Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31748 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31748 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 25500-2021 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME;
– intimato – avverso la sentenza n. 1436/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/04/2021 R.G.N. 3419/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/07/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
Oggetto
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/07/2024
CC
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 1436/2021, la Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame dell’RAGIONE_SOCIALE avverso la pronuncia del Tribunale della medesima sede che aveva dichiarato il diritto di COGNOME NOME alla rideterminazione della base di calcolo della quota A e della quota B della pensione a carico della gestione ex RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE previa disapplicazione del massimale di cui all’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420/71.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, illustrati da memoria.
COGNOME NOME è rimasto intimato.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 10 luglio 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE contesta la pronuncia della Corte d’appello di Roma sulla base di due motivi:
I Motivo) Violazione dell’art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639, come novellato dall’art. 38, comma 1, lettera d), numero 1, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011 n. 111, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., p er avere la Corte respinto la censura con cui era stato lamentato il mancato riscontro della decadenza.
II Motivo) Violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 31 dicembre 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182 del 30 aprile 1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte ritenuto che il massimale pensionabile di cui all’ar t. 12 del d.P.R. n. 1420/71 non operi nel calcolo della quota B del trattamento dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
In ordine al primo motivo, va richiamato l’orientamento di legittimità consolidato in forza del quale il termine di decadenza, introdotto dall’art. 38, comma 1, lett. d), n. 1), del d.l. n. 98/2011, convertito in legge n. 111/2011, con riguardo “alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito”, decorrente “dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, trova applicazione anche con riferimento a prestazioni già liquidate, ma solo a decorrere dall’entrata in vigore della citata disposizione (Cass. n.17430/2021, sulla scorta di Cass. n. 28416/2020, ha applicato i principi e le ragioni enunciati dalle Sezioni Unite con la sent. n. 15352/2015 in relazione ai termini introdotti dall’art. 1, comma 9, della legge n. 238/1997 per la domanda volta al conseguimento dell’indennizzo da vaccinazioni o di epatiti post trasfusionali e RAGIONE_SOCIALE da HIV).
Peraltro, quanto alla possibilità, in caso di richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni RAGIONE_SOCIALEstiche parzialmente già riconosciute, che la decadenza investa, in considerazione della natura della prestazione, solo le differenze sui ratei maturati precedenti il triennio ovvero, in generale, ogni differenza comunque dovuta per il titolo in relazione al quale è richiesto l’adeguamento o il ricalcolo, questa Corte si è già espressa nel primo senso: «l’interpretazione che limita ai ratei
l’applicazione dei termini di prescrizione e decadenza anche nel caso di riliquidazioni è in linea con i principi affermati in materia dalla Corte Costituzionale, che ha sempre ritenuto il diritto a pensione come diritto fondamentale, irrinunciabile, imprescrittibile e non sottoponibile a decadenza, in conformità di principio costituzionalmente garantito che non può comportare deroghe legislative (tra le altre, Corte Costituzionale 26 febbraio 2010, n. 71; Corte Costituzionale 22 luglio 1999, n. 345; Corte Costituzionale 15 luglio 85, n. 203). Una diversa interpretazione (che applicasse la decadenza all’intera pretesa di rideterminazione travolgendo i ratei futuri ed infratriennali) sarebbe del resto incompatibile con la Costituzione tutte le volte in cui la misura della prestazione riconosciuta o pagata non salvaguardi il nucleo essenziale della prestazione, come nel caso che solo una parte esigua della prestazione sia riconosciuta e pagata dall’ente previdenziale. Per tali casi, ritenere il diritto alle differenze RAGIONE_SOCIALEstiche perduto per decadenza comporterebbe di fatto la vanificazione del diritto alla pensione, in netto contrasto con l’art. 38 Cost. Sarebbe peraltro non agevole individuare (per ciascuna prestazione periodica), in difetto di criteri legali o costituzionali espliciti, quale sia il nucleo essenziale della prestazione RAGIONE_SOCIALEstica non comprimibile. L’applicazione della decadenza della domanda di riliquidazione ai soli ratei pregressi oltre il triennio e non all’intera pretesa del privato attua del resto un giusto equilibrio tra il diritto alla pensione e l’obiettivo decorso del tempo assicurato dalla decadenza mobile, che comunque sanziona il pensionato in modo significativo con la perdita dell’integrazione dei ratei ultra triennali rispetto alla domanda giudiziale» (Cass. n. 123/2022, idem n. 11943/2024, n. 13441/2024 ex multis ).
Pertanto, in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni RAGIONE_SOCIALEstiche parzialmente già riconosciute, la decadenza riguarda solo le differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale
Quindi, precisato che l’oggetto originario della domanda del pensionato concerneva la rideterminazione della base di calcolo sia della quota A che della quota B del trattamento e che, quanto alla quota A, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE non ha messo in discussione l’an debeatur delle differenze maturate ma ha solo insistito sulla eccezione di decadenza, il motivo va accolto, nei termini sopra indicati.
Il secondo motivo è fondato.
La questione giuridica dedotta riguarda la determinazione della cd quota B dei trattamenti RAGIONE_SOCIALEstici dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, oggi corrisposti dalla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE istituita presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (suben trato all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE): la ‘quota A’ corrisponde «all’importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolate con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile» (art. 13, lettera a, del d.lgs. n.503/1992), e la ‘quota B’ «all’importo del trattamento RAGIONE_SOCIALEstico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993» (art. 13, lettera b, del citato d.lgs. n. 503/1992). Relativamente alla ‘quota B’ vi è controversia sul permanere o meno del limite alla retribuzione giornali era pensionabile di cui all’art. 12, comma 7, del d.P.R. n.1420/1971.
Si registra sul punto un ormai consolidato orientamento di legittimità, condiviso dal Collegio, in forza del quale è stato chiarito che nella determinazione della ‘quota B’ della pensione non deve essere presa in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, la parte eccedente delle retribuzioni giornaliere che risulti superiore al limite fissato dall’art. 12, comma 7°, del d.P.R. n. 1420/1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182/1997, poiché tale limite non è stato abrogato espressamente dai successivi interventi legislativi, né appare incompatibile con l’art. 4, comma 8, del d.lgs. n. 182/1997, dovendo piuttosto ritenersi che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, collocandosi in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei RAGIONE_SOCIALE assicurati presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (così, ex multis , Cass. n. 36056/2022, n.36641/2022, n.36444/2022, n.37043/2022, n.38016/2022, n.870/2023, n.1775/2023, n.18169/2023, n.21010/2023, n.24526/2023, n.24555/2023, n.27494/2023, n.27503/2023).
Tale principio di diritto va qui ribadito, non essendovi ragioni per discostarsi dall’orientamento consolidato.
Non essendosi la Corte territoriale attenuta all’anzidetto principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione,