Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12093 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12093 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16614-2024 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende; – controricorrente – avverso la sentenza n. 258/2024 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 28/05/2024 R.G.N. 36/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Licenziamento
– comporto
R.G.N.16614/2024
COGNOME
Rep.
Ud.04/03/2025
CC
RILEVATO CHE
l a Corte d’Appello dell’Aquila, pronunciandosi con sentenza n. 258/2024 in sede di rinvio da questa Corte con ordinanza n. 32155/2021, rigettava il ricorso proposto da NOME COGNOME, dipendente di RAGIONE_SOCIALE con qualifica di operatore di esercizio sino al licenziamento del 31.3.2016 per superamento del periodo di comporto di 12 mesi, ai sensi dell’art. 2110 c.c. e dell’art. 65 CCNL Autoferrotranvieri;
per la cassazione della seconda sentenza d’appello propone ricorso NOME COGNOME con quattro motivi; resiste la società con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il dep osito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo parte ricorrente deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) violazione degli artt. 384 e 394 c.p.c.; sostiene che la Corte d’Appello non si è uniformata alle regole giuridiche enunciate ed alle premesse logico-giuridiche della decisione resa dalla Corte di Cassazione, sia con riguardo al tempo dell’accertamento del requisito dimensionale del datore, verificato alla data dell’anno 2005 anziché alla data di comunicazione del recesso (31.3.2016), sia avuto riguardo al criterio di computo del personale astrattamente necessario per svolgere tutti i propri servizi ( ex artt. 1 e 4 legge n. 1054/1960) effettuato secondo la regola del cd. full-time equivalent , e che è stata emessa d’ufficio un’ordinanza istruttoria in violazione del pronunciamento reso dalla Corte di Cassazione;
con il secondo motivo, deduce violazione degli artt. 2110 c.c., 1334 c.c., 1 comma 3, Accordo Nazionale del 15.11.2005,
1 della legge n. 1054/1960 (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.); sostiene che il licenziamento produce effetto nel momento in cui il lavoratore riceve l’intimazione da parte del datore, con la conseguenza che la verifica delle condizioni che legittimano l’esercizio del potere di recesso deve essere compiuta con riferimento al momento in cui detto negozio si è perfezionato (31.3.2016 e non nell’anno 2005);
3. con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 1 legge n. 1054/1960 (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.); sostiene che la Corte d’Appello non ha applicato il criterio di computo del personale indicato all’art. 1 legge n. 1054/1960 (valutazione di tipo funzionale del personale), ma il criterio di computo previsto all’art. 6, d. lgs. n. 61/2000, oggi all’art. 9, d. lgs. n. 81/2015(cd. full-time equivalente);
4. con il quarto motivo deduce violazione dell’art. 115, comma 1, c.p.c. (in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.); sostiene che la Corte d’Appello ha disposto una prova testimoniale su circostanze mai contestate e da ritenersi pacificamente provate ai fini d i causa, e che dall’insieme delle prove acquisite non era possibile desumere il mancato superamento dei 25 dipendenti nell’anno 2005;
5. va anzitutto richiamato il carattere cd. chiuso del giudizio di rinvio (Cass. S.U. n. 17332/2021; Cass. n. 8039/2023, n. 21692/2023, n. 5588/2024), che non costituisce la rinnovazione o la prosecuzione del giudizio di merito, bensì la fase rescissoria rispetto a quella rescindente del giudizio di cassazione, e si presenta, quindi, come una prosecuzione del processo di Cassazione, nel corso del quale il giudice di merito ha il compito di svolgere quelle attività necessarie a conformarsi al principio di dirit to enunciato dalla S.C. ai sensi dell’art. 384 c.p.c.; pertanto il giudice del rinvio, riassunta la causa, dovrà
innanzitutto individuare l’oggetto del giudizio attraverso un’attenta ricostruzione delle censure accolte dalla Cassazione, per poi adoperarsi nell’espletamento delle attività conseguenti; in ragione della struttura ‘chiusa’ propria del giudizio di rinvio, cioè della cristallizzazione della posizione delle parti nei termini in cui era rimasta definita nelle precedenti fasi processuali fino al giudizio di cassazione, il giudice di rinvio, i profili che le parti possono dedurre nell’impugnazione della sentenz a rescissoria debbono necessariamente riguardare l’aderenza di quest’ultima al principio espresso dalla sentenza rescindente;
6. la Corte territoriale, come devolutole in fase rescissoria, ai fini della suddetta perimetrazione ha osservato che la pronuncia rescindente aveva rilevato che la questione giuridica controversa era di accertare se alla società RAGIONE_SOCIALE fosse applicabile, al momento dell’intimato licenziamento, la disciplina normativa di cui al r.d. n. 148/1931 e all’Accordo Nazionale del 15.11.2005 (che prevedono un periodo di comporto di 18 mesi), ovvero il CCNL RAGIONE_SOCIALE 23.7.1976 (che, invece, fissava, in relazi one alla anzianità dell’odierno ricorrente, un periodo di comporto di 12 mesi);
7. la pronuncia rescindente si era espressa nel senso che: a) l’estensione dell’applicabilità delle disposizioni del r.d. n. 148 del 1931 al personale delle imprese esercenti l’autoservizio urbano o extraurbano, disposta dagli artt. 1 e 4 della l. n. 1054 del 1960, ha come presupposto il requisito dimensionale previsto dall’art. 1 di detta legge, che non dipendeva, tuttavia, dalla mera esistenza di un determinato numero (che doveva essere superiore a venticinque) di unità lavorative impiegate, ma anche da un apprezzamento discrezionale dell’Ispettorato generale della Motorizzazione Civile e Trasporti in Concessione (quale articolazione del Ministero dei Trasporti) in ordine alle effettive
esigenze dell’impresa di disporre dei dipendenti per l’espletamento del servizio; b) ai fini della determinazione del periodo di comporto del personale addetto agli autoservizi di linea extraurbani con più di 25 dipendenti, è applicabile non già il CCNL RAGIONE_SOCIALE del 23 luglio 1976 (che ne fissa la durata in 12 mesi), ma la disciplina di cui al r.d. n. 148 del 1931 e all’accordo nazionale del 15 novembre 2005 (che lo determina in 18 mesi), non avendo inciso sulla stessa la disposizione dell’art. 10, comma 2, del d.lgs. n. 285 del 2005, che esclude le imprese con tali requisiti dimensionali dall’ambito di applicazione del citato r.d., in quanto intervenuta successivamente, allorquando le parti sociali avevano già disciplinato la materia;
8. poiché la verifica da compiere non era formale (come svolto dalla prima sentenza d’appello, che si era soffermata solo sul dato dei lavoratori in forza alla società), ma avrebbe dovuto essere di tipo funzionale, avendo cioè riguardo ai dipendenti che in astratto sarebbero stati necessari alle effettive esigenze dell’impresa, secondo l’apprezzamento tipico che avrebbe dovuto svolgere, su tale problematica, l’Ispettorato citato, in sede di rinvio alla Corte territoriale è stato demandato di procedere a un nuovo esame sull’esatta individuazione del numero dei dipendenti, verificando, conseguentemente, se vada applicato, nella specie, l’Accordo sindacale nazionale ovvero il CCNL Autoferrotranvieri, al fine poi di determinare le disposizioni applicabili in tema di periodo di comporto;
9. la Corte territoriale, nel giudizio rescissorio, al fine di conformarsi alla pronuncia rescindente, ha proceduto alla verifica funzionale richiesta (procedere a un nuovo esame sull’esatta individuazione del numero dei dipendenti), mediante richiesta al Ministero dei Trasporti, che si è espresso nel senso
dell’assenza di elementi da cui desumere il superamento, alla data del 15.11.2005, delle 25 unità di personale occorrente per le normali esigenze dell’impresa in questione; ha inoltre disposto, sempre nell’ottica di verifica funzionalistica demandata, istruttoria testimoniale sul requisito dimensionale; in esito a detta istruttoria, è pervenuta alla conclusione che non può dirsi raggiunta la prova in ordine al requisito dimensionale richiesto per l’applicazione del r.d. n. 148/1931;
specificatamente, la Corte territoriale ha precisato che non può dirsi provato che, a seguito di una verifica di tipo funzionale, condotta in concreto, per lo svolgimento dei servizi di linea di Baltour, alla data del 31.12.2005, fosse necessario un numero di lavoratori superiore a 25, al fine di assicurare le effettive esigenze dell’impresa; pertanto, d ifettando il requisito dimensionale, la disciplina del comporto con riguardo alla fattispecie in esame va rinvenuta nel CCNL RAGIONE_SOCIALE del 1976;
in quest’ottica, i primi tre motivi del ricorso per cassazione, da trattare congiuntamente per connessione, in quanto tutti riguardanti la coerenza della pronuncia rescissoria con quella rescindente e l’epoca di accertamento del requisito dimensionale in contestazione, non sono fondati;
in primo luogo, perché la Corte territoriale ha correttamente inquadrato e perimetrato l’oggetto del giudizio di rinvio e ha giustificato il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento;
segnatamente, la seconda sentenza d’appello ha proceduto, come specificato nella pronuncia rescindente a verificare in concreto il predetto requisito dimensionale determinante l’applicazione del periodo di comporto previsto dal
CCNL RAGIONE_SOCIALE o dall’Accordo di novembre 2005, e svolta l’istruttoria demandatole (documentale e testimoniale, in quanto ritenuto necessario, in modo logico e congruente), in esito all’istruttoria, è pervenuta a escludere che il requisito dimensionale contestato risultasse in concreto superato; e la rivalutazione degli elementi istruttori, quali circostanze di fatto è interdetta in sede di legittimità;
14. in secondo luogo, perché la pronuncia rescindente aveva prescritto di verificare quale disciplina normativa fosse applicabile al momento del licenziamento, ma non che, essendo il licenziamento successivo all’Accordo Nazionale del 15.11.2005, questo fosse direttamente applicabile;
15. al contrario, proprio in base alla sequenza normativa come riportata nella pronuncia rescindente (§ 12) si evince che l’elemento dirimente per l’applicazione dell’una o dell’altra normativa, anche ai fini della durata del periodo di comporto, è il superamento o meno del numero di 25 dei dipendenti occorrenti per le normali esigenze degli autoservizi esercitati dall’azienda nell’anno 2005; e a tale accertamento ha appunto provveduto la seconda sentenza d’appello;
16. il quarto motivo risulta inammissibile, perché concernente la selezione e valutazione delle prove, che sono competenza del giudice di merito;
17. in ragione della soccombenza parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore di parte controricorrente, liquidate come da dispositivo;
18. al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto, nella ricorrenza dei presupposti processuali;
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.500 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 4 marzo 2025.