in favore del nipote COGNOME NOME perché frutto del reato di circonvenzione di incapace e, per l’effetto, avevano invocato la restituzione della somma incassata dal beneficiario e la sua devoluzione alla massa ereditaria.
Si tratta di un’azione di restituzione di somme che avrebbe potuto compiere lo stesso defunto -e per questo trasmissibile agli eredi -a titolo extracontrattuale, per circonvenzione di incapace.
Trattandosi di un atto che la de cuius aveva posto mentre era in vita, è errata la qualificazione giuridica della domanda come petizione di eredità da parte della Corte d’appello.
5.2. L’azione di petizione ereditaria richiede, infatti, tre presupposti di diritto: l’attore deve dimostrare la propria qualità di erede legittimo o testamentario, il possesso da parte del convenuto dei beni reclamati e l’appartenenza di tali beni all’asse ereditario.
Presupposto dell’azione è l’impossessamento da parte dei terzi o dell’erede dei beni ereditari sicché essa può avere ad oggetto beni riconducibili al momento dell’apertura della successione all’asse ereditario.
Con l’azione di petizione ereditaria, invero, l’erede può reclamare soltanto i beni nei quali egli è succeduto mortis causa al defunto mentre tale azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che il de cuius abbia, prima della sua morte, rimesso a mezzo di assegni bancari, senza un’apparente causa di giustificazione, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto in disponibilità in forza di un titolo giuridico preesistente e indipendente rispetto alla morte del de cuius (Cass. 4 aprile 2024, n. 8942; Cass. 9 febbraio 2011, n. 3181; Cass. 19 marzo 2001, n. 3939; Cass. 23 ottobre 1974, n. 3067).
La petitio hereditatis , secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte , è un’azione nella quale l’erede non subentra al de cuius ma che a lui viene attribuita ex novo al momento dell’apertura della successione (cfr. Cass. 2 agosto 2001, n. 10557; Cass. 16 gennaio 2009, n. 1074).
Nell’azione di petizione dell’eredità – che è un’azione reale, fondata sull’allegazione della qualità di erede e volta a conseguire il rilascio dei beni compresi nell’asse ereditario al momento dell’apertura della
successione da chi li possiede senza titolo o in base a titolo successorio che non gli compete -legittimati attivamente e passivamente sono soltanto, rispettivamente, colui che adduce la sua qualità di erede e colui che sia in possesso dei beni di cui il primo chiede la restituzione (Cass. 9 febbraio 2001, n. 3181, cit.; Cass. 1° aprile 2008, n. 8440).
La petizione di eredità, quindi, non può essere esperita al fine di recuperare beni che, al momento dell’apertura della successione del de cuius , erano già fuoriusciti dal suo patrimonio e che, in ragione di ciò, non possono essere considerati quali beni ereditari.
5.3. Nel caso di specie, i due assegni, secondo la prospettazione condivisa dalle parti e l’accertamento svolto dalla Corte d’appello, erano fuoriusciti dal patrimonio della de cuius quando era ancora in vita e le somme di denaro che costituivano il controvalore di detti assegni non facevano, quindi, parte dell’asse ereditario.
L’azione proposta, come risulta dalla sentenza del giudice di appello e dall’atto di citazione – che questa Corte ha il potere-dovere di esaminare in ragione del vizio dedotto, avente carattere processuale era di natura extracontrattuale in quanto gli attori avevano lamentato che la de cuius aveva compiuto in favore di COGNOME due atti di disposizione attraverso l’emissione di assegni per l’importo di € 433.300,00, approfittando delle precarie condizioni fisiche della medesima.
5.4. È, quindi, errata la qualificazione giuridica della domanda come petitio hereditatis , sulla quale la Corte d’appello ha fondato la motivazione, pervenendo alla conferma della sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda degli attori (fatto salvo che per il profilo relativo agli interessi), riconducendola, per l’appunto, ad un’azione di petitio hereditatis .
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto; la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione , che si atterrà si principi di diritto in precedenza enunciati.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli , in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione