Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25632 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 25632 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33030/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME -ricorrente- contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè
DEL RIO NOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 218/2019 depositata il 15/11/2019, RG 671/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Firenze, con la sentenza n. 218 del 2019, in parziale riforma della sentenza di primo grado -che aveva rigettato la domanda – ha condannato il Comune RAGIONE_SOCIALE Firenze a rimborsare a NOME COGNOME il danno da perdita di chance (di cui alle conclusioni in ulteriori ipotesi dell’atto di appello) nella misura di euro 20.561,23 oltre interessi legali dalle singole scadenze retributive al saldo, in relazione alla procedura per l’assegnazione di posizione organizzativa (PO).
Il lavoratore dipendente del Comune di Firenze dal 1993, con qualifica di funzionario amministrativo livello giuridico D3 e livello economico D6, già responsabile di PO, partecipava al bando per l’assegnazione della PO ‘giuridica gestione del personale e a ffari generali’ per triennio 2015 -2017, ma non risultava vincitore, venendo assegnata la PO ad altro dipendente. Il lavoratore impugnava l’assegnazione della PO.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il Comune di Firenze prospettando cinque motivi di ricorso.
Resiste il COGNOME con controricorso assistito da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotto, ai sensi dell’art. 360, n. 3, cpc, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 cpc, dell’art. 9 del CCNL Enti locali; principi in tema di motivazione degli atti del datore di lavoro privato.
È contestata la statuizione con la quale la Corte d’Appello ha affermato che non è ammissibile l’integrazione in sede giudiziale della motivazione posta a fondamento del provvedimento di conferimento di incarico, mediante la produzione in giudizio di rapporto informativo di provenienza del Direttore dei servizi tecnici. Tale principio non sarebbe applicabile agli atti del datore di lavoro privatizzato.
Con il secondo motivo di ricorso è prospettata la nullità della sentenza per vizio di motivazione sotto il profilo della illogicità manifesta in violazione dell’art. 132, comma 2, n.4, cpc, e dell’art. 118, disp. att. cpc, denunciabile ex art. 360, n.3, cpc.
La doglianza investe la medesima statuizione di cui al primo motivo di ricorso. Si richiama il rapporto informativo depositato dal Direttore dei servizi tecnici, al quale nella sostanza si sarebbe sostituito il giudice di merito.
2.1. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente. Gli stessi sono inammissibili in quanto non considerano l’ampia ratio decidenti della sentenza di appello.
Occorre premettere che la disciplina contrattuale delle posizioni organizzative (PO) trova fondamento nell’art. 45, comma 3, del d.lgs. n. 29 del 1993, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal d.lgs. n 396/1997, con il quale il legislatore aveva previsto che ‘per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilit à, svolgono compiti di direzione…. sono stabilite discipline distinte nell’ambito dei contratti collettivi di comparto’; la disposizione è stata integralmente trasfusa ne ll’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001 e sulla stessa il legislatore è intervenuto con il d.lgs. n. 150/2009, che
ha modificato il terzo comma del richiamato art. 40, prevedendo che «nell’ambito dei comparti di contrattazione possono essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità». L’area delle posizioni organizzative negli Enti locali nasce con il CCNL 31 marzo 1999, articoli dall’8 all’11 (v. , Cass., n. 1884 del 2022).
La motivazione dell’atto di scelta del personale da assegnare alla posizione in questione non può prescindere da una valutazione comparativa degli aspiranti, ed al conseguente esame dei loro curricula ricavabili dai rispettivi fascicoli. L’obbligo di motivazione, in altri termini, non può prescindere dalla scelta di un aspirante anziché di un altro, anche in mancanza di una formale proceduta concorsuale.
Ai fini del conferimento delle posizioni organizzative, la P.A. è tenuta al rispetto dei criteri di massima indicati dalle fonti contrattuali ed all’osservanza delle clausole generali di correttezza e buona fede, di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., applicabili alla stregua dell’art. 97 Cost., senza tuttavia che la predeterminazione dei criteri di valutazione comporti un automatismo nella scelta, la quale resta rimessa alla discrezionalità del datore di lavoro, che non è comunque chiamato a svolgere una valu tazione comparativa’ (Cass. n. 25083 del 2018).
Già in precedenza si è affermato che in tema di pubblico impiego contrattualizzato, anche ai fini del conferimento delle posizioni organizzative, la cui definizione è demandata alla contrattazione collettiva dall’art. 40, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, la P.A. è tenuta al rispetto dei criteri di massima indicati dalle fonti contrattuali ed all’osservanza delle clausole generali di correttezza e buona fede, di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., applicabili alla stregua dell’art. 97 Cost., senza tuttavia che la predeterminazione dei criteri di valutazione comporti un automatismo nella scelta, che resta
rimessa alla discrezionalità del datore di lavoro nell’ambito di una lista di soggetti idonei (Cass., n. 2141 del 2017).
In particolare, questa Corte ha formulato il seguente principio di diritto: “la motivazione degli atti di individuazione delle Posizioni Organizzative da parte degli Enti Locali, deve essere operata ed espressamente diretta anche con riferimento ad una valutazione comparativa degli aspiranti alle posizioni in contestazione’ (Cass. 16247 del 2014).
Nella specie la Corte d’Appello, nel fare corretta applicazione dei suddetti principi, ha accolto la domanda del lavoratore non per la sola mera formale mancanza di motivazione della determina di conferimento della PO quanto alla comparazione degli aspiranti e all’esame dei relativi profili, non integrabile ex post, come assume il ricorrente. Ed infatti, il giudice di appello, in ragione di una più articolata ratio decidendi , in relazione alle doglianze prospettate dal ricorrente sin dal primo grado di g iudizio (l’essere l’unico aspirante con VIII qualifica funzionale, oggi D3, mentre il designato era cat. D1, identità della PO nella sostanza a quella già ricoperta, mancanza negli altri aspiranti di titoli comparabili, in particolare il designato aveva un profilo prevalentemente tenico che gli avrebbe precluso la PO in oggetto), ha considerato il bando e le disposizioni contrattuali, e in relazione agli stessi ha esaminato i profili degli aspiranti e in ragione di ciò ha ritenuto inadeguata la motivazione della determina, e comunque le prospettazioni difensive contenute nel rapporto prodotto in giudizio dall’Amministrazione .
Il giudice di secondo grado dopo aver esaminato in relazione al bando e al CCNL i profili professionali degli aspiranti, ha osservato che in relazione all’obbligo dell’amministrazione di attribuire gli incarichi in relazione alle esperienze attitudinali e capacità professionali dei candidati, la scelta effettuata rispetto agli altri candidati e in particolare al COGNOME (di inquadramento più elevato
rispetto a tutti gli altri, titolare di PO di contenuto professionale praticamente identico a quello di interesse e perciò portatore di esperienza professionale più specifica e significativa) avrebbe dovuto essere sostenuta da una motivazione particolarmente stringente, idonea a dar conto in maniera espressa e compiuta delle ragioni della scelta, mentre quella adottata si palesava apparente.
Nella stessa, ricorda il giudice di appello, si faceva generico riferimento a capacità ed esperienza professionali, a requisiti culturali e attitudinali dimostrati del funzionario scelto, tali da assicurare la piena assunzione di responsabilità e delle funzioni ascritte alla PO, senza una effettiva illustrazione e comparazione.
Correttamente la Corte d’Appello ha poi escluso che ex post , mediante un documento successivo non solo alla determina dirigenziale ma anche alla contestazione in giudizio – rapporto informativo proveniente dal direttore dei servizi tecnici- potesse essere integrata la suddetta motivazione. Tale documento non può che costituire corredo alla difesa tecnica, che peraltro la Corte d’Appello ha preso in esame nel merito, rilevando tuttavia che le argomentazioni esposte confliggevano con la chiara declaratoria de ll’incarico in questione, che investiva ambiti amministrativi come quelli di competenza del COGNOME e non tecnici come quelli del funzionario scelto.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, artt. 1218, 1223, 1226, 2043, cc (art. 360, n.3, cpc).
La doglianza verte sulla statuizione che ha riconosciuto al lavoratore il risarcimento del danno in quanto l’Amministrazione in dilazione dell’obbligo di procedere a comparazione ai fini dell’affidamento dell’incarico di posizione organizzativa non aveva p roceduto a una motivata valutazione comparativa dei candidati precludendo al
ricorrente la possibilità di ottenere la PO una chance professionale avente un effettivo contenuto economico rappresentato in primo luogo dalla retribuzione corrispettiva dell’incarico di PO.
Assume il ricorrente che il COGNOME non ha perso alcuna chance perché è stato ammesso alla selezione ed è stato valutato con gli stesi criteri con cui sono stati valutati gli altri candidati e non è stato scelto. Al più si poteva ritenere sussistere un mero difetto di motivazione del provvedimento di incarico e non una perdita di chance, atteso che il lavoratore aveva partecipato alla selezione utilizzando tutte le probabilità di successo, non risultando vincitore per una serie di ragioni oggettive che anche un ipotetico rinnovamento della procedura confermerebbe.
Con il quarto motivo di ricorso è denunciata la nullità della sentenza per vizio di motivazione sotto il profilo della illogicità manifesta in violazione dell’art. 132, comma 2, n.4, cpc, e dell’art. 118 disp. att. cpc, denunciabile ex art. 360, n.3, cpc.
La censura investe gli stessi fatti di cui al motivo che precede.
La Corte d’Appello ha valutato nel 90% la chance del lavoratore di ottenere la PO ove la comparazione fosse stata effettivamente ed adeguatamente compiuta.
Tale valutazione ad avviso del ricorrente è illogica, atteso che il lavoratore partecipava alla selezione, la sua posizione veniva scrutinata e veniva preferito altro funzionario senza che fosse mai stata adombrata l’inadeguatezza l’irragionevolezza della scelta dell’Amministrazione.
La Corte d’Appello ha fatto riferimento a maggiori requisiti in capo al controricorrente circa la sottocategoria di appartenenza, l’ anzianità di servizio, la passata titolarità di PO. Ad avviso del ricorrente si tratta di elementi statici e risalenti che lascia scoperte le competenze dinamiche e di leadership che rientrano tra i criteri di selezione, come si evince dall’art. 9 del CNNL 31 ma rzo 1999. Viene richiamata la
nota del Direttore dei servizi tecnici del Comune di Fiorenze evidenziando che il curriculum dei due candidati che metterebbero in evidenza le migliori prerogative del candidato scelto.
Con il quinto motivo di ricorso è dedotta la violazione falsa applicazione ai sensi dell’art. 360, n.3, cpc, degli artt. 1218, 1223, 1226, 2043 cc.
Si contesta la statuizione della Corte d’Appello di determinare il risarcimento, nella misura del 90% della retribuzione complessiva dell’incarico, considerando anche la retribuzione di risultato, che tuttavia costituisce parte variabile di una voce retributiva già accessoria ed estranea al normale contratto di lavoro, priva di fissità e continuità.
Pertanto, erroneamente la Corte d’Appello aveva riconosciuto al lavoratore nella determinazione del risarcimento anche la retribuzione di risultato.
5.1. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.
5.2. I motivi sono inammissibili nella parte in cui si sostanziano nella richiesta di una rivalutazione dell’accertamento effettuato dalla Corte d’Appello . Sono nel resto infondati, atteso che la Corte d’Appello ha correttamente riconosciuto il danno da perdita di chance, in applicazione dei seguenti principi.
In tema di impiego pubblico locale (v., ex aliis , Cass., n. 1884 del 2022) , l’illegittimo diniego di una posizione organizzativa comporta il diritto del dipendente al risarcimento del danno per perdita di chance. Al fine della liquidazione del danno patrimoniale da perdita di ‘chance’ la concreta ed effettiva occasione perduta d i conseguire un determinato bene non è una mera aspettativa di fatto, ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di valutazione autonoma, che deve tenere conto della proiezione sulla sfera patrimoniale del soggetto
(Cass., n. 18207 del 2014). Ove sussista la prova di una concreta ed effettiva occasione perduta, il danno, che non coincide con le retribuzioni perse, va liquidato in via equitativa ed a tal fine l’ammontare delle retribuzioni perse può costituire un parametro (Cass., n. 18207 del 2014 cit.). Tuttavia, occorre considerare il grado di probabilità e la natura del danno da perdita di chance, che è un danno futuro, consistente nella perdita non di un vantaggio economico, ma della mera possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione ex ante da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilità in termini di conseguenza dannosa potenziale (Cass. n. 13483 del 2018).
La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione di tali principi, come emerge dal ragionamento decisorio sopra richiamato nella trattazione del primo e del secondo motivo di ricorso, e ha considerato le maggiori retribuzioni che il lavoratore avrebbe potuto conseguire, tenendo conto – come riconosce lo stesso ricorrente nel riportare stralcio della CTU -che il Consulente tecnico aveva appurato che la retribuzione di risultato era stata conseguita dai funzionario di pari livello che avevano l’incarico nel triennio.
Il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro 3.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro