Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7256 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3   Num. 7256  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2025
Responsabilità della pubblica amministrazione
ad.  13.12.2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31136/2021 R.G., proposto da
COGNOME NOME ,  rappresentata  e  difesa  da ll’AVV_NOTAIO , domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso,
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ricorrente –
contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE , in  persona  del  Sindaco  p.t..,  rappresentato  e  difeso da ll’AVV_NOTAIO,    domiciliato ex  lege come  da  indirizzo  pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso
–
controricorrente – per  la  cassazione  della  sentenza  n.  1097/2021  della  CORTE  d’APPELLO  di RAGIONE_SOCIALE pubblicata il 29.10.2021;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 13.12.2024  dal AVV_NOTAIO.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME convenne il Comune di Genova dinanzi al Tribunale di Genova per sentirlo condannare al risarcimento del danno provocato
dalla  procedura di vendita di una RAGIONE_SOCIALE comunale, della quale si era resa aggiudicataria in via definitiva.
L’attrice dedusse che il Comune di Genova aveva posto in vendita tre farmacie comunali, gestite dalla RAGIONE_SOCIALE (società controllata dall’ente locale) , mediante asta pubblica e, in assenza di offerte, trattativa privata. Pervenute all’esito dell’a sta pubblica offerte di acquisto per due farmacie, ad esclusione per la terza di INDIRIZZO, in data 6.6.2013 il Comune di Genova aveva offerto ai farmacisti dipendenti, in prelazione, l’acquisto delle ridette farmacie per il prezzo offerto, mentre per quella di INDIRIZZO NOME era stato indicato il prezzo base d’asta di euro 225.000 . Con determina dirigenziale del 18.6.2013 , nelle more dell’esercizio della prelazione, il Comune di Genova aveva formulato l’invito a presentare le offerte di acquisto della RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO NOME mediante trattativa privata. Tale procedura, tuttavia, era stata interrotta a seguito dell’esercizio del diritto di prelazione da p arte della AVV_NOTAIOssa COGNOME, alla quale il bene era aggiudicato con determina del 28.6.2013 per il prezzo di euro 225.000.
Il TAR per la Liguria, adito dal AVV_NOTAIO COGNOME e con l’intervento della COGNOMENOME COGNOME, che aveva formulato una offerta di acquisto della RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO NOME, annullò tale ultima determina , disponendo che l’amministrazione desse corso alla procedura a trattativa privata e all’esito comunicasse il maggior prezzo ai dipendenti. La COGNOMENOME COGNOME, a seguito della riapertura della trattativa privata, esercitava nuovamente la prelazione, ma per il prezzo di euro 305.000, rendendosi così nuovamente aggiudicataria; il ricorso avverso tale provvedimento proposto sempre dal AVV_NOTAIOCOGNOME era dichiarato inammissibile dal TAR per la Liguria.
La NOME COGNOME , iniziata a partire dall’1.7.2014 la gestione dell’attività, lamentò che, fidando nella correttezza dell’operato dell’amministrazione , aveva esercitato il diritto di prelazione per la RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO e rinunciato a quello per le altre due farmacie, segnatamente per quella sita in INDIRIZZO, sul rilievo della convenienza del prezzo indicato in origine, che tuttavia era asceso ad euro 305.000, il che l’aveva costretta a prestare una fideiussione per l’acquisto della RAGIONE_SOCIALE in occasione
dell’aggiudicazione  del  giugno  2013  poi  annullata  dal  TAR. Inoltre,  a  causa dell’incuria nella gestione della RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO NOME tra la prima aggiudicazione e quella definitiva, i ricavi erano crollati per il deflusso del 30% della clientela, il personale era stato riCOGNOMEo ed il magazzino era stato quasi svuotato, sì che il valore della RAGIONE_SOCIALE era diminuito in modo considerevole.
Con  sentenza n. 1637/2018  il Tribunale di  Genova, affermata la giurisdizione quanto alla domanda relativa alla perdita di valore della RAGIONE_SOCIALE, in accoglimento parziale della domanda svolta da NOME COGNOME, condannò il Comune di Genova al pagamento di euro 30.000, in favore dell’attrice, a titolo di risarcimento del danno.
La Corte d’Appello di Genova con sentenza pubblicata il 29.10.2021, rigettato l’appello  principale  della  COGNOMENOME  COGNOME  ed  accolto  parzialmente  l’appello incidentale  svolto  dal  Comune  di  Genova,  in  parziale  riforma  della  sentenza gravata rideterminò in euro 330, 41 l’importo dovuto da quest’ultimo, compensando le spese di lite di entrambi i gradi.
La Corte d’appello, premesso che la giurisdizione ordinaria si radicava sulla lesione dell’affida mento in ordine alla legittimità dell’agire della pubblica amministrazione derivante dalla violazione delle regole di correttezza e buona fede, osservò, quanto alla perdita di chance di acquisto della RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, che la circostanza era stata meramente allegata, ma non provata. In ogni caso, non vi era prova della perdita patrimoniale lamentata, poiché non era stato dimostrato che l’attrice avrebbe potuto esercitare la prelazione e rendersi aggiudicataria della RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, né che tale acquisto sarebbe risultato più remunerativo rispetto alla RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO. Le spese di lite afferenti ai giudizi dinanzi al TAR per la Liguria , nei quali l’attrice si era costituita, erano state già regolate in quella sede, sì che tale voce di danno la si sarebbe dovuta escludere, mentre spettava il costo della fideiussione bancaria resasi necessaria in occasione della prima offerta di acquisto.
In relazione all’appello incidentale, notò la Corte d’appello che , non avendo la COGNOMENOME COGNOME alcun diritto a pretendere l’assegnazione del bene prima del completamento della procedura di cessione, non si sarebbe potuto prendere a riferimento ‘ il valore della RAGIONE_SOCIALE a quel momento’; in ogni caso l’errore del
Comune aveva determinato un ritardo di meno di due mesi tra impugnazione e decisione del TAR per la Liguria e, quindi, non avrebbe potuto causare il danno indicato in primo grado. La AVV_NOTAIOssa COGNOME, inoltre, non poteva vantare alcun diritto alla oculata gestione della RAGIONE_SOCIALE prima del suo acquisto ed era a conoscenza del fatto che la cessione della RAGIONE_SOCIALE dipendeva dalle perdite in atto e che in prossimità della dismissione non sarebbero stati fatti altri investimenti con conseguente prevedibile fl essione del giro d’affari.
Per  la  cassazione  della  sentenza  della  Corte  ricorre  NOME  COGNOME, sulla base di  due motivi. Risponde con controricorso il Comune di Genova.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 cod. civ. e 115-116 cod. proc. civ. relativamente al mancato riconoscimento del danno da perdita di chance .
Lamenta la ricorrente che la Corte d’appello , pur avendo correttamente qualificato la domanda come lesione dell’affidamento nella legittimità del procedimento amministrativo, abbia negato il danno da perdita di chance rispetto alla possibilità di acquisto della RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO. Sostiene la ricorrente di essere stata interessata all’acquisto di una delle due farmacie e di aver esercitato il diritto di prelazione con riferimento a quella presentante il miglior rapporto prezzo/qualità: la RAGIONE_SOCIALE NOME aveva un fatturato minore della RAGIONE_SOCIALE, ma minore era anche il costo. La scelta della RAGIONE_SOCIALE era stata fatta, perché, a fronte di un costo quasi identico per la RAGIONE_SOCIALE (euro 221.000), essa era migliore per posizione, caratteristiche e fatturato, sì che la differenza di euro 4.000 la si sarebbe potuta sostenere dato anche lo scarso interesse riscontrato in sede di gara. Sennonché, illegittimamente il Comune aveva effettuato la comunicazione per l’esercizio della prelazione con riferimento a tutte le farmacie e non solo per quelle oggetto
di  aggiudicazione  provvisoria  a  seguito  delle  offerte  pervenute.  Con  il  che sarebbe stato impedito alla ricorrente di valutare l’offerta in prelazione nella sua effettiva  consistenza,  così  perdendo  la chance di  esercitare  la  prelazione relativamente alla RAGIONE_SOCIALE.
Tale conCOGNOMEa del Comune di Genova, ad avviso della ricorrente, avrebbe determinato  un  danno  di  euro  84.000  per  il  maggior  esborso  effettuato  per l’acquisto  della  RAGIONE_SOCIALE ,  non  debitamente  valorizzato  dalla  Corte d’appello ,  la  quale,  altresì,  non  aveva  considerato  che  le  spese  di  difesa sostenute dinanzi al TAR per la Liguria erano conseguenza dell’azione illegittima dell’amministrazione comunale.
1.2. Il motivo è inammissibile.
La ricorrente si duole per il mancato riconoscimento del risarcimento del danno da perdita di chance di rendersi aggiudicataria della RAGIONE_SOCIALE a causa de ll’illegittimo operato del Comune di Genova, che , al posto di formulare la  comunicazione  per  l’esercizio  della  prelazione  con  riferimento  a lle  sole farmacie oggetto di aggiudicazione provvisoria a seguito delle offerte pervenute, l’aveva formulata con riferimento a tutte e tre .
1.3. Nell’ambito di un ricorso per cassazione per dedurre la violazione del paradigma dell’articolo 115 cod. proc. civ. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove deCOGNOMEe dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma (v. Cass., sez. un., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto; Cass., VI-3, 23 ottobre 2018, n. 26769; sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313). Ciò significa che per realizzare la violazione deve aver giudicato, o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introCOGNOMEe dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso articolo 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di
convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma  dell’articolo 116  cod. proc. civ. , rubricato per l’appunto “valutazione delle prove” (v. Cass. 10 giugno 2016, n. 11892).
Va altresì ricordato che una questione di violazione o di falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (v. Cass., 10 giugno 2016, n. 11892; 8 ottobre 2019, n. 25027; 31 agosto 2020, n. 18092; 22 settembre 2020, n. 19798; Cass., sez. un., 30 settembre 2020, n. 20867).
Analogamente, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., che dà rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio, né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (v. Cass. 11892/2016 cit.).
Il motivo in esame, nel denunciare la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n., 3, cod. proc. civ. si discosta dal perimetro sopra delineato e piega verso la rivisitazione del giudizio di fatto, là  dove  censura  la  decisione  impugnata per  l’omessa considerazione  della motivazione all’acquisto della RAGIONE_SOCIALE come supportato dall’esito dell’istruttoria orale.
1.4. In secondo luogo il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366, comma primo,  n.  4,  cod.  proc.  civ.,  non  essendosi  la  ricorrente  confrontata  con  la complessiva ratio decidendi enunciata dalla Corte d’appello, di qui l’inammissibilità  del  motivo  svolto,  giusta  il  principio  di  diritto  consolidato
affermato da Cass. n. 359 del 2005 (il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ.), ribadito, ex multis , da Cass., Sez. Un., n. 7074 del 2017; da ultimo da Cass. n. 1341 del 2024.
Infatti, la ricorrente, pur indicando la motivazione criticanda (pagina 9 e 10), non si confronta adeguatamente tanto con quella parte della sentenza in cui si esclude la prova del danno da diminuzione del patrimonio conseguente all’affidamento nel corretto operato dell’amministrazione , quanto con quella in cui è stata evidenziata l’assenza di prova circa la concreta possibilità di aggiudicarsi la RAGIONE_SOCIALE e la maggior convenienza dell’operazione . Da ultimo, quanto al mancato riconoscimento a titolo risarcitorio delle spese sostenute per costituirsi dinanzi al TAR per la Liguria, la ricorrente si è limitata a ribadire la sua pretesa, senza articolare alcun rilievo critico, nei termini della prospettata violazione o falsa applicazione di legge, rispetto alla sentenza impugnata, la quale ha considerato che ogni statuizione in punto spese la si sarebbe dovuta far valere nel giudizio dinanzi al TAR per la Liguria.
1.5. Il motivo, altresì, è inammissibile ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ.
Al fine del rispetto del principio di specificità, è necessario che il ricorso contenga l’indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali si fonda il motivo e l’illustrazione del contenuto rilevante, provvedendo alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass. 16 marzo 2012, n. 4220). Sono infatti inammissibili le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito, qualora il ricorrente, pur avendo riproCOGNOMEi nel ricorso tali atti e documenti, non abbia fornito puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., sez. un., 27 dicembre 2019, n. 34469).
Infatti, sulla parte ricorrente grava l’obbligo di precisazione anche dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se siano stati rispettivamente acquisiti o proCOGNOMEi anche in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 4 marzo 2021, n. 5999; sez. un., 23 settembre 2019, nn. 23552 e 23553; Cass., 18 giugno 2020, n. 11892; 6 novembre 2012, n. 19157; 23 marzo 2010, n. 6937; 12 giugno 2008, n. 15808; 25 maggio 2007, n. 12239), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., sez. un., 34469/2019 cit.; 19 aprile 2016, n. 7701), poiché il compito dei giudici della corte è quello di procedere a una ‘verifica degli atti stessi, non già alla loro ricerca’ (v. Cass. 20 luglio 2021, n. 20753; 24 giugno 2020, n. 12498; 20 marzo 2017, n. 7048).
La ricorrente nella prospettazione del motivo ha fatto riferimento ad una serie di elementi atti a supportare la chance perduta omettendo di indicare, tuttavia, il contenuto delle sue deduzioni svolte in primo grado e ribadite in sede di appello mediante l’illustrazione dei motivi pertinenti. D’altronde analoga carenza si rinviene nell’esposizione del fatto, rilevante ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., che dovrebbe essere svolta mediante l ‘indicazione, tra le altre, delle reciproche pretese delle parti, dei presupposti di
fatto e delle ragioni di diritto che le hanno giustificate (v. Cass. 12 gennaio 2024, n. 1352). La ricorrente a fondamento della pretesa perdita della chance di acquisto di altra RAGIONE_SOCIALE, diversa da quella acquistata, pone una serie di elementi atti a corroborare la valutazione prezzo/qualità relativamente alle due farmacie, senza indicare gli atti processuali ed i documenti sui quali si fonda il motivo e con l’illustrazione del contenuto rilevante, provvedendo alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia , ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 cod. civ. e 115-116 cod. proc. civ.
La  ricorrente  si  duole per  l’accoglimento dell’appello  incidentale  del Comune di Genova, nonostante che l’errore procedimentale di quest’ultimo , alla base del contenzioso dinanzi al TAR per la Liguria, avesse determinato un ritardo nell’aggiudicazione definitiva di un anno dopo la prima risultata viziata e non, come sostenuto, ‘solo un minimo rallentamento dell’iter’ .
La ricorrente, premesso che non era affatto consapevole delle ragioni per le quali il Comune avesse deciso di cedere le farmacie e che non si era lamentata per la mancata effettuazione di investimenti da parte dell’ente , ma per la cattiva gestione protrattasi per oltre un anno, la Corte d’appello erroneamente avrebbe confuso il rapporto oneri/benefici considerato dall’amministrazione per l’avvio del procedimento di vendita con la conCOGNOMEa negligente di quest’ultima fino al momento dell’aggiudicazione defini tiva. La chiusura prolungata della RAGIONE_SOCIALE, la perdita dell’avviamento e la mancanza di corrispondenza tra l’inventario e quanto effettivamente rinvenuto erano state causa di un danno risarcibile prudenzialmente stimato dal C.T.U. in euro 30.000
2.1. Il motivo è inammissibile.
Fermo quanto detto ai paragrafi 1.3 e 1.4 in ordine alla violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., posto che la deduzione svolta si colloca fuori dal riferito perimetro delle due norme non essendo incorsa la corte in alcun vizio denunciabile in termini di inosservanza delle norme sulla disponibilità delle prove
e della relativa valutazione, il motivo difetta di specificità ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ.
La ricorrente nell’articolare il motivo omette di fornire l’indicazione specifica sia del tenore della deduzioni in ordine al reclamato danno patrimoniale per il minore valore della RAGIONE_SOCIALE acquistata, sia dei riferimenti alle emergenze processuali, fra cui la C.T.U., che non localizza in questo giudizio di legittimità e ciò nemmeno -non avendone indicata la produzione – nel modo indicato da Cass., Sez. Un., 3 novembre 2011, n. 22726 (cioè alludendo all’eventuale presenza nel fascicolo di ufficio del giudice di appello, nel quale, in ipotesi fosse stato acquisito quello di primo grado, in cui la c.t.u. doveva essere presente). Relazione di C.T.U., della quale non sono stati riportati nel ricorso i passi salienti, né altrimenti dettagliati e localizzati gli snodi argomentativi, proCOGNOMEa unitamente alla memoria illustrativa ex art. 378 cod. proc. civ. ma in modo irrituale rispetto a ll’art. 372 cod. proc. civ., che prevede la notifica dell’elenco dei documenti relativi all’ammissibilità del ricorso (v. Cass., sez. III, 23 settembre 2013, n.21729; 14 settembre 2023, n. 26619).
In questo contesto, in ragione dell’aspecificità del motivo per omessa localizzazione delle doglianze, la prolungata chiusura della RAGIONE_SOCIALE, la perdita di avviamento e le divergenze tra beni inventariati e giacenze di magazzino, unitamente alle non definite conCOGNOMEe violative dell’affidamento del privato nella correttezza dell’azione amministrativa secondo lo schema della responsabilità relazionale o da “contatto sociale qualificato” (v. Cass, sez. un., 28 aprile 2020, n. 8236), non sono suscettibili di scrutinio in questa sede.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introCOGNOMEo dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile  e condanna  la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in  euro  200  per  esborsi  ed  euro  4.000  per  competenze  professionali,  oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della