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Perequazione retributiva: no a norma incostituzionale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una dipendente pubblica che chiedeva la perequazione retributiva sulla base di una legge regionale. Tale legge, che mirava a parificare il trattamento economico di anzianità, era stata in seguito dichiarata incostituzionale. La Corte ha stabilito che da una norma incostituzionale non può sorgere alcun diritto soggettivo, né può essere invocato un legittimo affidamento, soprattutto in presenza di un precedente giudicato sfavorevole alla stessa ricorrente sulla medesima questione.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Perequazione Retributiva: La Cassazione Nega il Diritto Basato su Legge Incostituzionale

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro pubblico: la possibilità di ottenere una perequazione retributiva sulla base di una normativa regionale successivamente dichiarata incostituzionale. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, chiarisce che nessun diritto può sorgere da una fonte normativa viziata da illegittimità costituzionale, anche per i rapporti pregressi.

I Fatti di Causa

Una dipendente di ruolo di un ente pubblico regionale aveva avviato un’azione legale per ottenere l’adeguamento della propria retribuzione. La sua richiesta si fondava su una legge regionale che riconosceva ai dipendenti lo stesso trattamento economico di anzianità maturato da colleghi provenienti da altri enti pubblici. Questa normativa mirava a una perequazione, ovvero a un livellamento verso l’alto, delle retribuzioni.

Il percorso giudiziario è stato complesso: dopo un iniziale accoglimento della domanda, la vicenda è giunta fino in Cassazione, che aveva già rigettato le pretese della lavoratrice. Ciò era avvenuto in seguito a una sentenza della Corte Costituzionale che aveva dichiarato illegittima la legge regionale in questione. Nonostante la precedente sconfitta, la dipendente ha avviato un nuovo giudizio, riproponendo la medesima domanda, che è stata nuovamente respinta in tutti i gradi di giudizio fino all’odierna ordinanza della Suprema Corte.

La Questione della Perequazione Retributiva e l’Incostituzionalità

Il nucleo del contendere è se una legge, pur avendo prodotto effetti nel passato, possa ancora costituire il fondamento di un diritto dopo essere stata dichiarata incostituzionale. La dipendente sosteneva che il suo diritto alla perequazione si fosse consolidato prima della pronuncia della Corte Costituzionale. Inoltre, lamentava la violazione del suo legittimo affidamento nella stabilità della norma.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ribadito un principio cardine del nostro ordinamento: la declaratoria di incostituzionalità ha efficacia retroattiva. Questo significa che la norma illegittima viene espunta dall’ordinamento giuridico come se non fosse mai esistita, travolgendo anche i rapporti sorti in precedenza, ad eccezione di quelli già esauriti, come ad esempio un pagamento già effettuato e non più contestabile o una sentenza passata in giudicato.

La Decisione della Corte e il Valore del Giudicato

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su due pilastri fondamentali.

In primo luogo, la Corte ha sottolineato l’esistenza di un precedente giudicato sfavorevole alla ricorrente. Con una sentenza del 2015, la stessa Cassazione aveva già deciso nel merito la causa, rigettando la domanda. Tale decisione, essendo divenuta definitiva, preclude la possibilità di riproporre la stessa identica questione in un nuovo processo.

In secondo luogo, e nel merito, i giudici hanno ribadito che la pretesa della lavoratrice si fondava su una norma (l’art. 43 della legge regionale, che introduceva il comma 2-bis in una legge precedente) dichiarata incostituzionale. La Corte Costituzionale aveva stabilito che la Regione, disciplinando il trattamento economico dei propri dipendenti in quel modo, aveva invaso la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ‘ordinamento civile’. Di conseguenza, quella norma non ha mai potuto validamente creare un diritto soggettivo alla perequazione.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione è chiara e lineare. Non è possibile radicare un ‘diritto soggettivo perfetto’ su una normativa dichiarata incostituzionale. La pronuncia della Consulta ha l’effetto di rimuovere la norma dall’ordinamento ex tunc (fin dall’inizio), impedendo che possa essere fonte di diritti. Di conseguenza, il diritto reclamato dalla dipendente non è mai sorto validamente.

La Corte ha anche smontato l’argomento del legittimo affidamento. Non può esistere un affidamento meritevole di tutela su una norma incostituzionale. Inoltre, nel caso specifico, l’ente pubblico non aveva mai applicato concretamente la norma erogando le somme richieste, quindi non si era mai creata una situazione di fatto che potesse ingenerare nella lavoratrice la fiducia nella spettanza del beneficio. Il fatto stesso che la dipendente abbia dovuto agire in giudizio per ottenere il riconoscimento del suo presunto diritto dimostra l’assenza di un affidamento consolidato.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma con forza due principi fondamentali: l’efficacia retroattiva delle sentenze di incostituzionalità e l’intangibilità del giudicato. Un lavoratore non può pretendere l’applicazione di benefici economici previsti da una legge che la Corte Costituzionale ha ritenuto contraria ai principi fondamentali, in quanto tale legge è giuridicamente inesistente. Questa decisione serve da monito sulla necessità di fondare le proprie pretese su una base normativa solida e conforme alla Costituzione, e sottolinea come una precedente sconfitta giudiziaria definitiva su una questione non possa essere aggirata riproponendo la stessa domanda in un nuovo giudizio.

Una legge regionale dichiarata incostituzionale può fondare un diritto alla perequazione retributiva?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una norma dichiarata incostituzionale viene rimossa dall’ordinamento con effetto retroattivo e non può costituire il fondamento per alcun diritto soggettivo, inclusa la perequazione retributiva.

Il principio del legittimo affidamento può essere invocato per ottenere benefici da una norma incostituzionale?
No. La Corte ha stabilito che non può esservi un valido e legittimo affidamento su una norma dichiarata costituzionalmente illegittima. Tale principio non può essere invocato per conservare gli effetti di una legge invalida.

Una precedente sentenza sfavorevole della Cassazione sullo stesso identico punto impedisce di riproporre la domanda?
Sì. Il giudicato formatosi su una precedente sentenza della Corte di Cassazione, che ha già deciso nel merito la stessa questione tra le stesse parti, preclude l’accoglimento di una nuova domanda basata sui medesimi fatti e sulla stessa norma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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