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Perdita di chance: i criteri per il risarcimento

Un dirigente ha citato in giudizio un’Amministrazione Pubblica per essere stato escluso da una selezione per un ruolo superiore, chiedendo un risarcimento per perdita di chance. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello, specificando che per ottenere un risarcimento, il dirigente deve dimostrare una probabilità molto alta, quasi una certezza, di aver vinto la selezione, e non solo l’illegittimità della sua esclusione. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Perdita di Chance nel Pubblico Impiego: Quando spetta il risarcimento?

L’esclusione illegittima da una procedura di selezione nella Pubblica Amministrazione non garantisce automaticamente il diritto a un risarcimento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigorosi criteri per il riconoscimento del danno da perdita di chance, sottolineando come il candidato escluso debba fornire una prova quasi certa delle sue possibilità di successo. Questo principio è fondamentale per comprendere i limiti e le condizioni del diritto al risarcimento in ambito lavorativo pubblico.

I Fatti del Caso: La pretesa di un dirigente

Un dirigente di seconda fascia di un’importante Amministrazione Pubblica aveva fatto causa per essere stato escluso da due procedure selettive interne (interpelli) finalizzate all’assegnazione di due posti di funzione dirigenziale di livello generale. Il suo obiettivo era ottenere non solo l’accertamento del diritto a essere valutato, ma anche un risarcimento per la perdita di chance subita.

Inizialmente, il Tribunale aveva respinto la sua domanda. Successivamente, la Corte di Appello aveva riformato la sentenza, riconoscendo l’illegittimità dell’esclusione e condannando l’Amministrazione a un risarcimento pari al 51% della differenza retributiva tra la sua qualifica e quella a cui aspirava. L’Amministrazione ha quindi proposto ricorso in Cassazione, contestando la decisione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla perdita di chance

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione, cassando con rinvio la sentenza della Corte di Appello. I giudici di legittimità hanno chiarito che, per ottenere un risarcimento per perdita di chance, non è sufficiente dimostrare l’illegittimità del comportamento dell’Amministrazione (in questo caso, l’esclusione dalla procedura). È invece necessario che il danneggiato provi l’esistenza di una probabilità concreta e elevata di ottenere il risultato sperato.

L’onere della prova: non basta l’illegittimità

Citando un consolidato orientamento giurisprudenziale, la Cassazione ha ricordato che la chance risarcibile consiste “nella sussistenza di elevate probabilità, prossime alla certezza”, di ottenere il bene della vita desiderato. Il semplice fatto di essere stato escluso non è sufficiente. Il giudice di merito, quindi, deve effettuare una valutazione approfondita che si svolge su più piani:

1. Sussistenza della probabilità: Verificare se, sulla base degli elementi forniti dal lavoratore, esisteva una concreta e non meramente ipotetica probabilità di successo nella selezione.
2. Valutazione equitativa: Solo se il primo accertamento è positivo, si può procedere alla quantificazione del danno, basata sul canone probabilistico riferito al risultato utile che si sarebbe potuto ottenere.

Nel caso specifico, la Corte di Appello non aveva svolto questa analisi, limitandosi a considerare illegittima l’esclusione e dando per scontata la fondatezza della richiesta di risarcimento. Inoltre, non aveva considerato che, dopo l’esito infruttuoso degli interpelli, l’Amministrazione aveva comunque valutato i curricula di tutti i candidati, compreso quello del dirigente ricorrente.

Le Motivazioni: La corretta interpretazione della perdita di chance

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di distinguere tra la lesione di un diritto (la partecipazione a una procedura) e la prova di un danno concreto. Il danno da perdita di chance non è un automatismo derivante da un atto illegittimo, ma richiede una prova rigorosa del nesso causale tra l’illegittimità e la mancata realizzazione di un’opportunità quasi certa. La Corte ha ritenuto che il giudice d’appello avesse errato nel non inquadrare correttamente la fattispecie secondo le specifiche norme che regolano il conferimento di incarichi dirigenziali (art. 19 del D.Lgs. 165/2001) e, soprattutto, nel non applicare i principi consolidati sull’onere della prova in materia di perdita di chance. Il caso è stato quindi rinviato alla Corte di Appello, che dovrà riesaminare la vicenda verificando le concrete probabilità che il dirigente aveva di ottenere l’incarico, mettendole a confronto con i titoli e le qualifiche di tutti gli altri soggetti valutabili.

Conclusioni: Implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza rafforza un principio chiave: chi agisce in giudizio per un danno da perdita di chance deve armarsi di prove concrete. Non è sufficiente lamentare un’ingiustizia formale. È indispensabile dimostrare, anche attraverso una comparazione dettagliata con gli altri concorrenti, che la propria candidatura aveva una probabilità di successo talmente alta da rasentare la certezza. Per le Amministrazioni Pubbliche, ciò significa che, pur dovendo garantire procedure corrette e imparziali, l’eventuale risarcimento non è una conseguenza automatica di ogni errore procedurale, ma è subordinato a una rigorosa dimostrazione del danno effettivo subito dal candidato.

Essere illegittimamente esclusi da una procedura di selezione pubblica dà automaticamente diritto a un risarcimento per perdita di chance?
No, secondo la Corte di Cassazione non è sufficiente. È necessario dimostrare di aver avuto una “elevata probabilità, prossima alla certezza” di vincere la selezione, e non solo l’illegittimità dell’esclusione.

Come si prova la “elevata probabilità” di vincere una selezione per ottenere un risarcimento per perdita di chance?
Il lavoratore deve fornire elementi concreti, basati su fatti specifici, che dimostrino una probabilità di successo non meramente ipotetica. Questo può includere, ad esempio, una comparazione dei propri titoli e del proprio curriculum con quelli degli altri candidati per dimostrare una superiorità professionale.

Cosa succede se un’Amministrazione, dopo una procedura selettiva infruttuosa, valuta comunque le candidature pervenute, compresa quella del soggetto inizialmente escluso?
Secondo la Corte, questa valutazione successiva è molto rilevante. Se l’Amministrazione ha comunque esaminato il curriculum del candidato, come nel caso di specie, viene meno il presupposto dell’esclusione totale dalla valutazione, e il giudice deve tenerne conto nel decidere sulla domanda di risarcimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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