Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6164 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6164 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/03/2025
Oggetto: Impiego pubblico -retrodatazione inquadramento giuridico -risarcimento danni da perdita di chance –
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1907/2020 R.G. proposto da: MINISTERO DELLE RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME
COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni presso l ‘ indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 124/2020 della CORTE D ‘ APPELLO di ANCONA, depositata il 22/06/2020 R.G.N. 181/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
08/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME in servizio all’Ufficio della Motorizzazione civile di Ancona, conveniva in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, datore di lavoro, chiedendo che fosse accertata, ai fini giuridici, la più favorevole decorrenza, dal 1° ottobre 2007, dell’inquadramento contrattuale nell’Area Seconda, fascia retributiva F -1 a fronte della decorrenza stabilita dalla Amministrazione a partire dal 1° gennaio 2009.
L amentava che la deteriore decorrenza le aveva impedito di partecipare alla selezione del 2010 per l ‘ accesso alla posizione economica F-2; di conseguenza, chiedeva che il Ministero convenuto fosse condannato a consentire ad essa ricorrente di concludere l ‘ iter concorsuale del 2010 oppure -in alternativa – all ‘ inserimento di essa ricorrente, ad ogni effetto giuridico ed economico, nell ‘ area seconda,
fascia retributiva F-2, a partire dal 1° gennaio 2010, con la condanna alle consequenziali differenze retributive.
In via gradata, chiedeva che il Ministero fosse condannato al risarcimento dei danni da perdita di chance , in ragione della significativa probabilità del superamento della selezione, in ragione del punteggio conseguito nella distinta selezione e valutazione di idoneità nel passaggio dalla Prima ( ex Area A) alla Seconda fascia ( ex Area B).
Il Tribunale accoglieva la domanda principale di cui al ricorso.
La Corte d’appello di Ancona, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal Ministero, eliminava la statuizione di condanna all’inquadramento contrattuale della COGNOME ad ogni effetto giuridico ed economico nell’Area Seconda, fascia retributiva F -2, a far data dal 1° ottobre 2010 nonché di condanna del Ministero al pagamento delle relative differenze retributive ma riconosceva il diritto della predetta al risarcimento del danno da perdita di chance e condannava il Ministero al pagamento a titolo di tale risarcimento del differenziale retributivo calcolato sul 50% del differenziale tra la posizione economica (fascia retributiva) F -1 e la posizione economica F -2, a decorrere dal 1° gennaio 2010, per tutto il tempo di permanenza della lavoratrice in posizione economica F -1.
Riteneva che dovesse essere mantenuta ferma la statuizione sulla giurisdizione del Giudice ordinario.
Evidenziava che l’autonoma domanda della retrodatazione più favorevole dell’inquadramento contrattuale nell’Area Seconda (avanzata nella causa di lavoro) non aveva stata oggetto del giudizio di ottemperanza che aveva fatto seguito alla statuizione del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio dinanzi al quale era stata impugnata la comunicazione al personale del 1° dicembre 2008, diramata dal Ministero dei Trasporti (Direttore Generale del personale) di blocco della procedura di passaggio del personale dall ‘ Area A verso l ‘ Area B, in dichiarato accoglimento dei rilievi mossi dal Dipartimento
della Funzione Pubblica (della Presidenza del Consiglio dei ministri) con comunicazione del 28 giugno 2008; blocco ribadito con comunicazione del 19 settembre 2008, anch ‘ esso impugnato (tale blocco della procedura di avanzamento dall ‘ Area A verso l ‘ Area B, era stato disposto sul presupposto che si trattasse di progressione di carriera, fattispecie assimilabile a nuove assunzioni; e ciò, senza alcun riferimento alla distinta questione della decorrenza, ai fini giuridici ed economici, dell ‘ inquadramento contrattuale nella fascia superiore).
Riteneva che nella fattispecie in esame, non essendo possibile per la dipendente portare a conclusione l’ iter della selezione orizzontale del 2010, già conclusa ed esaurita nei suoi effetti, la retroattività dell’annullamento del blocco della progressione incontrasse il limite non sormontabile della obiettiva materialità dell’ostacolo; di conseguenza, doveva aver seguito la domanda proposta in via gradata di risarcimento del danno retributivo da perdita di chance , tanto più che l’elemento sintomatico del buon punteggio (pari a 25,9) realizzato dalla COGNOME nella differente progressione dall’Area A (Prima) all’Area B /Seconda), rendeva verosimile la ragionevole possibilità di un utile collocazione in graduatoria, nella percentuale media del 50%, anche nella parallela progressione orizzontale.
Pertanto, a titolo di risarcimento del danno retributivo da perdita di chance, spettavano alla lavoratrice le somme ulteriori, calcolate sul 50% del differenziale tra la posizione economica F-1 e la posizione economica F-2, a decorrere dal 1° gennaio 2010, per tutto il tempo di permanenza della lavoratrice nella posizione economica F-1.
Avverso tale sentenza il Ministero ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso, successivamente illustrato da memoria.
Le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il Ministero denuncia violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 103 Cost., degli artt. 7, 112, 114 e 134 cod. proc. civ, dell ‘ art. 1 cod. proc. civ., nonché dell ‘ art. 63 d.lgs. n. 165/2001 in relazione all ‘ art. 360, n. 3, cod. proc. civ.
Sostiene che la domanda intesa alla retrodatazione doveva essere considerata ricompresa nel giudizio di ottemperanza del G.A.
Ad avviso del ricorrente ‘è evidente che la pronuncia del TAR Lazio che aveva ordinato al Ministero di avviare la predetta procedura aveva altresì implicitamente condannato quest ‘ ultimo ad inquadrare i ricorrenti – che avrebbero superato poi la prova d ‘ esame -con la decorrenza conforme alla contrattazione collettiva di settore’.
Richiama Cass. n. 12674/2016 secondo cui: ‘Nel caso in cui il giudicato esterno derivi da sentenza del giudice amministrativo, che abbia provveduto alla nomina di un commissario ‘ ad acta ‘ , la parte del relativo giudizio dinanzi al g.a., non può fare valere in sede civile vicende attinenti ai provvedimenti commissariali, in quanto l ‘ organo legittimato a conoscere delle questioni relative all ‘ esecuzione di un giudicato può essere solo quello che presiede all ‘esecuzione medesima’.
Il motivo è inammissibile.
2.1. Esso, a ben guardare, non oppone una critica specifica al ragionamento della Corte territoriale che ha ben distinto il piano dell ‘ accertamento dei vizi della procedura selettiva dall ‘ Area A all ‘ Area B, procedura conclusasi davanti al giudice amministrativo e non oggetto di discussione dalla questione (non oggetto di esame nel giudizio di ottemperanza) della rettifica della decorrenza del nuovo inquadramento nell ‘ area II F-1, con decorrenza dal dall ‘ 1/10/2007.
Non si trattava, dunque, ad avviso dei Giudici d ‘ appello, di questione rientrante nell ‘ ambito del giudicato amministrativo.
2.2. In ogni caso il Collegio (delegato a trattare la questione di giurisdizione in virtù del Decreto del Primo Presidente in data 10 settembre 2018 in quanto essa rientra, nell ‘ ambito delle materie di
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competenza della sezione lavoro, tra le questioni indicate nel richiamato Decreto sulle quali si è consolidata la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte) rileva che, come da questa Corte di legittimità già affermato, quando la cognizione della questione controversa, la cui soluzione sia necessaria ai fini della verifica dell ‘ esatto adempimento dell ‘ amministrazione obbligata, risulti devoluta ad altro giudice (ad esempio in sede di giudizio di ottemperanza, come accade nella specie), soltanto questi può provvedere al riguardo (Cass., Sez. Un., 15 ottobre 2020, n. 22374; Cass., Sez. Un., 14 aprile 2020, n. 7825; Cass., Sez. Un., 8 novembre 2018, n. 28573; si veda anche, per utili spunti nel medesimo senso, Cass. Sez. Un., 17 dicembre 2018, n. 32626).
Con il secondo motivo il Ministero denuncia la violazione degli artt. 112 e 346 cod. proc. civ. nonché dell ‘ art. 2697 cod. civ. in relazione all ‘ art. 360, n. 3, cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per essersi pronunciata sulla domanda subordinata rispetto alla quale vi era stato, in sede di costituzione in appello, solo un generico richiamo.
Il motivo è inammissibile.
La Corte ha dato atto che la domanda subordinata era stata ‘ribadita nella memoria di costituzione in giudizio di appello per gli effetti di cui all ‘art. 346 cod. proc. civ.’.
Tanto rende la decisione del tutto coerente con quanto da questa Corte già affermato (v. Cass. 3 luglio 2020, n. 13721: ‘L’ appellato che abbia ottenuto l ‘ accoglimento della sua domanda principale nel giudizio di primo grado è tenuto, per non incorrere nella presunzione di rinuncia di cui all ‘ art. 346 cod. proc. civ., a riproporre espressamente, in qualsiasi forma indicativa della volontà di sottoporre la relativa questione al giudice d ‘ appello, la domanda subordinata non esaminata dal primo giudice, non potendo quest ‘ ultima rivivere per il solo fatto che la domanda principale sia stata respinta dal giudice dell ‘impugnazione’).
La disciplina dettata dall ‘ art. 346 cod. proc. civ., quale risultante dalla Riforma di cui alla L. n. 353/1990, entrata in vigore il 30/4/1995, e successive modifiche, che hanno reintrodotto nel processo ordinario di cognizione, il principio di preclusione, fa sì che in appello viga un ‘effetto devolutivo limitato e non automatico’, con la conseguenza che la mancata riproposizione delle domande o delle eccezioni respinte o ritenute assorbite comporta che in capo alle parti si verifichi una vera e propria decadenza, con formazione di giudicato implicito sul punto. Tale principio non opera per le questioni rilevabili d ‘ ufficio dal giudice. La parte totalmente vittoriosa in primo grado non deve quindi, non avendo l ‘ interesse, proporre appello incidentale e può riproporre le domande (anche riconvenzionali) o le eccezioni non accolte o non esaminate perché assorbite nella sentenza di primo grado nella comparsa di costituzione, in qualsiasi forma idonea ad evidenziare in modo non equivoco la chiara e precisa volontà della parte di sottoporre la questione alla decisione del giudice di appello (Cass. 22 agosto 2003, n. 12345), sebbene non sia sufficiente, a tal fine, il richiamo alle conclusioni e deduzioni operate nel giudizio di primo grado, dovendo la riproposizione avvenire in maniera specifica (Cass. 20 agosto 2004, n. 16360). In ordine alla forma della riproposizione ex art. 346 cod. proc. civ., questa Corte (Cass. 11 maggio 2009, n. 10796; Cass. 25 novembre 2010, n. 23925; Cass. 23 novembre 2020, n. 22311; Cass. 13 novembre 2020, n. 25840; Cass. 20 dicembre 2021, n. 40833) ha ulteriormente precisato che ‘in mancanza di una norma specifica sulla forma nella quale l ‘ appellante che voglia evitare la presunzione di rinuncia ex art. 346 cod. proc. civ. deve reiterare le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, queste possono essere riproposte in qualsiasi forma idonea ad evidenziare la volontà di riaprire la discussione e sollecitare la decisione su di esse’ e che, tuttavia, ‘pur se libera da forme, la riproposizione deve essere fatta in modo specifico, non essendo al riguardo sufficiente un generico richiamo alle difese
svolte ed alle conclusioni prese davanti al primo giudice’. Le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 21 marzo 2019, n. 7940), da ultimo, hanno affermato che ‘nel processo ordinario di cognizione risultante dalla novella di cui alla L. n. 353 del 1990 e dalle successive modifiche, le parti del processo di impugnazione, nel rispetto dell ‘ autoresponsabilità e dell ‘ affidamento processuale, sono tenute, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia (al di fuori delle ipotesi di domande e di eccezioni esaminate e rigettate, anche implicitamente, dal primo giudice, per le quali è necessario proporre appello incidentale ex art. 343 cod. proc. civ.), a riproporre ai sensi dell ‘ art. 346 cod. proc. civ. le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbiti’, chiarendo che ciò deve avvenire con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza, trattandosi di fatti rientranti già nel ‘ thema probandum ‘ e nel ‘ thema decidendum ‘ del giudizio di primo grado.
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha, come detto, evidenziato che la domanda subordinata era stata ribadita nella memoria di costituzione per gli effetti di cui all ‘ art. 346 cod. proc. civ.
Tale valutazione non è adeguatamente censurata in difetto di puntuale trascrizione di detta comparsa di costituzione da parte del Ministero ricorrente il quale si è limitato a riportare solo talune parti di tale atto che, evidentemente, è stato interpretato dalla Corte territoriale nella sua interezza.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
Non sussistono le condizioni processuali richieste dall ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo
(Cass., S.U., n. 4315/2020; Cass., S.U., n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017 e, di recente, Cass. n. 24286/2022).
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, ad euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro