Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14137 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14137 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 35931/2019 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Cagliari, Sez. dist. RAGIONE_SOCIALE, n. 121/2019, pubblicata il 24 maggio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 15 luglio 2015 NOME COGNOME ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE deducendo che:
era in servizio presso tale RAGIONE_SOCIALE dal 1° marzo 1990 come collaboratore RAGIONE_SOCIALE esperto, livello retributivo DS1;
le er a stato conferito l’incarico di posizione organizzativa relativa all’ufficio infermieristico del distretto di RAGIONE_SOCIALE;
aveva promosso una causa contro la RAGIONE_SOCIALE per mancato conferimento della posizione organizzativa per le PO distretto RAGIONE_SOCIALE, di cui era titolare dal 2007, conclusasi con l’accoglimento della sua domanda in appello;
la RAGIONE_SOCIALE aveva di nuovo indetto la procedura per attribuire le posizioni organizzative Area distrettuale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e Area cure mediche del presidio ospedaliero di RAGIONE_SOCIALE, ma la sua domanda non era stata accolta.
La ricorrente ha chiesto, quindi, di essere nominata per la posizione organizzativa per la quale, tra quelle richieste, fosse risultata più idonea e la condanna di controparte a risarcire il danno patito.
In subordine, essa ha domandato il risarcimento del danno da perdita di chance .
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 357 del 2016, ha accolto in parte la domanda, condannando controparte a corrispondere € 2.500,00, oltre interessi.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello.
NOME COGNOME si è costituita e ha proposto appello incidentale.
La Corte d’appello di Cagliari, Sez. dist. di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 121/2019, ha accolto l’appello principale e rigettato quello incidentale.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE si è difeso con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione dell ‘ art. 156, comma 2, c.p.c., sul presupposto che sussisterebbe contrasto tra motivazione e dispositivo, avendo la corte territoriale, nella prima, affermato la parziale fondatezza dell ‘ appello, con argomentazione rispetto all ‘ illegittimità del conferimento degli incarichi, per poi, però, accogliere in dispositivo l ‘ appello senza distinzione alcuna, con reiezione della domanda risarcitoria.
Il motivo è infondato, in quanto la Corte d ‘a ppello di Cagliari, decidendo sulla domanda risarcitoria accolta in primo grado, ha integralmente accolto l ‘ appello sul presupposto della fondatezza del motivo relativo alla (mancata) prova del danno, pur ritenendo il gravame infondato rispetto all ‘ illegittimità del comportamento negoziale dell ‘RAGIONE_SOCIALE.
L’ accoglimento del gravame rispetto al quantum implica, infatti, il rigetto della domanda risarcitoria e, con esso, la riforma della sentenza di primo grado che l ‘ aveva accolta.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell ‘ art. 112 c.p.c. perché oggetto del contendere sarebbe stata anche la mera declaratoria di invalidità della Delibera di conferimento delle Posizioni Organizzative e l ‘ ordine di reiterazione della procedura selettiva in forme regolari, profilo sul quale la corte territoriale non si era pronunciata, nonostante avesse anch ‘ essa ritenuto l ‘ illegittimità della procedura stessa sotto il profilo della assenza di una motivata comparazione tra i candidati.
Con il terzo morivo la lavoratrice afferma la violazione eo falsa applicazione degli artt. 2907 c.c., 99 e 112 c.p.c., e dell ‘ art. 21 CCNL di comparto, sostanzialmente sulla base degli stessi presupposti sui quali era fondato il secondo motivo.
I due motivi vanno esaminati congiuntamente, data la contiguità (se non la pressoché totale coincidenza) dei temi con essi proposti.
Essi sono inammissibili, come già evidenziato dalla S.C. in causa analoga recentemente decisa (Cass., n. 38202 del 3 dicembre 2021).
Risulta, anche attraverso la trascrizione delle conclusioni di primo grado, che, presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, la lavoratrice ha chiesto, nell ‘ ordine:
l ‘ accertamento dell ‘ illegittimità della selezione, con conseguente nomina diretta in sede giudiziale in suo favore alla posizione organizzativa rivendicata;
b) per il caso in cui la sentenza fosse intervenuta successivamente al termine di durata degli incarichi, l ‘ accertamento che essa avrebbe dovuto essere chiamata a ricoprire almeno uno degli incarichi stessi;
in entrambi i casi di cui ai punti a) e b), comunque il risarcimento del danno in misura pari agli emolumenti indebitamente perduti a causa dell ‘ illegittimo comportamento datoriale;
«in subordine», la condanna della RAGIONE_SOCIALE, previo accertamento dell ‘ illegittimità del comportamento da essa tenuto, al risarcimento del danno da perdita di chance ;
«in ulteriore subordine» e su analoghi presupposti, la condanna della RAGIONE_SOCIALE a procedere all ‘ attribuzione degli incarichi nel rispetto dei criteri di cui all ‘ art. 4 del Regolamento per l ‘ attribuzione delle posizioni organizzative, oltre comunque al risarcimento per perdita di chance .
Inoltre, è evidente che il primo giudice ha accertato l’ illegittimità del comportamento della RAGIONE_SOCIALE e della Delibera qui contestata.
Infatti, l’ accoglimento della domanda della lavoratrice in primo grado è derivato proprio dalla verifica di tale illegittimità.
La corte territoriale conferma esplicitamente, in motivazione, siffatta illegittimità, non a caso affermando che l ‘ appello era «parzialmente fondato» ed era da accogliere «per quanto di ragione».
L’accertamento in questione non è stato, dunque, coinvolto dalla riforma, che resta limitata all ‘ accoglimento della domanda risarcitoria, così come non ha rilievo il fatto che in dispositivo non si faccia menzione della parzialità dell ‘ accoglimento del gravame, in quanto la motivazione è chiara ed esplicita nel dire che era rimasto inadempiuto l ‘ obbligo di una idonea motivazione della scelta effettuata.
Non a caso, del resto, la compensazione delle spese statuita in dispositivo è stata giustificata, in motivazione, anche rispetto alla «condotta dell ‘ amministrazione», poco prima espressamente ritenuta non legittima.
L’illegittimità della delibera è, pertanto, stata accertata da entrambi i giudici di merito e, sul punto, si è ormai formato il giudicato.
Per quanto riguarda la domanda avanzata in primo grado ‘ in ulteriore subordine ‘ , sarebbe stato onere della ricorrente dimostrare di avere riproposto in appello, ai sensi dell ‘ art. 346 c.p.c., le domande comunque non accolte dal primo giudice, tra cui quella di reiterazione in forme legittima della procedura di scelta, in quanto solo a fronte di ciò la mancata pronuncia della corte territoriale in tal senso potrebbe dirsi viziata (Cass., n. 8674 del 4 aprile 2017; Cass., n. 5087 del 3 marzo 2010).
Tale onere non è stato assolto dalla lavoratrice che, peraltro, ha riportato nel suo atto di impugnazione (a pagina 16) delle conclusioni di appello dalle quali si evince che essa aveva solo proposto appello incidentale sull’entità del risarcimento, chiedendo, per il resto, la conferma della sentenza di primo grado, con rigetto dell’appello incidentale.
Al contrario di quanto sembra sostenere la ricorrente, ai fini della riproposizione di cui sopra non basta la mancata rinuncia alle conclusioni non accolte o non esaminate dal giudice di primo grado ad integrare gli estremi di cui all ‘ art. 346 c.p.c., essendo invece necessaria la loro riproposizione, per la quale non solo non è idonea la richiesta di conferma, ma non sarebbe neppure
utile un generico richiamo alle difese svolte ed alle conclusioni prese davanti al primo giudice (Cass., n. 25840 del 13 novembre 2020).
Con il quarto e il quinto motivo, che possono essere trattati congiuntamente, stante la stretta connessione, la ricorrente adduce infine, ai sensi dell ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e per omessa motivazione, con riferimento all ‘ art. 132 c.p.c., sostenendo che la corte territoriale non si sarebbe pronunciata in maniera adeguata in ordine al suo appello incidentale e che non avrebbe potuto affermare che solo in esito alla comparazione dei curricula sarebbe stato possibile pronunciare sulla fondatezza della domanda, per poi omettere essa stessa di dare corso a tale confronto.
Tali motivi sono inammissibili.
La stessa ricorrente non afferma, nell ‘ illustrare le censure, che manchino una decisione e una qualche motivazione sul tema del quantum , ma evidenzia che la corte territoriale, pur ritenendo l ‘ importanza della comparazione dei curriculi, nel motivare non vi abbia fatto riferimento.
Peraltro, il giudice di secondo grado ha chiarito con precisione la ratio della sua decisione, spiegando che la ricorrente avrebbe del tutto omesso di dimostrare la possibilità che avrebbe avuto di ottenere la promozione.
In aggiunta a ciò, si osserva che la lavoratrice non ha riportato nel dettaglio nel ricorso gli elementi utili ad un raffronto a sé favorevole, che avrebbero potuto giustificare l’accoglimento della sua domanda.
4) Il ricorso è rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater ), se dovuto.
La Corte,
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in complessivi € 2.500,00 per compenso, oltre ad € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 18
P.Q.M.