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Perdita di chance: la prova del danno nel pubblico impiego

Una dipendente pubblica fa causa per l’illegittima assegnazione di un incarico a un altro candidato. Il Tribunale riconosce il danno da perdita di chance. La Corte d’Appello ribalta la decisione, ritenendo insufficiente una probabilità di successo del 33%. La Corte di Cassazione cassa la sentenza d’appello, stabilendo che il giudice non può rigettare la domanda basandosi su una bassa probabilità senza prima aver effettuato una valutazione comparativa dei curricula dei candidati per determinare la reale consistenza di tale chance.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Danno da perdita di chance: non basta la statistica, serve l’analisi dei curricula

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i criteri per il risarcimento del danno da perdita di chance nelle selezioni del pubblico impiego. La pronuncia sottolinea come il giudice non possa negare il risarcimento basandosi unicamente su una bassa probabilità statistica di successo, ma debba prima procedere a un esame comparativo concreto tra i candidati.

I Fatti del Caso

Una dipendente di un’azienda sanitaria pubblica partecipava a una selezione interna per il conferimento di un incarico organizzativo. L’incarico veniva assegnato a un altro candidato con una delibera che, a dire della lavoratrice, era illegittima. La dipendente si rivolgeva quindi al Tribunale, chiedendo l’accertamento dell’illegittimità della procedura e il risarcimento dei danni, sia patrimoniali (per la mancata percezione dell’indennità di posizione) sia non patrimoniali.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, riconoscendo alla lavoratrice un risarcimento per la perdita di chance di ottenere l’incarico, quantificato in via equitativa. Secondo il giudice, l’azienda sanitaria non aveva rispettato i canoni di buona fede e correttezza, omettendo una motivazione adeguata nella scelta.

La Decisione della Corte d’Appello

L’azienda sanitaria impugnava la sentenza davanti alla Corte d’Appello. Quest’ultima, riformando parzialmente la decisione di primo grado, rigettava la domanda di risarcimento. La motivazione della Corte territoriale si basava su un principio giurisprudenziale secondo cui, per ottenere un risarcimento per la perdita di chance, il lavoratore deve dimostrare una probabilità di successo “prossima alla certezza”. Nel caso di specie, il Tribunale aveva individuato una probabilità di 1/3, considerata troppo bassa dalla Corte d’Appello per giustificare un risarcimento.

La valutazione della perdita di chance secondo la Cassazione

La dipendente proponeva quindi ricorso per Cassazione, lamentando, tra gli altri motivi, un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel rigettare la sua domanda senza aver prima esaminato nel merito i curricula dei candidati.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della lavoratrice, ritenendo la motivazione della sentenza d’appello “perplessa e contraddittoria”. Gli Ermellini hanno chiarito un punto logico e giuridico fondamentale: la quantificazione percentuale della chance (in questo caso, 1/3) non è un punto di partenza, ma il punto di arrivo di un’analisi.

Il giudice di merito non può partire da una percentuale bassa per concludere che il danno non esiste. Al contrario, deve prima compiere l’accertamento che gli compete: la valutazione comparativa dei profili professionali dei candidati. Solo dopo aver confrontato i curricula e gli altri elementi rilevanti, il giudice può stabilire quale fosse la concreta probabilità di successo del candidato escluso.

Omettendo questa valutazione comparativa, la Corte d’Appello ha invertito l’ordine logico dell’accertamento. Ha escluso il diritto al risarcimento sulla base di una probabilità che non aveva concretamente verificato, limitandosi a prenderla in prestito dalla sentenza di primo grado ma usandola per uno scopo opposto. In sostanza, per poter dire che una chance è troppo bassa per essere risarcibile, bisogna prima misurarla correttamente, e ciò si fa solo analizzando i fatti, cioè i profili dei concorrenti.

Le Conclusioni

La Suprema Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso attenendosi al principio corretto: dovrà prima procedere alla valutazione comparativa dei curricula per accertare se esisteva una seria e concreta possibilità di successo per la ricorrente e, solo successivamente, valutare l’esistenza e la quantificazione del danno da perdita di chance. Questa decisione riafferma che il diritto a una selezione trasparente e corretta non può essere svuotato da valutazioni meramente statistiche, ma richiede un’analisi sostanziale delle posizioni in gioco.

Che cos’è il danno da perdita di chance in una selezione pubblica?
È il danno che un candidato subisce non per la mancata vittoria in sé, ma per la perdita della concreta possibilità di vincere a causa di una procedura di selezione illegittima. Il risarcimento non copre l’intero beneficio perso, ma la possibilità perduta di ottenerlo.

Una bassa probabilità di vincere esclude automaticamente il diritto al risarcimento?
No. Secondo la Cassazione, non si può escludere il risarcimento basandosi su una bassa percentuale di probabilità (es. 1 su 3) senza prima aver condotto un’analisi comparativa dei curricula e dei profili dei candidati. È proprio da questa analisi che deve emergere la reale consistenza della chance persa.

Qual è il corretto procedimento che un giudice deve seguire per valutare una domanda di risarcimento per perdita di chance?
Il giudice deve prima accertare l’illegittimità della procedura di selezione. Successivamente, deve procedere a una valutazione comparativa dei profili dei candidati (curricula, titoli, esperienza) per stabilire se il ricorrente avesse una concreta e apprezzabile probabilità di successo. Solo dopo aver accertato l’esistenza di questa possibilità, può procedere a quantificare il danno in via equitativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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