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Perdita di chance: ricorso inammissibile in Cassazione

Una farmacista cita in giudizio un Comune per il risarcimento del danno da perdita di chance, derivante da una procedura di vendita di una farmacia viziata da errori amministrativi. La Corte d’Appello aveva respinto la domanda per mancanza di prove. La Corte di Cassazione, con la presente ordinanza, dichiara il ricorso della farmacista inammissibile. La decisione si fonda sulla violazione del principio di specificità dei motivi di ricorso: la ricorrente non ha adeguatamente criticato la ratio decidendi della sentenza d’appello e ha tentato di ottenere un riesame del merito dei fatti, non consentito in sede di legittimità. La Corte sottolinea che per contestare la valutazione delle prove è necessario indicare vizi precisi e non una generica doglianza.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Perdita di chance: i requisiti di ammissibilità del ricorso in Cassazione

Quando un’azione illegittima della Pubblica Amministrazione causa la perdita di chance per un cittadino, ottenere un risarcimento può rivelarsi un percorso complesso. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i rigidi requisiti procedurali per impugnare una sentenza sfavorevole, sottolineando come un ricorso generico e non specifico sia destinato all’inammissibilità. Analizziamo il caso per comprendere le insidie del processo e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: una Farmacia Contesa

La vicenda ha origine dalla decisione di un Comune di vendere tre farmacie comunali. Una farmacista, dipendente di una società controllata dal Comune, decide di esercitare il proprio diritto di prelazione su una delle farmacie, attratta da un prezzo d’asta iniziale vantaggioso. A seguito dell’esercizio della prelazione, la farmacia le viene aggiudicata.

Tuttavia, la procedura viene interrotta a causa di un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) da parte di un altro offerente. Il TAR annulla l’aggiudicazione, costringendo il Comune a riaprire la trattativa privata. Al termine della nuova procedura, la farmacista esercita nuovamente la prelazione, ma questa volta a un prezzo significativamente più alto.

Sentendosi danneggiata, la professionista cita in giudizio il Comune, chiedendo il risarcimento per due ordini di motivi:
1. La perdita di chance di acquistare un’altra delle farmacie in vendita che, a suo dire, presentava un miglior rapporto qualità/prezzo prima che l’errore del Comune alterasse le condizioni economiche.
2. Il danno derivante dal deprezzamento della farmacia acquistata, causato dalla cattiva gestione nel periodo intercorso tra la prima e la seconda aggiudicazione.

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione di primo grado, respinge quasi integralmente le richieste della farmacista, ritenendo non provata né la perdita di chance né la responsabilità del Comune per la diminuzione di valore del bene. Contro questa decisione, la farmacista propone ricorso in Cassazione.

L’inammissibilità del ricorso per perdita di chance

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito della questione. La decisione si fonda su ragioni squisitamente procedurali, che offrono importanti lezioni sulla corretta redazione di un ricorso per cassazione.

La Mancanza di Specificità dei Motivi

Il primo e fondamentale errore della ricorrente è stato quello di non confrontarsi adeguatamente con la ratio decidendi (la ragione giuridica della decisione) della sentenza d’appello. La Corte d’Appello aveva negato il risarcimento per la perdita di chance perché non era stata fornita la prova né della concreta possibilità di aggiudicarsi l’altra farmacia, né della sua effettiva maggiore convenienza economica.

Il ricorso in Cassazione, invece di smontare punto per punto questo ragionamento con argomentazioni giuridiche, si è limitato a riproporre la propria versione dei fatti e a lamentare una generica errata valutazione delle prove. Questo approccio, secondo la Cassazione, equivale a un “non motivo”, rendendo il ricorso nullo per inidoneità a raggiungere lo scopo.

Il Divieto di un Terzo Grado di Giudizio

Strettamente collegato al punto precedente, la Corte ribadisce un principio cardine: il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito. Il suo scopo non è rivalutare i fatti o decidere quale prova sia più convincente, ma verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge.

Lamentare che la Corte d’Appello non abbia “debitamente valorizzato” certi elementi o abbia dato più peso ad altri è un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sul fatto, cosa preclusa in sede di legittimità. Il ricorso è ammissibile solo se denuncia una violazione di legge specifica o un vizio logico insanabile nella motivazione, non una mera divergenza sulla ricostruzione della vicenda.

L’Onere di Localizzazione degli Atti

Un ulteriore motivo di inammissibilità ha riguardato la violazione del principio di autosufficienza del ricorso. La ricorrente ha fatto riferimento a documenti e atti processuali (come la consulenza tecnica d’ufficio, C.T.U.) senza riprodurne il contenuto rilevante e, soprattutto, senza indicare la loro esatta collocazione nel fascicolo processuale. La Corte di Cassazione non ha il compito di “ricercare” gli atti, ma di “verificarli”. Spetta quindi a chi ricorre fornire tutti gli elementi necessari per permettere questa verifica, pena l’inammissibilità.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni dell’ordinanza si concentrano interamente sui vizi procedurali del ricorso. La Suprema Corte, citando numerosi precedenti, spiega che un ricorso per cassazione deve essere una critica puntuale e specifica alla decisione impugnata. Non basta affermare che la sentenza è sbagliata; bisogna spiegare perché è sbagliata sotto il profilo del diritto, indicando le norme violate e il modo in cui la loro applicazione è stata errata.

Nel caso specifico, la ricorrente ha contestato la violazione delle norme sulla valutazione delle prove (artt. 115 e 116 c.p.c.), ma lo ha fatto in modo generico, trasformando la censura in una richiesta di riesame del merito. La Corte ha chiarito che la violazione di tali norme si configura solo in casi specifici, come quando un giudice decide sulla base di prove non prodotte dalle parti o disattende una prova legale. Non si configura, invece, per una semplice valutazione delle prove ritenuta non condivisibile dalla parte soccombente.

La Corte ha quindi applicato i principi consolidati sull’inammissibilità del ricorso per cassazione quando esso manchi di specificità (ex art. 366, n. 4 c.p.c.) e di autosufficienza nella localizzazione degli atti (ex art. 366, n. 6 c.p.c.), dichiarando il ricorso inammissibile e condannando la ricorrente al pagamento delle spese legali.

Conclusioni

La decisione in commento, pur non pronunciandosi sul tema sostanziale della perdita di chance, offre una lezione fondamentale di tecnica processuale. Dimostra che, per avere successo in Cassazione, non è sufficiente avere ragione nel merito, ma è indispensabile articolare le proprie doglianze nel rigoroso rispetto delle regole procedurali. Un ricorso che si limiti a criticare genericamente l’esito del giudizio d’appello o che tenti di riaprire la discussione sui fatti è destinato a fallire. La specificità, la pertinenza delle critiche alla ratio decidendi e l’autosufficienza del ricorso non sono meri formalismi, ma requisiti essenziali che garantiscono la funzione di nomofilachia della Corte di Cassazione, ovvero quella di assicurare l’uniforme interpretazione della legge.

Quando può essere negato il risarcimento per perdita di chance?
Secondo la decisione della Corte d’Appello, richiamata nell’ordinanza, il risarcimento per perdita di chance può essere negato quando la parte che lo richiede non fornisce la prova concreta sia della possibilità di ottenere il risultato utile (nel caso di specie, l’acquisto dell’altra farmacia), sia del fatto che tale risultato sarebbe stato economicamente più vantaggioso.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione è dichiarato inammissibile, come in questo caso, se viola i requisiti di legge. Principalmente, se manca di specificità, ovvero se non critica in modo puntuale la ratio decidendi della sentenza impugnata, e se tenta di ottenere un riesame del merito dei fatti, che è precluso in sede di legittimità. Inoltre, è inammissibile se non indica con precisione gli atti e i documenti su cui si fonda, impedendo alla Corte di verificarli.

Cosa significa che il ricorso per cassazione deve essere ‘autosufficiente’?
Significa che il ricorso deve contenere tutti gli elementi necessari per consentire alla Corte di Cassazione di decidere senza dover consultare altri atti o fascicoli. La parte ricorrente deve indicare specificamente gli atti processuali e i documenti rilevanti, riportandone il contenuto essenziale e precisando dove si trovano all’interno del fascicolo processuale, per permettere alla Corte di svolgere il proprio controllo di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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