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Perdita di chance: no risarcimento se l’assenza è scelta

Un funzionario pubblico chiede il risarcimento per la perdita di chance professionale, non avendo potuto frequentare un corso per mancata autorizzazione alla missione. La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, confermando le decisioni di merito. I giudici hanno stabilito che l’autorizzazione non era indispensabile e il dipendente avrebbe potuto partecipare a proprie spese o assentandosi dal servizio, escludendo così una responsabilità risarcibile dell’amministrazione.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Perdita di chance: nessun risarcimento se il dipendente poteva partecipare al corso

L’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. Lavoro, n. 12875 del 10 maggio 2024, offre importanti chiarimenti sui confini del risarcimento per perdita di chance nell’ambito del pubblico impiego. La Suprema Corte ha stabilito che non sussiste responsabilità del datore di lavoro se il dipendente, pur in assenza di un’autorizzazione formale alla missione, aveva comunque la possibilità di frequentare un corso di formazione.

I fatti del caso: un corso di formazione mancato

Un funzionario contabile del Ministero della Giustizia aveva agito in giudizio per ottenere il risarcimento del danno subito a causa della mancata partecipazione a un corso di formazione in “E-Government”. Secondo il ricorrente, l’amministrazione non aveva emesso in tempo il necessario provvedimento di missione, impedendogli di frequentare il corso e causando un pregiudizio al suo bagaglio professionale e alle sue future opportunità di carriera.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda. I giudici di merito avevano osservato che il nominativo del funzionario era già stato inserito nell’elenco degli ammessi e comunicato alla sua sede di servizio. L’emissione del provvedimento di missione non era considerata un requisito indispensabile (conditio sine qua non). In caso di fondi insufficienti, il dipendente avrebbe potuto comunque partecipare assentandosi dal servizio e sostenendo personalmente le spese.

Le ragioni del ricorso e i limiti del giudizio di Cassazione

Il funzionario ha proposto ricorso per cassazione lamentando, principalmente, un’errata valutazione delle prove da parte dei giudici di merito. A suo avviso, la Corte d’Appello aveva interpretato in modo “imprudente” la documentazione, dalla quale sarebbe emersa la natura indispensabile dell’autorizzazione alla missione. Contestava inoltre la liquidazione delle spese legali.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale del processo civile: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. Il suo scopo è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto. Contestare la valutazione delle prove, come ha fatto il ricorrente, equivale a chiedere un nuovo giudizio sul merito della vicenda, attività preclusa alla Corte di legittimità.

Le motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha spiegato che la violazione delle norme sulla valutazione delle prove (artt. 115 e 116 c.p.c.) si configura solo in casi specifici e gravi: ad esempio, quando un giudice fonda la sua decisione su prove non presentate dalle parti o quando disattende il valore di una prova legale (come un atto pubblico). Nel caso in esame, invece, il ricorrente si limitava a proporre una diversa interpretazione dei fatti e dei documenti, già correttamente valutati dai giudici di merito.

La Corte ha ritenuto che non vi fosse alcuna responsabilità dell’amministrazione, poiché era stato accertato che il dipendente era stato ammesso al corso e avrebbe potuto assentarsi dal servizio per parteciparvi. La mancata emissione dell’ordine di missione non ha quindi costituito l’effettiva causa della mancata frequenza, che è dipesa da una scelta del lavoratore stesso.

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alle spese legali, è stato giudicato inammissibile. La Corte d’Appello aveva già considerato che l’amministrazione si fosse difesa tramite un proprio funzionario, riducendo l’importo dovuto, applicando correttamente la normativa vigente. Pertanto, nessun fatto decisivo era stato omesso.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce che per ottenere un risarcimento per perdita di chance è necessario dimostrare un nesso causale diretto tra la condotta del datore di lavoro e la perdita della concreta possibilità di ottenere un vantaggio futuro. Se il dipendente ha a disposizione alternative per cogliere l’opportunità (come partecipare a proprie spese o usufruire di permessi), la responsabilità dell’amministrazione viene meno. La decisione sottolinea inoltre la netta distinzione tra il giudizio di merito, che accerta i fatti, e il giudizio di legittimità della Cassazione, che controlla la corretta applicazione del diritto.

La mancata emissione di un’autorizzazione alla missione da parte del datore di lavoro costituisce sempre una perdita di chance risarcibile per il dipendente?
No. Secondo questa ordinanza, se l’autorizzazione non è un requisito indispensabile per la partecipazione e il dipendente ha alternative per frequentare l’attività formativa (ad esempio, a proprie spese o assentandosi dal servizio), non sussiste un danno risarcibile riconducibile alla condotta dell’amministrazione.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova e diversa valutazione dei fatti o delle prove. Il ricorso in Cassazione è ammesso solo per contestare errori di diritto, cioè la violazione o la falsa applicazione di norme di legge, e non per riesaminare il merito della controversia.

Cosa significa che un motivo di ricorso è inammissibile?
Significa che il motivo non può essere esaminato nel merito dalla Corte perché non rispetta i requisiti formali o sostanziali previsti dalla legge. In questo caso, i motivi sono stati ritenuti inammissibili perché, invece di denunciare vizi di legittimità, sollecitavano un nuovo giudizio sui fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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