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Perdita di chance: ricorso inammissibile senza prove

Una candidata ha impugnato l’esito di una selezione pubblica lamentando una perdita di chance a causa della mancata verbalizzazione del colloquio. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per motivi procedurali. La ricorrente non ha infatti assolto all’onere di trascrivere gli atti necessari a sostenere le sue tesi e non ha contestato efficacemente la motivazione della corte d’appello, secondo cui la valutazione si basava esclusivamente sul colloquio e non sui curricula.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Perdita di Chance: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il concetto di perdita di chance rappresenta una frontiera complessa del diritto al risarcimento del danno. Si verifica quando un soggetto, a causa del comportamento illecito di un altro, perde la possibilità concreta di ottenere un vantaggio o un risultato favorevole. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione non tanto sul merito di tale diritto, quanto sui requisiti procedurali indispensabili per farlo valere in giudizio, specialmente nel contesto delle selezioni pubbliche.

I Fatti del Caso: Una Selezione Pubblica Contestata

Una candidata partecipava a una selezione indetta da un’amministrazione comunale. All’esito della procedura, non risultando vincitrice, decideva di agire in giudizio. La sua doglianza principale si fondava su un’irregolarità formale: la mancata verbalizzazione del colloquio orale. Secondo la ricorrente, questa omissione le aveva impedito di verificare la correttezza della valutazione effettuata dalla commissione, causandole un danno da perdita di chance di ottenere l’incarico, specialmente alla luce del suo curriculum, a suo dire superiore a quello della candidata vincitrice.

Il Tribunale, in primo grado, accoglieva la sua domanda, riconoscendo il danno sulla base di una comparazione dei titoli. Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, affermando che la selezione prevedeva una valutazione basata esclusivamente sul colloquio. Di conseguenza, l’irregolarità formale (la mancata verbalizzazione) non poteva aver inciso sull’esito finale, poiché non era possibile dimostrare che, con la verbalizzazione, l’esito sarebbe stato diverso con una probabilità vicina alla certezza. Contro questa sentenza, la candidata proponeva ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando la ricorrente al pagamento delle spese legali. La decisione si basa interamente su aspetti procedurali, senza entrare nel merito della questione della perdita di chance.

Le Motivazioni: Rigore Formale e Onere della Prova nella Perdita di Chance

La Corte ha ritenuto i motivi di ricorso inammissibili per due ragioni fondamentali, che evidenziano il rigore richiesto nel processo civile di legittimità.

Il Primo Motivo: L’Importanza degli Oneri Processuali

La ricorrente denunciava la violazione di diverse norme del codice civile, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nell’escludere il nesso di causalità tra l’inadempimento dell’amministrazione e il danno subito. Tuttavia, la Cassazione ha rilevato una grave carenza nell’atto di ricorso. La candidata non aveva né trascritto né localizzato con precisione documenti essenziali per la decisione, come l’avviso di selezione (dal quale si sarebbero dovute desumere le modalità di valutazione), il ricorso di primo grado e le note difensive.

Questo mancato adempimento degli oneri previsti dal codice di procedura civile (artt. 366 e 369) ha impedito alla Corte di valutare la fondatezza delle censure, rendendo il motivo inammissibile. In sostanza, il giudice di legittimità non può ‘cercare’ gli atti nel fascicolo; è compito del ricorrente fornirgli tutti gli elementi necessari per decidere, direttamente nel ricorso.

Il Secondo Motivo: La Nozione di “Fatto Decisivo”

Con il secondo motivo, la candidata lamentava l’omesso esame di un fatto decisivo, individuato nel mancato raffronto dei curricula delle due candidate. Anche questa censura è stata giudicata inammissibile. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il vizio di “omesso esame” previsto dall’art. 360, n. 5, c.p.c. riguarda un fatto storico, un accadimento preciso la cui esistenza risulta dagli atti processuali.

Il mancato esame di un documento (come un curriculum) o la mancata effettuazione di una valutazione comparativa non costituiscono l’omissione di un “fatto storico”, ma piuttosto una questione di valutazione giuridica o probatoria, non sindacabile in Cassazione sotto questo specifico profilo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza è un monito sull’importanza del rigore formale e dell’onere della prova nei ricorsi per cassazione. Dimostra che, anche in presenza di una potenziale ragione di merito, la vittoria in un contenzioso dipende in modo cruciale dalla corretta impostazione processuale dell’impugnazione. Per chi intende far valere in giudizio un danno da perdita di chance, non è sufficiente lamentare un’irregolarità; è fondamentale provare, con argomenti solidi e rispettando le forme processuali, che quella irregolarità ha effettivamente precluso una concreta e apprezzabile probabilità di successo.

Perché il ricorso per perdita di chance è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per motivi procedurali. La ricorrente non ha rispettato gli oneri di specificità del ricorso per cassazione, omettendo di trascrivere o localizzare con precisione gli atti fondamentali del processo (come l’avviso di selezione e il ricorso originario), impedendo così alla Corte di valutare la fondatezza delle sue critiche.

Cosa significa che il mancato confronto dei curricula non è un “fatto decisivo” omesso?
Secondo la Cassazione, il vizio di “omesso esame di un fatto decisivo” si riferisce all’aver ignorato un preciso accadimento storico emerso nel processo. Il mancato confronto tra i curricula non è un fatto storico, ma un’attività di valutazione che il giudice di merito ha scelto di non compiere. Pertanto, tale omissione non può essere contestata tramite il motivo di ricorso previsto dall’art. 360, n. 5, del codice di procedura civile.

Quale principio emerge dalla decisione della Corte d’Appello, confermata indirettamente dalla Cassazione?
La Corte d’Appello aveva stabilito che, se le regole della selezione prevedono una valutazione basata esclusivamente sul colloquio, l’eventuale superiorità dei titoli di un candidato è irrilevante. Pertanto, un’irregolarità formale come la mancata verbalizzazione non è sufficiente a dimostrare un danno da perdita di chance, se non si prova che essa ha concretamente inciso sulla valutazione del colloquio stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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