Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12875 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 12875 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 30750-2018 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’RAGIONE_SOCIALE presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 420/2018 RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 19/04/2018 R.G.N. 588/2016;
Oggetto
Risarcimento pubblico impiego
R.G.N. 30750/NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 04/04/2024
CC
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 04/04/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE:
con sentenza del 19 aprile 2018, la Corte d’appello di Catanzaro confermava la decisione del Tribunale di Cosenza, di rigetto RAGIONE_SOCIALE domanda proposta da NOME COGNOME, funzionario contabile (Area III-F5) del RAGIONE_SOCIALE, salvo che per il solo capo sulle spese di giudizio, che riduceva nel quantum alla minor somma di €. 784,40;
il funzionario aveva agito in primo grado per il risarcimento del danno subito per effetto RAGIONE_SOCIALE condotta tenuta dall’amministrazione che, non emettendo per tempo il provvedimento di missione, gli aveva impedito di partecipare a un corso di formazione di ‘ERAGIONE_SOCIALEGovernment’ che si era tenuto a Reggio Calabria dal 9 al 13 settembre 2013, con conseguente pregiudizio al suo bagaglio professionale e alle future opportunità di avanzamento di carriera;
il Tribunale aveva rigettato la domanda, alla stregua dell’assunto che, come previsto dalla nota DAP del 22.8.2013, il provvedimento di missione non era requisito indispensabile per la frequenza al corso, tant’è che, in caso di incapienza dei fondi, il dipendente avrebbe potuto frequentarlo a proprie spese;
il giudice d’appello aveva confermato tale valutazione, osservando che il nominativo del funzionario era stato inserito nell’elenco degli ammessi al corso e comunicato alla Casa circondariale di Cosenza, ove prestava servizio il ricorrente, il quale avrebbe potuto assentarsi dal servizio per prendere parte al corso,
donde la non imputabilità all’amministrazione di un danno da perdita di chance per effetto RAGIONE_SOCIALE mancata frequenza;
quanto alle spese di lite, l’amministrazione si era costituita con proprio funzionario ai sensi dell’art. 416 bis cod. proc. civ., senza documentare esborsi di sorta; sicché, in applicazione dell’art. 152 bis att. cod. proc. civ., nel testo introdotto dall’art. 4 comma 42 RAGIONE_SOCIALE legge n. 183/2011, che rinviava alle tabelle di cui al d.m. n. 55/2014 con riduzione del 20%, le spese di lite andavano liquidate nel (minor) importo di € 784,40.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il lavoratore sulla base di due motivi assistiti da memoria, cui si oppone con controricorso il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo il ricorrente denuncia (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) la nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza per violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare dell’art. 116 cod. proc. civ., per avere la Corte di merito adottato «una valutazione ‘imprudente’ RAGIONE_SOCIALE prova che si risolveva in un’interpretazione logicamente insostenibile con errata ricostruzione del fatto e quindi erronea applicazione delle norme di diritto»; più nel dettaglio, l’emissione del provvedimento di missione era conditio sine qua non per la partecipazione al corso, come si evinceva dalla nota 22.8.2013 n. 9249 dell’RAGIONE_SOCIALE, sicché il pregiudizio andava risarcito sotto forma di perdita di chance ;
il motivo è inammissibile;
è utile rammentare che il vizio di violazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, RAGIONE_SOCIALE fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo RAGIONE_SOCIALE stessa; viceversa, l’allegazione di una errata ricostruzione RAGIONE_SOCIALE fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna
all’esatta interpretazione RAGIONE_SOCIALE norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione, ma nei limiti fissati dalla disciplina applicabile ratione temporis. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr., tra le tante, Cass. 12.9.2016 n. 17921; Cass. 11.1.2016 n. 195; Cass. 30.12.2015 n. 26110);
nel caso di specie il ricorrente torna a prospettare la tesi difensiva, ritenuta non fondata dal giudice d’appello, secondo la quale la nota del 22.8.2013 dell’RAGIONE_SOCIALE avrebbe imposto l’emissione del provvedimento di missione per la partecipazione al corso di formazione; i rilievi sono stati valutati e motivatamente disattesi prima dal Tribunale e poi dalla Corte d’appello, sicché la censura si risolve in un’inammissibile sollecitazione di un diverso giudizio di merito, non consentito al giudice di legittimità;
nel giudizio di legittimità, inoltre, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può essere formulata per lamentare un’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, perché la violazione RAGIONE_SOCIALE norma processuale può essere ravvisata solo qualora il ricorrente alleghi che siano state poste a base RAGIONE_SOCIALE decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o che il giudice abbia disatteso delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (si rimanda a Cass. n. 1229/2019, Cass. n. 23940/2017, Cass. n. 27000/2016); trattasi di ipotesi non dedotte (e palesemente non verificatesi) nella fattispecie;
si aggiunga che la censura non sarebbe neanche scrutinabile perché formulata senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., sia perché non riporta, nei passaggi salienti, il contenuto del documento in menzione, che sarebbe stato ‘imprudentemente’ valutato dai giudici di secondo grado, sia perché non indica, rispetto ad esso, i criteri di ermeneutica contrattuale che la Corte territoriale avrebbe (in tesi) violato;
quest’ultima, peraltro, ha fatto rifermento alla circostanza che i fondi per la singola missione, trattandosi di spese inerenti al personale, fossero ricompresi fra quelli a disposizione RAGIONE_SOCIALE Casa circondariale, mentre il ricorrente non coglie il decisum e concentra incongruamente le sue energie su questioni legate al riparto astratto delle competenze;
il secondo mezzo denuncia l’omessa valutazione, ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., di un fatto decisivo risultante dagli atti di causa, avendo il giudice d’appello deciso il motivo d’appello, riguardante la statuizione sulle spese di primo grado, senza considerare la sentenza, prodotta in secondo grado, recante n. 1382/2016 del Tribunale di Cosenza, e senza valutare che l’Amministrazione si era fatta rappresentare in primo grado da ‘un funzionario amministrativo dirigente interno’, ragion per cui le spese di primo grado avrebbero dovuto almeno essere compensate;
anche tale motivo è inammissibile;
si osserva, a riguardo, che l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla 1. n. 143 del 2012, prevede l’omesso esame come riferito ad ‘un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico (cfr., Cass., n. 2268 del 2022), non assimilabile in alcun modo a
questioni o argomentazioni, quali quelle interpretative dedotte nel motivo in esame, che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass. n. 31332/2022);
il fatto che il RAGIONE_SOCIALE resistente si fosse fatto rappresentare in giudizio da un funzionario è stato, oltretutto, espressamente considerato dal giudice d’appello, il quale ha ritenuto, andando in diverso avviso rispetto a quello di prime cure, che dovesse essere decurtata la somma dovuta a titolo di spese legali del 20%, ciò in applicazione dell’art. 152 bis att. cod. proc. civ. nella formulazione ratione temporis vigente (affermazione, questa, si noti, non specificamente censurata in punto di diritto in sede di legittimità);
pertanto, alla stregua dei rilievi già indicati, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile, con addebito delle spese del giudizio di legittimità al COGNOME, che è parte soccombente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità, liquidate in Euro 1.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2024.