Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33270 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33270 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34695/2019 R.G. proposto da:
CONCORDATO PREVENTIVO COGNOME RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE VERONA, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1498/2019 depositata il 08/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
IN FATTO
1- Il Concordato Preventivo RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, aveva convenuto avanti al Tribunale di Verona la Provincia di Verona chiedendone la condanna a pagare € 166.229,83, oltre accessori, quale corrispettivo dell’appalto pubblico concluso per il conseguimento del certificato di prevenzione incendi, la riqualificazione funzionale e il rifacimento di impianti elettrico e di illuminazione di un edificio scolastico. La Provincia si era costituita lamentando l’inadempimento dell’appaltatore e chiedendo la condanna della controparte a corrispondere sia la penale da ritardo concordata, sia il maggior danno derivato dalla risoluzione del contratto di appalto e dal conseguente riappalto. Veniva coinvolta nel giudizio anche la società assicuratrice, presso cui era stata stipulata polizza fideiussoria a garanzia dell’adempimento del contratto di appalto, la quale aveva corrisposto alla Provincia l’importo della garanzia. All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale di Verona, riconosciuto il diritto del Concordato al pagamento per le prestazioni eseguite e riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni a favore della Provincia, quantificato anche in considerazione della penale da ritardo pattuita, aveva operato le opportune compensazioni e aveva condannato la Provincia di Verona a rimborsare alla società assicuratrice l’importo di € 19.392,07 circa, percepito oltre il dovuto.
2- Il Concordato aveva proposto appello lamentando, tra l’altro, l’erroneità della sentenza nella parte in cui aveva riconosciuto applicabile la penale pattuita per il ritardato adempimento nonostante l’intervenuta risoluzione del contratto, nella parte in cui aveva ritenuto che non vi fossero i presupposti per la riduzione della penale e nella parte in cui aveva quantificato equitativamente il danno conseguente alla risoluzione contrattuale. Anche RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, aveva proposto appello dolendosi sia dell’interpretazione della polizza fideiussoria ad opera del primo Giudice, con particolare riferimento all’identificazione del
massimale di polizza, sia della quantificazione equitativa del danno, sia della regolamentazione delle spese processuali. La Provincia di Verona si era costituita difendendosi, senza proposizione di appello incidentale.
La Corte d’Appello di Venezia, riuniti i due procedimenti di impugnazione, aveva ritenuto fondati i motivi di critica del Concordato e di Amissima, relativi alla quantificazione equitativa del danno subito dalla Provincia di Verona e correlabile alla risoluzione del contratto di appalto, e superato dalla riforma conseguente della sentenza il profilo di doglianza della società assicuratrice inerente alle spese processuali. Rideterminato quindi il danno da inadempimento subito dalla Provincia di Verona in € 280.000,00 (pari al 10% del valore del contratto) e disciplinati conseguentemente i rapporti di dare avere tra le parti, la Corte d’Appello di Venezia aveva condannato il Concordato a pagare ad Amissima la somma di € 113.770,17, oltre accessori, e la Provincia di Verona a restituire alla stessa società assicuratrice l’importo di € 34.392,08, percepite oltre il dovuto, disciplinando le spese dei due gradi.
3- Propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Venezia il Concordato RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, affidandolo a due motivi, come di seguito articolati:-I) Ex art.360 n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli art.117 DPR 554/99, 1382 e 1383 cc, 16 RD 2440/23, 136 d. lgs. n.163/06, in relazione agli art.1362 cc. e seg. c.c.
Si lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto la debenza dell’importo corrispondente alla penale pattuita per il solo ritardo anche nell’ipotesi di risoluzione del contratto di appalto ex art.136 d. lgs n.163/2006, ‘ vale a dire a causa del dedotto grave ritardo nella conclusione dell’opera, per un numero di giorni che avrebbe comportato una (ipotetica) penale in misura maggiore del 10% dell’importo contrattuale ‘ -così a pag.9 del ricorso-. Rileva la ricorrente che la questione controversa tra le parti ‘ non attiene alla cumulabilità o meno della penale per il ritardato adempimento, con il risarcimento del danno da inadempimento ‘, ma alla previsione nel contratto di appalto in data 19.7.2007 della possibilità di applicazione della penale prevista per il ritardo nella consegna dell’opera anche all’ipotesi di risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’appaltatore, possibilità a giudizio del Concordato da escludere; questo perché l’art.6 del contratto di appalto non richiamerebbe gli articoli del capitolato speciale che hanno ad oggetto la penale da ritardo. Sarebbe evidente, secondo il ricorrente, dalla documentazione
allegata in questa sede (nota 16.3.2011 a firma del RUP e del DL, relazione particolareggiata del dl del 25.2.2011, determina n.2357 del 30.5.2011 di risoluzione del contratto) che ‘ nella rappresentazione della PA il fatto costitutivo della risoluzione del contratto è il grave ritardo nella esecuzione delle opere per il decorso del termine di ultimazione previsto (anche dopo la proroga e la diffida), ritardo di un numero di giorni superiori a quello corrispondente (in astratto) ad una penale pari al 10% dell’importo netto contrattuale ‘ (così il ricorso a pag.13); ma l’art.6 del contratto di appalto, la cui rubrica è ‘ risoluzione e recesso ‘, non richiamerebbe tra le norme applicabili nella situazione disciplinata tutto l’art.117 d. lgs. n.163/06, bensì solo il quarto comma al fine evidente di identificare quando il ritardo diviene grave ex art.1455 c.c., con la conseguenza che in caso di risoluzione o recesso non troverebbero applicazione gli altri commi dell’art.117 cit., né gli art.18 (rubricato ‘ penali in caso di ritardo ‘) e 21 (rubricato ‘ risoluzione del contratto per mancato rispetto dei termini ‘) del capitolato speciale, pure non richiamati. Si aggiunge che l’art.52 del capitolato speciale, richiamato dall’art.6 cit., non prevederebbe l’applicabilità delle penali per il ritardo alla fattispecie della risoluzione del contratto ma si limiterebbe ad individuare i criteri per la quantificazione dei danni subiti dalla stazione appaltante, dei quali la stessa può chiedere il ristoro, in caso di risoluzione del contratto, mentre nessuna delle altre norme richiamate dall’articolo in esame sarebbe pertinente al caso di specie. Sempre secondo la ricorrente la Corte d’Appello avrebbe quindi violato sia gli art.1362 e s. c.c., essendosi discostata senza giustificazione dal testo letterale dell’art.6 cit., pur privo di ambiguità espressive e inerente ad un contratto la cui forma scritta ad substantiam sottoporrebbe a criteri restrittivi l’attività dell’interprete, sia l’art.1382 c.c. nel cui ambito la fattispecie sub iudice non rientrerebbe.
II) Ex art.360 n.3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli art.115 e 116 c.p.c., in relazione agli art.1362, 1382, 1175, 375, 2697 del c.c. e 2 Cost.
Il Giudice d’Appello avrebbe dovuto comunque sottoporre a riduzione la penale contrattuale, ricorrendo a supporto di ciò una serie di circostanze puntuali, tutte documentate. E infatti, da un lato, i lavori non eseguiti ammontavano ad un 7% del valore del contratto (€ 198.000,00 circa a fronte di un valore complessivo dell’appalto di € 2.800.000,00 circa), dall’altro in corso d’opera furono redatti ben 29 verbali di consegna parziale anticipata, con progressiva messa a disposizione e concreto successivo utilizzo dei locali, per lo più aule, oggetto dell’appalto. La
riduzione della penale irrogata, ex art.1384 c.c., dovrebbe essere esaminata anche nella prospettiva della sua sproporzione rispetto alla parte dell’opera che era rimasta da completare a seguito della risoluzione del contratto. In proposito la Corte d’Appello avrebbe mal interpretato le prove, soprattutto quelle documentali, in contrasto con gli art.115 e 116 c.p.c. e attraverso un’errata applicazione del disposto dell’art.2697 c.c. Ai fini che interessano sarebbe importantissima, secondo il ricorrente, la lettura dello stato di consistenza dei lavori e inventario dei materiali, delle opere provvisionali e degli impianti presi in consegna, del 15.6.2011 -che, per il principio di autosufficienza del ricorso, si trascrive nell’atto (pag. da 30 a 35)- dal quale emergerebbe il completamento da parte dell’impresa di tutte le opere appaltate come da progetto in oltre 180 locali dell’istituto: questa emergenza documentale non sarebbe stata, secondo il ricorrente, adeguatamente valorizzata dalla Corte d’Appello, che avrebbe invece fatto riferimento al verbale di constatazione dei lavori ancora da eseguire redatto nel contraddittorio delle parti il 7.3.2011 e alla relazione del RUP del 18.12.2012, ove verrebbero analiticamente descritte le conseguenze del mancato completamento dei lavori affidati all’appaltatrice sulla piena funzionalità ed utilizzabilità di aule e laboratori rilevanti ai fini didattici. Ciò senza considerare che i lavori ancora da eseguire ammontavano, appunto, a soli € 193.000,00 circa. La relazione del RUP sarebbe un documento di parte privo di valenza probatoria ma, anche a voler dare credito al documento, da esso emergerebbe che a non essere utilizzabili per fatto dell’appaltatrice erano non più di 8 locali (2 laboratori di informatica, un ambiente dedicato ai tecnici operativi, una sala per ricevimento genitori utilizzabile anche come sala musica, un blocco di servizi igienici, 2 magazzini al piano terra e un’area di servizio adiacente). Sarebbe ingiustificata, pertanto, l’osservazione della Corte d’Appello secondo cui l’appaltatrice non avrebbe dimostrato che, per effetto delle consegne parziali anticipate, i locali restituiti alla committente fossero nella condizione di poter essere pienamente utilizzati per lo svolgimento delle attività e funzioni didattiche a cui erano destinati. Inoltre, a conferma dell’esistenza dei presupposti per la riduzione della penale, starebbe il fatto che la stazione appaltante avrebbe atteso quasi due anni per riappaltare il completamento delle opere, senza avvalersi della facoltà di riappaltare alle imprese non aggiudicatarie.
4- Ha presentato controricorso la Provincia di Verona, instando per la declaratoria di inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso.
5- Non ha presentato controricorso RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
6- Quanto al motivo di ricorso sub 1), si osserva quanto segue.
6.1- E’ principio giurisprudenziale consolidato che la penale per il ritardo si possa chiedere anche nelle ipotesi di risoluzione del contratto, insieme al risarcimento del danno da inadempimento -cfr. Cass. n.27994/2018, che evidenzia come ‘ L’art. 1383 c.c. vieta il cumulo tra la domanda della prestazione principale e quella diretta ad ottenere la penale per l’inadempimento, ma non esclude che si possa chiedere tale prestazione insieme con la penale per il ritardo e, nella ipotesi di risoluzione del contratto, il risarcimento del danno da inadempimento e la penale per la mancata esecuzione dell’obbligazione nel termine stabilito ovvero, cumulativamente, la penale per il ritardo e quella per l’inadempimento, salva, nel caso di cumulo di penale per il ritardo e prestazione risarcitoria per l’inadempimento, la necessità di tenere conto, nella liquidazione di quest’ultima, della entità del danno ascrivibile al ritardo che sia stato già autonomamente considerato nella determinazione della penale, al fine di evitare un ingiusto sacrificio del debitore ‘; nello stesso senso sono anche Cass. n.22050/19 e Cass. n.5651/2023-.
6.2- Il principio richiamato, al quale fa riferimento la Corte d’Appello, non è del resto messo in discussione dal Concordato ricorrente, che afferma invece come, in concreto, la Corte avrebbe applicato anche in ipotesi di inadempimento contrattuale comportante la risoluzione pure la penale pattuita per il ritardato adempimento, in preteso contrasto con il testo negoziale e, specificamente, con il testo dell’art.6 del contratto di appalto, mal applicando sia le disposizioni normative degli art.117 DPR 554/99, 16 RD 2440/23, 136 d. lgs. n.163/06, sia gli art.1362 cc. e seg. e 1383, 1384 c.c.: la critica al deciso di appello, prospettata come violativa di legge, si radica quindi sostanzialmente sull’affermato fondamento delle valutazioni della Corte consistente nel preteso richiamo, che sarebbe stato operato dall’art.6, all’intero testo dell’art.117 DPR 554/99 e agli art.18 e 21 CSA.
6.3- Ora, nel caso di specie, la risoluzione del contratto di appalto ha fatto seguito ai ritardi dell’appaltatrice nell’esecuzione delle opere, la cui ripetitività e continuatività è stata considerata dalla stazione appaltante talmente grave da giustificare la risoluzione del contratto: non è comprensibile la distinzione che sembra operare la
ricorrente tra ritardo nell’adempimento -che è senz’altro un inadempimento per il quale le parti avevano concordato di applicare una penale, anche vigente il contrattoe inadempimento giustificante la risoluzione -nel caso di specie, lo stesso ritardo che, nel tempo, ha assunto connotati di gravità tali da giustificare l’iniziativa risolutoriaperché, ove dal ritardo nell’adempimento si passi alla risoluzione da quell’inadempimento, divenuto grave, giustificata, saranno risarcibili i danni subiti dalla stazione appaltante adempiente che saranno coperti dall’applicazione della penale fino al permanere del contratto mentre, dopo la risoluzione, non si porrà più un problema di ritardo e -in assenza della previsione di penali di contenuto diverso, correlato all’inadempimento-, non sarà più una questione di applicazione delle penali da ritardo ma di eventuali danni ulteriori in tesi subiti, da dimostrare sia sotto il profilo dell’an che sotto il profilo del quantum (e rispetto a questi danni ulteriori, pure domandati dalla Provincia, la Corte d’Appello ha ritenuto assente la prova necessaria, senza proposizione di doglianze in questa sede).
6.4- Appare evidente dalla semplice lettura della motivazione della sentenza impugnata che la Corte d’Appello di Venezia non ha mai svolto l’affermazione criticata dalla ricorrente.
A pag.9 della sentenza ricorsa si legge infatti che ‘ l’applicazione della penale per il ritardo, anche una volta procedutosi alla risoluzione del contratto, trova sicuro fondamento nell’art.117 DPR n.544/1999, richiamato dall’art.6 del contratto di appalto, nonché negli art.18, 21, 52 e 53 del Capitolato Speciale di Appalto ‘: appare pertanto chiaro che la Corte ha considerato il richiamo al disposto dell’art.117 cit. non limitato ad una sua parte e, in particolare, non ha considerato gli art.18 (che disciplina la penale da ritardo), 21 (che disciplina le conseguenze della risoluzione per mancato rispetto dei termini: il testo dell’articolo è riportato nella motivazione della sentenza e differenzia appunto i danni da ritardo, per i quali opera la penale di cui all’art.18, dai danni correlati alla risoluzione, se provati), 52 e 53 del CSA in quanto richiamati dall’art.6 del contratto ma li ha esaminati -in particolare l’art.21 e l’art.52- e ritenuti in concreto applicabili, a prescindere dall’essere o meno richiamati esplicitamente, in quanto pattuizioni contenute nel CSA facenti parte -integrante, come chiaramente enunciato dal punto 2 della clausola 3 del contratto regolante gli obblighi dell’appaltatore- della disciplina negoziale del rapporto in relazione alla specifica questione oggetto di controversia -sul presupposto implicito che l’inapplicabilità avrebbe dovuto essere specificamente prevista e non viceversa-.
La premessa sulla quale il ricorrente fonda la pretesa violazione di legge ascrivibile alla Corte d’Appello non trova riscontro nella sentenza di appello; ne consegue che il motivo di ricorso in esame non coglie la ratio decidendi della sentenza.
6.5- In conclusione, ciò che la ricorrente vuole ottenere attraverso l’articolazione della doglianza in esame è una rivalutazione dell’interpretazione degli accordi negoziali e del materiale probatorio nel suo complesso per giungere ad una soluzione diversa rispetto a quella conseguita all’operato della Corte d’Appello, che non può essere effettuata in questa sede, perché comportante esclusivamente valutazioni di merito che sono sottratte al vaglio del Giudice di legittimità.
7- Anche il motivo di ricorso esplicitato sub 2) è inondato.
7.1- La Corte d’Appello non ha ritenuto rilevante per la riduzione della penale il fatto che gran parte dell’opera fosse stata, al momento della risoluzione del contratto, già eseguita, residuando lavori per € 200.000,00 circa, perché ‘ la penale non è stata fissata a ristoro dell’integrale esecuzione delle opere appaltate, sibbene del ritardo nella loro esecuzione, sicché è da ritenersi concettualmente errato, anche nella prospettiva dell’art.1384 c.c., imperniata sulla considerazione dell’interesse del creditore all’esatto adempimento, rapportare la sua incidenza economica al valore dei lavori non completati dall’odierna appellante’ . Quanto alla consegna frazionata di parte dei locali oggetto di intervento, risultante da n.29 verbali di consegna parziale, la Corte ha sottolineato che ‘ la restituzione anticipata dei locali alla committente con facoltà d’uso costituisce … attuazione di previsioni contenute negli elaborati progettuali ‘, e quindi di obblighi contrattuali assunti dall’appaltatrice insuscettibili di incidere, anche solo parzialmente, sul ritardo nella complessiva esecuzione delle opere appaltate, per le quali era previsto contrattualmente un termine unico e non frazionato di consegna.
7.2- La questione dell’insufficiente prova, ad onere dell’appaltatrice, sul pieno utilizzo dei locali riconsegnati per lo svolgimento delle attività e funzioni didattiche cui erano destinati è motivata dalla Corte d’Appello attraverso il richiamo al contenuto (esaminato) del verbale di constatazione dei lavori redatto in contraddittorio con l’appaltatrice, in data 7.3.2012, e della relazione del RUP del 18.12.2012, evidenzianti le conseguenze del mancato completamento dei lavori sulla piena funzionalità e utilizzabilità di aule e laboratori rilevanti a fini didattici (non è stata fatta questione sull’utilizzo in sé dei locali ma sul loro utilizzo adeguato per le finalità e funzioni cui erano destinati: è la stessa ricorrente a riconoscere che gli otto
locali non consegnati comprendevano aule di laboratorio per l’Istituto scolastico ad indirizzo tecnico). La Corte ha anche analiticamente esaminato i rilievi dell’appaltatrice in ordine ai tempi per il riappalto delle opere ineseguite, necessitante la rielaborazione della documentazione progettuale e la quantificazione dell’ammontare dei lavori necessari, e all’interesse dell’Ente alla sollecita ultimazione dell’intervento, confermata dall’esistenza di un finanziamento della Fondazione Cariverona.
7.3- Anche in questo caso non emergono profili di violazione di legge o delle norme processuali poiché quello che il ricorrente contesta al Giudice di merito è il modo in cui ha valorizzato, esaminato e valutato il materiale probatorio documentale acquisito riguardo alla sussistenza dei presupposti per la riduzione della penale.
Si tratta quindi di una doglianza che vuole colpire l’attività interpretativo-valutativa del Giudice d’appello riguardante il merito della controversia, attività che è sottratta al vaglio del Giudice di legittimità.
Si richiama, su questi profili, l’insegnamento consolidato della Corte, secondo cui ‘ L’apprezzamento della eccessività dell’importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardato adempimento, e della misura della riduzione equitativa dell’importo medesimo rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità se non negli aspetti relativi alla motivazione ‘ -così Cass. n.23750/2018, in linea con l’interpretazione risalente; cfr. anche Cass. n.6158/2007, secondo la quale ‘ L’apprezzamento sulla eccessività dell’importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardato adempimento, nonché sulla misura della riduzione equitativa dell’importo medesimo, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità, se correttamente fondato, a norma dell’art. 1384 cod. civ., sulla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento con riguardo all’effettiva incidenza dello stesso sull’equilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione con l’entità’ del danno subito. …’ -.
8- Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza relativamente ai rapporti tra il Concordato ricorrente e la Provincia di Verona; nulla si dispone per le spese quanto alla posizione di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, che non ha presentato controricorso.
Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna il Concordato Preventivo RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, a rimborsare alla Provincia di Verona le spese processuali della presente fase di giudizio, che liquida complessivamente nell’importo di € 8.000,00, oltre € 200,00 per anticipazioni e oltre oneri di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari, in ipotesi, a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.13 comma 1 bis .
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte