Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21572 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21572 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 13176-2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (quale incorporante RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente – ricorrente incidentale -nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE (quale incorporante RAGIONE_SOCIALE);
ricorrente principale -controricorrente incidentale –
Oggetto
Perequazione automatica pensione integrativa, presupposti compensazione spese
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 23/04/2024
CC
avverso la sentenza n. 238/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 20/02/2018 R.G.N. 174/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 20.2.2018, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di NOME volta a condannare RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. a corrispondergli le differenze tra la pensione integrativa percepita a decorrere dal 4.2.2005 e quella dovuta in applicazione della perequazione automatica al costo della vita;
che avverso tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE (incorporante RAGIONE_SOCIALE) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;
che NOME COGNOME ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale, fondato su un motivo e successivamente illustrato con memoria;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 23.4.2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo di censura, la ricorrente principale denuncia nullità della sentenza impugnata per difetto di motivazione per non avere la Corte di merito esposto il percorso argomentativo che l’avrebbe condotta a condividere l’orientamento giuris prudenziale che ritiene non applicabile alle pensioni integrative il blocco della perequazione di cui all’art. 59, comma 13, l. n. 449/1997, né illustrato il processo deliberativo compiuto in relazione alla concreta fattispecie decisa;
che, con il secondo motivo, la ricorrente principale lamenta violazione dell’art. 59, comma 13, l. n. 449/1997, per avere
la Corte territoriale ritenuto che l’odierno controricorrente avesse diritto alla perequazione automatica del trattamento pensionistico integrativo nel triennio 1998-2000;
che, con il terzo motivo, la ricorrente principale si duole di nullità della sentenza impugnata per difetto di motivazione per non avere la Corte di merito esposto i motivi del rigetto del terzo motivo di appello, limitandosi sul punto a richiamare le conclusioni della CTU disposta in prime cure;
che, con l’unico motivo del ricorso incidentale, si lamenta violazione dell’art. 92 c.p.c. per avere la Corte territoriale compensato le spese di lite argomentando da un contrasto giurisprudenziale da reputarsi in realtà insussistente; che il primo e il terzo motivo del ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente, in relazione al tenore delle censure rivolte all’impugnata sentenza;
che, al riguardo, costituisce orientamento consolidato di questa Corte di legittimità il principio secondo cui la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. presuppone che la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, sempre ammesso che il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, e con esclusione della possibilità di censurare per cassazione la mera ‘insufficienza’ della motivazione (così già Cass. S.U. n. 8053 del 2014, seguita da innumerevoli successive conformi: v. da ult. Cass. n. 7090 del 2022);
che, ciò premesso, i motivi in esame risultano palesemente infondati, avendo i giudici territoriali puntualmente esposto in parte motiva sia le ragioni per le quali hanno ritenuto di dar seguito all’orientamento espresso da Cass. n. 10556 del 2013, in luogo di quello proprio di Cass. n. 12344 del 2010,
che era stato invocato dall’odierna ricorrente (cfr. pagg. 5 -8 della sentenza impugnata, dove -oltre alla pressoché integrale riproduzione della parte motiva di Cass. n. 10556 del 2013, cit., si legge espressamente che quest’ultima ‘fornisce risposte a tu tti i quesiti ed a tutte le perplessità sollevate dall’appellante, in ordine non solo alla corretta applicazione dell’art. 59, comma 13°, della L. 449/1997, ma anche all’applicabilità o meno dell’art. 34 della L. 448/1998, in base al quale, secondo le prospettazioni dell’istituto bancario, per identificare la base di calcolo su cui computare la perequazione o la sospensione della perequazione andava cumulata la pensione obbligatoria a quella, eventuale, integrativa’), sia i motivi per cui hanno disattes o le critiche mosse all’operato del CTU di prime cure ( ibid. , pag. 8, dove la troncante affermazione secondo cui ‘le eccezioni di merito e di metodo sollevate dall’appellante ripercorrono fedelmente quelle spiegate in primo grado e rappresentate, in termini di osservazioni critiche, al CTU di primo grado’, che ‘opportunamente valutatele, ha dato ad esse risposta con diffuse ed esaustive considerazioni, costituenti parte integrante e compendiale, rispetto alle conclusioni raggiunte in perizia’);
che, al riguardo, vale ribadire che la concisione della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, oltre ad essere espressamente richiesta dal combinato disposto degli artt. 132 comma 2° n. 4 c.p.c. e 118 att. c.p.c., è strettamente funzionale all’obie ttivo di un processo celere, che esige da parte di tutti la redazione di atti sintetici, redatti con stile asciutto e sobrio (così già Cass. n. 11199 del 2012, in motivazione), apparendo semmai contrario al canone di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost. il dispiegamento in decine di pagine di un concetto la cui esatta esposizione richiede poche righe, ove si consideri che il
tempo occorrente per la redazione di una motivazione inutilmente sovrabbondante non solo ritarda ingiustificatamente la definizione di quel processo, prolungandosi pro tanto il momento della pubblicazione della sentenza, ma inibisce la possibilità di dedicare quel medesimo tempo alla trattazione e definizione di altri processi, con correlativa riduzione di effettività della tutela giurisdizionale (così Cass. n. 15076 del 2024, in motivazione);
che parimenti infondato è il secondo motivo del ricorso principale, essendo ormai consolidato il principio di diritto secondo cui la norma dell’art. 59, comma 13, l. n. 449/1997, che prevede la sospensione della perequazione automatica al costo della vita, concerne solo i trattamenti previdenziali obbligatori e quelli specificamente contemplati da tale disposizione, e non si applica alla pensione integrativa a carico del fondo aziendale, che ha natura retributiva e non previdenziale (così da ult. Cass. n. 25685 del 2019, che ha dato continuità al principio di diritto già espresso da Cass. n. 10556 del 2013, cit. nella sentenza impugnata);
che altrettanto infondato è l’unico motivo del ricorso incidentale, atteso che, al momento della proposizione del gravame (2014), il contrasto nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità era ancora sussistente, dal momento che alla sentenza n. 15769 del 2007, favorevole alle tesi dell’odierno controricorrente, si erano succedute dapprima la sentenza n. 12344 del 2010, di segno ad esse sfavorevole, e poi le sentenze nn. 13573 del 2011 e 10556 del 2013, di segno nuovamente favorevole;
che, in mancanza di una pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, la possibilità di configurare un ‘diritto vivente’ presuppone una serie continua di pronunce uniformi di legittimità (così da ult. Corte cost. n. 89 del 2018), bastando
per contro anche un solo pronunciamento di segno contrario di questa Corte, che abbia interrotto il corso della giurisprudenza, per togliere la qualità di diritto vivente ad un indirizzo interpretativo pur nettamente prevalente (cfr. in tal senso già Corte cost. n. 21 del 1984);
che, pertanto, affatto correttamente i giudici territoriali hanno ritenuto sussistenti i presupposti per la compensazione delle spese di causa, ravvisandoli nei ‘contrasti interni alla giurisprudenza di legittimità’;
che i ricorsi, pertanto, vanno rigettati, compensandosi le spese di lite in considerazione della reciproca soccombenza; che, in considerazione del rigetto dei ricorsi, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte rigetta entrambi i ricorsi. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 23.4.2024.