Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6162 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6162 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/03/2025
Oggetto:
Impiego
pubblico
–
mancata progressione economica –
annullamento scheda valutazione –
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3301/2020 R.G. proposto da:
COGNOME COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni presso l’indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI MONTERODUNI, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni agli indirizzi pec dei Registri di Giustizia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 63/2019 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 04/07/2019 R.G.N. 200/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME, dipendente del Comune di Monteroduni, agiva innanzi al Tribunale di Isernia al fine di ottenere il riconoscimento dell’illegittimità/nullità/inefficacia della valutazione negativa relativa all’annualità 2000 che aveva precluso la sua progressione economica ed il conseguenziale danno patrimoniale quantificato in euro 31.989,75.
Il Tribunale con sentenza n. 569/2017 annullava la scheda di valutazione negativa della dipendente in quanto intervenuta oltre il previsto termine di legge.
Tuttavia, respingeva la domanda di danni da mancata progressione e da perdita di chance ritenendola priva di supporto probatorio.
Pronunciando sull’impugnazione della sola Foglietta, la Corte d’appello di Campobasso confermava, quanto alla infondatezza della pretesa risarcitoria, la decisione del Tribunale.
Riteneva condivisibili le argomentazioni espresse dal primo giudice e la ricostruzione delle risultanze processuali dallo stesso operata.
Richiamava la pronuncia di questa Corte n. 9392/2017 relativa alla possibilità di riconoscere, in caso di accertata illegittimità di una valutazione negativa, solo il risarcimento da perdita di chance ed evidenziava che la documentazione prodotta dall’appellante (e così in particolare il doc. n. 15) non conteneva alcun elemento idoneo a dimostrare in concreto la perdita di chance di ottenere l’avanzamento economico.
Riteneva corretta la decisione del Tribunale di non ammettere la prova testimoniale richiesta dalla ricorrente riguardando la stessa fatti oggetto di prova documentale ed esprimendo giudizi e valutazioni.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi.
Il Comune di Monteroduni ha resistito con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ. – omesso esame di fatti decisivi per il giudizio; omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio costituiti dall’avere la Corte di Appello ritenuto irrilevante il documento n. 15 prodotto nei precedenti gradi; violazione e falsa applicazione dei principi di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ.; omessa motivazione; manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Deduce la carenza motivazione e l’erroneità della sentenza impugnata quanto alla ritenuta irrilevanza del documento 15 prodotto nel fascicolo di parte di primo grado.
Rileva che da tale documento si evinceva lo svolgimento di importanti mansioni superiori e di compiti di responsabilità.
Aggiunge che il dirigente nella scheda di valutazione oggetto di causa non aveva espresso alcuna considerazione sia pure sintetica circa la professionalità acquisita dalla COGNOME nel corso degli anni e sulla relativa eccezione la Corte territoriale aveva omesso ogni motivazione.
Il motivo è inammissibile sotto plurimi profili:
2.1 Come risulta evidente dalla stessa rubrica prima richiamata, il motivo contiene promiscuamente la contemporanea deduzione di violazioni di disposizione di legge nonché di vizi di motivazione, senza alcuna specifica e adeguata indicazione, nell’illustrazione del motivo, di quale errore, tra quelli dedotti, sia riferibile ai singoli vizi che devono
essere riconducibili ad uno di quelli tipicamente indicati dal comma 1 dell’art. 360 cod. proc. civ., così non consentendo una corretta identificazione del devolutum e dando luogo alla convivenza, in seno al medesimo motivo di ricorso, ‘di censure caratterizzate da … irredimibile eterogeneità’ (v. Cass., Sez. Un., 24 luglio 2013, n. 17931; Cass., Sez. Un., 12 dicembre 2014, n. 26242; Cass. 13 luglio 2016, n. 14317; Cass. 7 maggio 2018, n. 10862); in particolare questa Corte ha più volte stigmatizzato tale modalità di formulazione, irrispettosa del canone della specificità del motivo di impugnazione nei casi in cui, nell’ambito della parte argomentativa del mezzo di impugnazione, non risulti possibile come nel motivo all’esame di questo Collegio – scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio, determinando una situazione di inestricabile promiscuità, tale da rendere impossibile l’operazione di interpretazione e sussunzione delle censure (v. Cass. n. 7394 del 2010, n. 20355 del 2008, n. 9470 del 2008); si è così ritenuta inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; infatti , l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 cod. proc. civ., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (in termini, Cass. n. 19443 del
2011; v. poi Cass. n. 23600 del 2012; Cass. n. 25722 del 2014; Cass. n. 671 del 2015; Cass. n. 15651 del 2017).
Quanto, poi, alla denuncia di omesso esame, il mezzo è precluso dalla ‘doppia conforme’.
La sentenza impugnata, quanto alla domanda ancora in discussione, è confermativa della pronuncia di primo grado, sicché – nel dedurre la violazione dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. – il ricorrente avrebbe dovuto indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro divergenti (Cass. 10 marzo 2014, n. 5528; Cass. 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass. 6 agosto 2019, n. 20994; Cass. 28 febbraio 2023, n. 5947).
2 .2. È poi noto che l’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis , così come riformulato dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Detta violazione non è, però, configurabile se, come nel caso in esame, il fatto storico, rilevante in causa (perdita di chance di progressione economica), sia stato comunque preso in considerazione dal giudice di merito, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).
L’omesso esame non può, dunque, riguardare mezzi istruttori (v., tra le più recenti, Cass. 20 giugno 2024, n. 17005).
2.3. Né fondatamente il ricorrente assume che vi sia stata una omessa motivazione.
Il giudice di secondo grado ha chiarito con precisione la ratio della sua decisione, spiegando che la ricorrente, ai fini del danno preteso, non aveva dimostrato la possibilità che avrebbe avuto di ottenere la posizione economica rivendicata, a tanto non essendo sufficiente il contenuto del documento n. 15 del suo fascicolo di parte. Trattasi di motivazione che di certo consente il controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da superare il ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111, comma, 6 Cost. (cfr. ex multis Cass., Sez. Un., n. 8053/2014 cit.; Cass. n. 13248 del 30 giugno 2020).
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione art. 244 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto inammissibile e irrilevante la prova per testi richiesta in primo grado e reiterata in appello e deduce altresì il difetto di motivazione.
Anche in questo caso il motivo è inammissibile.
Il giudizio di non ammissione delle istanze istruttorie fondato sull’irrilevanza delle stesse in funzione della dimostrazione concreta dei fatti posti a fondamento della domanda è un giudizio che prescinde dalla formale disciplina relativa all’ammissibilità del mezzo istruttorio dedotto e che dunque riposa su una valutazione di merito discrezionale, censurabile solo sotto il profilo della motivazione quando quest’ultima presenti lacune costituzionalmente rilevanti.
In proposito, questa Corte ha affermato che il provvedimento reso sulle richieste istruttorie è censurabile con ricorso per cassazione per violazione del diritto alla prova, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., allorquando il giudice di merito rilevi preclusioni o decadenze insussistenti ovvero affermi l’inammissibilità del mezzo di prova per motivi che prescindano da una valutazione della sua rilevanza in rapporto al tema controverso ed al compendio delle altre prove richieste o già acquisite, nonché per vizio di motivazione in ordine
all’attitudine dimostrativa di circostanze rilevanti ai fini della decisione (Cass. 6 novembre 2023, n. 30810).
Il motivo in esame, dunque, è inammissibile perché censura, al di fuori dei limiti ed in assenza delle condizioni indicate, il giudizio di irrilevanza delle richieste istruttorie espresso dal giudice del merito.
Senza dire che, anche con riferimento a tale questione una motivazione c’è e supera il ‘minimo costituzionale’.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ.
Deduce che sussisteva il danno da perdita di chance della lavoratrice conseguente alla accertata illegittimità del procedimento di valutazione negativa, che tale danno poteva essere dimostrato per presunzioni, che la sentenza è priva di motivazione e comunque ha una motivazione manifestamente illogica e contraddittoria.
Il motivo è a ‘critica libera’ e risente della inammissibilità dei motivi che precedono.
In ogni caso la sentenza impugnata ha richiamato la giurisprudenza di legittimità secondo cui, in ipotesi analoghe a quella qui in esame di una accertata illegittimità della scheda di valutazione negativa ai fini della progressione economica, non compete un risarcimento automaticamente commisurato alla progressione non ottenuta, in quanto il giudice ordinario non può sostituirsi all’organo deputato alla verifica dei presupposti che ne condizionano l’erogazione, ma, ove ritualmente richiesto, non può essere escluso il danno da perdita di chance che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto, bensì un’entità patrimoniale a sé stante, dimostrabile anche per presunzioni (cfr. Cass. 12 aprile 2017, n. 9392; Cass. 6 dicembre 2022, n. 37002; Cass. 9 marzo 2023, n. 7110).
In conformità con tali principi e con una motivazione congrua e logica, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che poteva essere
riconosciuto solo il danno da perdita di chance ma che non erano stati forniti elementi neppure per una valutazione presuntiva (cfr. Cass. 12 aprile 2017, n. 9392; Cass. 6 dicembre 2022, n. 37002).
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, ad euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro