Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1917 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 1917 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 27/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26147/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa da ll’ Avv. NOME COGNOME costituita in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore ex art. 16sexies del d.l. n. 179 del 2012 conv. con modif. dalla legge n. 221 del 2012;
-ricorrente-
contro
Regione Abruzzo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, INDIRIZZO domicilia
-controricorrente-
nonché contro
Valenza NOME
-intimata- avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di L’A quila n. 105/2020 depositata il 06/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di L’Aquila ha accolto il gravame proposto in via principale dalla Regione Abruzzo, in tal modo riducendo l’ammontare del risarcimento del danno da perdita di chance per mancato conferimento di incarico dirigenziale riconosciuto a NOME COGNOME, dipendente della Regione dal 1° settembre 1996, con inquadramento nella categoria D-funzionario avvocato, e nel contempo respingendo l’appello incidentale avanzato dalla medesima lavoratrice per ottenere l’ulteriore risarcimento per il danno prodottosi successivamente alla sentenza di primo grado.
Per quel che qui rileva, la Corte territoriale ha confermato l’illegittimità della procedura di conferimento dell’incarico di dirigente tecnico professionale del Servizio di assistenza atti del Presidente e della Giunta Regionale a soggetto esterno, nella persona dell’avv. NOME COGNOME per mancata valutazione comparativa, e confermato pure la configurabilità dei presupposti per il riconoscimento del risarcimento del danno per perdita della chance da parte di NOME COGNOME di accedere al predetto incarico dirigenziale, determinato in via equitativa in un ammontare pari al 30% della differenza tra la retribuzione annua percepita e quella cui avrebbe avuto diritto in caso di conferimento dell’incarico, per ogni anno di durata dell’incarico stesso. Tuttavia, i giudici d’appello hanno riformato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva incluso nel parametro retributivo annuo utilizzato per la liquidazione del risarcimento anche la retribuzione di risultato, che, a differenza dello stipendio tabellare e della retribuzione di posizione, non è ricollegata al valore dell’incarico bensì alla realizzazione di specifici obiettivi e/o livelli di prestazione, attribuibile solo in caso di effettivo svolgimento delle funzioni dirigenziali, stante la necessità di allegare e provare la pienezza delle mansioni dirigenziali assegnate, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, in relazione alle concrete attività svolte e alle responsabilità attribuite. Quanto, poi, all’appello incidentale, proposto dalla lavoratrice p erché, nella liquidazione del danno, si tenesse conto anche della circostanza che, dopo la pronuncia della sentenza impugnata, era sopravvenuta la proroga, per un’ulteriore
annualità, dell’incarico dirigenziale conferito alla stessa Avv. NOME COGNOMEcon conseguente asserita necessità di incrementare la base di calcolo riferita all’originaria base triennale -, la Corte aquilana ha ritenuto infondata la pretesa sul riliev o che la proroga della durata dell’incarico dirigenziale era avvenuta sulla base di una nuova ed autonoma delibera, con la quale il Direttore del Dipartimento della Presidenza ed il Presidente della Giunta Regionale avevano proposto la suddetta proroga, specificandone i motivi e «dopo puntuale istruttoria favorevole», sicché la proroga era stata disposta in conseguenza di un autonomo momento provvedimentale, del tutto indipendente rispetto all’originario conferimento dell’incarico, con la conseguenza di non poter ravvisare elementi, neppure di natura presuntiva, che consentisser o di ritenere che l’incarico stesso sarebbe stato ugualmente prorogato nel caso in cui fosse stato conferito a NOME COGNOME.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione NOME COGNOME per cinque motivi, cui resiste la Regione Abruzzo con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria con costituzione di nuovo difensore.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La costituzione del nuovo difensore della ricorrente consente di superare la questione della mancata comunicazione al precedente difensore -purtroppo deceduto -della fissazione del ricorso in camera di consiglio.
1.1. Né rileva la mancata prova della notificazione del ricorso a NOME COGNOME (con particolare riferimento al deposito dell ‘avviso di ricevimento), atteso che già la Corte aquilana ha dato atto che l’appello non riguardava la di lei posizione, rimasta estranea alla fase di gravame, senza che, in ragione del petitum risarcitorio, possa configurarsi un litisconsorzio necessario.
Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza per anomalia della motivazione, ai sensi degli artt. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ., e 111, comma sesto , Cost., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., con riferimento alla motivazione addotta per ritenere che
la ricorrente non avesse fondate probabilità di giovarsi anche della proroga, in contraddizione con l’affermato riconoscimento del diritto al risarcimento per perdita di chance in relazione al l’illegittimo conferimento dell’incarico poi prorogato.
Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 2727-2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per ché la Corte d’appello non ha correttamente applicato le disposizioni in tema di presunzione, avuto riguardo al riconoscimento della chance di ottenere il conferimento dell’incarico originario (fatto noto), senza però attribuire ad esso alcuna valenza in ordine alla probabilità di ricevere la proroga dello stesso.
Con il terzo motivo si deduce la violazione degli artt. 345 e 101 cod. proc. civ., art. 111, comma secondo , Cost., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., perché la Corte di merito ha ritenuto che la proroga fosse fondata su un atto autonomo e, quindi, nuovo, omettendo di dichiarare inammissibile la domanda per il divieto dei nova in appello, peraltro pronunciando sul merito senza provocare il contraddittorio sul punto.
Con il quarto motivo si deduce la falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., perché la Corte territoriale non ha correttamente valutato che la proroga, già in base a l tenore letterale dell’atto, si collegava strettamente al conferimento dell’incarico originario.
I primi quattro motivi censurano, sotto diversi aspetti, la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto l’appello incidentale relativo alla richiesta di danno ulteriore per la proroga dell’incarico in contestazione, intervenuta dopo la sentenza di primo grado.
6.1. Il primo, il secondo ed il quarto motivo sono fondati, in quanto, effettivamente, si apprezza un’intima contraddittorietà fra la ritenuta probabilità per la ricorrente di ottenere l’incarico illegittimamente conferito all ‘Avv. COGNOME e, nel contempo, la categorica esclusione di ogni prova in ordine alla chance di ottenere la proroga del medesimo incarico, senza
considerare che la proroga dell’originario contratto si pone di per sé in collegamento con la procedura nella quale si è verificata l ‘ illegittimità (in tal senso, Cass. Sez. L, 16/12/2022, n. 37002, secondo cui, in caso di illegittimità dell ‘ atto di conferimento di un incarico dirigenziale, la perdita di chance non è limitata alla sola procedura concorsuale nella quale si è verificata l ‘ illegittimità, ma può riguardare anche una successiva procedura collegata alla prima, con prova da fornire anche solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità). Sussiste, pertanto, la censurata violazione di legge laddove, in maniera apodittica e senza considerare la natura dell’atto in questione , nella sentenza impugnata è stata addotta l’autonomia provvedimentale della proroga per respingere l’appello incidentale.
6.2. La fondatezza delle censure concernenti la valutazione espressa nel merito dalla Corte d’appello in ordine all’appello incidentale comporta l’inammissibilità del terzo motivo, incentrato sulla violazione processuale degli artt. 345 e 101 cod. proc. civ., in ragione dell’asserita novità della questione del danno ulteriore.
Con il quinto motivo si deduce la violazione dell’art. 1223 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., nonché la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., e 111, comma sesto, Cost. e conseguente nullità della sentenza, per la decurtazione della retribuzione di risultato dal parametro utilizzato per la liquidazione del danno da perdita di chance .
7.1. La censura è infondata, in quanto la Corte territoriale ha correttamente escluso la retribuzione di risultato perché ricollegata non già al valore dell’incarico bensì alla realizzazione di specifici obiettivi e/o livelli di prestazione, attribuibile solo in caso di effettivo svolgimento delle funzioni dirigenziali, postulando la necessità di allegare e provare la pienezza delle mansioni dirigenziali assegnate, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, in relazione alle concrete attività svolte e alle responsabilità attribuite, in conformità all ‘interpretazione resa da questa Corte (in tema di perdita da chance per i dipendenti regionali con funzione organizzativa, Cass. Sez. L,
03/11/2021, n. 31479, che ha sottolineato come l’indennità di risultato presupponga necessariamente non solo lo svolgimento, secondo l ‘ ordinaria diligenza, delle attività in cui consisteva la posizione organizzativa, ma anche la valutazione del raggiungimento degli obiettivi fissati con l ‘ attribuzione di tale posizione direttiva), con valutazione, in fatto, rimessa comunque al giudice di merito (anche secondo Cass. Sez. U, 23/09/2013, n. 21671, citata dalla ricorrente).
In definitiva, vanno accolti primo, secondo e quarto motivo, inammissibile il terzo ed infondato il quinto, con conseguente cassazione in relazione ai motivi accolti della sentenza impugnata e rinvio della causa alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie primo, secondo e quarto motivo, inammissibile il terzo ed infondato il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della