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Pensione lavoratori spettacolo: il calcolo della quota B

La Corte di Cassazione ha stabilito che per la pensione lavoratori spettacolo, il calcolo della ‘quota B’ deve rispettare il tetto massimo di retribuzione giornaliera pensionabile previsto dalla normativa speciale. L’ente previdenziale ha visto accolto il suo ricorso contro la decisione della Corte d’Appello che aveva disapplicato tale limite, riaffermando la validità di un sistema previdenziale specifico e complessivamente favorevole per la categoria.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Pensione Lavoratori Spettacolo: La Cassazione sul Tetto Retributivo della Quota B

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è intervenuta su un tema cruciale per la pensione lavoratori spettacolo: la determinazione della cosiddetta “quota B”. La decisione chiarisce definitivamente l’applicabilità di uno specifico tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, una questione che ha generato un significativo contenzioso tra i lavoratori e l’ente previdenziale. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

La Vicenda Giudiziaria: Dal Tribunale alla Cassazione

Il caso trae origine dal ricorso di un lavoratore dello spettacolo che chiedeva la rideterminazione della propria pensione. In particolare, la contestazione riguardava il criterio di calcolo della “quota B”, ovvero la parte dell’assegno pensionistico maturata per le anzianità contributive successive al 31 dicembre 1992.

Mentre in primo grado il Tribunale aveva dato ragione al lavoratore, la Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la decisione. Il vero nodo del contendere, però, è giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, adita dall’ente previdenziale, che lamentava la violazione di specifiche norme relative al calcolo delle pensioni per questa particolare categoria di lavoratori.

Il Calcolo della Pensione Lavoratori Spettacolo e la Quota B

Il cuore della questione risiede nell’esistenza di un massimale di retribuzione giornaliera da considerare ai fini del calcolo della pensione. La Corte d’Appello aveva ritenuto che questo limite, storicamente fissato, non fosse più applicabile. Secondo i giudici di secondo grado, bisognava fare riferimento a un massimale più generale, legato all’assicurazione generale obbligatoria.

L’ente previdenziale, al contrario, ha sempre sostenuto la piena vigenza del limite specifico previsto dal D.P.R. n. 1420/1971, come successivamente modificato. Questo limite, fissato in origine a 315.000 lire giornaliere, è notevolmente inferiore rispetto alla retribuzione massima sulla quale i lavoratori versano i contributi (pari a 1.000.000 di lire).

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’ente previdenziale, ribaltando la decisione della Corte d’Appello e riaffermando un principio già consolidato nella propria giurisprudenza. Secondo gli Ermellini, il tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile previsto per i lavoratori dello spettacolo non è mai stato abrogato, né espressamente né per incompatibilità con le norme successive.

La Corte ha spiegato che la fissazione di questo limite è un elemento “coessenziale” a una disciplina previdenziale che, nel suo complesso, è “ampiamente favorevole” per gli iscritti. Questo regime speciale offre infatti condizioni di accesso alla pensione e un’entità delle prestazioni più vantaggiose rispetto alla generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS. Pertanto, il limite alla base di calcolo pensionistico contribuisce a bilanciare i diversi interessi in gioco, garantendo la sostenibilità del sistema.

La Cassazione ha anche respinto la questione di legittimità costituzionale sollevata dal lavoratore, richiamando una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 202/2008). In quell’occasione, la Consulta aveva già chiarito che non è richiesta una “necessaria corrispondenza” tra i contributi versati e le prestazioni erogate. Il divario tra la base contributiva (più alta) e quella pensionabile (più bassa) è legittimo proprio perché inserito in un sistema complessivamente di favore.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza riafferma con forza la specificità del sistema pensionistico dei lavoratori dello spettacolo. La pensione lavoratori spettacolo e il suo calcolo, in particolare per la quota B, devono continuare a tener conto del limite massimo di retribuzione giornaliera pensionabile stabilito dalla normativa di settore. La decisione ha cassato la sentenza d’appello e ha rinviato la causa a un’altra sezione della Corte d’Appello di Roma, che dovrà ora attenersi a questo principio di diritto per ricalcolare l’assegno del pensionato. Questa pronuncia fornisce un punto fermo per tutto il contenzioso pendente in materia, consolidando l’interpretazione sostenuta dall’ente previdenziale.

Come si calcola la ‘quota B’ della pensione per i lavoratori dello spettacolo?
La ‘quota B’, relativa alle anzianità maturate dopo il 31.12.1992, si calcola tenendo conto di un limite massimo di retribuzione giornaliera pensionabile, specificamente previsto dalla normativa per questa categoria (D.P.R. n. 1420/1971 e successive modifiche), e non del massimale valido per la generalità dei lavoratori.

Il limite alla retribuzione giornaliera pensionabile per i lavoratori dello spettacolo è ancora valido?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che questo limite non è stato abrogato né espressamente né per incompatibilità con leggi successive. Esso rimane un elemento fondamentale del sistema previdenziale specifico per questa categoria.

È legittimo pagare contributi su una retribuzione più alta di quella usata per calcolare la pensione?
Sì, secondo la Corte. La Corte ha stabilito che non è richiesta una ‘necessaria corrispondenza’ tra contributi e prestazioni. Questa discrepanza è giustificata dal fatto che il sistema previdenziale per i lavoratori dello spettacolo è, nel suo complesso, più favorevole rispetto a quello generale in termini di condizioni di accesso e importo delle prestazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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