Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5360 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5360 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12583-2021 proposto da
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al ricorso, dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA , INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso, in forza di procura rilasciata in calce al controricorso, dall’avvocat a NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 777 del 2021 della CORTE D’APPELLO DI ROMA, depositata l’8 marzo 2021 (R.G.N. 3792/2017). Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 28 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
R.G.N. 12583/2021
COGNOME
Rep.
C.C. 28/11/2024
giurisdizione Pensione dei lavoratori dello spettacolo. Determinazione della ‘ quota B ‘ . Decadenza.
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 777 del 2021, depositata l’8 marzo 2021, la Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame principale dell’INPS e, in parziale accoglimento del gravame incidentale interposto dal signor NOME COGNOME ha accertato il diritto del lavoratore di ottenere il ricalcolo della ‘quota A’ e del supplemento della ‘quota B’ della pensione, secondo i criteri indicati in motivazione.
1.1. -Infondata, anzitutto, è l’eccezione di decadenza che l’Istituto ha riproposto a supporto del gravame, in quanto la norma invocata (art. 38, comma 1, lettera d , numero 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111), nel comminare la decadenza triennale anche per le richieste di riliquidazione dei trattamenti pensionistici già erogati, è inapplicabile a provvedimenti di liquidazione del 7 aprile 2010 e del 19 aprile 2010. Ratione temporis la novella del 2011 opera soltanto per le liquidazioni successive al 6 luglio 2011.
1.2. -Quanto alla determinazione della ‘quota B’, corrispondente alle anzianità contributive acquisite dopo il gennaio 1993, la Corte territoriale, nel respingere l’impugnazione dell’INPS, ha ritenuto corretta la soluzione prescelta dal giudice di prime cure, che ha commisurato la quota in esame alla retribuzione effettivamente percepita, senza l’applicazione del limite massimo sancito dall’art. 12, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1420. Invero, la disciplina dettata dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182, si configura come nuova ed autosufficiente e non è compatibile con il permanere del richiamato limite massimo, limite che la normativa sopravvenuta interviene a superare in funzione parzialmente compensativa di un regime meno favorevole.
1.3. -Merita, invece, di essere accolto il gravame incidentale del signor COGNOME
Il Tribunale ha omesso di pronunciare sulla richiesta di riliquidazione della ‘quota A’, con decorrenza dal primo gennaio 2005, e sulla richiesta di riliquidazione del supplemento di pensione legato al la ‘quota B’ , con decorrenza dal primo marzo 2010.
Alla riliquidazione della ‘quota A’ si deve provvedere tenendo conto di tutti i contributi giornalieri risultanti dall’estratto contributivo. L’INPS, nel giudizio di primo grado, non ha svolto a tale riguardo contestazioni specifiche con riferimento all’es tratto contributivo prodotto dal lavoratore e ai conteggi elaborati sulla base di quest’estratto.
Quanto al supplemento di pensione, inerente alla ‘quota B’, esso dev’essere riliquidato senza alcuna riduzione correlata al limite massimo, non più vigente per la quota in esame.
-L ‘INPS ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello, sulla base di tre motivi, illustrati da memoria in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio.
-Resiste con controricorso il signor NOME COGNOME.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 380bis .1. cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente deduce la violazione dell’art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, come novellato dall’art. 38, comma 1, lettera d ), numero 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111.
Avrebbe errato la Corte territoriale nell’escludere la decadenza triennale per le domande di riliquidazione delle prestazioni pensionistiche, aventi ad oggetto l’adeguamento di prestazioni riconosciute in misura inferiore a quella dovuta e liquidate prima del 6 luglio 2011.
Nel caso di specie, la domanda giudiziaria sarebbe stata proposta soltanto il 4 marzo 2016, e dunque ben oltre il termine triennale di decadenza.
1.1. -Il motivo è fondato, nei limiti di séguito esposti.
1.2. -In coerenza con i princìpi enunciati in termini generali sulla disciplina introdotta dall’art. 3 8, comma 1, lettera d ), numero 1, del d.l. n. 98 del 2011 (Cass., sez. VI-L, 6 maggio 2021, n. 11909), questa Corte ha puntualizzato che, anche per i trattamenti pensionistici corrisposti ai lavoratori dello spettacolo, la decadenza triennale prevista dall’ art. 47, ultimo comma, del d.P.R. n. 639 del 1970 si applica anche alla riliquidazione dei trattamenti pensionistici già in essere, con decorrenza dalla data d’entrata in vigore della novella (Cass., sez. lav., 1° giugno 2023, n. 15623).
Né la parte controricorrente ha prospettato argomenti risolutivi per indurre a rimeditare le conclusioni cui questa Corte è approdata anche di recente, rilevando che «il termine di decadenza introdotto dall ‘ art. 38 trova applicazione anche con riguardo a prestazioni già liquidate ma solo a decorrere dall ‘ entrata in vigore della citata disposizione (6/7/2011) e, come già ritenuto dalla sentenza n. 28416/20, è evitata dalla proposizione dell ‘ azione giudiziaria, non anche dalla domanda amministrativa» (Cass., sez. lav., 31 dicembre 2024, n. 35134, punto 7 del Rilevato ).
La sentenza d’appello (pagina 3) presta, dunque, il fianco alle censure del ricorrente, nella parte in cui esclude in radice l’applicabilità della decadenza alle richieste di adeguamento di trattamenti
pensionistici, solo perché liquidati prima della data di entrata in vigore della novella.
1.3. -Si deve puntualizzare che tale decadenza si applica «solo alle differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale mentre non si estende ai ratei della pensione maturati successivamente» (Cass., sez. lav., 13 giugno 2023, n. 16860, punto 10 del Considerato ), in quanto una diversa interpretazione, «travolgendo anche i ratei infratriennali e soprattutto futuri, sarebbe incompatibile con l’art. 38 Cost. tutte le volte in cui la misura della prestazione riconosciuta o pagata non salvaguardasse il nucleo essenziale della prestazione» (Cass., sez. lav., 29 dicembre 2022, n. 38015).
La decadenza, dunque, non può che essere applicata in linea con il meccanismo della ‘decadenza mobile’, nei termini confermati anche di recente da questa Corte (Cass., sez. lav., 31 dicembre 2024, n. 35136, punto 3.2. del Rilevato ).
-Con il secondo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’Istituto denuncia la violazione dell’art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1420, e dell’art. 4 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182, e lamenta che la sentenza d’appello, nella determinazione della quota di pensione corrispondente alle anzianità contributive maturate dopo il 31 dicembre 1992, non abbia tenuto conto del limite massimo di retribuzione pensionabile di cui al menzionato art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971.
2.1. -La censura è ammissibile.
2.1.1. -Dev’essere disattesa l’eccezione che, in via preliminare, ha sollevato il controricorrente, imputando all’Istituto di non aver censurato le affermazioni sull’inapplicabilità dell’art. 12, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e del richiamo ai limiti massimi della retribuzione pensionabile, vigenti nei diversi
ordinamenti. Ad avviso del controricorrente, tali affermazioni sarebbero di per sé idonee a sorreggere la decisione adottata (pagine 32 e 33 del controricorso).
2.1.2. -Come questa Corte ha evidenziato nel reputare infondate eccezioni di analogo tenore, «Il ricorso dell ‘ INPS contesta in radice il percorso argomentativo dei giudici d ‘ appello, in tutti i passaggi in cui si dipana, e il giudicato non si forma sulle singole asserzioni della sentenza, ma sull ‘ unità minima di decisione che ricolleghi a un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto (Cass., sez. lav., 7 novembre 2022, n. 32683). L ‘ unità minima di decisione, nel caso di specie, investe l ‘ attribuzione del trattamento previdenziale senza l ‘ applicazione del limite retributivo e, in ragione delle specifiche censure formulate dall ‘ INPS sia in appello che in questa sede, la materia è ancora controversa in tutti i profili che la contraddistinguono» (fra le molte, Cass., sez. lav., 16 giugno 2023, n. 17278, punto 2.2. delle Ragioni della decisione ; nello stesso senso, di recente, Cass., sez. lav., 31 dicembre 2024, n. 35136, punto 4.1. del Rilevato ).
2.2. -La censura è fondata.
2.2.1. -Nel presente giudizio si controverte sulla determinazione della ‘ quota B ‘ della pensione spettante ai lavoratori dello spettacolo e corrispondente agli anni di anzianità contributiva che decorrono dal primo gennaio 1993. La questione devoluta dal ricorrente investe l ‘ applicazione, anche alla ‘ quota B ‘ , del limite alla retribuzione giornaliera pensionabile, sancito dal l’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971.
2.2.2. -Questa Corte ha oramai consolidato il seguente principio di diritto: «Nella determinazione della ‘ quota B ‘ della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte
eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dal l’art. 12, settimo comma, del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420, così come da ultimo modificato dal l’art. 1, comma 10, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182. Tale limite non è stato abrogato per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs. n. 182 del 1997» (Cass., sez. lav., 9 dicembre 2022, n. 36056, punto 24 delle Ragioni della decisione ).
Si deve ritenere , in difetto di un’abrogazione espressa e di un rapporto d’incompatibilità tra la disciplina previgente e quella posteriore, «che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, collocandosi in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all ‘ entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l ‘ INPS» (Cass., sez. lav., 18 ottobre 2024, n. 27065, n. 27016 e n. 27015).
2.2.3. -A tali conclusioni, ribadite anche di recente (Cass., sez. lav., 31 dicembre 2024, n. 35135 e n. 35134, e 11 dicembre 2024, n. 31897), questa Corte è pervenuta in virtù dell’interpretazione letterale e sistematica della normativa e dell’analisi della sua evoluzione diacronica, verificando la compatibilità con la Costituzione e vagliando in molteplici occasioni gli argomenti di segno contrario formulati nella sentenza impugnata e nel controricorso (fra le molte, anche Cass., sez. lav., 9 agosto 2023, n. 24245).
Nell’odierno giudizio, il controricorrente non ha addotto argomenti idonei a infirmare l’orientamento costante, che anche l’Istituto richiama, nella memoria illustrativa.
2.2.4. -La sentenza d’appello non si è attenuta ai princìpi indicati, nel l’affermare che la ‘quota B’ non è più assoggettata al tetto di cui all’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971 .
3. -Con la terza critica (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), il ricorrente si duole, infine, della violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e addebita alla Corte di merito di aver pretermesso le contestazioni mosse con la memoria difensiva depositata nel giudizio dinanzi al Tribunale, considerandole apoditticamente generiche.
3.1. -Anche tale critica coglie nel segno.
3.2. -La Corte d’appello (pagine 7 e 8) incentra l’accoglimento della domanda sul rilievo che l’odierno ricorrente non abbia debitamente contestato le risultanze documentali prodotte dalla controparte e i conteggi che, prendendo le mosse da tali risultanze, sono stati elaborati.
3.3. -Tale rilievo non può essere condiviso.
In ossequio ai requisiti di specificità, l’Istituto ha puntualmente riprodotto nell’odierno ricorso tanto le allegazioni della domanda introduttiva del giudizio concernente il ricalcolo della pensione (pagine 28 e 29) quanto i passi salienti della memoria difensiva depositata dinanzi al Tribunale (pagine 29, 30 e 31).
Dalla disamina delle argomentazioni esposte dall’Istituto, emerge che sono state formulate contestazioni circostanziate in ordine ai criteri che presiedono all’elaborazione dei conteggi.
Tali contestazioni, per la loro radicalità e per la pluralità degli elementi che le avvalorano, non si prestano all’interpretazione riduttiva adombrata nel controricorso (pagine 47, 48 e 49). Esse si appuntano sulla tipologia dei contributi (effettivi e figurativi) che confluiscono nell’ammontare complessivo, sui periodi di riferimento presi in esame e solo genericamente indicati, sull’indicazione, egualmente generica, delle attività cui tali contributi si correlano.
3.4. -Né la specificità esige che siano approntati conteggi alternativi, secondo la prospettazione propugnata nel controricorso (pagina 49).
3.5. -Nel reputare generiche, in modo assertivo, le contestazioni formulate già nel giudizio di primo grado, sulla scorta di puntuali elementi di fatto e delle pertinenti ragioni di diritto, la sentenza d’appello, in definitiva, ha violato l’art. 115 cod. proc. civ. , che enuclea un criterio normativo vincolante, senza sottrar ne l’interpretazione e l’applicazione al sindacato di questa Corte.
Si rivela, dunque, fondato il motivo, che censura, in forza di notazioni ribadite anche nella memoria illustrativa, la difformità della valutazione formulata rispetto al paradigma di legge.
4. -Dai rilievi svolti discendono l’accoglimento del ricorso , per quanto di ragione, e la cassazione della sentenza impugnata in relazione alle censure accolte.
5. -La causa è rinviata alla Corte d’appello di Roma, che, in diversa