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Perdita di chance: quando è risarcibile? La Cassazione

Una pubblica amministrazione era stata condannata dalla Corte d’Appello a risarcire una dipendente per perdita di chance, avendola esclusa da una selezione per ruoli dirigenziali. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo due principi chiave: in primo luogo, non si può lamentare l’esclusione da una procedura per cui mancano i requisiti fondamentali di partecipazione (in questo caso, la qualifica dirigenziale); in secondo luogo, il diritto al risarcimento per perdita di chance sorge solo in presenza di una concreta ed elevata probabilità di successo, non di una mera possibilità.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Risarcimento da perdita di chance: quando è dovuto? I chiarimenti della Cassazione

Il concetto di perdita di chance è uno strumento giuridico fondamentale, specialmente nel diritto del lavoro, per tutelare un lavoratore dalla perdita di una concreta opportunità di miglioramento professionale a causa di un comportamento illegittimo del datore di lavoro. Tuttavia, non ogni occasione mancata dà diritto a un risarcimento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha delineato con precisione i confini di questa tutela, stabilendo due requisiti imprescindibili: il possesso dei requisiti di base per l’opportunità persa e la prova di un’elevata probabilità di successo.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da una funzionaria di categoria D di un’Amministrazione Regionale. La dipendente lamentava di essere stata illegittimamente esclusa (pretermissione) dalle procedure per il conferimento di 14 incarichi dirigenziali.

Inizialmente, il Tribunale aveva respinto la domanda della lavoratrice. Successivamente, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, condannando l’Amministrazione a un cospicuo risarcimento per la perdita di chance subita dalla funzionaria. Secondo i giudici d’appello, l’esclusione era illegittima e aveva privato la dipendente di una significativa possibilità di ottenere uno degli incarichi.

L’Amministrazione Regionale ha quindi presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione della Corte d’Appello su diversi fronti, in particolare sulla corretta interpretazione delle norme regionali e sulla reale sussistenza di un danno risarcibile.

La Decisione della Cassazione sulla perdita di chance

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi principali del ricorso dell’Amministrazione, annullando la sentenza della Corte d’Appello e rinviando la causa a un nuovo esame. La Suprema Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi che chiariscono in modo netto i presupposti per poter chiedere un risarcimento per perdita di chance.

Le Motivazioni

Il primo motivo di accoglimento del ricorso riguarda un aspetto fondamentale: i requisiti per la partecipazione. La legge regionale applicabile al caso prevedeva che la ricerca di professionalità per gli incarichi dirigenziali dovesse avvenire, in prima battuta, all’interno del personale già in possesso della qualifica dirigenziale. La funzionaria, essendo inquadrata nella categoria D, non era una dirigente e, pertanto, non possedeva il requisito primario per essere inclusa in quella specifica procedura interna. La Cassazione ha stabilito che non può esserci una condotta illecita di “pretermissione” se il soggetto non aveva il diritto di essere preso in considerazione in quella fase. In altre parole, non si può essere esclusi da una selezione alla quale non si aveva titolo per partecipare.

Il secondo motivo, altrettanto cruciale, si concentra sulla natura stessa della perdita di chance. La Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato, secondo cui il danno risarcibile non deriva da una mera e ipotetica possibilità di successo. Al contrario, il lavoratore che agisce in giudizio deve fornire la prova di una probabilità concreta ed elevata, “prossima alla certezza”, di aver ottenuto il risultato utile se il comportamento illecito non si fosse verificato. La Corte d’Appello, invece, aveva fondato la sua condanna su una valutazione di “altamente possibile conferimento”, un criterio ritenuto dai giudici di legittimità troppo vago e differente dalla necessaria “elevata probabilità”.

Le Conclusioni

La decisione in commento è di grande importanza pratica perché rafforza i paletti per l’azione di risarcimento del danno da perdita di chance. Due lezioni principali emergono:

1. Requisiti Sostanziali: Prima di lamentare un’esclusione, è indispensabile verificare di possedere tutti i requisiti formali e sostanziali richiesti per l’opportunità in questione. L’assenza anche di uno solo di questi requisiti rende infondata qualsiasi pretesa risarcitoria.
2. Onere della Prova: Il danno da perdita di chance non è presunto. Spetta al lavoratore dimostrare, con elementi concreti, che la sua probabilità di successo era così alta da rasentare la certezza. Una semplice possibilità o una speranza, per quanto fondata, non è sufficiente a fondare una richiesta di risarcimento.

Cosa deve dimostrare un lavoratore per ottenere un risarcimento per perdita di chance?
Il lavoratore deve dimostrare due elementi: di possedere i requisiti necessari per l’opportunità persa e che la sua probabilità di ottenere il risultato favorevole era concreta, elevata e prossima alla certezza, non solo meramente ipotetica.

Si può chiedere un risarcimento per essere stati esclusi da una selezione per cui non si avevano i titoli?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non si può configurare un’illegittima pretermissione (esclusione) se il soggetto non possedeva i requisiti di base previsti dalla legge o dal bando per partecipare a quella specifica procedura di selezione.

Quale livello di probabilità è richiesto per configurare una chance risarcibile?
Non basta una semplice “possibilità” di successo. La giurisprudenza richiede la prova di un'”elevata probabilità, prossima alla certezza” che, in assenza del comportamento illecito, il lavoratore avrebbe conseguito il beneficio sperato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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