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Perdita di chance pubblico impiego: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto al risarcimento per perdita di chance di una dipendente pubblica. A causa di un illegittimo ritardo nel suo inquadramento, la lavoratrice non ha potuto partecipare a progressioni economiche successive. La Corte ha qualificato la responsabilità dell’ente come contrattuale, con prescrizione decennale, e ha ritenuto sufficientemente provata la probabilità di successo della dipendente nelle selezioni mancate, quantificando il danno nell’80% delle differenze retributive perse.

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Pubblicato il 3 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Perdita di chance nel pubblico impiego: quando il ritardo costa caro

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i contorni del risarcimento per perdita di chance nel settore del pubblico impiego, confermando che un ritardo nell’inquadramento professionale causato dall’amministrazione può generare un danno risarcibile. Questo danno non consiste solo nelle differenze retributive dirette, ma anche nella perdita della concreta possibilità di partecipare a successive progressioni di carriera.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una dipendente di un Ente Pubblico che, nel 2002, aveva partecipato a una selezione per una progressione verticale. Inizialmente classificatasi in una posizione non utile, la lavoratrice aveva impugnato la graduatoria dinanzi al giudice amministrativo, ottenendo una sentenza favorevole. In esecuzione della decisione, l’amministrazione aveva approvato una nuova graduatoria nel 2008, collocandola in posizione utile e concedendole la promozione con decorrenza da quella data.

Tuttavia, a causa di questo ritardo di anni, la dipendente lamentava di essere stata illegittimamente esclusa da due progressioni economiche orizzontali (p.e.o.) bandite nel frattempo (nel 2004 e nel 2005), a cui avevano partecipato e che erano state vinte dai colleghi promossi tempestivamente. Per questo motivo, ha agito in giudizio per ottenere il risarcimento del danno da perdita di chance.

La Corte d’Appello, riformando la sentenza di primo grado, ha condannato l’Ente a risarcire la lavoratrice, quantificando il danno in una misura pari all’80% della differenza tra il trattamento economico percepito e quello che avrebbe ottenuto se avesse conseguito le progressioni mancate.

La Decisione della Corte di Cassazione e la responsabilità dell’Ente

L’Ente Pubblico ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando diverse eccezioni, tra cui la natura della responsabilità (extracontrattuale e non contrattuale, con conseguente prescrizione di 5 anni anziché 10) e la mancanza di prova del danno. La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione d’appello.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della decisione si fonda su alcuni principi chiave.

In primo luogo, la Corte ha stabilito che la responsabilità del datore di lavoro pubblico per il ritardato inquadramento è di natura contrattuale (ex art. 1218 c.c.). L’indizione di un concorso interno con tutti gli elementi essenziali configura un’offerta al pubblico che impegna l’amministrazione ad adempiere alle obbligazioni assunte. L’errata gestione della procedura selettiva costituisce quindi un inadempimento contrattuale, dal quale deriva un’obbligazione risarcitoria soggetta alla prescrizione ordinaria decennale.

In secondo luogo, la Cassazione ha ribadito che la perdita di chance è un danno patrimoniale autonomo. Non è una mera aspettativa, ma la perdita di un’entità patrimoniale a sé stante: la concreta ed effettiva occasione di conseguire un risultato favorevole. La prova di tale danno non richiede la certezza assoluta che il risultato si sarebbe verificato, ma un elevato grado di probabilità. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto provata la chance sulla base di elementi presuntivi: la dipendente aveva sempre ottenuto in passato le valutazioni sufficienti per partecipare alle selezioni e tutti i colleghi ammessi a quelle procedure avevano poi conseguito la progressione. Questi indizi erano sufficienti a dimostrare, con alta probabilità, che anche lei avrebbe ottenuto lo stesso risultato.

Infine, sono stati respinti i motivi procedurali sollevati dall’Ente, riguardanti la presunta indeterminatezza della domanda e del dispositivo della sentenza. La Corte ha chiarito che i criteri per il calcolo del quantum erano stati sufficientemente delineati, rendendo la determinazione dell’importo esatto una mera operazione aritmetica demandata alla fase esecutiva.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un importante principio a tutela dei lavoratori del pubblico impiego. Le amministrazioni devono agire con correttezza e tempestività nelle procedure selettive, poiché un errore o un ritardo non solo può essere corretto ex post, ma può generare un’obbligazione risarcitoria per le opportunità di carriera che il dipendente ha perso nel frattempo. Per i lavoratori, la sentenza chiarisce che il danno da perdita di chance può essere provato anche attraverso presunzioni, purché gravi, precise e concordanti, che dimostrino un’alta probabilità di successo se l’occasione non fosse stata ingiustamente negata.

Qual è la natura della responsabilità di un’amministrazione pubblica per il ritardato inquadramento di un dipendente?
La Corte di Cassazione ha stabilito che si tratta di una responsabilità contrattuale (ex art. 1218 c.c.), poiché l’errata gestione di una procedura selettiva costituisce inadempimento di un obbligo assunto con l’indizione del concorso. Di conseguenza, il termine di prescrizione per l’azione di risarcimento è di dieci anni.

Come può un dipendente provare il danno da perdita di chance per non aver partecipato a una progressione di carriera?
Non è necessaria la prova della certezza assoluta di vincere la selezione. È sufficiente dimostrare, anche tramite presunzioni, un’alta probabilità di successo. Nel caso specifico, sono stati considerati rilevanti il possesso dei requisiti di punteggio e il fatto che tutti gli altri candidati ammessi avessero poi ottenuto la progressione economica.

Come viene quantificato il risarcimento per la perdita di chance?
Il danno non coincide con l’intero beneficio economico perso, ma è commisurato al grado di probabilità che il dipendente aveva di conseguirlo. Nel caso esaminato, la Corte d’Appello ha liquidato il danno in via equitativa nella misura dell’80% della differenza retributiva, una valutazione che la Cassazione ha ritenuto corretta e non sindacabile in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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