Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6278 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6278 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3517/2020 R.G. proposto da :
REGIONE LAZIO, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata presso gli uffici dell’Avvocatura in ROMA INDIRIZZO rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3827/2019 pubblicata il 19/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n.3827/2019 pubblicata il 19/11/2019 e notificata il 25/11/2019, ha accolto il gravame proposto da NOME COGNOME nella controversia con la Regione Lazio. In riforma integrale della sentenza impugnata ha condannato la Regione al pagamento del risarcimento del danno in favore della COGNOME, liquidato in euro 94.770,00 oltre accessori.
La controversia ha per oggetto il diritto della Fanasca, funzionario di categoria D in quiescenza dal 30/06/2014, al risarcimento del danno derivante dalla illecita pretermissione nelle procedure di conferimento all’esterno di 14 incarichi dirigenziali, pubblicati nel periodo dal 26-29/08/2013-05/12/2013.
Il Tribunale di Roma rigettava le domande proposte dalla COGNOME.
Per la cassazione della sentenza ricorre la Regione, con ricorso affidato a cinque motivi. Fanasca resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione sollevata nel controricorso ed illustrata nella memoria. La controricorrente sostiene che il ricorso è stato notificato il 13/02/2020, quando il termine ex artt.325 e 326 cod. proc. civ. era già interamente decorso ( dies a quo : 24/01/2020).
Risulta dagli atti che: a) il ricorso è stato avviato alla notifica il 14/01/2020 (prima dello spirare del termine breve) nel domicilio eletto presso i procuratori costituiti, avvocati COGNOME e COGNOME in Roma, INDIRIZZO; b) il 17/01/2020 il plico è stato restituito al mittente per irreperibilità del destinatario; c) il 07/02/2020 il COA ha attestato che lo studio legale dell’avvocato COGNOME continuava ad essere ubicato in Roma, INDIRIZZO; d) il 13 ed il 14/02/2020 sono andate a buon fine
entrambe le notifiche indirizzate all’avvocato COGNOME presso il nuovo domicilio di INDIRIZZO ed all’avvocato COGNOMEpresso il domicilio di INDIRIZZO
Secondo il principio di diritto enunciato da Cass. S.U. 15/07/2016 n.14594, al quale si intende dare continuità, «la parte che ha richiesto la notifica, nell’ipotesi in cui non sia andata a buon fine per ragioni a lei non imputabili, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve attivarsi con immediatezza per riprendere il processo notificatorio e deve svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento. Questi requisiti di immediatezza e tempestività non possono ritenersi sussistenti qualora sia stato superato il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325, c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data rigorosa prova» (cfr. anche Cass. S.U. 24/07/2009 n.17352 e, più di recente, Cass. S.U. 28/04/2022 n.13394).
Per quanto riguarda la notifica richiesta nei confronti dell’avvocato COGNOME si può dubitare della non imputabilità alla Regione dell’omesso perfezionamento della notificazione .
Non altrettanto può dirsi con riferimento alla notifica nei confronti dell ‘avvocato COGNOME rispetto alla quale deve ritenersi che il mancato perfezionamento della notifica sia imputabile a fatto e causa dell’agente postale che ha attestato la sua irreperibilità presso il domicilio di INDIRIZZO a) nonostante non risultasse -in data coeva alla notifica -alcuna comunicazione al COA di trasferimento del domicilio e; b) nonostante la notifica ripetuta il successivo 13/02/2020 si sia perfezionata nel medesimo domicilio.
L’agente postale ha pertanto errato nel ritenere l’irreperibilità dell’avvocato COGNOME presso il domicilio di INDIRIZZO Palestrina INDIRIZZO E tale errore non è in alcun modo imputabile alla Regione.
Avuto riguardo al principio di diritto sopra richiamato risulta pertanto che la Regione si sia diligentemente attivata per riprendere il processo notificatorio, portandolo a compimento prima della scadenza del termine ex art.325 cod. proc. civ. aumentato della metà, ossia entro novanta giorni dalla notifica della sentenza della corte territoriale.
L’eccezione di inammissibilità del ricorso deve quindi essere rigettata.
Con il primo motivo di ricorso la Regione lamenta violazione, falsa applicazione ed erronea interpretazione degli artt.1175 e 1375 cod. civ., dell’art.19 d.lgs. n.29/1993, dell’art.20 della legge regione Lazio n.6/2002 e dell’art.162 del regolamento regionale n.1/2002, con riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ. Sostiene che la Corte territoriale ha errato nel ritenere che la previa ricerca di professionalità interne all’ente dovesse essere indirizzata anche nei confronti del personale non in possesso della qualifica dirigenziale. Richiama l’art. 20 comma 4 della legge regionale n.6/2002 e deduce che il personale inquadrato nella categoria D può partecipare alla procedura finalizzata al conferimento dell’incarico agli esterni ma non rientra nella previsione della doverosa ricerca di professionalità interne che si riferisce esclusivamente ai dirigenti.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e degli artt.115 e 116 cod. proc. civ., con riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ. La Regione sostiene che la Corte territoriale ha errato nel ritenere provato il danno da perdita di chances sulla base della mera possibilità del conseguimento dell’incarico dirigenziale , pur avendo dato atto che sullo stesso non poteva esserci certezza.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta nullità della sentenza per vizio di motivazione, in violazione degli artt.111 comma sesto Cost., 132 comma secondo n.4 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod.
proc. civ., con riferimento all’art.360 comma primo n.4 cod. proc. civ. Deduce il vizio di motivazione con riferimento al fatto che la Fanasca non aveva il requisito richiesto per essere inclusa nella ricerca di professionalità interne perché non era in possesso della qualifica dirigenziale.
Con il quarto motivo la ricorrente lamenta nullità della sentenza per vizio di motivazione, in violazione degli artt.111 comma sesto Cost., 132 comma secondo n.4 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., con riferimento all’art.360 comma primo n.4 cod. proc. civ. Deduce il vizio di motivazione con riferimento alla rilevanza della prossimità del pensionamento per raggiunti limiti massimi di anzianità di servizio.
Con il quinto motivo la ricorrente lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento all’art.360 comma primo n.5 cod. proc. civ.. Sostiene che la Corte territoriale non ha attribuito rilevanza alla prossimità del conferimento degli incarichi dirigenziali rispetto al pensionamento della Falasca per raggiunti limiti massimi di anzianità di servizio.
Il primo motivo è fondato.
Sul punto la C orte territoriale ha ritenuto che «l’individuazione preliminare di professionalità interne idonee all’incarico dirigenziale non risulta essere stato espletato, o comunque, emerge sia stato effettuato in modo del tutto generico e immotivato» (pag.6 motivazione).
Con riferimento alla Regione Lazio la materia del conferimento degli incarichi dirigenziali è disciplinata -oltre che dalle disposizioni di principio dettate dall’art.19 d.lgs. n.165/2001 dall’art.20 della legge regionale n.6/2020.
La disposizione -nel testo pro tempore vigente -distingue gli incarichi dirigenziali in tre categorie: a) direttore di dipartimento (comma 1); b) direttore della direzione regionale (comma 3); c)
«altri incarichi dirigenziali», categoria residuale nella quale rientrano tutti gli incarichi dirigenziali diversi dai precedenti (comma 4). Gli incarichi oggetto di causa rientrano in quest’ultima categoria.
Tanto premesso, l’art.20 comma 4 legge regionale n.6/2020 prevedeva che: «Gli altri incarichi dirigenziali sono conferiti dai direttori dipartimentali a soggetti appartenenti alla seconda fascia del ruolo della dirigenza sulla base della professionalità e delle attitudini richieste dai compiti da assolvere anche in relazione ai risultati conseguiti in incarichi precedenti, tenendo conto della natura e dei programmi da realizzare nonché del principio della rotazione degli incarichi».
COGNOME, funzionario di categoria D come accertato in fatto dalla Corte territoriale, non apparteneva alla seconda fascia del ruolo della dirigenza, perché non era dirigente.
Deve pertanto concludersi che giusta l’art.20 comma 4 cit. non era possibile il conferimento diretto alla Falasca degli incarichi dirigenziali oggetto di causa, secondo la procedura interna prevista dalla disposizione in esame.
20. La C orte territoriale ha errato nel ritenere l’illegittimità della procedura seguita dalla Regione, «laddove la stessa non aveva individuato, in via previa, all’interno dei propri ruoli la Falasca quale soggetto in possesso di idonea professionalità con elevatissime chance nell’ottenimento dell’incarico».
21. La COGNOME, funzionario di categoria D, era priva della «idonea professionalità» prevista dall’art.20 comma 4 legge regionale n.6/2002, ossia la appartenenza alla seconda fascia del ruolo della dirigenza. In altri termini, la pretermissione lamentata dalla COGNOME, e posta dalla Corte territoriale quale fondamento della condotta illecita della Regione, è insussistente perché non sussisteva alcun dovere giuridico di prendere in considerazione la
Falasca al fine del conferimento degli incarichi ex art.20 comma 4 legge regionale cit.
Tanto basta per l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
Anche il secondo motivo è fondato. Sul punto la Corte territoriale ha ritenuto la perdita di chance sul presupposto «dell’altamente possibile conferimento dell’incarico senza che lo stesso sia emerso con certezza» (pag.8).
Secondo il costante orientamento di questa Corte, al quale si intende dare continuità, «a fronte di una domanda di risarcimento del danno da perdita di chance il giudice del merito è chiamato ad effettuare una valutazione che si svolge su due diversi piani in quanto occorre innanzitutto che, sulla base di elementi offerti dal lavoratore, venga ritenuta sussistente una concreta e non meramente ipotetica probabilità dell’esito positivo della selezione e solo qualora detto accertamento si concluda in termini positivi vi potrà essere spazio per la valutazione equitativa del danno, da effettuare in relazione al canone probabilistico riferito al risultato utile perseguito (Cass. n. 26694/2017); rispetto alla prova del nesso causale tra comportamento illegittimo e danno risarcibile per perdita di chance, la giurisprudenza di questa Corte è d’altronde attestata su parametri valutativi che richiedono l’apprezzamento del probabile trasformarsi della chance in reale conseguimento del beneficio in termini di «elevata probabilità, prossima alla certezza» (così, testualmente, Cass. 9 maggio 2018, n. 11165; conf. Cass. 12 maggio 2017, n. 11906; Cass. 30 settembre 2016, n. 19604; Cass. 11 maggio 2010, n. 11353; Cass. 19 febbraio 2009, n. 4052; v. altresì Cass. 1° marzo 2016, n. 4014, ove il danno è stato riconosciuto sul presupposto che fosse stimabile un novanta per cento di probabilità di promozione)» (Cass. 23/09/2024 n.25442).
La Corte territoriale si è discostata da questo principio, perché l’alta possibilità di conferimento dell’incarico è stima affatto diversa
dalla probabilità (e non solo possibilità) elevata e prossima alla certezza.
26. In via conclusiva devono essere accolti il primo e secondo motivo di ricorso, per quanto di ragione, con assorbimento delle altre censure. Per l’effetto la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame, attenendosi ai principi di diritto sopra enunciati e provvedendo anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, per quanto di ragione, assorbite le altre censure; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa