Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21931 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21931 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 3165/2019 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e domiciliato in Roma presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE di Santa Teresa di Riva, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e domiciliato in Roma presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione;
-controricorrente e ricorrente incidentale -nonché
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Messina e NOME COGNOME;
– intimati –
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Messina, n. 466/2018, pubblicata l’11 luglio 2018 .
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 1/2016 il Tribunale di Messina ha dichiarato illegittimo il comportamento del RAGIONE_SOCIALE S. Teresa Riva che non aveva eseguito la procedura di mobilità richiesta da NOME COGNOME, dipendente del RAGIONE_SOCIALE di Messina, preferendo ricoprire il posto di Direttore di sezione tecnica cat. D3 del CCNL attraverso procedura concorsuale di assunzione con contratto a tempo determinato concluso prima con tale AVV_NOTAIO COGNOME e, poi, con l’AVV_NOTAIO COGNOME, con conseguente condanna a risarcire il danno.
NOME COGNOME ha proposto appello, contestando l’entità del risarcimento liquidato.
Il RAGIONE_SOCIALE di S. Teresa Riva ha proposto appello incidentale.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Messina e NOME sono rimasti contumaci.
La Corte d’appello di Messina, con sentenza n. 466/2018, ha accolto in parte l’appello principale, incrementando il risarcimento riconosciuto a NOME, mentre ha rigettato lo stesso appello per la restante parte e il gravame incidentale.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.
Il RAGIONE_SOCIALE di S. Teresa Riva ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.
Il RAGIONE_SOCIALE Messina e NOME COGNOME non hanno svolto difese.
NOME COGNOME ha depositato note.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente si rileva che sia NOME COGNOME sia il RAGIONE_SOCIALE di S. Teresa Riva hanno proposto ricorso per cassazione contro la stessa sentenza della Corte d’appe llo di Messina n. 466/2018.
Trova applicazione, quindi, l’art. 335 c.p.c., in base al quale il ricorso proposto successivamente si converte in ricorso incidentale (Cass. SU 20 ottobre 2017, n. 24876) .
Per l’esattezza, il ricorso da considerare principale è quello di NOME COGNOME, in quanto notificato il 9 gennaio 2019, mentre quello del RAGIONE_SOCIALE di S. Teresa Riva va qualificato come incidentale, essendo stato notificato il 10 gennaio 2019.
Con un unico motivo il ricorrente principale lamenta la violazione degli artt. 30, 35 e 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, 1223, 1226, 2043 e 2056 c.c. e 115 e 116 c.p.c.
Egli si duole del fatto che la corte territoriale non abbia riconosciuto in suo favore il risarcimento del danno correlato al mancato guadagno che avrebbe ottenuto se il trasferimento si fosse concretizzato, trasferimento che, a suo avviso, avrebbe avuto una rilevantissima chance di verificarsi, se la procedura di mobilità fosse stata bandita.
In particolare, il ricorrente principale sostiene che avrebbe avuto diritto al riconoscimento dell’Indennità di posizione organizzativa prevista nel contratto stipulato con NOME COGNOME.
Il motivo è fondato per le ragioni di seguito evidenziate.
Innanzitutto, si sottolinea che occorre distinguere a seconda che oggetto del contendere sia il danno derivante dal mancato conseguimento di un posto che si aveva il diritto di ottenere e quello c.d. da perdita di chance .
Nella prima situazione, il lavoratore che, appunto, avrebbe avuto un diritto soggettivo ad ottenere con assoluta sicurezza un dato incarico, potrà chiedere la liquidazione di una somma costituita dal c.d. danno emergente e dal c.d. lucro
cessante, due voci di danno che rappresentano un pregiudizio prospettato come certo.
Nella seconda circostanza, invece, i danni in esame conseguono alla perdita di una chance . Questa, che non è una mera aspettativa di fatto, ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, è la concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene (Cass., Sez. L, n. 37002 del 16 dicembre 2022).
In questa ipotesi, l’attore non prospetta un diritto a conseguire un particolare incarico, ma solo la possibilità, più o meno elevata che ciò avvenga.
Egli ha, allora, l’onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, che la condotta illecita ha impedito la concreta realizzazione di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato.
In situazioni del genere, è ammissibile la liquidazione equitativa, sicché il risarcimento può essere quantificato in una percentuale del trattamento retributivo che sarebbe spettato, commisurata al grado di probabilità di ottenimento dell’incarico stesso (in questo senso, ma in un caso concernente il conferimento di un incarico dirigenziale, Cass., Sez. L, n. 26694 del 10 novembre 2017).
Se è contestata la perdita di una chance , allora, il pregiudizio non è mai presentato come certo e, quindi, non è possibile riferirsi ai concetti di danno emergente e lucro cessante, come avviene quando si discute di un ordinario risarcimento del danno, trattandosi di voci che presuppongono l’accertamento del concreto verificarsi della lesione, se non come parametri di riferimento per la quantificazione del danno da perdita di chance che, comunque, dovrà essere effettuata alla luce della sua consistenza che, non potrà essere pari alla sicurezza dell’ottenimento del risultato sperato.
Nella specie, la corte territoriale non ha considerato, ai fini risarcitori, né l’indennità di posizione organizzativa né quella di risultato (che non è qui più in contestazione) sul presupposto che il ricorrente principale non aveva un diritto ad essere prescelto, il che, però, non impediva, in ordine almeno all’indennità di posizione, di valutare la chance da lui vantata di ricevere l’incarico desiderato.
D’altronde, non è chiaro perché la Corte d’appello di Messina abbia riconosciuto al lavoratore il danno per i costi sostenuti a causa del mancato espletamento della procedura di mobilità (profilo non più oggetto del contendere, non essendovi stata impugnazione incidentale della P.A. sul punto), nonostante venisse sempre in rilievo un pregiudizio da perdita di chance , ma lo stesso ragionamento non abbia compiuto con riferimento ai guadagni non conseguiti.
La corte territoriale avrebbe dovuto, quindi, valutare la serietà della probabilità del ricorrente principale di conseguire il posto voluto e, ove questa fosse stata ritenuta sussistente, calcolare il danno richiesto alla luce di tale probabilità, eventualmente in via equitativa.
A conferma di quanto detto si evidenzia che questa S.C., in un recente caso che ha visto coinvolti lo stesso lavoratore e la medesima P.A. (Cass., Sez. L, n. 20966 del 18 luglio 2023), ha chiarito che il diritto del pubblico dipendente a percepire le indennità connesse alla posizione organizzativa sorge solo se la P.A. datrice di lavoro ha istituito la relativa posizione, perché l’istituzione rientra nell’attività organizzativa dell’Amministrazione, la quale deve tenere conto delle proprie esigenze e soprattutto dei vincoli di bilancio, che, altrimenti, non risulterebbero rispettati laddove si dovesse pervenire all’affermazione di un obbligo indiscriminato.
Ha precisato, altresì, che l’esclusiva rilevanza da attribuire all’atto costitutivo delle posizioni organizzative, adottato discrezionalmente, comporta che è da escludere che, prima dell’adozione di tale atto, sia configurabile un danno da perdita di chance per il dipendente che assuma l’elevata probabilità di essere destinatario dell’incarico e l’irrilevanza, ai suddetti fini, di eventuali atti preparatori endoprocedimentali nonché dell’espletamento di fatto di mansioni assimilabili a quelle della posizione non istituita.
Nel caso in esame, la posizione organizzativa in relazione alla quale il ricorrente principale ha formulato la domanda risarcitoria era stata istituita (come si evince dalla sentenza impugnata e dalle stesse difese delle parti) e, pertanto, vi era anche la relativa retribuzione di posizione.
Tale circostanza comportava che, nell’ambito della perdita di chance , dovesse essere considerata la concreta ed effettiva possibilità di conseguire pure detta
retribuzione aggiuntiva (tenendo conto, ovviamente, del trattamento retributivo complessivo goduto dal ricorrente principale presso il RAGIONE_SOCIALE di Messina e della eventuale indennità di posizione ivi eventualmente percepita).
In particolare, la RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto erronea l’affermazione della corte territoriale (ripetuta anche nella presente controversia) secondo la quale, per il riconoscimento dell’indennità di posizione, sarebbe stato necessario lo svolgimento dell’attività, trattandosi di una componente del trattamento economico che, in relazione alla graduazione delle funzioni già prevista dall’art. 50, comma 3, del CCNL 5 dicembre 1996, è collegata, invece, all’incarico conferito e, dunque, corrisposta per il solo fatto di rivestire una determinata posizione organizzativa (a differenza dell’indennità di risultato che è, al contrario, legata esclusivamente al raggiungimento degli obiettivi).
Con un unico motivo la P.A. ricorrente incidentale lamenta la violazione ed errata applicazione degli artt. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 e degli artt. 115 e 116 c.p.c. sotto il profilo dell’intervenuta revoca tacita delle procedure di mobilità e per errata interpretazione della delibera di G.M. 10/2008, nella parte in cui richiama l’art. 19, lett. C) del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi e dell’art. 51 della legge n. 142 del 1990, come recepito dalla legge Regione Sicilia n. 48 del 1991 in relazione al mutato interesse pubblico, e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
Essa afferma che il mancato espletamento della mobilità culminata con il rigetto della domanda di trasferimento del ricorrente principale sarebbe stata una revoca tacita della mobilità indetta.
Inoltre, rileva che il posto oggetto del contendere sarebbe stato coperto, dopo l’esaurimento del mandato sindacale, assegnandolo a dipendente interno.
Evidenzia, altresì, che il ricorrente principale non avrebbe impugnato il rigetto della sua domanda di trasferimento.
La doglianza è inammissibile.
Innanzitutto, si osserva che questa RAGIONE_SOCIALE. non può occuparsi dell’interpretazione della citata delibera di G.M., di cui neppure è riportato il contenuto nel ricorso incidentale.
Inoltre, non può neanche prospettarsi che vi sia stata una revoca tacita della procedura di mobilità, in quanto questa non risulta essere stata formalmente indetta.
La circostanza della copertura del posto dopo il venire meno dell’incarico a NOME COGNOME è, poi, irrilevante, atteso che la corte territoriale ha accertato, con una valutazione di merito non specificamente contestata nella presente sede, che la copertura del posto in questione ‘non sopperiva ad una esigenza temporanea’.
La domanda di trasferimento del ricorrente principale menzionata dalla P.A. non riguardava una procedura di mobilità per l’incarico de quo .
Infine, si sottolinea che la controversia in esame presenta una particolare specificità che la rende non più comparabile ad altre situazioni analoghe in quanto, in seguito alla sopra menzionata Cass., Sez. L, n. 20966 del 18 luglio 2023, è ormai preclusa a questo Collegio la possibilità di effettuare l’accertamento dell’illegittimità della mancata indizione della procedura di mobilità in questione ad opera della P.A.
La decisione appena indicata, infatti, è intervenuta fra NOME COGNOME e la PRAGIONE_SOCIALE. qui coinvolta e ha avuto ad oggetto la medesima procedura di mobilità e l’identica posizione lavorativa in discussione.
RAGIONE_SOCIALE ha preso atto, in tale occasione, che, nei precedenti gradi di merito, i giudici avevano ritenuto, in ordine alla vicenda che aveva riguardato il contratto annuale del COGNOME (precedente a quello, triennale, stipulato con NOME COGNOME), che il RAGIONE_SOCIALE di Santa Teresa di Riva aveva violato il disposto di cui all’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001.
Vengono in rilievo, quindi, un giudicato esterno e il correlato principio per il quale «qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale
comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo» (Cass., SU, n. 19129 del 6 luglio 2023; Cass., SU, n. 26482 del 17 dicembre 2007; Cass., SU, n. 13916 del 1° giugno 2006).
Il ricorso principale è accolto.
Il ricorso incidentale è dichiarato inammissibile.
La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, applicando il seguente principio di diritto:
‘Il dipendente interessato all’attivazione di una procedura di mobilità nel pubblico impiego contrattualizzato, ove sia accertata l’illegittimità dell’omissione di tale attivazione, può comunque chiedere, qualora non possa vantare un diritto soggettivo all’ottenimento del relativo incarico , il risarcimento del danno da perdita di chance , il quale non può essere escluso per il solo fatto che egli non abbia dimostrato che avrebbe con certezza ottenuto il posto desiderato. Tale danno può essere determinato tenendo conto, come parametri di riferimento di un giudizio equitativo e in proporzione alla consistenza della probabilità che la procedura in esame avrebbe avuto esito positivo, delle perdite patrimoniali e del mancato guadagno correlati al non conseguimento di detto incarico e, in particolare, se prevista, del l’indennità di posizione che sarebbe eventualmente spettata presso la P.A. di destinazione’ .
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della P.A. ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso principale;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale;
cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di legittimità;
attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della P.A. ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 20