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Perdita di chance: come si calcola il risarcimento?

La Corte di Cassazione conferma la decisione di merito che aveva qualificato come perdita di chance il danno subito da un professionista a seguito del mancato convenzionamento con la P.A. La Suprema Corte chiarisce che, data l’incertezza intrinseca alla possibilità di ottenere un risultato favorevole, il risarcimento deve essere liquidato in via equitativa e non sulla base del mancato guadagno. Viene inoltre ribadito che il principio di non contestazione non si applica alla parte rimasta contumace.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Perdita di Chance: La Cassazione Chiarisce il Calcolo del Risarcimento

Il concetto di perdita di chance rappresenta una delle figure più interessanti e complesse nell’ambito della responsabilità civile. Si verifica quando il comportamento illecito di un soggetto non causa direttamente un danno certo, ma priva un’altra persona della possibilità concreta di ottenere un vantaggio o evitare un pregiudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su come debba essere quantificato il risarcimento in questi casi, analizzando la vicenda di un professionista del settore sanitario a cui era stato negato un convenzionamento con la Pubblica Amministrazione.

Il caso: un diniego illegittimo e la richiesta di risarcimento

Un odontoiatra aveva fatto domanda per ottenere un convenzionamento esterno presso un comune. A causa di un parere inizialmente illegittimo e successivamente corretto con notevole ritardo da parte dell’azienda sanitaria locale, il professionista perdeva l’opportunità di ottenere tale convenzionamento. Agiva quindi in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni, quantificati dal suo consulente in una somma ingente, pari a tutti i guadagni che avrebbe potuto percepire nel corso degli anni.

La Corte d’Appello, pur riconoscendo la responsabilità dell’ente pubblico, riqualificava la domanda. Secondo i giudici, il danno subito non era la perdita certa dei redditi, ma la perdita di chance di ottenerli. Di conseguenza, liquidava il danno in via equitativa in un importo notevolmente inferiore a quello richiesto, tenendo conto del carattere discrezionale dell’autorizzazione e di altri fattori di incertezza.

La quantificazione del danno per perdita di chance

Il cuore del problema risiede proprio nella differenza tra un danno certo e la perdita di un’opportunità. Mentre nel primo caso il risarcimento mira a ristorare integralmente il pregiudizio subito, nel caso della perdita di chance il risarcimento è commisurato alla probabilità di successo che il danneggiato aveva prima dell’illecito. Il giudice deve quindi compiere una valutazione prognostica, stimando percentualmente le possibilità che l’occasione favorevole si sarebbe concretizzata.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha ritenuto che la richiesta del professionista, basata sulla consulenza tecnica (CTU), trascurasse la natura incerta e discrezionale del provvedimento di convenzionamento, che dipendeva da molteplici fattori (valutazioni tecniche, assenza di incompatibilità, etc.). Pertanto, ha optato per una liquidazione equitativa, l’unica strada percorribile di fronte a un danno intrinsecamente incerto.

I motivi del ricorso in Cassazione

Il professionista, insoddisfatto della decisione, proponeva ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali.

La critica alla valutazione equitativa

Il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello si fosse discostata senza adeguata motivazione dalle conclusioni del consulente tecnico, che aveva calcolato un danno preciso e certo. A suo avviso, il ricorso alla liquidazione equitativa era ingiustificato.

Il principio di non contestazione e la parte contumace

Inoltre, il professionista sosteneva che, essendo l’Amministrazione rimasta contumace (cioè non si era costituita in giudizio), il quantum del danno da lui richiesto doveva considerarsi come non contestato e quindi provato, in applicazione dell’art. 115 del codice di procedura civile.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti fondamentali sia sul piano sostanziale che processuale.

La consulenza tecnica non è un “fatto storico”

La Corte ha ribadito un principio consolidato: le valutazioni espresse da un consulente tecnico d’ufficio non costituiscono un “fatto storico” il cui omesso esame possa essere censurato in Cassazione. La CTU è uno strumento di valutazione a disposizione del giudice, il quale, in qualità di peritus peritorum (perito dei periti), può discostarsene, a patto di fornire una motivazione adeguata e logica per il suo diverso convincimento, come avvenuto nel caso di specie.

La natura incerta della chance giustifica la liquidazione equitativa

Il secondo motivo è stato ritenuto inammissibile perché non si confrontava con la ratio decidendi della sentenza d’appello. La qualificazione del danno come perdita di chance implica per sua stessa natura un’incertezza sull’esito finale. Di conseguenza, il danno non può essere pari al vantaggio sperato, ma deve essere una frazione di esso, calcolata equitativamente in base alle probabilità di successo. La Corte d’Appello aveva correttamente seguito questo schema logico, e il ricorso lo ignorava completamente.

L’inapplicabilità del principio di non contestazione al contumace

Infine, la Cassazione ha qualificato come manifestamente infondato il terzo motivo. Il principio di non contestazione, che impone di considerare provati i fatti non specificamente contestati, opera solo nei confronti della parte regolarmente costituita in giudizio. Esso non può essere applicato alla parte che è rimasta contumace, poiché quest’ultima, non partecipando al processo, non ha l’onere di prendere posizione sui fatti allegati dall’avversario.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma con chiarezza i confini e le modalità di risarcimento del danno da perdita di chance. La decisione sottolinea che, di fronte a un’opportunità persa, il risarcimento non può equivalere al risultato mancato. È invece necessaria una valutazione equitativa che tenga conto del grado di probabilità che quella chance si sarebbe trasformata in un successo. Inoltre, sul piano processuale, viene confermato un importante limite all’operatività del principio di non contestazione, che non può mai valere a supplire alla carenza probatoria nei confronti di chi ha scelto di non difendersi in giudizio.

Quando un danno può essere qualificato come “perdita di chance”?
Un danno viene qualificato come perdita di chance quando il comportamento illecito di un soggetto ha privato un altro di una concreta ed effettiva probabilità, e non di una semplice speranza, di ottenere un risultato favorevole.

La valutazione di un consulente tecnico (CTU) è vincolante per il giudice?
No, la valutazione di un CTU non è un fatto storico ma una stima tecnica. Il giudice può discostarsene, purché fornisca una motivazione adeguata per giustificare il suo diverso convincimento, specialmente quando, come nel caso della perdita di chance, la valutazione riguarda un danno intrinsecamente incerto.

Se una parte non si presenta in giudizio (contumace), i fatti affermati dall’altra parte si considerano automaticamente provati?
No. Il principio di non contestazione, secondo cui i fatti non contestati si ritengono provati, si applica solo alle parti costituite in giudizio. Non opera nei confronti della parte contumace, la quale non ha l’onere di prendere posizione sui fatti affermati dalla controparte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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