Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10411 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10411 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 00314 del 2020 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE LATINA, in persona del legale rappresentante p.t.;
– intimata- avverso la sentenza n. 1965/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14.6.2019 R.G.N. 5480/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3.4.2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Oggetto :
Dirigente medico – Incarico di struttura semplice e complessa – Riconoscimento anzianità – Risarcimento danni.
R.G.N. 314/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 3.4.2025
La Corte d’appello di Roma respingeva il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Latina che aveva rigettato le sue domande.
Nel ricorso ex art. 414 c.p.c., secondo quanto emerge dalla sentenza di appello, NOME COGNOME, già medico convenzionato, successivamente inquadrato, a far tempo dal 21.4.2000, nel ruolo di dirigente medico presso il servizio di emergenza del 118, premesso di aver ottenuto in via giudiziale il riconoscimento dell’anzianità maturata per il servizio prestato come medico convenzionato e che, in esecuzione di detta sentenza, con delibera n. 279 del 2013, la parte datoriale in epigrafe gli erogava le somme a lui spettanti a titolo di indennità di posizione, esponeva che il mancato tempestivo riconoscimento dell’anzianità di servizio gli aveva impedito , all’epoca dell’inquadramento in ruolo , di acquisire l’incarico di struttura semplice (dopo 5 anni) e successivamente di struttura complessa.
Sulla scorta di tali premesse chiedeva pertanto: a) dichiararsi l’illegittimità del comportamento dell’ AUSL di Latina (di seguito anche: AUSL) per mancato adeguamento dell’anzianità di servizio e del conseguente mancato conferimento degli incarichi, prima, di dirigente di struttura semplice e, poi, di struttura complessa; b) la condanna della AUSL di Latina al risarcimento dei danni nella misura corrispondente al trattamento retributivo che gli sarebbe spettato ove gli fossero stati conferiti prima, dal 2000, gli incarichi di struttura semplice e, poi, dal 2004, quelli di struttura complessa; c) la condanna al ristoro del danno patrimoniale derivante dalla mancata percezione dei conguagli retributivi a lui dovuti per il mancato riconoscimento della qualifica di dirigente di 1^ livello.
La sentenza qui impugnata, nel rigettare il gravame, evidenziava l’infondatezza dell’assunto del lavoratore, sostenuto nei motivi di appello secondo cui, sulla scorta degli artt. 27 e 28 del c.c.n.l. del 2000, la AUSL avrebbe dovuto affidargli la direzione della struttura semplice del servizio del 118.
La Corte territoriale rimarcava sul punto che l’esame delle norme della contrattazione collettiva innanzi richiamate rende evidente che non sussiste un diritto al conferimento di incarico di direzione di struttura semplice o complessa al maturare dell’anzianità, atteso che la disciplina collettiva richiede, in primis, l’esistenza nell’ambito della A USL di incarichi che abbiano tale connotazione (incarichi di struttura semplice o complessa), in secundis, l’espletamento di una procedura selettiva in applicazione dei criteri di cui all’art. 28 cit.
Conclusivamente, la sentenza di appello motivava la pronunzia di rigetto del gravame rilevando, da un lato, che la maturazione del quinquennio di anzianità non fa sorgere il diritto soggettivo al conferimento di un incarico diverso da quello di natura professionale (essendo necessarie la previsione dell’atto aziendale e la previa procedura selettiva comparativa), dall’altro, che secondo l’atto aziendale il se rvizio del 118 era configurato come una struttura complessa e non semplice, priva, al suo interno, di strutture semplice cui il Graziosetto potesse aspirare.
Il dirigente medico indicato in epigrafe ha proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo.
L’ AUSL di Latina, in persona del legale rappresentante p.t., è rimasta intimata.
La IV Sezione civile ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
10. NOME COGNOME ha chiesto ex art. 380 bis, II comma, c.p.c. la decisione del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo ed unico motivo di ricorso parte ricorrente lamenta ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 5, c.p.c. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 117 d.P.R. n. 384 del 1990; degli artt. 1226, 2697, 1218, 2109, 1175 e 1375 c.c.; dell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001; dell’art. 97 della Costituzione; degli artt. 51, 52 et ss. del c.c.n.l. del 5.12.1996 dirigenza medica e veterinaria del S.S.N.; degli artt. 27 e 28 c.c.n.l. dirigenza medica e veterinaria dell’8.6.2000.
1.1. La doglianza denunzia la violazione da parte della Corte territoriale dell’art. 117 del d.P.R. n. 384 del 1990 e dell’art. 52 del c.c.n.l. del 5.12.1996, norme vigenti all’atto dell’assunzione del COGNOME avvenuta in data 21.4.2000, la cui applicazione avrebbe comportato -secondo quanto assume parte ricorrente -l’inquadramento del medico nel X livello dirigenziale, previa valutazione obbligatoria da parte del Collegio Tecnico, in conseguenza della maturata anzianità di servizio nella misura di undici anni e sei mesi, con riconoscimento della retribuzione di posizione e con inserimento in una struttura operativa semplice oppure in un modulo organizzativo corrispondente all’attuale attribuzione di incarichi di alta specializzazione, di studio, di controllo del c.c.n.l. dirigenza medica dell’8 giugno del 2000.
1.2. Rimarca che il citato art. 117 del d.P.R. n. 384 del 1990 ha perso efficacia solo con l’entrata in vigore dell’art. 65, comma 1, lett. N, del c.c.n.l. dell’8.6.2000, ancora in vigore alla data del 21.4.2000 in cui è stato assunto, conseguentemente insiste nel suo diritto all’inquadramento nel
decimo livello (con qualifica di aiuto), anziché nel nono nel quale è stato inquadrato, sicché egli ha altresì diritto al conguaglio di retribuzione (per gli importi specificamente indicati a pag. 16 del ricorso per cassazione) tra il nono livello in cui è stato inquadrato ed il decimo, oltre alla ricostituzione della posizione previdenziale.
1.3. Denunzia che è errata ed illegittima l’affermazione della sentenza di appello secondo cui egli avrebbe dovuto provare, nell’ambito del servizio del 118 della A U SL di Latina, l’esistenza di un incarico di direzione di struttura semplice conferibile. Insiste, inoltre, che l’atto aziendale è necessario per individuare le strutture semplici e complesse, ma non per gli altri incarichi di alta specializzazione, di consulenza, di studio e di ricerca, ispettivi, di verifica e controllo. Rimarca altresì che alla data dell’assunzione esistevano anche altre unità operative semplici a lui conferibili.
1.4. Sottolinea che quand’anche il conferimento dell’incarico (a seguire il percorso della C.d.A.) non fosse obbligatorio, il riconoscimento del decimo livello, anziché del nono, avrebbe reso altamente probabile l’affidamento di responsabil ità di una delle unità operative semplici o moduli dell’interno della AUSL di Latina, senza tacere che l’affidamento dei predetti incarichi era obbligatoria ex art. 56 del c.c.n.l. del 5.12.1996.
1.5. Sulla scorta di tale rilievo insiste esservi stata violazione dell’art. 1226 c.c., per aver e la Corte territoriale equiparato la perdita di chance all’utile derivante dalla conclusione del contratto, laddove l’occasione perduta risiede nella perdita di tutti gli incarichi cui innanzi si è fatto riferimento, oltre che delle indennità e degli emolumenti retributivi spettanti in conseguenza del riconoscimento del decimo anziché nono livello.
Preliminarmente il Collegio ricorda, condividendo integralmente quanto affermato dalla S.C. a Sezioni Unite, che nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte – ed eventualmente essere nominato relatore -del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380bis .1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa ( cfr. Cass. Sez. U., n. 9611/2024, rv. 670667-01, da intendersi qui richiamato, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., anche il percorso motivazionale della decisione).
2.1. Tanto premesso, tutte le censure svolte nel motivo sono inammissibili.
Innanzi tutto rileva il Collegio che, come indicato nella proposta di definizione della causa ex art. 380 bis c.p.c., il motivo di ricorso, al di là della formulazione della rubrica, pone, quale questione nodale, la violazione del d.P.R. n. 384 del 1990 e del c.c.n.l. del 5.12.1996, con conseguente deduzione dell’attribuzione erronea dell’inquadramento nel nono anziché del decimo livello, da cui sarebbe derivata la mancata applicazione degli istituti contrattuali a detto livello agganciati.
3.1. Orbene, si tratta di una pretesa che non trova alcun esame nella sentenza di appello e le questioni giuridiche prospettate implicano, altresì, accertamenti di fatto.
3.2. Ebbene, in armonia con il consolidato orientamento del giudice di legittimità, già ricordato anche nella proposta di definizione anticipata, non può mancarsi di sottolineare come in caso di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata -esattamente com’è nel caso di specie in cui non viene fatto alcun riferimento alla pretesa del riconoscimento del decimo anziché del nono livello di inquadramento -il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche , in virtù del principio di autosufficienza, ricordare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili d’ufficio ( cfr., tra le tante, Cass. n. 18018/2024, rv. 671850-01 )
3.3. Il ricorso, come già osservato nella proposta di definizione anticipata, non assolve affatto agli oneri innanzi indicati e non
rispetta il principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c.
3.4. Nel ricorso per cassazione, infatti, sono riportate unicamente le conclusioni del ricorso ex art. 414 c.p.c. ( cfr. pag. 7, p. 16), ma non si fa alcun cenno, come si sarebbe dovuto, sulla scorta del consolidato insegnamento del giudice di legittimità innanzi richiamato, al contenuto (eventualmente omissivo) della sentenza di primo grado sul punto ed alla
riproposizione della questione di cui innanzi nei motivi di appello.
3.5. Tale deficit ridonda inesorabilmente nella impossibilità di comprendere, se ed in che termini, la questione già proposta in ricorso ex art. 414 c.p.c., veniva nuovamente sottoposta al giudice del gravame e, quindi, nell’inammissibilità della censura, quanto al profilo qui in esame.
3.6. Nella memoria del 22.3.2025 il dirigente medico insiste che il ricorso per Cassazione non è affetto dai vizi innanzi indicati, perché riporta, nella esposizione dei fatti e dei motivi, le domande proposte in prime e seconde cure.
3.6.1. Nel dettaglio, nella memoria ( cfr. pagg. 4-5) il dirigente medico obietta che nel ricorso per cassazione è evidenziato: al punto 2), che la domanda riguarda il riconoscimento anzianità di servizio di 11 anni e mesi 6 ai sensi del DPCM art. 8 comma 2 bis D.Lgs
‘ dell ‘ 8 marzo 2001 in osservanza dell ‘ 502/92;
-(…) al punto 3) che la domanda riguarda le richieste, effettuate in data 16 ottobre 2001 e 28 febbraio 2002 dal COGNOME, alla ASL di Latina circa l ‘ applicazione dell ‘ art. 117 del d.P.R. 384/90 e s.m. e dell ‘ art. 3 del CCNL 8/6/2000 (equiparazione), avendo maturata l ‘ anzianità di servizio superiore ai 5 anni, più esattamente 11 anni e 6 mesi al momento dell ‘ inquadramento del 21 aprile 2000 (rimaste prive di qualsiasi riscontro);
-(…) al punto 4), che il COGNOME, nonostante la notevole anzianità di servizio, è stato sempre considerato dalla ASL di Latina quale dirigente medico di 1° livello (9° livello con anzianità inferiore ai 5 anni), come un neoassunto;
lamenta che, già nel ricorso di primo grado, il COGNOME aveva contestato la mancata applicazione dell ‘ art. 117 del
d.p.r. D.P.R. 384/90, vigente al momento dell ‘ inquadramento avvenuto il 21 aprile 2000;
contesta, al punto 6), che la non applicazione dell ‘ art. 117 e la mancata valutazione quinquennale (prevista per i dirigenti dallo stesso art. 117) hanno penalizzato il COGNOME nel suo avanzamento di carriera, rimasta bloccata al livello di neoassunto;
riporta, a pag. 10 e fino a pag. 14, le testuali affermazioni della Corte di Appello di pagina 3, 4, 5 e 6 della sentenza di rigetto;
indica, a pag. 7, al punto 16), i motivi del ricorso di primo grado innanzi al Tribunale di Latina ‘ .
3.7. Tutte le considerazioni di cui innanzi, riportate pedissequamente, non scalfiscono affatto le affermazioni contenute nella proposta di definizione anticipata che ha ben sottolineato che il motivo, per superare il vaglio di ammissibilità, occorreva che si riferisse anche al contenuto della sentenza di primo grado sul punto ed alla riproposizione della questione di cui innanzi nei motivi di appello, tanto basta a superare non solo il punto 1 innanzi riportato della memoria, ma anche il punto 2 in cui si fa riferimento a due note che si assumono inoltrate alla AUSL e non, come si sarebbe dovuto, alle deduzioni contenute sul punto nel ricorso ex art. 414 c.p.c., alla sentenza di primo grado ed ai motivi di appello.
3.7.1. A tanto va aggiunto che il dedotto inquadramento sulla base del previgente sistema delle qualifiche funzionali in luogo di quello nel ruolo unico della dirigenza è cosa diversa dal semplice riconoscimento dell’anzianità di servizio, questione rispetto alla quale vale quanto innanzi si è più volte rimarcato: difettando del tutto l’esame di tale aspetto nella sentenza
impugnata occorreva che il motivo rispettasse gli oneri di cui all’art. 366 c.p.c. come innanzi illustrati ai punti da 3.2. a 3.4. 3.8. Le considerazioni innanzi svolte al punto che precede valgono simmetricamente, del pari, rispetto al conferimento degli altri incarichi di alta specializzazione, di consulenza, di studio e di ricerca, ispettivi, di verifica e controllo (peraltro necessaria anche in questo caso, a differenza di quanto argomentato nel motivo, la previsione e disponibilità nell’atto aziendale, trattandosi di atti datoriali di organizzazione del servizio sanitario).
3.9. Va poi sottolineato che costituisce accertamento di fatto non rivedibile in sede di legittimità quello compiuto dal giudice di merito che ha escluso del tutto che il servizio del 118 fosse articolato in più strutture semplici e che, in ogni caso, spetta ei qui dicit, quindi, al dirigente medico provare che il servizio del 118 all’epoca dei fatti fosse articolato in più strutture semplici.
3.10. Resta da dire sulla reiterata richiesta di risarcimento del danno da perdita di chance.
3.10.1. La doglianza non si sottrae al giudizio di inammissibilità, perché, per un verso, non si confronta con il decisum e, per altro verso, sollecita un nuovo ed inammissibile giudizio di merito.
3.11. La sentenza di appello nel confermare conclusivamente quella di primo grado afferma che: a) il ricorrente non ha provato, nell’ambito del servizio del 118 della USL di Latina che esistesse un incarico di direzione di struttura semplice conferibile, né altri incarichi della stessa tipologia in altri e diversi servizi o strutture; b) conseguentemente ha escluso che la mancata attribuzione del predetto incarico possa essere concretamente valutata nell’ambito delle successive
partecipazioni del ricorrente alle procedure selettive per il conferimento di incarichi di dirigenti di strutture complesse.
3.11.1. Ebbene, quello di cui alla lett. sub a) è un accertamento di fatto, non più rivedibile ed esclude la possibilità che al ricorrente fosse conferito l’incarico di dirigente di struttura semplice non solo per il servizio del 118 della AUSL di Latina, ma anche per altri incarichi della stessa tipologia (qui rimarcato altresì che -come innanzi detto -il conferimento giammai avrebbe potuto essere automatico, dovendo transitare per le procedure selettive).
3.12. Sulla scorta di tali considerazioni, richiamato quanto già innanzi detto rispetto alle altre domande qui inammissibilmente (ri)proposte, è corretta la valutazione della Corte territoriale che ha escluso il diritto al risarcimento del danno da perdita dell’occasione perduta in mancanza di concreti elementi dai quali poter desumere che il ricorrente sarebbe stato un concorrente con alta probabilità di risultare vincitore nell’assegnazione della direzione di struttura semplice o complessa, tutte le altre considerazioni ridondando in inammissibili richieste di rivalutazione del merito del giudizio.
3.12.1. Conclusivamente – brevemente evidenziato, infine, che l’esclusione di ogni possibilità di risarcimento da perdita dell’occasione perduta riguarda anche tutti gli altri incarichi di alta specializzazione, consulenza, etc. alla luce di quanto si è già detto ai punti 3.7., 3.7.1. e 3.8. – il ricorso va dichiarato inammissibile.
Nulla per le spese essendo rimasta la USL di Latina intimata.
Ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 380 -bis c.p.c., avendo il ricorrente chiesto la decisione del ricorso dopo la proposta di definizione ed avendo il Collegio definito il giudizio in
conformità alla proposta, in applicazione del quarto comma dell’art. 96 c.p.c, va condannato il ricorrente in cassazione al versamento dell’importo di € 2.000 in favore della Cassa delle ammende.
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente in cassazione di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., al pagamento della somma di € 2 .000 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2000, dà atto sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione