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Perequazione retributiva: no a diritti da legge incostituzionale

Una dipendente pubblica ha richiesto una perequazione retributiva basandosi su una legge regionale. La Corte di Cassazione ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, confermando le decisioni precedenti. La motivazione principale è che la legge in questione è stata dichiarata incostituzionale e, inoltre, sulla stessa questione esisteva già una precedente sentenza definitiva (giudicato) che aveva respinto la richiesta della lavoratrice. Di conseguenza, non può sorgere alcun diritto né un legittimo affidamento da una norma anticostituzionale.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Perequazione Retributiva: La Cassazione Nega il Diritto Basato su Legge Incostituzionale

Il tema della perequazione retributiva nel pubblico impiego torna al centro di una pronuncia della Corte di Cassazione, che con l’ordinanza in esame chiude definitivamente una lunga vicenda giudiziaria. Una dipendente pubblica si è vista negare l’adeguamento dello stipendio sulla base di una legge regionale successivamente dichiarata incostituzionale. La decisione sottolinea due principi fondamentali del nostro ordinamento: l’efficacia retroattiva delle sentenze della Corte Costituzionale e la forza del giudicato.

Il Contesto del Caso: Una Lunga Battaglia Giudiziaria

La vicenda ha origine dalla richiesta di una dipendente di una Regione, assunta nel 1981, di ottenere un trattamento economico di anzianità pari a quello di altri colleghi. Questi ultimi, provenienti da altre amministrazioni pubbliche, avevano conservato un trattamento più favorevole. La richiesta si fondava su una serie di leggi regionali che avevano introdotto un meccanismo di perequazione retributiva.

In un primo momento, i tribunali di merito avevano dato ragione alla lavoratrice. Tuttavia, la vicenda ha subito una svolta decisiva quando la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 211 del 2014, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della normativa regionale di riferimento. Il motivo? La Regione aveva legiferato in materia di ordinamento civile, una competenza esclusiva dello Stato.

A seguito di questa pronuncia, la stessa Corte di Cassazione, già nel 2015, aveva rigettato le pretese della dipendente. Nonostante ciò, la lavoratrice ha intentato una nuova azione legale, riproponendo le medesime richieste. Questo nuovo tentativo è stato respinto sia in primo grado che in appello, portando la questione nuovamente dinanzi alla Suprema Corte.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso della lavoratrice inammissibile, ponendo fine alla controversia. La decisione si basa su argomenti netti e insuperabili che rafforzano la certezza del diritto.

Le motivazioni: perché la perequazione retributiva è stata negata

Le ragioni della Corte sono principalmente due e si intrecciano tra loro: la presenza di un precedente giudicato e l’impossibilità di fondare un diritto su una norma incostituzionale.

L’Effetto della Dichiarazione di Incostituzionalità

Il primo pilastro della decisione risiede nell’effetto delle sentenze della Corte Costituzionale. Quando una legge viene dichiarata incostituzionale, essa cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla sua pubblicazione. Questo effetto è retroattivo (ex tunc): la norma si considera come mai esistita. Di conseguenza, nessun diritto soggettivo “perfetto” può considerarsi sorto sulla base di tale norma, a meno che non fosse già stato consolidato da una sentenza passata in giudicato prima della pronuncia di incostituzionalità. Nel caso specifico, la pretesa della lavoratrice non era mai stata riconosciuta in via definitiva.

L’Ostacolo del Giudicato

Il secondo, e forse più dirimente, motivo è l’esistenza di una precedente sentenza della stessa Cassazione (la n. 19095 del 2015) che aveva già respinto la domanda della ricorrente. Tale sentenza ha acquisito l’autorità di “cosa giudicata”, impedendo che la stessa questione, tra le medesime parti, potesse essere nuovamente portata davanti a un giudice. Il tentativo di riaprire il caso è stato quindi bloccato dalla forza del giudicato.

L’Insussistenza del Legittimo Affidamento

La Corte ha anche respinto la tesi del “legittimo affidamento”. La lavoratrice sosteneva di aver confidato nella validità della legge regionale. Tuttavia, i giudici hanno chiarito che non può esistere un affidamento meritevole di tutela su una norma incostituzionale. Inoltre, un elemento fattuale decisivo è stato che la Regione non aveva mai concretamente applicato tale norma alla dipendente, la quale non aveva mai percepito le somme richieste. Pertanto, nessun affidamento si era mai concretizzato nel suo patrimonio.

Conclusioni: le implicazioni pratiche della sentenza

L’ordinanza ribadisce alcuni principi cardine per chi opera nel diritto del lavoro e nel contenzioso con la pubblica amministrazione:

1. Nessun diritto da leggi incostituzionali: Non è possibile reclamare diritti basati su normative dichiarate contrarie alla Costituzione. L’effetto retroattivo di tali pronunce cancella la fonte stessa del diritto.
2. Il valore del giudicato: Una volta che una controversia è stata decisa con sentenza definitiva, non può essere riproposta. Questo principio garantisce la stabilità e la certezza delle situazioni giuridiche.
3. Cautela con il legittimo affidamento: Il principio del legittimo affidamento non è uno scudo assoluto. Non può essere invocato per sanare situazioni basate su atti illegittimi, specialmente quando non vi è mai stata una concreta applicazione della norma favorevole.

In sintesi, questa decisione serve da monito sulla necessità di fondare le proprie pretese su basi normative solide e costituzionalmente legittime, e sul carattere definitivo delle decisioni giurisdizionali.

Una legge regionale dichiarata incostituzionale può creare diritti acquisiti nei cittadini prima della sentenza della Corte Costituzionale?
No. Secondo la Corte, una norma dichiarata incostituzionale si considera come mai esistita sin dall’origine. Pertanto, non può aver creato alcun diritto soggettivo perfetto, a meno che tale diritto non fosse già stato definitivamente riconosciuto con una sentenza passata in giudicato prima della dichiarazione di incostituzionalità.

È possibile iniziare una nuova causa per una questione già decisa in via definitiva dalla Corte di Cassazione?
No. La decisione definitiva della Cassazione forma il cosiddetto “giudicato”, che preclude la possibilità di avviare una nuova causa tra le stesse parti per lo stesso oggetto. Nel caso di specie, la pretesa della lavoratrice era già stata rigettata in passato dalla stessa Corte, rendendo il nuovo ricorso inammissibile.

Si può invocare il principio del “legittimo affidamento” su una norma che l’amministrazione non ha mai applicato?
No. La Corte ha stabilito che non può esserci un valido affidamento su una norma dichiarata costituzionalmente illegittima. Inoltre, il fatto che l’amministrazione non avesse mai concretamente applicato la norma, e che quindi le somme richieste non fossero mai entrate nel patrimonio della lavoratrice, esclude la formazione di un affidamento tutelabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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