Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23034 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 23034 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28482-2018 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME NOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 152/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 04/04/2018 R.G.N. 467/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Parma con la quale era stata rigettata la
domanda di NOME COGNOME, il quale aveva chiesto il ripristino della pensione di anzianità e comunque l’accertamento del suo diritto, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 412 del 1991, a trattenere le somme già percepite, mentre era stata accolta la domanda riconvenzionale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di restituzione di quanto medio tempore erogato.
1.1. Il giudice di appello ha ritenuto che al momento del riconoscimento della prestazione previdenziale poi revocata ( il 1.12.2008) il richiedente era parte di un rapporto di RAGIONE_SOCIALE subordinato che precludeva la possibilità di beneficiare della prestazione ai sensi dell’art. 1 comma 185 della legge 23.12.1996 norma eccezionale, non derogabile per effetto dell’entrata in vigore della legge n. 289 del 27 dicembre 2002 con la quale all’art. 44 era stato abolito il divieto di cumulo tra pensione e reddito da RAGIONE_SOCIALE subordinato escludendo l’irragionevolezza della differenziazione conservata per il settore pubblico.
1.2. La Corte territoriale h a ritenuto ripetibile l’indebito avendo accertato che al momento della presentazione della domanda amministrativa l’interessato aveva omesso di dichiarare l’esistenza di un rapporto di RAGIONE_SOCIALE intermittente a tempo indeterminato e che anche il silenzio di chi ricevendo la prestazione sarebbe tenuto a dichiarare lo svolgimento di un’attività lavorativa integra il dolo. Con riguardo all’importo da ripetere, poi, la Corte di merito ha ritenuto che fosse onere dell’interessato contestar ne la correttezza e che solo a fronte di tale contestazione sarebbe poi sorto l’obbligo per l’Istituto di mostrare l’esattezza del quantum chiesto. Ha quindi osservato che in mancanza di una contestazione in primo grado era tardiva la questione posta solo in appello.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME affidato a tre motivi. l’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con tempestivo controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..
RITENUTO CHE
Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione dell’art. 12 disp. legge in generale e degli artt. 22 della legge 30 aprile 1969 n. 153 e 38 comma 3 della legge n. 276 del 2003 nel testo vigente alla data del 30.11.-1.12.2008 per non avere adottato un’interpretazione di tali norme costituzionalmente orientata in conformità con gli artt. 3, 4, 38 e 134 Cost. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c..
3.1. Sostiene il ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, l’art. 22 della legge n. 153 del 1969 esige solo ‘l’inesistenza di una prestazione lavorativa subordinata’ alla data di decorrenza della pensione di anzianità e quindi non potrebbe essere d’ostacolo alla concessione della pensione il fatto che alla stessa data il lavoratore era parte di un contratto di RAGIONE_SOCIALE intermittente non attivo.
3.2. Evidenzia che l’art. 38 c omma 3 del d.lgs. n. 276 del 2003 esclude ogni effetto al contratto di RAGIONE_SOCIALE intermittente quando la prestazione non sia richiesta né resa. Tale prevista mancanza di effetti deve, ad avviso del ricorrente, essere totale e dunque il contratto di RAGIONE_SOCIALE intermittente non attivo non potrebbe essere opposto al lavoratore che abbia chiesto la concessione della pensione di anzianità. Solo una tale interpretazione sarebbe conforme agli artt. 3, 4 e 38 Cost. e sostiene che una diversa lettura RAGIONE_SOCIALE norme da applicare al caso concreto si esporrebbe a rilievi di incostituzionalità.
Il motivo è infondato.
4.1. Ai sensi dell’ art. 22 lettera c) della legge n. 153 1969 per il conseguimento della pensione è necessario che l’assicurato possa far valere trentacinque anni di contribuzione avendo versato almeno 1820 contributi settimanali e che, alla data di presentazione della domanda amministrativa, non presti attività lavorativa.
4.2. Si tratta di requisiti costitutivi del diritto alla prestazione e la pensione spettante ai sensi del presente articolo è
calcolata in base alle norme vigenti nelle rispettive gestioni e decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda. Solo al compimento dell’età per il conseguimento della pensione di vecchiaia la pensione di anzianità è equiparata a tutti gli effetti ad essa. Inoltre il trattamento di anzianità, già riconosciuto, non è cumulabile con la retribuzione lorda percepita in costanza di rapporto di RAGIONE_SOCIALE alle dipendenze di terzi e così anche la tredicesima rata di pensione non è cumulabile con la tredicesima mensilità di retribuzione o con gli equivalenti emolumenti, corrisposti in occasione RAGIONE_SOCIALE festività natalizie. La circostanza che il requisito della cessazione dell’attività lavorativa sia elemento costitutivo del diritto alla prestazione comporta che esso deve sussistere al momento della presentazione della domanda in via amministrativa. Questa Corte ha ritenuto perciò che ove sopravvenga, è necessaria la presentazione di una nuova domanda amministrativa e la pensione potrà decorrere solo dal primo giorno del mese successivo alla data della sua proposizione. Inoltre, ove siano sopravvenute modifiche normative, troverà applicazione la disciplina a quel momento in vigore anche se meno favorevole e più rigorosa (cfr. Cass. 25/07/1996 n.6693, 08/05/2002 n.6571, 27/07/2004 n. 14132, 31/07/2014 n. 17511) .
4.3. Orbene, nel caso in esame, la Corte di merito ha accertato che alla data di presentazione della domanda di pensione l’odierno ricorrente era iscritto all’ RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e continuava a versare la contribuzione in relazione al rapporto di RAGIONE_SOCIALE intermittente in atto.
4.4. Ritiene il Collegio che la circostanza che alla data di presentazione della domanda di pensione la prestazione non fosse in atto non consente di poter ritenere sussistente la condizion e dell’ inoccupazione che, come detto, al pari del requisito contributivo è necessaria per il conseguimento della prestazione.
4.5. Il contratto di RAGIONE_SOCIALE intermittente, disciplinato dagli artt.33 e ss. del d.lgs. n.276 del 2003, nella versione applicabile ratione temporis , è un contratto di RAGIONE_SOCIALE subordinato che si caratterizza per il suo peculiare schema causale costituito dalla messa a disposizione della prestazione lavorativa, in favore del datore di RAGIONE_SOCIALE, conformata alla necessità RAGIONE_SOCIALEale di disporre di forza RAGIONE_SOCIALE in maniera intermittente e flessibile e dall’ assenza di una necessità continuativa che orienti la collocazione temporale della prestazione. Si tratta di un contratto con il quale il lavoratore pone a disposizione del datore di RAGIONE_SOCIALE la prestazione lavorativa che può essere da quest’ultimo utilizzata per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale o, come previsto in ragione di una sua pronta applicazione, in via provvisoriamente sostitutiva, dal Ministro RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, con apposito decreto da adottarsi trascorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo (art. 34 comma 1 d.lgs. n. 276 del 2003). Il lavoratore si obbliga ad assicurare la sua prestazione a richiesta in relazione alle esigenze del datore di RAGIONE_SOCIALE e quando metta continuativamente a disposizione le sue energie lavorative avrà diritto al riconoscimento dell’indennità di disponibilità durante i periodi non lavorati. In ogni caso resta ferma la possibilità per il datore di RAGIONE_SOCIALE di chiedere a sua discrezione la prestazione lavorativa in relazione all’esigenza insorta nei limiti di quanto convenuto. Ed infatti il contratto deve indicare oltre alla durata ed alle ipotesi, oggettive o soggettive, che ne consentono la stipulazione a norma dell’art. 34 anche il luogo e la modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del preavviso di chiamata del lavoratore (mai inferiore a un giorno lavorativo). Inoltre deve
precisare: il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e l ‘ indennità di disponibilità, ove prevista; le forme e le modalità con cui il datore di RAGIONE_SOCIALE è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di RAGIONE_SOCIALE e le modalità di rilevazione della prestazione; i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità; le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto il tutto recependo, ove previste, le indicazioni contenute nei contratti collettivi.
4.6. Si tratta di una peculiare forma di utilizzazione della forza RAGIONE_SOCIALE connessa ad un rapporto che per tutta la sua durata è comunque in atto con vincoli persistenti per entrambe le parti sicché si deve escludere che nei periodi di quiescenza, in cui la prestazione non è resa, si configuri lo stato di inoccupazione che deve sussistere al momento della presentazione della domanda amministrativa per conseguire la pensione di anzianità (cfr. Cass. 20/07/2018 n. 19337) e che è onere dell’assicurato dimostrare (Cass. n. 5965 del 1984).
4.7. La circostanza che a norma del l’art. 38 comma 3 del d.lgs. n. 276 del 2003 il lavoratore che percepisca l’indennità di cui al l’art. 36 – erogata per i periodi nei quali garantisca la disponibilità al datore di RAGIONE_SOCIALE in attesa di utilizzazione – non sia titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati e non maturi alcun trattamento economico e normativo diverso dalla citata indennità di disponibilità non implica che si possa perciò ritenere che egli non presti un’ attività lavorativa subordinata, nel senso che non sussista il relativo rapporto di RAGIONE_SOCIALE. In tali periodi, infatti, il lavoratore è comunque vincolato in base alle disposizioni contrattuali ad assicurare la prestazione ove richiesta e, per conseguire l’indennità di disponibilità, è tenuto a comunicare gli eventi che, come la malattia, rendano temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata. L ‘ingiustificato rifiuto di
rispondere alla chiamata, poi, può comportare la risoluzione del contratto. In sostanza per tutta la durata del rapporto, e a prescindere dalla effettiva prestazione di attività, permane un vincolo che obbliga il lavoratore non solo a tenersi effettivamente a disposizione ma anche a rispondere alla chiamata del datore di RAGIONE_SOCIALE.
4.8. Da tale peculiare e complesso quadro normativo emerge un rapporto dove le prestazioni devono essere obbligatoriamente rese in coincidenza con l’insorgenza dell’esigenza per la quale sono state convenute . Non può ritenersi, perciò, che per effetto del l’occasionale quiescenza del rapporto in coincidenza con la presentazione della domanda di pensione di anzianità -rapporto che può essere stato attivo fino al giorno prima ed essere attivato anche solo il giorno dopo -sussista il requisito della non occupazione necessario ai fini del riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale.
4.9. Ne consegue che nel caso di specie, essendo il ricorrente al momento della domanda vincolato da un contratto di RAGIONE_SOCIALE intermittente a tempo indeterminato, non sussiste vano i requisiti previsti dall’art. 22 della legge n. 153 del 1969 per il conseguimento della pensione di anzianità chiesta.
4.10. A tali principi si è attenuta la Corte di merito nel confermare la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda del COGNOME. Il conseguimento del diritto alla pensione è subordinato alla cessazione di qualsiasi rapporto di RAGIONE_SOCIALE in essere, anche diverso da quello in riferimento al quale sono stati versati i contributi alla gestione deputata ad erogare la prestazione (cfr. Cass. n. 17530 del 2005). Del tutto diversa è la situazione prevista per il conseguimento della pensione di vecchiaia . Ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 503 del 1992 , che disciplina il cumulo tra pensioni e redditi da RAGIONE_SOCIALE dipendente e autonomo rispetto al cumulo tra la pensione medesima (una volta che questa sia stata conseguita) e i
redditi da RAGIONE_SOCIALE oppure da altra pensione, e dalla comparazione RAGIONE_SOCIALE discipline rispettive, non può risultare, in nessun caso, la violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), attesa la non omogeneità tra le situazioni prospettate (cfr. Cass. n. 13933 del 2006). L’interpretazione giurisprudenziale in materia, oltre a considerare la cessazione dell’attività lavorativa, al pari dell’anzianità contributiva ed assicurativa, quale presupposto necessario per l’insorgenza del diritto alla pensione di anzianità (cfr. Cass. n. 6571 del 2002), ha ritenuto momento fondante quello di presentazione della domanda (Cass. n. 14132 del 2004) e più recentemente ha sottolineato che per conseguire il diritto al trattamento pensionistico è comunque necessaria, in caso di medesimo o diverso datore di RAGIONE_SOCIALE, che esista una soluzione di continuità fra i successivi rapporti di RAGIONE_SOCIALE al momento della richiesta della pensione di anzianità e della decorrenza della pensione stessa (così Cass. n. 4898 del 2012) e ciò al fine di evitare che la percezione della pensione di anzianità avvenga contemporaneamente alla prestazione dell’attività lavorativa subordinata (in tal senso cfr. Cass. n. 4900 del 2012).
Anche il secondo motivo di ricorso – con il quale si deduce che in violazione dell’art. 13 della legge 412 del 1991 e dell’art. 2697 cod. civ. sarebbe stato ritenuto esistente un comportamento doloso del lavoratore nell’aver omesso di dichiarare all’atto della domanda di pensione l’esistenza del rapporto di RAGIONE_SOCIALE che per la situazione di quiescenza in cui versava non poteva essere ritenuto esistente anche tenuto conto dell’esiguità dei compensi percepiti nel tempo (per l’anno 2008 erano stati percepiti solo € 2.856,78) -è infondato.
5.1. Premesso che ai fini della irripetibilità dell’indebito previdenziale è necessario che sia intervenuto il pagamento RAGIONE_SOCIALE somme in base ad un formale e definitivo provvedimento che sia stato comunicato all’interessato e che l’errore, di qualsiasi natura, sia imputabile all’ente erogatore.
Inoltre non deve sussistere il dolo dell’interessato al quale è parificata la omessa o incompleta segnalazione di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione che non siano già conosciuti dall’ente competente (cfr. Cass. e Cass. n. 5984 del 2022). Laddove difetti anche una sola RAGIONE_SOCIALE esposte condizioni opera la regola della ripetibilità di cui all’art. 2033 c.c. in tema di indebito previdenziale . E’ stato chiarito che il dolo dell’assicurato – che esclude l’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme che limitano la ripetibilità RAGIONE_SOCIALE somme non dovute, in deroga alla ricordata regola generale di cui all’art. 2033 c.c. -sebbene non possa essere presunto dal mero silenzio che di per sé stesso non ha valore di causa determinante in tutti i casi in cui l’erogazione indebita non sia imputabile al percipiente, è tuttavia configurabile nelle ipotesi di omessa o incompleta segnalazione di circostanze incidenti sul diritto o sulla misura della pensione, che, come ricordato, non siano già conosciute o conoscibili da parte dell’ ente competente (Cass. n. 8731 del 2019). Esso va perciò ravvisato q uando l’assicurato in presenza di dichiarazioni non conformi al vero, di fatti e comportamenti dell’interessato che inducano in errore l’ente erogatore, ingenera una rappresentazione alterata della realtà tale da incidere sulla determinazione volitiva di esso e, quindi, sull’attribuzione della prestazione (cfr. Cass. n. 22081 del 2021, v. anche Cass. 10337 del 2023).
5.2. Orbene, nel caso in esame, l’assicurato al momento della presentazione della domanda amministrativa di pensione di anzianità ha omesso di dichiarare l’esistenza del contratto di RAGIONE_SOCIALE con modalità intermittente che non era altrimenti conoscibile dall’Istituto che infatti ha accolto la domanda e riconosciuto la prestazione previdenziale che invece, per le ragioni più sopra esposte, non spettava. Correttamente perciò la Corte, adeguandosi ai principi sopra richiamati ha ritenuto che le somme erogate a tale titolo potessero e dovessero essere ripetute.
Con l ‘ultimo motivo di ricorso si censura la sentenza per avere l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE – in violazione degli artt. 414, 416 e 437 c.p.c., richiamati dall’art. 442 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. – richiesto la restituzione della somma che ha detto indebitamente pagata quantificandola in una cifra totale della quale non ha né spiegato né documentato le modalità di calcolo né quando e come tali somme erano state versate (in ritardo, con arretrati o alla fine di ogni mese, come normali ratei, soggetti alle modifiche di legge). Sostiene che a fronte di tale genericità nell’enunciazione dei fatti era sufficiente il rilievo del ricorrente che aveva da subito eccepito la mancanza di prova del quantum richiesto ricordando che la mancata contestazione o la genericità della stessa possono venire in rilievo solo nei limiti in cui le allegazioni avversarie siano specifiche e dotate di riferimenti concreti in relazione al loro fatto costitutivo.
Il motivo non può essere accolto.
7.1. Va qui ribadito che secondo il costante insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. 13/03/2012 n. 3974, 03/07/2008 n. 18202, 27/02/2008 n. 5191, 16/12/2005 n. 27833, 19/01/2005 n. 996, 06/07/2004 n. 12345, 05/03/2004 n. 4556, 21/10/2003 n. 15746, 15/01/2003 n. 535 e Cass. s.u. 23/01/2002 n. 761), a norma dell’ art. 416 c.p.c. il convenuto, anche in via riconvenzionale, ha l’onere di prendere subito immediata e precisa posizione, a pena di decadenza, in ordine ai fatti asseriti dall’attore. La mancata contestazione dei fatti costitutivi della domanda vincola il giudice a ritenere sussistenti i fatti costitutivi, modificativi, impeditivi od estintivi del diritto fatto valere in giudizio. Il principio di non contestazione concorre a delimitare correttamente l’area dell’attività istruttoria e qualora i fatti allegati non siano stati specificatamente contestati sin dal primo grado, restandone tardiva la contestazione in appello, non è necessario che la parte che ne sarebbe stata onerata provveda a provarli (cfr.
Cass. 28/05/2007 n. 12363 e 16/02/2000 n. 1745). L ‘art. 416 c.p.c. infatti impone la tempestiva contestazione a pena di decadenza che verrebbe frustrata se le contestazioni potessero svolgersi anche soltanto in appello. Va ricordato che ritenendo ammissibili nuove contestazioni, mosse solo in secondo grado, i temi di indagine del giudizio di appello sarebbero modificati e ne verrebbe alterata la natura di revisio prioris istantiae del gravame così come la parità RAGIONE_SOCIALE parti. In definitiva la logica che presiede al principio di non contestazione e al giudizio d’appello comporta che, spirato il termine di cui all’art. 416 c.p.c., non si possono introdurre nuove contestazioni in punto di fatto salvo che il giudice non abbia positivamente escluso, alla luce RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie già ritualmente e tempestivamente acquisite, l’esistenza di fatti non contestati (cfr. Cass. 04/04/2012 n. 5363 e 10/07/2009 n. 16201). La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi esposti con la conseguenza che anche per tale aspetto la sentenza deve essere confermata.
8. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato. Atteso che non constano precedenti su ll’incidenza del contratto intermittente sul diritto alla pensione di anzianità si reputa equo compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma il 29 febbraio 2024