Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 5993 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 5993 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/03/2025
Oggetto
Ricorso contro giudici speciali
decisioni
di
sul ricorso iscritto al n. 18314/2024 R.G. proposto da COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (p.e.c.: avvEMAIL;
-ricorrente –
contro
Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei Conti, domiciliato ex lege presso il proprio Ufficio in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte dei Conti, Seconda Sezione Giurisdizionale
Centrale d’Appello, n. 102/2024, depositata il 2 Maggio 2024. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 febbraio 2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
con atto di citazione e pedissequo decreto di fissazione di udienza di discussione, notificato in data 8 giugno 2022, il Vice Procuratore Generale della Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale per il Lazio convenne in giudizio davanti alla Sezione Giurisdizionale del Lazio della Corte dei Conti il caporal maggiore NOME COGNOME chiedendone la condanna al risarcimento del danno erariale cagionato per avere indebitamente fruito di permessi retribuiti, ottenuti attraverso la presentazione di numerose false attestazioni (198) relative allo svolgimento di attività istituzionali come consigliere e capogruppo consiliare presso il Comune di Alatri;
l’adito giudice contabile rigettò la domanda avendo ritenuto valide le autocertificazioni del COGNOME, supportate da dichiarazioni del Segretario comunale e del Responsabile dell’Ufficio urbanistico-edilizio, che confermavano lo svolgimento delle attività istituzionali;
in accoglimento dell’appello interposto dalla Procura regionale e in integrale riforma di tale decisione, la Seconda Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello della Corte dei Conti ha invece accolto la domanda, condannando il COGNOME al pagamento di € 22.440,77, oltre interessi, rivalutazione e accessori di giustizia, in favore del Diciassettesimo Reggimento Artiglieria Controaerei ‘Sforzesca’ di Sabaudia;
ha, infatti, ritenuto illecita la fruizione dei permessi poiché goduta in palese violazione dei presupposti delineati dall’art. 79 t.u. enti loc., che richiede una pronta e puntuale documentazione delle attività e dei tempi di espletamento del mandato, mediante attestazione dell’ente, non surrogabile dalle autodichiarazioni prodotte, non potendo queste essere considerate come prova autonoma e alternativa del fatto autodichiarato;
ha inoltre rilevato che il COGNOME, in numerosi mesi tra quelli rientranti nel periodo oggetto di causa (maggio 2017 – febbraio 2021), risultava aver
superato il monte orario massimo di permessi retribuiti, fruibili ai sensi del comma 4 dell’art. 79 t.u. enti loc.;
avverso tale decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione davanti a queste Sezioni Unite, sulla base di quattro motivi;
ha resistito, con controricorso, il Procuratore generale, rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei conti;
il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale, ai sensi dell’art. 380bis.1 cod. proc. civ.;
in prossimità della camera di consiglio, il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa;
considerato che:
con il primo motivo il ricorrente deduce « violazione e falsa applicazione di norme di legge, specificatamente dell’art. 79 comma IV e comma VI del d.lgs. n. 267/00 (t.u. enti loc. ), in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per avere il giudice d’appello ritenuto necessariamente soggetta ad attestazione dell’ente la fruizione dei permessi retribuiti di cui al IV comma dell’art. 79 t.u. enti loc. »;
lamenta che la Corte dei Conti d’Appello abbia erroneamente esteso l’obbligo di attestazione previsto dal comma 6 dell’art. 79 t.u. enti loc. anche ai permessi di cui al comma 4, adottando un’interpretazione fuorviante e non corrispondente al testo letterale della norma;
sostiene che il quarto comma della citata disposizione prevede una sorta di bonus , quale monte ore massimo, da utilizzare da parte del capogruppo, per l’espletamento dell’attività politico amministrativa, non espressamente tipizzata e tipizzabile, all’interno degli uffici comunali e che tale previsione specifica, distinta rispetto alle ipotesi di cui ai precedenti tre commi, non può essere ricondotta all’interno della previsione di cui al sesto comma che richiede per i permessi la documentazione dell’ente ;
con il secondo motivo denuncia « violazione e falsa applicazione del principio del riparto dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c. e omessa e non corretta valutazione delle produzioni documentali in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., segnatamente in ordine alla validità delle autocertificazioni
e delle dichiarazioni provenienti dall’Ente anche in riferimento ai pareri del 17 maggio 2005 e 19 gennaio 2015 del Ministero dell’Interno »;
lamenta che i giudici d’appello abbiano erroneamente fatto ricadere su di lui l’onere probatorio, che invece gravava sull’appellante Procura Regionale, tenuta a provare la mancanza di una giustificazione per le retribuzioni percepite, come nelle azioni di ripetizione di indebito;
lamenta comunque anche l’erronea valutazione del materiale istruttorio, rilevando al riguardo che:
─ le autocertificazioni erano state confermate dalle dichiarazioni rilasciate dal Segretario generale del Comune di Alatri e dal Responsabile dell’Ufficio Urbanistico;
─ i pareri del Ministero dell’Interno resi sull’interpretazione del citato art. 79 in date 17 e 19 maggio 2015 riconoscono la piena equiparabilità tra certificazioni dell’ente e autodichiarazioni, in omaggio ai principi generali in materia di semplificazione amministrativa;
─ analoga interpretazione è offerta dalla Direttiva del Ministro per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione del 22 dicembre 2011;
con il terzo motivo il ricorrente deduce « omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in merito al mancato riconoscimento del valore probatorio delle dichiarazioni rilasciate dal Segretario generale del Comune di Alatri, dott. NOME COGNOME e dal Responsabile dell’ufficio Urbanistico, geom. NOME COGNOME anche in considerazione della mancata e/o falsa applicazione del comma 6 dell’art. 79 del t.u. enti loc. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.) »;
contesta l’interpretazione della Corte dei Conti d’appello secondo cui la documentazione deve essere presentata « contestualmente e/o in epoca immediatamente successiva » al compimento delle attività, rilevando comunque che il registro degli accessi del Segretario Generale del Comune non è postumo, ma riporta in modo dettagliato i numeri di protocollo, giorno e orario degli accessi e delle attività svolte;
con un quarto motivo -erroneamente indicato come quinto- il ricorrente denuncia, infine, « nullità della sentenza per violazione dell’art.
132, secondo comma, n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. », per non avere la Corte dei Conti d’Appello spiegato il motivo per cui, pur riconoscendo che dalle note fornite dall’Ente e dalla stessa nota del Comando del 17° Reggimento Artiglieria Controaerei ‘Sforzesca’ del 19 maggio 2021, prot. n. 7061, risultava che la corretta fruizione del plafond previsto dal comma 4 dell’art. 79 del t.u. enti loc., ossia delle 24 ore mensili, ha poi omesso di considerate tale elemento oggettivo, limitandosi a ritenere che, dalla suddetta documentazione, comunque, emergeva il superamento, in più giorni, del limite imposto dalla normativa di riferimento utilizzando 48 ore anziché le 24 spettanti;
i quattro motivi si espongono tutti ad un comune e preliminare rilievo di inammissibilità, che ne consente l’esame congiunto;
va rammentato che, al pari delle pronunce del Consiglio di Stato, le pronunce della Corte dei conti sono escluse dal ricorso per cassazione per violazione di legge, contro di esse essendo deducibili, secondo l’assetto definito dalla Costituzione, i soli motivi inerenti alla giurisdizione;
i motivi inerenti alla giurisdizione -in relazione ai quali soltanto è ammesso il sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato o della Corte dei conti -vanno identificati con le ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione (che si verifica quando il giudice amministrativo o contabile affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa forma re oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale) o di difetto relativo di giurisdizione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici) (Cass. Sez. U. 04/02/2021, n. 2605; Cass., Sez. Un., 30/10/2023, n. 30147; 09/07/2024, n. 18722);
in particolare, l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore, denunciabile con il ricorso per cassazione per
motivi inerenti alla giurisdizione ai sensi degli artt. 111, ottavo comma, Cost. e 362, primo comma, cod. proc. civ., è configurabile solo quando il Consiglio di Stato o la Corte dei conti applichino, non la norma esistente, ma una norma da essi creata, es ercitando un’attività di produzione normativa che non compete loro;
esula, pertanto, da tale fattispecie l’individuazione della regula iuris attraverso l’interpretazione, pure estensiva od analogica, delle norme di riferimento, cosicché eventuali errori ermeneutici, anche se comportanti uno stravolgimento radicale della norma, non investono la sussistenza o i limiti esterni del potere giurisdizionale, ma soltanto la legittimità del suo esercizio;
nei confronti delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, l’esame da parte della Corte di cassazione non si estende al controllo del cattivo esercizio della giurisdizione: non coinvolgendo il limite interno della giurisdizione, il sindacato non può cadere sugli errores in iudicando o in procedendo (Cass. Sez. U. 30/06/2023, n. 18539; Id. 22/09/2023, n. 27160) e tanto meno sulle valutazioni di merito;
non è ravvisabile una questione involgente la giurisdizione là dove si sia in presenza di una attività interpretativa -senza che assuma rilievo, a tali fini, l’esito dell’interpretazione -, nessun eccesso essendo configurabile le volte in cui emerga, con evidenza, che un’interpreta – zione sia stata svolta: questa -perché effettiva e non già perché con- divisibile -al tempo stesso in cui fa emergere l’inconsistenza dell’ipotesi di eccesso di potere, preclude alle Sezioni Unite il sindacato sui suoi risultati (Cass. Sez. U. 20/06/2021, n. 18492; Id. 11/04/2024, n. 9766);
nessuna delle censure proposte a fondamento del ricorso in esame, in vario modo tutte ruotando intorno alla interpretazione dell’art. 97, comma sesto, t.u. enti loc. , in relazione ai precedenti commi ─ interpretazione comunque fornita, condivisibile o meno che sia, nella sentenza impugnata ─ rientra nell’ambito del sindacato esercitabile da queste Sezioni Unite sulla decisione del giudice contabile;
il ricorso è dunque inammissibile;
non vi è luogo a pronuncia sulle spese in favore del Procuratore generale della Corte dei conti, stante la sua posizione di parte in senso soltanto formale;
v a dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1bis dello stesso art. 13;
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili