SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BARI N. 1724 2025 – N. R.G. 00000062 2024 DEPOSITO MINUTA 01 12 2025 PUBBLICAZIONE 01 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D’APPELLO DI BARI
Terza Sezione Civile
La Corte d’Appello, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti Magistrati:
NOME. NOME COGNOME Presidente NOME.ssa NOME COGNOME Consigliere Relatore NOME. NOME COGNOME Consigliere
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile in grado di appello, avente ad oggetto ‘Responsabilità professionale’, iscritta nel ruolo generale degli affari contenziosi sotto il numero d’ordine 62 dell’anno 2024, avverso la sentenza n. 1586/2023 emessa dal Tribunale di Foggia pubblicata il 08/06/2023
TRA
(c.f.: ) elettivamente domiciliato alla INDIRIZZO della o e C.F.
Repubblica n. 3 in Foggia presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentat difeso in virtù di procura in atti
APPELLANTE
CONTRO
(p.iva:
), in persona del legale rappresentate pro tempore, elettivamente domiciliata alla INDIRIZZO
INDIRIZZO, nINDIRIZZO in San Giovanni Rotondo presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentata e difesa in virtù di procura in atti P.
APPELLATO
Conclusioni delle parti : come da note di trattazione scritta, in sostituzione dell’udienza collegiale del 22 ottobre del 2025, che qui devono intendersi riportate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
ll sig. adiva il Tribunale di Foggia lamentando di aver subito lesioni fisiche a seguito ed a causa del suo ricovero – dal 16/07/2014 al 20/07/2014 -presso l’ . Più nello specifico il rappresentava che, a causa di una recidiva di ernia discale L5-S1, veniva sottoposto ad un intervento chirurgico di microdiscectomia, presso il reparto di Neurochirurgia del citato nosocomio. Qualche giorno dopo la dimissione, accusava dolori nella regione lombare, accompagnati da stati febbrili, tanto che decideva di sottoporsi a due R.M. , all’esito delle quali gli veniva diagnosticata la spondilodiscite. Il ritenendo che tale danno fosse addebitabile alla condotta dei sanitari, chiedeva al Tribunale di Foggia il risarcimento del danno patrimoniale e non. , e dopo aver contestato la
Si costituiva l’ pretesa attorea nell’ an e nel quantum , chiedeva il rigetto della domanda in quanto infondata.
Istruita la causa mediante prove documentali, testimoniali e indagine peritale svolta dal ctu NOME. il Tribunale di Foggia, sulla base degli esiti della CTU che riconosceva la responsabilità dell’ per la infezione nosocomiale che gli aveva causato la spondiloscite produttiva di un danno biologico permanente nella misura del 5%, con sentenza n. 1586/2023 pubblicata l ‘ 8.06. 2023 accoglieva in parte la domanda risarcitoria e condannava gli di Foggia al pagamento della complessiva somma di € 16.581,11 oltre interessi, e alle spese di lite e CTU.
……………………..
Avverso tale sentenza, il ha proposto appello, lamentando un’errata quantificazione del danno e degli interessi e chiedendo, per i motivi che a breve saranno illustrati, la condanna dell’ente ospedaliero, al pagamento della ulteriore somma di € 92.020,32, oltre interessi e rivalutazione e condanna alle spese di lite
Instaurato il contraddittorio in appello, l’ente convenuto ha contestato l’appello in quanto inammissibile ex art. 342 cpc e infondato, chiedendone il rigetto, vinte le spese di lite All’udienza del 22.10.2025 la causa è stata assunta in decisione
……………………..
In primo luogo va rigettata l’eccezione di inammissibilità del gravame ex art.342 cpc avanzata dall’appellato. L’atto di appello individua precisamente i capi della sentenza impugnati, nonché le
critiche mosse agli stessi. Non si ravvisa alcun ‘ deficit espositivo’, e, quindi, nessuna violazione dell’art. 342 c.p.c., così come lamentati dall’
Venendo al merito, con il primo motivo il sostiene che il giudice di primo grado abbia errato nel ritenere non sussistenti gli estremi del danno morale ed esistenziale.
La doglianza è parzialmente fondata.
In relazione al danno esistenziale, il lamenta di non poter più sollevare pesi in autonomia e di essere stato costretto a modificare il suo repertorio musicale.
Invero, a pagina 12 dell’atto d’appello, penultimo capoverso, si legge che il ‘ ha riportato postumi invalidanti permanenti (5%) che gli procurano una perdurante sintomatologia dolorosa del rachide lombare ‘.
Occorre precisare che più che al danno esistenziale, la richiesta appare rivolta ad ottenere la cd. personalizzazione del danno, ossia una maggiorazione del quantum previsto dalle tabelle per un dato punto di invalidità, basata sulla singolarità dell’esperienza di vita individuale nella specie considerata, tale da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in un più ricco risarcimento. A tal guisa, il indica quali elementi di assoluta peculiarità rispetto ad altre persone vittime della stessa lesione, di essere un musicista affermato, titolare di numerosi incarichi in Italia ed all’estero e che a seguito dell’infezione nosocomiale de quo e del danno riportato, non può più suonare brani di durata pari o superiore ad un’ora di tempo, oltre ai disagi legati dall’effettuare le prove da seduto e le esibizioni, al contrario, necessariamente in piedi.
Le predette circostanze, peraltro documentate, non risultano contestate dal sicchè la Corte ritiene di riconoscere al a titolo di personalizzazione, l’aumento nella misura massima consentita in caso di microlesioni del 20% sul danno biologico del 5% già riconosciuto dal giudice di prime cure nella somma di € 5193,16 e pertanto il RAGIONE_SOCIALE va condannato a risarcire il danno biologico nella complessiva somma di € 6231,79 ( €5193,16 +20% pari a € 1038,632 = € 6231,79)
Per quanto concerne il danno morale, se da un lato la giurisprudenza ha aperto, da tempo, alla risarcibilità del danno morale anche in caso di danni cd. m icropermanenti, dall’altro pretende che siano fornite le prove del patema d’animo concretamente sofferto, ovvero quantomeno delle chiare e precise allegazioni tali da consentire il ricorso allo strumento delle presunzioni.
Nel caso di specie l’appellante, agganciandosi alla definizione di danno morale come ‘dolore’, ha messo in evidenza tutti i referti medici in cui compare tale termine, salvo quest’ultimo riferirsi al dolore fisico lombare, relativo al danno biologico, e non a quello metaforico di sofferenza dell’animo. Inoltre, sono suggestive ma non dimostrate le affermazioni relative alla vergogna provata per l’essere accudito da altri ed al timore di una evoluzione nefasta della patologia: risulta non rispondente all’ id quod
plerumque accidit provare un serio turbamento emotivo nel farsi accudire, per un tempo limitato, dai propri cari, così come non c’è stata nessuna intempestiva diagnosi o cura da consentire di presumere un esito infausto.
Peraltro la Cassazione molto recentemente ( cfr ord. Cass. 20.05.2025 n.13383/2025) motivando su un caso del tutto analogo ha affermato che ‘ al riconoscimento di danni biologici di lieve entità corrisponde un maggior rigore nell’allegazione e nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate, dovendo ritenersi presumibilmente assorbito, nel riscontrato danno biologico di lieve entità, il danno morale laddove sia stata già riconosciuta una personalizzazione del danno biologico nella misura massima. ‘
Con il secondo motivo, il si duole dell’erronea quantificazione del danno patrimoniale, nelle sue varie voci considerato.
Le doglianze sono infondate.
In primo luogo, chiede il compenso di € 5.680 per il mancato intervento, a dicembre del 2014, come direttore artistico dell’opera presso il Teatro ‘Sol’Opera’ di Seul, allegando la locandina, in lingua coreana, volta a mostrare che fosse prevista la sua presenza. Tuttavia, non produce alcun contratto relativo a quella prestazione d’opera, se non una scrittura privata, sempre in lingua straniera (con l’indicazione a penna/matita ‘E. 5680,00’ ), datata ‘2016.09.28’, più di un anno e mezzo dopo quel dicembre 2014 cui fa riferimento la locandina. Ebbene, il afferma che questo contratto successivo serve per dimostrare il corrispettivo perso nel 2014. La Corte nota come non vi sia nessuna presunzione in grado di sostenere che il compenso del 2016 sarebbe stato lo stesso di quello del 2014, peraltro dal contratto del 2016 non emerge neanche che si tratti della stessa opera/prestazione da eseguire.
Inoltre, il sostiene che il suo nome sulla locandina del 2014 indica come certa la sua partecipazione, mancata a causa dell’incapacità temporanea totale, non comprendendosi, allora, perché non abbia allegato il contratto relativo all a sua prestazione di direttore artistico per l’opera del 2014 a Seul: era certo di partecipare, pur senza contratto.
Ancora, il contesta il giudice di prime cure che gli ha negato il rimborso delle spese di soggiorno, a Cortina d’Ampezzo , sostenute dalle sorelle che gli hanno prestato assistenza continuativa quando è stato ricoverato, per sua volontà, presso l’RAGIONE_SOCIALE , per effettuare riabilitazione. La Corte condivide il ragionamento del giudice di primo grado, in quanto non vi è alcuna prescrizione medica che rende necessarie le cure ottenute presso l’istituto in questione, oltre ad essere una libera scelta del quella di recarsi in una struttura, che definisce di eccellenza per la sua patologia, senza che questa possa ricadere sull’appellato . Il avrebbe potuto rivolgersi a strutture più
vicine alla loro (famiglia residenza, ovvero, quantomeno, dimostrare l’unicità ed insostituibilità della struttura situata a Cortina, cosa che non è avvenuta. Non vi è, quindi, la lesione all’autodeterminazione terapeutica (art. 32 cost.) lamentata, anzi se ne ravvisa la sua esaltazione: liberamente sceglie di sottoporsi a trattamenti terapeutici, senza prescrizioni od imposizioni, non potendo, però, porre il costo della sua libera scelta in capo all’appellata.
Ancora, il contesta la decisione di primo grado nella misura in cui non gli ha riconosciuto il rimborso di quanto pagato per l’ abbonamento trimestrale alla RAGIONE_SOCIALE, perché è assente sia una prescrizione medica di specifica attività sportivoriabilitativa, sia un’indicazione del RAGIONE_SOCIALE come specializzato in attività di recupero.
L’appellante sostiene che dopo 4 mesi in cui è stato allettato è, quantomeno, presumibile che abbia bisogno di svolgere attività fisica per riprendere la deambulazione.
La Corte ritiene non convincenti le argomentazioni dell’appellante, perché seppure presumibile il bisogno di attività fisica, occorre che venga allegata e provata che si tratti di attività sportiva -magari riabilitativa- idonea ad un soggetto che deve riprendere a camminare dopo mesi di immobilizzazione forzata e che la RAGIONE_SOCIALE abbia le professionalità richieste per l’assolvimento di tal compito. Inoltre , si nota come l’abbonamento risulta iniziare il 12/12/2014, quando in base all’allegazione dell’appellante non avrebbe dovuto deambulare, poiché allettato per 4 mesi dopo l’intervento del 18/07/2014 .
Ancora, il si duole della mancata concessione da parte del giudice di primo grado del rimborso di quanto pagato all’AVV_NOTAIO che lo ha seguito nel procedimento penale, avviato con denuncia verso ignoti del e conclusosi con un’archiviazione.
La C orte ritiene infondata la doglianza, perché l’onorario dell’AVV_NOTAIO non risulta essere una conseguenza diretta ed immediata -o anche solo normale- del danno ex art. 1223 c.c, dato che il avrebbe potuto sporgere denuncia presso la competente Procura della Repubblica, ovvero presso gli uffici della polizia giudiziaria senza la necessaria presenza di un avvocato. Peraltro, il procedimento penale è stato archiviato, non essendo stata ravvisata alcuna possibile responsabilità penale dell’ente appellato, non comprendendosi perché, allora, quest’ultimo debba sobbarcarsi gli onorari del difensore del denunciante, non avendone dato causa.
Ancora, il contesta la sentenza di primo grado nella parte in cui non gli attribuisce ulteriori €200,00, oltre € 500,00 già riconosciuti, come ulteriore compenso per l’attività del CTP durante le operazioni peritali.
La Corte sostiene che la liquidazione di € 500,00 sia omnicomprensiva di tutt e le attività svolte dal CTP, così come indicate dall’art. 201 c.p.c. , non potendo liquidarsi una somma di danaro per ogni segmento della prestazione del CTP, la quale viene considerata nel suo complesso.
Per quanto riguarda il lucro cessante, non riconosciuto in primo grado, il sostiene di aver prodotto documenti in grado di dimostrare come l’anno precedente alla malattia (2013) abbia svolto almeno 29 concerti per una media di compensi di € 300,00 l’uno.
Senonchè il nulla dice e prova su quanti concerti avrebbe dovuto svolgere durante il periodo incapacità temporanea, né questo può essere desunto dal numero di esibizioni tenute l’anno precedente (neanche più anni precedenti per dimostrare una media costante).
Inoltre, come osservato dal giudice di primo grado, le fatture allegate sono rilasciate non dal persona fisica, quanto dal l’ di cui il è Presidente e legale rappresentante, e tanto basta, alla Corte, per affermare che sarebbero compensi spettanti all’ Aassociazione e non personalmente al Inoltre l’ risulta essere un’associazione senza scopo di lucro, con la conseguenza che i guadagni ottenuti mediante l’attività strumentale al fine statutario devono essere utilizzati per il perseguimento del fine ora citato e non divisi tra gli associati o acquisiti in proprio dal Presidente.
Da ultimo, il ritiene ingiusta la sentenza gravata nella parte in cui non gli attribuisce il danno per la perdita di chance lavorative, sostenendo che , in quanto ‘manager di se stesso’, un musicista del suo livello con la rete di conoscenze costruita nel tempo riesca sempre ad ottenere degli incarichi in giro per il mondo.
La Corte afferma che seppure tale narrazione appaia seducente, non risulta essere provata in alcun modo, né con prove precostituite, né con prove costituende .
Con l’ultimo motivo di gravame, il impugna il capo della sentenza di primo grado in cui il giudice fissa la decorrenza degli interessi legali , sull’importo liquidato a titolo di risarcimento, dal giorno della sentenza, non della domanda giudiziale, fino al soddisfo.
Anche tale doglianza non può trovare accoglimento.
Il giudice di prime cure, correttamente riconosce gli interessi legali dalla sentenza sino al soddisfo poiché rappresenta di non riconoscere sulle somme risarcitorie la rivalutazione in quanto già liquidate sul valore attuale e di riconoscere invece gli interessi cd compensativi e sul punto non vi è appello.
Le spese del presente giudizio sono a carico dell’appellante secondo il criterio della soccombenza e a favore dell’appellato e vengono liquidate con le tariffe di cui al D.M. n. 147/2021 (valore della causa € 1038,63 con esclusione della fase di trattazione , in quanto dall’esame degli atti non risulta svolta attività difensiva nella predetta fase)
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Bari, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da. , con atto di citazione, nei confronti dell’ , avverso la sentenza n. 1586/2023 emessa dal Tribunale di Foggia, pubblicata il 08/06/2023, ogni altra istanza, deduzione, ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede:
1) accoglie in parte l’appello e, in riforma della sentenza gravata, condanna l’
, al pagamento in favore di a titolo di danno biologico permanente la somma di € 6231,79 comprensiva di cd. personalizzazione. C onferma nel resto la sentenza appellata.
2)condanna l al pagamento in favore di
delle spese del presente grado di giudizio che liquida in € 500,00, per compensi professionali e in € 1138,50 per spese , oltre al rimborso forfettario delle spese generali del 15%, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Così deciso in Bari, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile in data 19 novembre 2025.
Il Consigliere Estensore Il Presidente NOME.ssa NOME COGNOME NOME. NOME COGNOME
Il presente provvedimento è stato redatto con la collaborazione del AVV_NOTAIO NOME
RAGIONE_SOCIALE