Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24118 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24118 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/08/2025
ORDINANZA
nel ricorso n. 19054/2024 R.G.
promosso da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente contro
Prefettura della Provincia di Milano , in persona del Prefetto pro tempore intimata
avverso la sentenza del decreto del Giudice di Pace di Milano n. 4627/2024 del 25/06/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2024 dal Cons. NOME COGNOME letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Giudice di pace di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe ha respinto l’impugnazione proposta dal ricorrente, cittadino egiziano,
contro
il decreto di espulsione n. 10898/2023 emesso e notificato in data 04/08/2023, unitamente alla dichiarazione di irricevibilità dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, presentata il 06/04/2023 in relazione ad un precedente permesso di soggiorno scaduto nel 2016.
Il ricorrente aveva impugnato il decreto prefettizio deducendo: che era titolare di permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato rilasciato da altro Stato membro dell’U nione europea, la Croazia, con validità dal 15/03/2023 al 20/12/2023; che aveva dichiarato la sua presenza sul territorio italiano in data 11/07/2023, ove era rientrato, come risultava dalla dichiarazione di ospitalità prodotta; che, pertanto, al momento dell’espulsione, in data 04/08/2023, aveva titolo per soggiornare in Italia. Lo stesso ricorrente aveva anche dedotto che la Questura di Milano aveva omesso di informare il ricorrente della possibilità di formalizzare la richiesta di protezione internazionale, aggiungendo che, anziché rigettare la domanda del permesso di soggiorno, il Questore avrebbe dovuto svolgere attività istruttoria per verificare le ragioni della lunga assenza dall’Italia.
Il Giudice di pace motivava il rigetto del ricorso come segue: «In via assorbente e preliminare ai motivi di ricorso, si evidenzia che il cittadino non ha mai regolarizzato la propria posizione sul territorio nazionale, rimanendo irregolare. In particolare, da ulteriori accertamenti esperiti presso le banche dati in uso alle FF.OO., il cittadino straniero non risulta aver proposto ricorso avverso il decreto d’irricevibilità dell’istanza (assicurata postale n. 055973638217) volta all’eventuale rinnovo del pe rmesso di soggiorno nr. NUMERO_DOCUMENTO scaduto il 30.11.2016, per motivi di lavoro subordinato, dinanzi al competente Tribunale Amministrativo e che sono, comunque, decorsi i termini per l’impugnazione .»
Il cittadino straniero ha proposto ricorso per cassazione avverso tale provvedimento, affidato a quattro motivi di ricorso.
La Prefettura non si è difesa con controricorso.
Il ricorrente ha depositato sintetica memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la nullità della sentenza, ai sensi dell’a rt. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per omessa o apparente motivazione ex art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. e 111 Cost. per non aver il Giudice di pace illustrato le ragioni della ritenuta presenza irregolare del cittadino straniero, nonostante quest’ultimo avesse dedotto che all’epoca era legittimato ad entrare e a soggiornare in Italia in virtù del titolo di soggiorno rilasciato in Croazia, nonché per avere respinto il ricorso senza nulla spiegare in ordine alla prospettato vizio derivante dalla mancata informativa della Questura sulla possibilità di avanzare domanda di protezione internazionale.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione dell ‘ art. 4, comma 1, d.lgs. n. 286 del 1998 e art. 13, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 286 del 1998, in riferimento all’art. 3, paragrafo 1, punto 19, del Regolamento (UE) n. 2017/2226 e all’art. 2, punto 16, del Regolamento (UE) 2016/399 per aver ritenuto il soggiorno del ricorrente in Italia irregolare, mentre, al momento dell’espulsione, era titolare del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato rilasciato dalla Croazia n. 8788248 valido dal 15/03/2023 al 20/12/2023 e aveva dichiarato la sua presenza sul territorio italiano, come risultava dalla dichiarazione di ospitalità dell’ 11/07/2023, ove era rientrato, con la conseguenza che -ai sensi dell’art. 4 , comma 1, e 5 commi 7, 7-bis e 7-ter d.lgs. n. 286 del 1998, oltre che dell’ art. 13, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 286 del 1998 in riferimento all’art. 3, paragrafo 1, punto 19, del Regolamento (UE) 2017/2226 e all’ art. 2, punto 16, del Regolamento (UE) 2016/399 -lo
stesso aveva titolo per restare sul territorio italiano per 90 giorni dall’ingresso .
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare in riferimento al rilievo dato alla mancata impugnazione del decreto di irricevibilità dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, che invece non è prevista, potendo semmai il cittadino straniero agire in via cautelare ex art. 55 c.p.a. formulando la richiesta di accettazione dell’istanza.
Con il quarto motivo di ricorso è dedott o l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, che sono stati oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., e in particolar modo: a) del possesso di un titolo di soggiorno rilasciato da un altro Stato dell’Unione europea , che rendeva legittimo l’ingresso e il soggiorno del ricorrente al momento in cui è stato notificato il decreto di espulsione; b) della mancata informativa circa la possibilità di avanzare domanda di protezione internazionale.
Occorre subito esaminare il quarto motivo di ricorso, il quale risulta fondato nella parte in cui è dedotto che il Giudice di pace non ha tenuto conto del fatto decisivo consistente nella titolarità in capo al ricorrente del permesso di soggiorno croato in corso di validità.
2.1. Come sopra evidenziato, il ricorrente ha dedotto di avere impugnato il decreto di espulsione allegando , tra l’altro, di avere fatto ingresso in Italia l’11/07/2023 in virtù del permesso di soggiorno rilasciato dalla Croazia, valido fino al 20/12/2023, circostanza che dimostrava la legittimità della permanenza in Italia al momento della notificazione del decreto di espulsione, effettuata in data 04/08/2023, quando ancora non erano decorsi i novanta giorni dal suo ingresso.
2.2. Com ‘è noto , la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. consente l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
«per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» .
La norma si riferisce al mancato esame di un fatto decisivo, che è stato oggetto di discussione tra le parti, da intendersi come un vero e proprio fatto storico, come un accadimento naturalistico (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Costituisce, pertanto, un fatto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non una questione o un punto controverso, ma un vero e proprio evento, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 24035 del 03/10/2018; v. anche Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 13024 del 26/04/2022).
Può trattarsi di un fatto principale ex art. 2697 c.c. (un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o anche di un fatto secondario (un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché sia controverso e decisivo (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 17761 del 08/09/2016), nel senso che il mancato esame, evincibile dal tenore della motivazione, vizia la decisione perché ha determinato l’esito del giudizio.
2.3. Nel caso di specie, dalla lettura della motivazione della decisione si evince con chiarezza che quest’ultima si fonda sul ritenuto soggiorno irregolare del cittadino straniero, in quanto ritenuto privo di un valido titolo di soggiorno.
Occorre, però, tenere conto che l’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 286 del 1998 dispone che gli stranieri che «siano in possesso di permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dalla competente autorità di uno Stato appartenente all’Unione europea» possono soggiornare nel territorio dello Stato soltanto «nei limiti ed alle condizioni previsti da specifici accordi» .
In effetti, l’ art. 21 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Shengen del 14 giugno 1985, ratificata e resa esecutiva dall’Italia ed anche dalla Croazia, prevede che gli stranieri in possesso di un titolo di soggiorno rilasciato da una delle Parti contraenti possono, in forza di tale titolo e di un documento di viaggio, purché tali documenti siano in corso di validità, «circolare liberamente per un periodo non superiore a tre mesi nel territorio delle altre Parti contraenti» , sempreché soddisfino le condizioni d’ingresso di cui all’art. 5, paragrafo 1, lett. a), c) ed e) della medesima Convenzione e non figurino nell’elenco nazionale delle persone segnalate della Parte contraente interessata.
Il comma 7 dell’ art. 5 d.lgs. n. 286 del 1998 stabilisce, poi, che «7. Gli stranieri muniti del permesso di soggiorno o di altra autorizzazione che conferisce il diritto a soggiornare, rilasciati dall’autorità di uno Stato membro dell’Unione europea e validi per il soggiorno in Italia, sono tenuti a dichiarare la loro presenza al questore entro il termine di cui al comma 2. Agli stessi è rilasciata idonea ricevuta della dichiarazione di soggiorno», aggiungendo che «Ai contravventori si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 103 a euro 309».
I successivi commi 7-bis e 7-ter dello stesso articolo recano, inoltre, una particolare disciplina, molto articolata, per il caso in cui il cittadino straniero si trattenga oltre i tre mesi dall’ingresso nel territorio nazionale, prevendendo un’intimazione del Questore a recarsi immediatamente nello Stato che ha rilasciato il permesso di soggiorno ancora valido, la cui inottemperanza non necessariamente conduce all’espulsione verso il Paese di origine ( «7-bis. Allo straniero di cui al comma 7, che si è trattenuto nel territorio nazionale oltre i tre mesi dall’ingresso, il questore intima di recarsi immediatamente, e comunque non oltre sette giorni dalla notifica dell’intimazione, nello Stato membro dell’Unione europea che ha rilasciato il permesso di
soggiorno o altra autorizzazione che conferisce il diritto di soggiornare, in corso di validità. 7-ter. Nei confronti dello straniero che ha violato l’intimazione di cui al comma 7-bis è adottato il provvedimento di espulsione ai sensi dell’articolo 13, comma 2. In presenza di accordi o intese bilaterali con altri Stati membri dell’Unione europea entrati in vigore in data anteriore al 13 gennaio 2009, l’allontanamento è eseguito verso lo Stato membro che ha rilasciato il permesso di soggiorno o altra autorizzazione al soggiorno. Qualora sussistano i presupposti per l’adozione del provvedimento di espulsione ai sensi dell’articolo 13, comma 1, ovvero dell’articolo 3, comma 1, del decretolegge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, il provvedimento di espulsione è adottato sentito lo Stato membro che ha rilasciato il permesso di soggiorno o altra autorizzazione e l’allontanamento è eseguito con destinazione fuori del territorio dell’Unione europea» ) .
È pertanto evidente che l’esame della circostanza d edotta dal ricorrente, in assenza delle condizioni ostative previste, assume carattere decisivo, in quanto idonea a determinare un diverso esito del giudizio.
L’accoglimento del quarto motivo di ricorso, nei limiti di quanto appena evidenziato, comporta la cassazione con rinvio della decisione impugnata e rende superfluo l’esame delle ulteriori doglianze, che devono ritenersi assorbite.
In conclusione, deve essere accolto il quarto motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, e, assorbiti gli altri, deve essere cassata la sentenza impugnata, con rinvio al Giudice di pace di Milano, nella persona di un diverso giudicante, anche per la statuizioni sulle spese di lite.
P.Q.M. La Corte
accoglie il quarto motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, e, assorbiti gli altri motivi di doglianza, cassa la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di pace di Milano, nella persona di un diverso giudicante, anche per la statuizione sulle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile