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Periodo di comporto: come si calcola per il licenziamento

Un lavoratore viene licenziato per superamento del periodo di comporto. La Corte di Cassazione conferma la legittimità del licenziamento, stabilendo che il calcolo dei dipendenti per determinare la durata del comporto non si basa sul numero di addetti al momento del recesso, ma su una valutazione funzionale riferita a un momento storico specifico (in questo caso, l’anno 2005), come indicato in una precedente pronuncia della stessa Corte.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Periodo di Comporto e Licenziamento: La Cassazione sul Calcolo dei Dipendenti

Il licenziamento per superamento del periodo di comporto è una questione delicata nel diritto del lavoro, poiché bilancia il diritto alla salute e alla conservazione del posto del lavoratore con le esigenze organizzative del datore di lavoro. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui criteri per calcolare la durata di tale periodo, in particolare per le aziende del settore trasporti, legandola a un requisito dimensionale da valutare in modo funzionale e con riferimento a un preciso momento storico.

I Fatti di Causa

Un dipendente di una società di trasporti, con la qualifica di operatore di esercizio, veniva licenziato per aver superato il periodo massimo di assenza per malattia, fissato in 12 mesi dal CCNL Autoferrotranvieri del 1976. Il lavoratore impugnava il licenziamento, sostenendo che avrebbe dovuto applicarsi un diverso accordo nazionale che prevedeva un periodo di comporto più lungo, pari a 18 mesi. L’applicabilità di quest’ultimo, tuttavia, era subordinata al fatto che l’azienda superasse un determinato requisito dimensionale: avere più di 25 dipendenti.

La controversia non verteva sul numero di dipendenti al momento del licenziamento, bensì su come e quando tale numero dovesse essere calcolato. In un precedente giudizio, la stessa Corte di Cassazione aveva stabilito che la verifica non doveva basarsi su un mero conteggio formale, ma su una valutazione “funzionale” del personale necessario all’azienda per svolgere i propri servizi, e che tale valutazione dovesse essere riferita all’anno 2005. La Corte d’Appello, nel successivo giudizio di rinvio, si è attenuta a tali indicazioni e, non avendo trovato prova del superamento della soglia dei 25 dipendenti nel 2005, ha confermato la legittimità del licenziamento.

Il Criterio Funzionale nel Calcolo del Periodo di Comporto

Il cuore della questione legale risiede nella distinzione tra un criterio di calcolo formale e uno funzionale. Secondo la Cassazione, per determinare quale disciplina del periodo di comporto applicare, non basta contare i lavoratori in forza in un dato momento. È necessario, invece, procedere a una stima del personale “astrattamente necessario” per garantire le normali esigenze dell’impresa.

Inoltre, il momento temporale di riferimento per questa valutazione non è necessariamente quello del licenziamento, ma può essere un momento precedente, cruciale per l’inquadramento normativo dell’azienda. In questo caso, la Corte ha identificato l’anno 2005 come data spartiacque per l’applicazione delle diverse discipline contrattuali. Di conseguenza, il giudice di merito ha dovuto verificare, tramite istruttoria, se nel 2005 l’organico funzionale dell’azienda superasse le 25 unità, onere della prova che, secondo la Corte d’Appello, non è stato assolto dal lavoratore.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno sottolineato che il giudizio di rinvio è un procedimento “chiuso”, nel quale il giudice di merito è vincolato a seguire scrupolosamente i principi di diritto enunciati nella precedente sentenza di cassazione.

La Corte d’Appello ha agito correttamente, inquadrando l’oggetto del giudizio nei limiti tracciati dalla Cassazione e svolgendo l’istruttoria (documentale e testimoniale) necessaria per accertare il requisito dimensionale secondo il criterio funzionale e con riferimento all’anno 2005. Poiché all’esito di tale accertamento non è emersa la prova del superamento della soglia dei 25 dipendenti, la conclusione che il periodo di comporto applicabile fosse quello più breve di 12 mesi è stata ritenuta corretta e immune da vizi di legittimità.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su due pilastri principali.

Il primo riguarda la natura del giudizio di rinvio. La Corte ribadisce che il giudice del rinvio non ha il potere di riesaminare la causa liberamente, ma deve limitarsi ad applicare il principio di diritto sancito dalla Cassazione al caso concreto, svolgendo le attività istruttorie eventualmente necessarie a tal fine. La Corte d’Appello si è conformata a questo dovere, verificando in concreto il requisito dimensionale così come richiesto.

Il secondo pilastro attiene alla insindacabilità della valutazione delle prove in sede di legittimità. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del giudice di merito. La Corte d’Appello ha concluso, sulla base delle prove raccolte, che non era stato dimostrato il superamento del requisito dimensionale. Questa conclusione, in quanto frutto di un’analisi di merito logicamente motivata, non può essere messa in discussione davanti alla Suprema Corte.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio importante: la determinazione del periodo di comporto può dipendere da complessi accertamenti fattuali, come il calcolo del requisito dimensionale di un’azienda secondo un criterio funzionale e non meramente numerico. La decisione evidenzia inoltre il rigore del giudizio di rinvio, che vincola strettamente il giudice di merito ai principi stabiliti dalla Cassazione. Per i lavoratori, ciò significa che l’onere di provare i fatti a fondamento delle proprie pretese, come l’applicabilità di un regime contrattuale più favorevole, deve essere assolto in modo rigoroso e completo nelle fasi di merito del giudizio.

Come si calcola il numero di dipendenti per determinare la durata del periodo di comporto per un’azienda di trasporti?
Secondo la sentenza, il calcolo non si basa su un mero conteggio dei lavoratori al momento del licenziamento, ma richiede una valutazione “funzionale”, cioè una stima del personale necessario per le normali esigenze dell’impresa, con riferimento a un momento storico specifico rilevante per l’applicazione della normativa (nel caso di specie, l’anno 2005).

Il giudice nel giudizio di rinvio può discostarsi da quanto deciso dalla Corte di Cassazione?
No, il giudizio di rinvio è definito “chiuso”, il che significa che il giudice deve attenersi scrupolosamente ai principi di diritto enunciati dalla Corte di Cassazione nella sentenza che ha annullato la precedente decisione, riesaminando la causa solo entro i limiti da essa tracciati.

Perché il licenziamento per superamento del periodo di comporto di 12 mesi è stato ritenuto legittimo?
Il licenziamento è stato considerato legittimo perché il lavoratore non è riuscito a provare che l’azienda soddisfacesse il requisito dimensionale (più di 25 dipendenti secondo una valutazione funzionale riferita al 2005) necessario per l’applicazione del più favorevole periodo di comporto di 18 mesi. Di conseguenza, è stata correttamente applicata la disciplina del contratto collettivo che prevedeva un periodo di 12 mesi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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