Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1916 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 1916 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21773-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA alla INDIRIZZO
– ricorrente principale –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, che lo rappresentano e difendono;
Oggetto
Mansioni pubblico impiego
R.G.N. 21773/2020
COGNOME
Rep.
Ud.09/01/2025
CC
– controricorrente –
ricorrente incidentale nonché contro
RAGIONE_SOCIALE; – ricorrente principale – controricorrente incidentale avverso la sentenza n. 652/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 03/03/2020 R.G.N. 965/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/01/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO che:
con sentenza del 3/3/2020, la Corte d’ appello di Venezia, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale della stessa sede che aveva accertato il diritto di NOME COGNOME, ingegnere, ad essere inquadrato dal 1° febbraio 2008, all’atto della stabilizzazione in ENAC ex art. 1, comma 519, legge n. 296/2006, nel II livello (e non nel I), tenendo conto del pregresso servizio a tempo determinato (dal 2002 al 2008) prestato (da ultimo al II livello)-, accoglieva l’ulteriore domanda risarcitoria, in ragione dell’impossibilità di partecipare alle selezioni ulteriori indette per il III e IV livello ENAC, quantificando il relativo danno in misura pari al 50% delle differenze retributive spettanti ove inquadrato al III livello economico;
la Corte territoriale – adita dal lavoratore – rilevava che il lavoratore aveva presentato domanda solo per il passaggio, tramite selezioni, al livello II e III, donde la reiezione della domanda di progressione automatica; restava, dunque, da valutare la domanda risarcitoria per violazione della direttiva UE sulla parità di trattamento,
ma, sul punto, la Corte condivideva la motivazione del primo giudice sull’assenza di automatismo, per anzianità, nei passaggi di livello successivi: trattandosi di progressioni economiche orizzontali l’esito era influenzato, invero, da una serie di elementi (punteggi, risorse disponibili, progetti seguiti nel tempo dal professionista ecc.); inoltre, aggiungeva la Corte di merito, il lavoratore non aveva impugnato la graduatoria da cui era stato pretermesso;
nel resto, il lavoratore aveva dimostrato che se fosse stato inquadrato il 1° febbraio 2008 nel II livello avrebbe conseguito il 1° gennaio 2010 il III e il 28.12.2010 il IV livello, e dunque esistevano tutti i presupposti per liquidare il danno da perdita di chance in misura del solo 50%, così equitativamente determinata, essendovi comunque almeno un altro candidato (tale Termini) concorrente e stante l’imponderabilità delle valutazioni discrezionali della Commissione;
per la cassazione di tale decisione ricorre ENAC, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso contenete altresì ricorso incidentale basato su quattro motivi ed assistito da memoria, il COGNOME.
CONSIDERATO che:
1. con il primo motivo di ricorso principale ENAC denuncia violazione dell’art. 2909 cod. civ. e dell’art. 324 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte da un lato affermato che «era passato in giudicato il capo di sentenza con cui il Tribunale ha accertato il diritto al secondo livello dal 1° febbraio 2008», ma dall’altro trascurato il dato che il bando 26.11.2008 fissava, quale condizione per il passaggio al III livello, la permanenza minima di un anno nel II livello, requisito che il COGNOME, in quanto assunto il 1° febbraio 2008, non poteva avere;
1.1 il motivo è inammissibile;
anche a prescindere dall’irrituale formulazione della critica perché pur deducendo un preteso error in procedendo , tuttavia non riferisce una conseguente nullità della sentenza (come invece sarebbe stato doveroso: cfr., per tutte, Cass. S.U. n. 17931/2013) -, il motivo non coglie il decisum che fa riferimento alla spettanza, all’atto della stabilizzazione, del II livello, non certo al fatto che tale II livello il COGNOME avesse raggiunto solo in tale data, essendo pacifico che egli l’avesse conseguito fin dal 1° dicembre 2005 e dovesse pertanto mantenerlo e non essere ingiustamente retrocesso al I (v. p. 4, rigo 6, sentenza impugnata);
2. col secondo mezzo si denuncia omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.), per non avere la Corte di merito preso in esame il giudicato formatosi in relazione al livello economico acquisito all’atto dell’assunzione a tempo indeterminato (1.2.2008) che, se considerato, avrebbe condotto alla reiezione della domanda risarcitoria;
era sbagliata oltretutto l’affermazione della Corte distrettuale secondo cui il COGNOME aveva maturato il requisito temporale di 7 anni nella qualifica professionale richiesta dal bando 26.11.2010 per il passaggio al 4° livello, quando a monte il lavoratore non poteva partecipare alla selezione per il livello III, per difetto del requisito temporale;
si censura ancora «l’assoluta inconciliabilità delle premesse argomentative rispetto alle conclusioni statuite in sentenza» poiché il fatto che tutti i candidati che hanno partecipato con il COGNOME a una ‘differente selezione’ abbiano conseguito il livell o superiore, non consente di ritenere provato alcunché (erano numerosi i controinteressati per cui non era configurabile la perdita di chance );
2.1 il motivo è inammissibile in tutte le sue articolazioni;
occorre evidenziare che l’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nel testo risultante all’esito delle modifiche apportate dall’art. 2 del d.lgs. 2.2.2006 n. 40, consente di denunciare in sede di legittimità l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un «fatto controverso e decisivo per il giudizio», che si differenzia dal «punto» perché riguarda un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ., (cioè costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo ( fra le più recenti in tal senso Cass. 8.9.2016 n. 17761);
conseguentemente, non si può invocare il controllo sulla motivazione, consentito dal richiamato art. 360 n. 5 cod. proc. civ., per sollecitare la Corte ad un’autonoma propria valutazione delle risultanze degli atti di causa, perché l’esame delle prove, la decisione sull’attendibilità e la concludenza delle stesse, la scelta fra le risultanze probatorie di quelle ritenute più idonee a dimostrare i fatti in discussione sono riservati al giudice del merito ed il giudice di legittimità non può effettuare una revisione del ragionamento decisorio, posto che il potere conferitogli dal legislatore si arresta qualora il fatto, nel senso sopra indicato, sia stato preso in esame e la motivazione sia priva di aspetti di incoerenza e di illogicità;
nella specie, la stessa formulazione del motivo lascia trapelare che il giudice d’appello ha preso in esame il fatto (la spettanza del II livello al momento della stabilizzazione, la discrezionalità della commissione nelle valutazioni per le progressioni orizzontali, ecc.) attribuendo alle circostanze una lettura (nel complesso congrua e coerente ancorché) differente rispetto a quella propugnata da ENAC, il che colloca la censura
sul piano dell’apprezzamento fattuale rientrante nel dominio esclusivo del giudice del merito;
col terzo (ed ultimo) motivo del ricorso principale si denuncia nullità della sentenza per difetto di motivazione in violazione dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., per avere la corte di merito, col rigetto del primo motivo d’appello, escluso ogni automa tismo per le progressioni di carriera, ma poi contraddittoriamente aggiunto, accogliendo il secondo motivo d’appello , che il «COGNOME avesse maturato il requisito temporale di sette anni nella qualifica professionale richiesto dal bando 26.11.2010 per il passaggio al IV livello», senza tener conto che tali «passaggi avvengono in sequenza», mentre il ragionamento della sentenza impugnata suppone erroneamente che si possa transitare dal II al IV livello e non tiene conto che «nelle progressioni per il passaggio al III e al IV livello il posto messo a concorso era uno solo ed è stato attribuito al Termini, appunto»;
la ricorrente aggiunge che i professionisti che avevano partecipato alla selezione nel 2008 e nel 2010 erano, rispettivamente, ben 29 e 27 e molti dei quali avevano ottenuto un punteggio maggiore del Porrino;
3.1 anche tale motivo si appalesa inammissibile;
non si ravvisa, infatti, la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. denunciata nel secondo motivo, perché, all’esito della riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., come evidenziato dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità, quale violazione di legge costituzionalmente rilevante, attiene solo all’esistenza della motivazione in sé, prescinde dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella
«motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili», nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» ( Cass. S.U. n. 8053/2014 che richiama Cass. S.U. n. 5888/1992);
il difetto del requisito di cui all’art. 132 cod. proc. civ. si configura, quindi, solo qualora la motivazione o manchi del tutto -nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione -ovvero esista formalmente come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum;
esula, invece, dal vizio di violazione di legge la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti , implicante un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito;
nel caso di specie il preteso vizio motivazionale è ricavato dal confronto proprio con le risultanze di causa, e sollecita, quindi, un sindacato precluso alla Corte di legittimità dopo la riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.;
4. nel suo primo motivo di ricorso incidentale, il COGNOME denuncia l’omesso esame di fatto decisivo (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.) per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, consistente nella circostanza che il lavoratore, contrariamente all’assunto del giudice d’appello, aveva presentato domanda per partecipare «a tutta la procedura del bando ed a tutte le progressioni di livello»;
4.1 il motivo è inammissibile sotto vari concorrenti profili;
in disparte il fatto che il motivo non corrisponde al paradigma di cui al novellato art. 360, n. 5, cod. proc. civ., ratione temporis applicabile, come interpretato da Cass., Sez. Un., n. 8053/2014, giova evidenziare che non sono integrati neppure i presupposti ex art. 348 ter comma 5 cod. proc. civ., stante l’esistenza di una ‘doppia conforme’, avendo il giudice d’appello espressamente «condiviso il ragionamento del giudice di primo grado» sulla reiezione della domanda (principale) di risarcimento da inadempimento contrattuale, ciò sul presupposto che «non sussisteva il suo (del Porrino, nde) diritto al passaggio automatico, per mera anzianità, ai livelli successivi» (cfr. sul punto la sentenza di primo grado, come riportata dal COGNOME a p. 17, ove si legge: «non è scontato-automatico che se il ricorrente avesse avuto ab origine il II livello sarebbe stato aggiudicatario del posto di III prima e di IV poi»);
il rilievo, inserito nell’iter argomentativo della sentenza impugnata (inequivoco l’avverbio «inoltre», v. p. 6, quinto cpv., sentenza) che il COGNOME comunque non «avrebbe partecipato alla selezione cui avevano partecipato altri dipendenti ENAC che avevano ottenuto il livello superiore», integra una ratio ulteriore che non sostituisce, ma soltanto rafforza – di qui l’assenza del requisito della ‘decisività’ della circostanza -, il convincimento del giudice d’appello in ordine all’assenza di un danno ‘certo’, inteso come conseguenza «immediata e diretta» dell’inadempimento (art. 1223 cod. civ.);
5. col secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., per essere incorso il giudice d’appello in un ‘errore di percezione’ consistente nell’aver ritenuto sussistente la «mancata presentazione delle domande ai bandi di selezione»: fatto in realtà inesistente, come si
desumeva dal «duplice dato, ricavabile dal doc. 22, che il bando del 2008 era afferente ad un concorso unico per la progressione economica», senza limitazioni quantitative in tema di posti per l’accesso al III livello, «e, dato ricavabile dal doc. 25, non presentava diverse graduatorie, essendo la graduatoria unica, sia pur differenziata in relazione ai livelli»;
5.1 il motivo, che sostanzialmente ripropone in diverso modo la censura precedente, è inammissibile;
in disparte il rilievo, peraltro già esaminato al punto 4.1, sulla non decisività della circostanza in parola, si osserva in termini assorbenti quanto segue;
la critica, che denuncia l’error in procedendo nel quale la Corte distrettuale sarebbe incorsa, è formulata senza il rispetto degli oneri di specifica indicazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., perché non riporta, neppure in sintesi, il contenuto dei documenti 22 e 25 richiamati, e non fornisce puntuali indicazioni sulla localizzazione degli atti nel fascicolo processuale;
come noto, il requisito imposto dal richiamato art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. deve essere verificato anche in caso di denuncia di errores in procedendo , rispetto ai quali la Corte è giudice del «fatto processuale», perché l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012);
la parte, quindi, non è dispensata dall’onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di riportare nel ricorso, nelle parti essenziali, gli atti rilevanti, non essendo consentito il mero rinvio per relationem , perché la Corte di cassazione, anche quando
è giudice del ‘ fatto processuale ‘ , deve essere posta in condizione di valutare ex actis la fondatezza della censura e deve procedere solo ad una verifica degli atti stessi non già alla loro ricerca (cfr. fra le più recenti Cass. S.U. n. 20181/2019; Cass. n. 20924/2019);
gli oneri sopra richiamati sono, altresì, funzionali a permettere il pronto reperimento degli atti e dei documenti il cui esame risulti indispensabile ai fini della decisione sicché, se da un lato può essere sufficiente per escludere la sanzione della improcedibilità il deposito della richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio nonché dei fascicoli di parte di entrambi i gradi del giudizio di merito, dall’altro non si può mai prescindere dalla specificazione dell’esatta sede in cui il documento o l’at to sia rinvenibile (Cass. S.U. n. 25038/2013);
6. col terzo mezzo si deduce violazione degli artt. 1223, 1226 e 2087 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., lamentando la quantificazione del risarcimento (operata dalla Corte di merito) al 50% poiché «essendo stato bandito un solo posto ed essendo potenzialmente due i concorrenti la possibilità era pari al 50%, poiché il giudizio finale era condizionato alla valutazione del tutto discrezionale della Commissione»; secondo il ricorrente incidentale la Corte non avrebbe adeguatamente valutato le effettive probabilità del Porrino di essere promosso ai livelli economici superiori;
6.1 il motivo è inammissibile, criticandosi la sentenza non per un errore di diritto, ma per un errore del giudice del merito nella valutazione, rientrante nel suo dominio esclusivo e non censurabile in sede di legittimità, del compendio documentale, cui sarebbe seguita, secondo il ricorrente incidentale, la censurata (ed a suo avviso incongrua) quantificazione del danno risarcibile;
7. con il quarto motivo si denuncia l’omesso esame di fatto decisivo (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.) per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, avendo la Corte lagunare riconosciuto pari percentuali al ricorrente e al collega COGNOME trascurando il dato che il COGNOME aveva sempre ottenuto risultati migliori del concorrente e che la limitazione dei posti nel bando non era affatto scontata perché i posti erano ‘proporzionali’ al personale in servizio, sicché, ove egli non fosse stato ‘declassato’, sarebbero stati rapportati agli aventi diritto;
7.1 anche tale motivo non è esente da una valutazione di inammissibilità, in quanto non corrisponde al paradigma di cui al novellato art. 360, n. 5, cod. proc. civ., ratione temporis applicabile, come interpretato da Cass., Sez. Un., n. 8053/2014; invero, non costituiscono ‘fatti’, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ.: le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. 14 giugno 2017, n. 14802; Cass. 8 ottobre 2014, n. 21152), gli elementi istruttori, una moltitudine di fatti e circostanze, o il ‘vario insieme dei materiali di causa’ (Cass., 21 ottobre 2015, n. 21439);
nella specie, il COGNOME, lungi dall’individuare un ‘fatto storico’, principale o secondario, ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico (cfr., Cass., n. 2268 del 2022), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, contesta aspetti eminentemente valutativi della pronuncia di secondo grado, propugnando «l’inammissibilità dell’ipotesi» secondo la quale egli avrebbe potuto anche non prevalere sul candidato concorrente (Termini) e/o, anco ra, contestando l’ulteriore «ipotesi in astratto possibile» che non vi fossero posti per tutti con possibilità di conseguire una mera idoneità senza corrispondente avanzamento, ed affermando, in fine, in senso contrario rispetto a tali valutazioni, che una simile eventualità era assai
improbabile atteso che «tutti i partecipanti sono sempre avanzati di livello» (v. p. 27 controricorso);
in tal modo, la censura si colloca stabilmente al di fuori del perimetro tracciato dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nell’interpretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata;
conclusivamente, vanno dichiarati inammissibili sia il ricorso principale che quello incidentale; stante la reciproca soccombenza, le spese di legittimità sono compensate;
per ENAC si dà atto che, nonostante l’esito del giudizio, non sussiste tuttavia il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, perché l ‘ ente rientra tra le amministrazioni dello Stato esenti dal pagamento del contributo.
P.Q.M.
La Corte: dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale; spese di legittimità compensate.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione