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Pensione di reversibilità: convivenza e assegno

Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della seconda moglie riguardo la ripartizione della pensione di reversibilità. La Corte ha confermato la decisione di merito che attribuiva 2/3 della pensione all’ex coniuge, forte di un matrimonio di 28 anni, e 1/3 alla vedova, il cui matrimonio era durato solo sei mesi, seppur preceduto da convivenza. I motivi del ricorso, relativi alla durata della convivenza e alla natura di un assegno divorzile, sono stati respinti per difetto di specificità e perché miravano a un riesame del merito non consentito in sede di legittimità.

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Pensione di reversibilità: come si divide tra ex e nuovo coniuge?

La ripartizione della pensione di reversibilità tra l’ex coniuge e il coniuge superstite è una questione complessa, spesso al centro di accese battaglie legali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre importanti chiarimenti sui criteri da applicare e, soprattutto, sugli oneri probatori che gravano sulle parti. Il caso analizzato riguarda la contestazione della seconda moglie sulla quota di pensione assegnata all’ex coniuge del defunto, basandosi sulla lunga convivenza prematrimoniale e sulla natura dell’assegno percepito dalla prima moglie.

I fatti del caso

La vicenda ha origine dalla decisione della Corte d’Appello di ripartire la pensione del defunto per 2/3 in favore dell’ex moglie divorziata e per 1/3 in favore della moglie al momento del decesso. La Corte territoriale aveva basato la sua decisione su un criterio ponderato: la notevole durata del primo matrimonio, protrattosi per circa 28 anni, a fronte della brevissima durata del secondo, appena sei mesi. Sebbene fosse stata riconosciuta l’esistenza di un periodo di convivenza prematrimoniale tra il defunto e la seconda moglie, la sua esatta durata non era stata provata in giudizio. Inoltre, i giudici di secondo grado avevano qualificato la somma di 300 euro semestrali, riconosciuta all’ex moglie in sede di divorzio, come un assegno di natura assistenziale, presupposto necessario per il suo diritto a una quota della pensione.

I motivi del ricorso e la pensione di reversibilità

La seconda moglie, non accettando la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione basandolo su tre motivi principali:
1. Violazione delle norme sulla prova: Sosteneva che la Corte d’Appello non avesse considerato che la convivenza ventennale non era mai stata contestata dall’ex moglie nei precedenti gradi di giudizio.
2. Omessa pronuncia: Lamentava che i giudici non si fossero espressi sulle richieste di prova testimoniale volte a dimostrare la reale durata della convivenza.
3. Errata qualificazione dell’assegno: Contestava la natura di assegno divorzile attribuita alla somma di 300 euro semestrali, ritenendola troppo esigua per avere una finalità di sostentamento.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato tutti e tre i motivi di ricorso inammissibili, fornendo importanti precisazioni di carattere processuale.

Sul primo punto, i giudici hanno sottolineato che il ricorso era generico. Per dimostrare la non contestazione, la ricorrente avrebbe dovuto riportare in modo specifico e dettagliato gli atti difensivi della controparte da cui emergeva tale circostanza, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. La Corte ha inoltre notato che la sentenza d’appello non aveva escluso la convivenza, ma si era limitata a constatare la mancata prova della sua esatta durata ventennale.

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per mancanza di specificità. La ricorrente non aveva trascritto nel ricorso i capitoli di prova non ammessi, impedendo alla Corte di valutarne la decisività. Un’istanza istruttoria è considerata decisiva solo se, con un giudizio di certezza, il suo accoglimento avrebbe potuto portare a una decisione diversa.

Infine, riguardo al terzo motivo, la Cassazione ha chiarito che, sebbene formulato come violazione di legge, in realtà mirava a contestare l’accertamento di fatto compiuto dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva analizzato l’accordo di divorzio e, con una valutazione di merito, aveva concluso che l’assegno, pur modesto, avesse una finalità di supporto economico. Tale valutazione non è sindacabile in sede di legittimità se non per vizi specifici, come l’omesso esame di un fatto decisivo, che nel caso di specie non sussistevano.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Per ottenere una riforma della sentenza d’appello, è necessario formulare motivi di ricorso tecnicamente impeccabili, specifici e autosufficienti, che evidenzino un chiaro errore di diritto e non una mera divergenza sull’interpretazione delle prove. La decisione sottolinea inoltre che l’onere di provare la durata di una convivenza, al fine di valorizzarla nel riparto della pensione di reversibilità, spetta a chi ne ha interesse, e tale prova deve essere fornita in modo rigoroso nei gradi di merito.

Come viene ripartita la pensione di reversibilità tra ex coniuge e coniuge superstite?
La ripartizione non è automatica ma viene decisa dal giudice sulla base di diversi criteri, tra cui principalmente la durata legale dei rispettivi matrimoni. Altri fattori, come la durata della convivenza prematrimoniale, possono essere considerati se adeguatamente provati.

La convivenza prematrimoniale conta nel calcolo della quota della pensione di reversibilità?
Sì, può essere considerata, ma la sua durata deve essere provata in modo esatto. Come emerge dalla sentenza, la semplice affermazione di una lunga convivenza, se non supportata da prove concrete e non contestata specificamente, potrebbe non essere sufficiente per i giudici ai fini del calcolo.

Un piccolo importo versato all’ex coniuge può essere considerato assegno divorzile ai fini del diritto alla pensione di reversibilità?
Sì. Secondo la Corte, la qualificazione di una somma come assegno divorzile con finalità assistenziale è una valutazione di merito. Anche un importo modesto può essere considerato tale se, analizzando l’accordo tra le parti e la loro condizione economica, emerge che aveva lo scopo di fornire un supporto al sostentamento dell’ex coniuge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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