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Perdita di chance: illegittima promozione e risarcimento

Una lavoratrice è stata indotta ad abbandonare un concorso a causa di una promozione illegittima, successivamente annullata. La Cassazione ha confermato la responsabilità del datore di lavoro per la perdita di chance, dichiarando inammissibile il ricorso dell’ente che mirava a una nuova valutazione dei fatti. L’ente pubblico dovrà quindi risarcire la dipendente per l’opportunità persa.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Perdita di chance: Quando la promozione illegittima genera un danno risarcibile

Il concetto di perdita di chance rappresenta una delle frontiere più interessanti della responsabilità civile e del diritto del lavoro. Si verifica quando il comportamento illecito di un soggetto priva un altro della possibilità concreta di ottenere un vantaggio o un risultato favorevole. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione, la n. 31793 del 2024, offre un chiaro esempio di come questo principio si applichi nel contesto del pubblico impiego, confermando il diritto al risarcimento per una dipendente indotta ad abbandonare un concorso a causa di una promozione poi rivelatasi illegittima.

I fatti del caso: un concorso abbandonato per una promozione poi annullata

La vicenda ha come protagonista una dipendente di un ente pubblico regionale che, dopo aver superato la prova preselettiva di un concorso per diventare dirigente, era stata ammessa alla prova orale. Prima che potesse sostenere l’esame, tuttavia, l’ente le aveva conferito la qualifica dirigenziale attraverso un provvedimento di ‘perequazione’.

Questo avanzamento di carriera, apparentemente favorevole, si è rivelato un’arma a doppio taglio. Anni dopo, il provvedimento di perequazione è stato annullato dal Giudice Amministrativo e la legge regionale su cui si basava è stata dichiarata incostituzionale. Di conseguenza, l’ente ha dovuto revocare la promozione della dipendente.

Nel frattempo, forte della promozione ottenuta, la lavoratrice non si era presentata alla prova orale del concorso. Una volta persa la qualifica dirigenziale, si è rivolta al Giudice del Lavoro chiedendo il risarcimento del danno per la perdita di chance di completare il percorso concorsuale e ottenere la posizione in modo legittimo.

La decisione della Corte d’Appello e la condanna per la perdita di chance

Mentre il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. I giudici di secondo grado hanno riconosciuto la responsabilità dell’ente pubblico, condannandolo a risarcire la lavoratrice. La Corte ha stabilito che la promozione illegittima aveva di fatto ‘indotto’ la dipendente ad abbandonare il concorso, poiché non aveva più interesse a sostenere la prova orale avendo già raggiunto la posizione desiderata. Il danno è stato quantificato in una percentuale significativa (80%) delle differenze retributive che avrebbe percepito come dirigente nel periodo tra la revoca della promozione e il suo pensionamento.

Le motivazioni della Corte di Cassazione: il ricorso è inammissibile

L’ente pubblico ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, articolando tre motivi di ricorso che, in sostanza, criticavano la valutazione dei fatti e delle prove da parte dei giudici di merito.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione d’appello. Le motivazioni degli Ermellini sono fondamentali per comprendere i limiti del giudizio di legittimità.

La critica all’accertamento dei fatti

La Cassazione ha chiarito che il ricorso dell’ente non denunciava reali violazioni di legge, ma si risolveva in una critica all’accertamento dei fatti, operazione che compete esclusivamente ai giudici di merito (primo e secondo grado) e non è sindacabile in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva logicamente motivato come la lavoratrice fosse stata indotta ad abbandonare il concorso, non solo per una formale decadenza, ma per una comprensibile mancanza di interesse e per il rischio che la partecipazione all’esame potesse essere interpretata come una rinuncia alla promozione già ottenuta.

La valutazione sulla probabilità di successo

Anche la quantificazione della perdita di chance, che si basa su una valutazione della probabilità che la lavoratrice avrebbe avuto di superare il concorso, è stata considerata un apprezzamento di fatto. La Corte d’Appello aveva tenuto conto del numero di candidati e dei posti disponibili, giungendo a una conclusione motivata che non poteva essere rimessa in discussione in Cassazione.

Il principio del ‘minimo costituzionale’ della motivazione

Infine, la Corte ha respinto la censura relativa al vizio di motivazione, affermando che la sentenza impugnata rispettava ampiamente il ‘minimo costituzionale’ richiesto dalla giurisprudenza consolidata. I giudici d’appello avevano esaminato il materiale probatorio e spiegato chiaramente il nesso causale tra il comportamento illegittimo dell’amministrazione e il danno subito dalla lavoratrice.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: un datore di lavoro, anche pubblico, è responsabile per le conseguenze delle sue azioni illegittime, anche quando queste appaiono inizialmente vantaggiose per il dipendente. L’aver concesso una promozione irregolare ha creato un legittimo affidamento nella lavoratrice, inducendola a rinunciare a un’opportunità di carriera legittima e stabile. La successiva rimozione del beneficio ha quindi causato un danno concreto e risarcibile, configurato come perdita di chance. La decisione sottolinea inoltre che la Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado di giudizio’ dove poter ridiscutere i fatti della causa, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione della legge.

Quando un datore di lavoro è responsabile per la perdita di chance di un dipendente?
Secondo la sentenza, un datore di lavoro è responsabile quando un suo comportamento illegittimo (in questo caso, una promozione poi annullata) induce il lavoratore a rinunciare a un’opportunità concreta di ottenere un risultato favorevole (come il superamento di un concorso).

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, non di merito. Non può quindi riesaminare i fatti o la valutazione delle prove operata dalla Corte d’Appello, a meno che non emerga un vizio di motivazione gravissimo, tale da non raggiungere il ‘minimo costituzionale’.

Cosa succede se una parte non obbedisce all’ordine del giudice di esibire dei documenti?
La Corte chiarisce che l’inadempimento a un ordine di esibizione del giudice costituisce di per sé un argomento di prova che il giudice può liberamente valutare a sfavore della parte inadempiente, ai sensi dell’art. 116 del codice di procedura civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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