Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3824 Anno 2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3824 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
composta dai signori magistrati:
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere relatore
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 26766 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto da
COGNOME NOME NOMEC.F.: CODICE_FISCALE)
rappresentato e difeso, giusta procura allegata al ricorso, dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
nei confronti di
ORRÙ NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
rappresentata e difese, giusta procura allegata al controricorso, dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
ricorrente in via incidentaleLLOYDRAGIONE_SOCIALE (C.F.: non indicato), in persona del procuratore speciale del rappresentante per l’Italia , NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura allegata al controricorso, dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Venezia n. 2180/2021, pubblicata in data 23 agosto 2021;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 15 gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Oggetto:
RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE AVVOCATO
Ad. 15/01/2024 C.C.
R.G. n. 26766/2021
Rep.
NOME COGNOME ha agito in giudizio nei confronti dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del deAVV_NOTAIOo inadempimento di quest’ultima ad una obbligazione professionale avente ad oggetto la partecipazione -per conto dell’attore agli incanti per l’aggiudicazione di un immobile, oggetto di procedura di espropriazione forzata. La COGNOME ha chiamato in causa la propria assicuratrice della responsabilità civile professionale, RAGIONE_SOCIALE, Rappre sentanza Generale per l’Italia, per essere tenuta indenne in caso di accoglimento della domanda avanzata nei suoi confronti.
La domanda del COGNOME è stata rigettata dal Tribunale di Venezia.
La Corte d’a ppello di Venezia ha confermato la decisione di primo grado, sulla base di diversa motivazione.
Ricorre il COGNOME, sulla base di quattro motivi.
Resistono con distinti controricorsi: a) la COGNOME, che propone a sua volta ricorso incidentale sulla base di un unico motivo; b) RAGIONE_SOCIALE , in persona del procuratore speciale del r appresentante per l’Italia , AVV_NOTAIO, quale successore nella titolarità del contratto e dei diritti controversi riferibili al rischio assunto con il certificato NUMERO_DOCUMENTO, di cui erano titolari gli RAGIONE_SOCIALE membri del mercato dei RAGIONE_SOCIALE .
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo del ricorso principale (proposto da NOME COGNOME) si denunzia « Violazione dell’art. 360 comma 1 n. 4 del
c.p.c. (error in procedendo). Nullità del procedimento per omessa osservanza dell’ art. 307 del c.p.c. ».
Il ricorrente sostiene che il giudizio di appello avrebbe dovuto essere dichiarato estinto ai sensi dell’art. 307 c.p.c. .
1.1 Va precisato che l ‘appello è stato proposto dal COGNOME, il quale non ha evocato in giudizio la RAGIONE_SOCIALE , terza chiamata in garanzia dalla convenuta COGNOME.
Disposta dalla corte d’appello l’integrazione del contraddittorio nei confronti della terza chiamata in garanzia, questa avrebbe in realtà avuto luogo tempestivamente (e la compagnia chiamata si è certamente anche costituita in giudizio per difendersi nel merito), ma l’atto notificato alla terza chiamata in garanzia non sarebbe stato depositato entro i dieci giorni dalla notificazione, dall’appellata COGNOME, che aveva provveduto all’integrazione del contraddittorio.
Secondo il COGNOME, ciò avrebbe dovuto comportare che « il processo relativo alla chiamata in garanzia del terzo avrebbe dovuto esser dichiarato estinto », ai sensi dell’art. 307 c.p.c..
1.2 Il motivo di ricorso in esame deve ritenersi inammissibile, sotto vari profili.
In primo luogo, non è richiamato in modo adeguato e completo il contenuto degli atti processuali posti a base delle censure, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c..
In ogni caso, il ricorrente risulta del tutto privo di interesse ad impugnare la decisione di secondo grado sotto il profilo in esame, in quanto « la chiamata in garanzia determina un litisconsorzio necessario processuale tra il terzo chiamato e le parti originarie, con conseguente inscindibilità delle cause ex art. 331 c.p.c., sicché l ‘ attore che impugna la sentenza a sé sfavorevole è tenuto ad evocare nel giudizio di appello, oltre che il responsabile, anche il garante » (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 24707 del 04/12/2015, Rv. 638109 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 25822 del 31/10/2017, Rv. 646026 -01; Sez. 3,
Sentenza n. 9013 del 21/03/2022, Rv. 664555 -01): di conseguenza, l’eventuale irregolarità dell’evocazione del terzo chiamato nel giudizio di appello, determinerebbe l’estinzione integrale di quest’ultimo, con il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado di rigetto della domanda dello stesso ricorrente.
D’altra parte, il COGNOME non avrebbe in realtà interesse neanche ad impugnare la decisione di appello al fine di ottenere la dichiarazione di estinzione del solo giudizio avente ad oggetto il rapporto di garanzia, al quale è estraneo.
Prima degli ulteriori motivi del ricorso principale, deve essere esaminato l’unico motivo del ricorso incidentale (proposto da NOME COGNOME), con il quale si denunzia « Violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 2697 c.c. e dell’ art. 2232 c.c. in relazione all’ art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ».
Tale motivo di ricorso, infatti, risulta logicamente pregiudiziale rispetto alle censure di merito avanzate dal COGNOME (che attengono alla valutazione della prova del danno), avendo ad oggetto l’ an della responsabilità.
La ricorrente contesta, in particolare, la decisione impugnata nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto che sussistesse un rapporto contrattuale professionale diretto tra lei ed il COGNOME.
Il ricorso incidentale è infondato.
La corte d’appello ha ritenuto sufficientemente dimostrata dall’attore COGNOME la sussistenza del rapporto contrattuale professionale con l’AVV_NOTAIO COGNOME, sulla base della prudente valutazione di tutti gli elementi di prova disponibili, escludendo invece -contrariamente a quanto statuito dal giudice di primo grado e sostenuto dalla stessa COGNOME -che il rapporto intercorresse con un altro legale (precisamente l’ AVV_NOTAIO COGNOME, che rappresentava la madre del COGNOME nella procedura esecutiva
da essa stessa promossa sul bene posto in vendita), con mera subdelega di una specifica attività alla RAGIONE_SOCIALE.
Si tratta di un accertamento di fatto operato sulla base della valutazione delle prove, sostenuto da adeguata motivazione, non apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede.
Non sussiste, pertanto, la deAVV_NOTAIOa violazione delle disposizioni normative richiamate dalla ricorrente.
Le censure di cui al ricorso incidentale si risolvono, in definitiva, nella contestazione dell’indicato accertamento di fatto e nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nel giudizio di legittimità.
Con il secondo motivo del ricorso principale (proposto da NOME COGNOME) si denunzia « Violazione o falsa applicazione dell’ art. 1218 del c.c., degli artt. 1223 e 1224 del c.c. e dell’ art. 1453 del c.c. in relazione all’ art. 360 n. 3 del c.p.c. per aver erroneamente escluso l’esistenza di un danno da inadempimento contrattuale (patrimoniale e non patrimoniale) risarcibile ».
Il motivo è fondato.
3.1 Va premesso che il tribunale, in primo grado, aveva rigettato la domanda del COGNOME, ritenendo che quest’ultimo non avesse dimostrato la sussistenza di un rapporto contrattuale diretto con la AVV_NOTAIO (la quale sarebbe stata una mera subdelegata di altro legale officiato).
La corte d’appello ha, però, ritenuto fondato il gravame proposto dal COGNOME, sotto tale profilo.
Ha, quindi, ritenuto, in primo luogo, che sussistesse il rapporto contrattuale diretto tra COGNOME ed NOME.
H a anche affermato che sussisteva l’inadempimento della AVV_NOTAIO alla sua obbligazione professionale, avendo essa omesso di indicare il prezzo offerto, nella domanda di partecipazione alla
procedura di vendita, con conseguente dichiarazione di decadenza dal diritto di parteciparvi.
Ha, peraltro, rigettato ugualmente la domanda, in quanto ha ritenuto non sufficientemente provato il danno.
In proposito, ha, in primo luogo, rilevato che certamente non era fondata la pretesa dell’attore di un risarcimento corrispondente al valore dell’immobile, avendo egli ottenuto la restituzione integrale dell’importo offerto.
Ha, poi, affermato che « se anche il COGNOME, tramite l’AVV_NOTAIO, avesse potuto partecipare all’asta non vi è alcuna prova che avrebbe potuto ottenere l’aggiudicazione del bene » (si precisa che l’aggiudicazione è avvenuta in favore di altro partecipante alla gara, per il prezzo di € 199.000,00, importo secondo l’attore inferiore al valore di mercato dell’immobile).
3.2 Il ricorrente sostiene di avere chiesto , tra l’altro, il risarcimento della perdita della chance di aggiudicarsi l’immobile nella gara e afferma che tale danno avrebbe potuto e dovuto essergli liquidato in via equitativa.
In effetti, è pacifico che il COGNOME aveva chiesto il risarcimento del danno, quantificandolo nel prezzo di aggiudicazione dell’immobile.
Nella prospettazione alla base della sua domanda, peraltro è altrettanto certo che egli abbia allegato, in concreto, quale evento dannoso riconducibile all’inadempimento della AVV_NOTAIO, il fatto di essere stato escluso dall a gara per l’aggiudicazione dell’immobile .
Di conseguenza, la circostanza che egli, quale risarcimento di tale evento dannoso (correttamente individuato nella perdita della possibilità di partecipare all’incanto) abbia richiesto un importo manifestamente eccessivo, in quanto parametrato sul l’intero prezzo di aggiudicazione dell’immobile , non escludeva il potere dovere dei giudici del merito di liquidare il minore importo effettivamente dovuto, in relazione al suddetto evento
dannoso allegato, in quanto provato sulla base degli atti, cioè la perdita della possibilità di partecipare all’incanto , in termini di perdita di chance , nei limiti di quanto dovuto a tale titolo.
3.3 Sotto il profilo appena esposto, la decisione impugnata non può affatto ritenersi conforme, in diritto, ai principi affermati da questa Corte in materia di risarcimento del danno da perdita di chance .
Non vi è dubbio, infatti, che l’inadempimento della AVV_NOTAIO alla sua obbligazione professionale abbia impedito al COGNOME di partecipare alla gara per l’aggiudicazione dell’immobile e, dunque, che tale inadempimento abbia determinato la perdita della sua possibilità ( chance ) di aggiudicarselo.
Questo era il pregiudizio -certamente dimostrato e ritenuto, correttamente, senz’altro sussistente dalla stessa corte territoriale -che doveva essere risarcito, mediante liquidazione equitativa: tale risarcimento avrebbe potuto, al più, essere escluso solo laddove fosse stato dimostrato (ma, in tal caso, l’onere della prova sarebbe spettato al danneggiante) che il COGNOME non avrebbe avuto alcuna seria e concreta possibilità di rendersi aggiudicatario dell’immobile , il che non risulta avvenuto. L a corte d’appello ha, invece, ritenuto che l’attore danneggiato avrebbe dovuto dimostrare non solo di aver perso la possibilità di aggiudicarsi l’immobile (per non aver potuto partecipare alla gara) ma anche che avrebbe certamente ottenuto l’aggiudicazione.
In tal modo, la decisione impugnata si è discostata dai consolidati principi di diritto affermati da questa Corte in tema di danno da perdita di chance (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5641 del 09/03/2018, Rv. 648461 -02: « in caso di perdita di una ‘chance’ a carattere non patrimoniale, il risarcimento non potrà essere proporzionale al ‘risultato perduto’ nella specie, maggiori ‘chance’ di sopravvivenza di un paziente al quale non era stata diagnosticata tempestivamente una patologia
tumorale con esiti certamente mortali -ma andrà commisurato, in via equitativa, alla ‘possibilità perduta’ di realizzarlo, intesa quale evento di danno rappresentato in via diretta ed immediata dalla minore durata della vita e/o dalla peggiore qualità del la stessa; tale ‘possibilità’, per integrare gli estremi del danno risarcibile, deve necessariamente attingere ai parametri della apprezzabilità, serietà e consistenza, rispetto ai quali il valore statistico-percentuale, ove in concreto accertabile, può costituire solo un criterio orientativo, in considerazione della infungibile specificità del caso concreto »; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 12906 del 26/06/2020, Rv. 658177 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 2261 del 26/01/2022, Rv. 663862 -02; Sez. 3, Sentenza n. 25886 del 02/09/2022, Rv. 665403 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 24050 del 07/08/2023, Rv. 668589 -01; è appena il caso di precisare che analoghi principi valgono, per quanto rileva nel presente giudizio, ai fini della liquidazione del risarcimento della perdita di chance di carattere patrimoniale), in quanto è stata richiesta al danneggiato una prova in realtà impossibile o, almeno, diabolica e, in ogni caso, relativa a un danno diverso da quello nella specie allegato, dimostrato e da liquidare, cioè relativa alla perdita del risultato, ovvero del bene, desiderato, non alla mera perdita della possibilità di conseguirlo.
L a corte d’appello ha confuso, in definitiva, il risarcimento del danno consistente nel « risultato perduto » con il risarcimento del danno consistente nella « possibilità perduta di realizzare il risultato » (cioè, la perdita di chance ), che era l’evento dannoso nella specie allegato e di cui era stata ampiamente fornita la dimostrazione e che doveva, quindi, essere liquidato (ovviamente in via equitativa), come da essa stessa corte affermato in premessa.
La decisione impugnata va, pertanto, cassata sotto il profilo in contestazione, affinché la liquidazione del danno da perdita di
chance subito dell’attore sia correttamente effettuata, in sede di rinvio, in base ai principi di diritto appena esposti.
Con il terzo motivo del ricorso principale (proposto da NOME COGNOME) si denunzia « Violazione dell’ art. 360 n. 5 del c.p.c. per omesso esame da parte della Corte d’appello del punto decisivo della condanna alle spese a favore del terzo chiamato RAGIONE_SOCIALE ».
Con il quarto motivo del medesimo ricorso si denunzia « Violazione dell’ art. 360 n. 3 in relazione all’ art. 92 del c.p.c. in relazione alla condanna alle spese del COGNOME a favore dell’AVV_NOTAIO ».
I motivi di ricorso in esame, relativi alle spese di lite, restano assorbiti, in conseguenza dell’accoglimento del motivo precedente che, imponendo la cassazione con rinvio della decisione impugnata, determina la necessità di rinnovare integralmente anche la decisione sulle spese del giudizio.
Il primo motivo del ricorso principale è dichiarato inammissibile. È accolto il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti il terzo ed il quarto. È rigettato il ricorso incidentale.
La sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’a ppello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (con riguardo al ricorso incidentale).
Per questi motivi
La Corte:
-dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale; accoglie il secondo, assorbiti il terzo ed il quarto; rigetta il ricorso incidentale;
-cassa , per l’effetto, la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto , con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente in via incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-