Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8337 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8337 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22893/2021 r.g., proposto da
COGNOME NOME e COGNOME NOME , nella qualità di eredi di COGNOME NOME, elett. dom.te in INDIRIZZO Roma, rappresentate e difese dagli avv.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE Napoli RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in presso la Cancelleria di questa Corte , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 1012/2021 pubblicata in data 11/03/2021, n.r.g. 38/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 05/02/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.- NOME e NOME COGNOME in qualità di eredi di NOME COGNOME ex dipendente di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) in servizio dal 10/04/1956 al 28/11/1993, adìvano il Tribunale di Napoli per ottenere
OGGETTO:
diritto all’inclusione dell’indennità di incentivazione nella base di calcolo della pensione aziendale
l’accertamento del diritto del loro de cuius all’inclusione nella base di calcolo della pensione aziendale disciplinata dagli artt. 64 e 65 del regolamento organico del 22/09/1945 -dell’indennità di incentivazione, pari all’80% dello stipendio lordo, quale elemento fisso e continuativo della retribuzione del loro de cuius , nonché la condanna dell’azienda al pagamento delle differenze maturate dalla data del collocamento in quiescenza fino alla data del decesso del 30/05/2008.
2.- Il Tribunale accoglieva le domande, contenendo però la condanna nei limiti della prescrizione.
3.La Corte d’Appello partenopea accoglieva il gravame dell’ARIN e rigettava le domande.
4.- Questa Corte di legittimità, con ordinanza n. 25175 dell’08/10/2019, in accoglimento del terzo motivo (violazione degli artt. 210, 244, 245 e 421 c.p.c.) del ricorso per cassazione proposto dalle eredi COGNOME, cassava la sentenza d’appello per non aver la Corte territoriale dato ingresso alle istanze istruttorie avanzate dalle ricorrenti e riproposte in appello ed ha rinviato ‘ per rivalutare le istanze istruttorie alla luce del principio esposto ‘.
5.- Riassunto il giudizio, con la sentenza in epigrafe la Corte territoriale rigettava comunque la domanda per mancata prova dei presupposti di fatto della pretesa, ossia della percezione dell’indennità di incentivazione sin dal 1971 -e quindi anche nel 1993 -e del l’importo medio mensile percepito a tale titolo nell’ultimo anno.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
va premesso che, secondo Cass. n. 10644/2017, il carattere della continuità di un determinato compenso non può essere concepito in modo assoluto, ma deve essere valutato in relazione alla particolare natura del compenso;
sempre Cass. n. 10644 cit. ha affermato che l’indennità di incentivazione (o di presenza) è fornita di tale carattere in base alla disciplina aziendale dei dipendenti di ARIN, in quanto, ancorché erogata nelle sole giornate di effettiva presenza, è causalmente correlata all’ordinaria prestazione lavorativa, sicché è computabile nel trattamento pensionistico, in quanto, ai sensi dell’art. 30 d.l. n.
55/1983, conv. in L. n. 131/1983, possono rientrare nel trattamento pensionistico dei dipendenti degli enti locali -al quale dall’1 gennaio 1987 l’ARIN ha equiparato il trattamento pensionistico dei propri dipendenti -tutti gli emolumenti fissi e continuativi dovuti come remunerazione dell’attività lavorativa;
sempre Cass. n. 10644 cit. ha però precisato che ‘ ai fini della determinazione delle differenze pensionistiche … occorre la dimostrazione della sua effettiva percezione, della misura in cui questa è stata erogata e del periodo di riferimento. Tale indennità … è infatti corrisposta nelle giornate di effettiva presenza e fino ad un massimo di 22 giorni al mese ‘, come previsto dall’accordo aziendale del 02/09/1971, e ciò ‘ esclude che possa farsi riferimento solamente ad uno o più mesi, trattandosi di importi suscettibili di variazione in ragione, appunto, della effettiva presenza dell’interessato … inoltre la determinazione della pensione va effettuata sulla base dello stipendio medio dell’ultimo anno, in esso compresa l’indennità in questione, onde ai fini del computo della stesa nel trattamento pensionistico non può prescindersi dall’importo percepito a tale titolo in detto anno ‘;
alla luce di tali principi vanno quindi rivalutate in questa sede le istanze istruttorie delle originarie ricorrenti;
il capo a) è volto a dimostrare che sin dal 1971 il de cuius aveva percepito mensilmente l’indennità di incentivazione e tuttavia nel capitolo di prova non è coinvolto il dato fattuale dell’effettiva presenza in servizio, invece necessario per computare poi l’entità dell’emolumento ad essa parametrato;
il capo b), relativo al diniego aziendale di rilasciare copia dei cedolini dell’ultimo anno, è generico, in quanto non sono state indicate l’epoca della richiesta (e non può escludersi che essa sia stata proposta oltre il decennio previsto per la conservazione dei documenti contabili) né le modalità di presentazione dell’istanza, se per iscritto, se protocollata o altro; in ogni caso il capitolo non è decisivo, poiché comunque le eredi avrebbero potuto depositare i cedolini relativi al periodo pregresso per offrire al Giudice un campo di valutazione della corresponsione dell’emolumento in parola;
il capo c) è superfluo, atteso che del tutto irrilevante è il comportamento aziendale tenuto in altri giudizi;
il capo d) ha contenuto valutativo, in quanto volto a far dire al teste la media mensile in termini di conferma di un valore già individuato nella misura di lire 904.803, evidentemente tratto dalla busta paga di ottobre 1993, unica in atti, in assenza di altri dati contabili oggettivi da porre in valutazione per calcolare la ‘media’;
peraltro Cass. n. 2133/2014 ha confermato la sentenza d’appello, con cui gli statini paga prodotti dal ricorrente in numero di tre relativi all’ultimo anno di servizio erano stati ritenuti insufficienti ai fini della determinazione delle differenze pensionistiche;
nel caso in esame le originarie ricorrenti hanno prodotto soltanto un cedolino relativo all’anno 1993;
dunque manca la prova della costante presenza in servizio del Palumbo, in particolare nel 1993, della continuatività della percezione dell’emolumento, dell’ammontare dello stesso in relazione alle giornate di effettiva presenza, nonché del valore medio dello stipendio dell’ultimo anno.
6.- Avverso tale sentenza COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
7.- A.B.RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Napoli RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
8.- Le ricorrenti hanno depositato memoria.
9.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. le ricorrenti lamenta no la violazione dell’art. 384 c.p.c. per avere la Corte territoriale disatteso il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione in sede rescindente con l’ordinanza n. 25175/2019.
Il motivo è fondato.
Con la predetta ordinanza questa Corte aveva dato ‘mandato’ ai giudici d’appello di ‘rivalutare le istanze istruttorie alla luce del principio esposto’. E il ‘principio esposto’ era il seguente: ‘ Questa Corte ha chiarito che l’omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciata per
cassazione per vizio di motivazione in ordine all’attitudine dimostrativa di circostanze rilevanti ai fini del decidere, nel caso in cui il ricorrente dimostri l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, ovvero che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa (Cass. n. 23194 del 04/10/2017, Cass. n. 66 del 08/01/2015 ). Nel caso, la Corte territoriale ha rigettato la domanda sul rilievo della mancata prova della costante presenza in servizio del Palumbo nel 1993 e dell’ammontare dell’i n dennità corrisposta nell’ultimo anno. Contraddittoriamente ha però ritenuto inammissibili in quanto non conferenti le istanze istruttorie formulate nel ricorso di primo grado e reiterate in appello, aventi ad oggetto proprio la percezione dell’indennità di incentivazione sin dal 1971 (e quindi anche nel 1993) e l’importo medio mensile percepito a tale titolo nell’ultimo anno ‘.
Dunque la Corte territoriale, in ottemperanza a questo ‘mandato’, non poteva non tenere conto della contraddizione, evidenziata nell’ordinanza rescindente, tra la ritenuta (nella prima sentenza d’appello) inammissibilità di quelle istanze istruttorie e il rigetto della domanda per mancata prova dei fatti costitutivi. Ne deriva che, in sede di rinvio, i giudici d’appello , ai fini del loro giudizio di ammissibilità, non potevano non tenere conto del carattere decisivo che questa Corte aveva ravvisato in quei capitoli di prova in termini di idoneità probatoria dei fatti costitutivi del diritto vantato, tanto da avere accolto il terzo motivo di quel ricorso per cassazione. Pertanto la sentenza di rinvio è certamente errata nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto inammissibili quelle istanze istruttorie.
Il vincolo incombente sul giudice del rinvio consiste nel non poter prescindere dalle emergenze di quei mezzi istruttori, che pertanto sono da espletare. Quelle stesse emergenze resteranno, invece, liberamente apprezzabili, anche alla luce di una valutazione complessiva di tutte le risultanze processuali (Cass. n. 6552/2016), dal momento che ‘ il giudice del rinvio conserva tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento, anche se, nel rinnovare il giudizio, egli è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza
di annullamento, in sede di esame della coerenza logica del discorso giustificativo, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato, ritenuti illogici ‘ (Cass. n. 6552 cit., in motivazione; Cass. n. 4018/2006) o comunque errati in diritto, come nel caso di specie (nell’ordinanza rescindente questa Corte aveva infatti accolto il motivo con cui si denunciava la violazione degli artt. 210, 244, 245 e 421 c.p.c.).
Sul piano della esatta quantificazione delle differenze pensionistiche, peraltro, il giudice ben potrebbe poi far ricorso ai propri poteri d’ufficio (ad esempio mediante una consulenza tecnica d’ufficio di tipo contabile) per non vanificare l’esito probatorio dei ‘presupposti di fatto’ ai quali è ancorato il diritto rivendicato e che questa Corte, nell’ordinanza rescindente, ha già ritenuto idonei -se dimostrati -a dar luogo ad una sentenza opposta (ossia di accoglimento della domanda).
2.- Resta in tal modo assorbito il secondo motivo, proposto in via subordinata ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c., con cui le ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 244, 245 e 421 c.p.c. per avere la Corte territoriale rigettato le istanze istruttorie pur ammissibili e rilevanti, specialmente i capi a) e d).
3.- Il giudice di rinvio regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, in relazione al motivo accolto, nonché per la regolazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in