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Permesso di soggiorno UE: legittima la presenza in Italia

La Corte di Cassazione ha annullato un decreto di espulsione emesso nei confronti di un cittadino straniero in possesso di un valido permesso di soggiorno rilasciato da un altro Stato membro dell’UE (Croazia). La Corte ha stabilito che tale titolo legittima la permanenza sul territorio italiano per un periodo fino a 90 giorni. Il giudice di merito aveva errato nel non considerare questo ‘fatto decisivo’, basando la sua decisione solo sulla precedente posizione irregolare del cittadino in Italia. Il possesso di un permesso di soggiorno UE è quindi un elemento cruciale che deve essere attentamente valutato.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Permesso di Soggiorno UE: La Cassazione Annulla un’Espulsione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale per la libera circolazione all’interno dell’Unione Europea. Un cittadino straniero titolare di un permesso di soggiorno UE valido, rilasciato da un altro Stato membro, non può essere considerato irregolare in Italia se la sua permanenza rientra nel limite di 90 giorni. Questa decisione chiarisce che i giudici devono attentamente valutare tutti i titoli di soggiorno in possesso dello straniero prima di convalidare un provvedimento di espulsione.

I Fatti del Caso

Un cittadino egiziano si è visto notificare un decreto di espulsione dalla Prefettura. Il provvedimento era motivato dalla sua presunta condizione di irregolarità, legata a una vecchia istanza di rinnovo del permesso di soggiorno italiano, scaduto anni prima. Tuttavia, il cittadino ha impugnato il decreto sostenendo di essere legalmente presente sul territorio. Al momento dell’espulsione, infatti, era titolare di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato rilasciato dalla Croazia, un altro Stato membro dell’UE, in corso di validità. Egli era rientrato in Italia da meno di 90 giorni, circostanza che, a suo avviso, rendeva legittima la sua permanenza.

La Decisione del Giudice di Pace e i Motivi del Ricorso

In prima istanza, il Giudice di Pace aveva rigettato il ricorso del cittadino, confermando l’espulsione. La motivazione si basava unicamente sulla passata irregolarità dello straniero e sulla mancata impugnazione di un vecchio provvedimento di irricevibilità. In sostanza, il giudice non aveva attribuito alcun peso al nuovo e valido permesso di soggiorno croato.

Contro questa decisione, lo straniero ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ovvero il possesso del titolo di soggiorno rilasciato dalla Croazia, che dimostrava la legittimità della sua permanenza in Italia al momento della notifica del decreto di espulsione.

Permesso di soggiorno UE e il Principio della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo fondato proprio il motivo relativo all’omesso esame del fatto decisivo. I giudici supremi hanno sottolineato che il Giudice di Pace ha completamente ignorato una circostanza cruciale: la titolarità di un permesso di soggiorno UE in corso di validità. La normativa europea e nazionale, in particolare l’Accordo di Schengen e il Testo Unico sull’Immigrazione (d.lgs. 286/1998), prevedono che gli stranieri in possesso di un titolo di soggiorno rilasciato da uno Stato membro possano circolare liberamente nel territorio degli altri Stati membri per un periodo non superiore a 90 giorni. Nel caso specifico, il cittadino era entrato in Italia il 11/07/2023 e il decreto di espulsione gli era stato notificato il 04/08/2023, ben prima della scadenza dei 90 giorni.

le motivazioni

La Corte ha chiarito che il ‘fatto decisivo’, ai sensi dell’art. 360, n. 5, del codice di procedura civile, è un vero e proprio evento storico che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso del giudizio. Nel caso di specie, il possesso del permesso croato era un fatto storico, provato e discusso tra le parti, che il giudice non poteva ignorare. La decisione del Giudice di Pace si fondava interamente sulla presunta irregolarità del soggiorno, ma tale presupposto veniva meno proprio in virtù del titolo europeo. Ignorare tale documento ha viziato l’intera motivazione della sentenza, rendendola illegittima. La Cassazione ha ribadito che, in base all’art. 21 della Convenzione di Schengen e all’art. 5 del d.lgs. 286/1998, il permesso di soggiorno rilasciato da un Paese membro conferisce il diritto di soggiornare in Italia per brevi periodi. Pertanto, al momento del controllo, il cittadino era pienamente legittimato a trovarsi sul territorio nazionale.

le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza del Giudice di Pace, rinviando la causa a un altro giudice per un nuovo esame che tenga conto del fatto decisivo. Questa ordinanza rappresenta un importante monito per le autorità giudiziarie e amministrative: la valutazione della regolarità di un cittadino straniero non può fermarsi alla storia pregressa sul territorio nazionale, ma deve considerare tutti gli elementi attuali, in primis la titolarità di un valido titolo di soggiorno rilasciato da qualsiasi Paese dell’Unione Europea. Il diritto alla libera circolazione è un pilastro dell’UE e i permessi rilasciati dagli Stati membri devono essere pienamente riconosciuti.

Un cittadino straniero con un permesso di soggiorno valido di un altro Paese UE può soggiornare in Italia?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, un cittadino straniero titolare di un permesso di soggiorno valido rilasciato da uno Stato membro dell’UE (come la Croazia nel caso di specie) ha il diritto di soggiornare in Italia per un periodo non superiore a 90 giorni, in virtù delle norme sulla libera circolazione previste dall’Accordo di Schengen.

Cosa succede se un giudice ignora l’esistenza di un permesso di soggiorno UE valido durante un procedimento di espulsione?
Se un giudice omette di esaminare il fatto decisivo del possesso di un valido permesso di soggiorno europeo, la sua decisione è viziata. Come stabilito dalla Corte, tale omissione costituisce un motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., e può portare all’annullamento della sentenza.

Una precedente posizione irregolare in Italia annulla la validità di un nuovo permesso di soggiorno UE?
No. La sentenza chiarisce che la valutazione della legittimità della permanenza deve basarsi sulla situazione attuale. Anche se una persona ha avuto in passato una posizione irregolare in Italia, il possesso di un nuovo e valido permesso di soggiorno rilasciato da un altro Stato UE la legittima a soggiornare sul territorio italiano per il periodo consentito dalla legge (fino a 90 giorni), rendendo illegittimo un decreto di espulsione basato solo sulla storia pregressa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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