Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1026 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1026 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26788/2018 R.G. proposto da
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1113/2018 de lla Corte d’Appello di Napoli, depositata il 25.6.2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.10.2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’ attuale controricorrente si rivolse al Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, per chiedere l’accertamento del suo diritto di ricevere dalla liquidazione del Consorzio di Gestione e RAGIONE_SOCIALE, di cui era dipendente, il compenso, a titolo di lavoro straordinario, per il prolungamento dell ‘ orario di lavoro pari a 30 minuti per ogni giorno di effettiva fruizione dei buoni pasto, da quantificarsi in separato giudizio.
Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale respinse la domanda del lavoratore, il quale propose appello, che venne accolto dalla Corte d’Appello di Napoli, la quale accertò il suo diritto a vedersi riconosciuto il compenso per il prolungamento dell’orario di lavoro, come richiesto, maturato nel quinquennio anteriore alla data di ricezione, da parte del Consorzio, dell’istanza di tentativo di conciliazione della lite .
Contro la sentenza della Corte territoriale ha quindi proposto ricorso per cassazione il Comune di Napoli, nel frattempo subentrato in tutti i rapporti pendenti del Consorzio. Il ricorso è affidato a un unico, ma articolato, motivo. Il lavoratore si è difeso con controricorso e ha altresì depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la camera di consiglio ai sensi de ll’ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente denuncia, testualmente, «1. violazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: erronea e falsa interpretazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., art. 8 d.lgs. 66/2003 e ss. c.c. , in relazione all’art. 45, comma 2, CCNL Reg. Enti locali 14.9.2000. 2. violazione ex art. 360, comma 1,
n. 5, c.p.c.: omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di contraddittorio tra le parti».
2. Il ricorso è inammissibile.
2.1. Il ricorrente contesta innanzitutto l’apprezzamento del fatto nella sentenza impugnata, laddove il giudice ha «ritenuto essere stata raggiunta la prova relativa alla omessa fruizione della pausa pasto» da parte del lavoratore. Ma, quantunque il ricorso sia formulato, in parte qua , in termini di denuncia di un vizio di violazione di norme di diritto, esso è in realtà volto a provocare un riesame del fatto che compete al giudice del merito e non può essere materia di ricorso per cassazione.
2.1.1. Il richiamo all’art. 2697 c.c. non è pertinente, perché la Corte territoriale non ha deciso la causa facendo applicazione delle regole sulla distribuzione dell’onere della prova (ovverosia ponendo a carico della parte onerata della prova un fatto rimasto incerto), bensì accertando il fatto che «la mancata predisposizione dei turni di sospensione dell’orario di lavoro … non ha consentito ai lavoratori di fruire della pausa lavorativa nella misura concordata».
2.1.2. Quanto all’art. 115 c.p.c., la deduzione di travisamento della prova, che va denunciata ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., postula che l ‘ errore del giudice di merito cada non sulla valutazione della prova, ma sulla ricognizione del contenuto oggettivo della medesima, con conseguente e assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi acquisiti al giudizio, i contenuti informativi che da essi il giudice di merito ha ritenuto di poter trarre ( ex multis , Cass,.
n. 37382/2022). Nel caso di specie, invece, il motivo di ricorso è volto a censurare proprio la valutazione della prova.
Nemmeno si può ravvisare un errore di percezione delle allegazioni e contestazioni delle parti laddove, nella sentenza impugnata, si è ritenuta «circostanza pacifica» la mancata predisposizione dei turni di sospensione dell’orario di lavoro per la pausa pr anzo, posto che la Corte d’Appello ha fatto chiaro riferimento alla mancanza di una regolazione formale, mentre il ricorrente sostiene soltanto che vi sarebbe stato un embrione di disciplina, «seppure con modalità flessibili», asseritamente desumibile dall ‘ordine di servizio del 31.1.2000.
2.1.3. La «valutazione delle prove» non è direttamente sindacabile in sede di legittimità quale violazione dell’art. 116 c.p.c. ( ex multis , Cass. 34786/2021), a meno che il giudice del merito non abbia erroneamente attribuito il valore di prova legale a mezzi di prova che non hanno tale valore oppure, al contrario, abbia pesato secondo il suo prudente apprezzamento prove cui la legge attribuisce un valore vincolante ( ex multis , Cass. n. 6774/2022).
Certamente non si può ravvisare una violazione di legge nella, peraltro condivisibile, valutazione «del limitato valore delle prove acquisite in altro procedimento, al di fuori del contraddittorio tra le parti».
2.1.4. Infine, nessuna rilevanza riguardo all’accertamento del fatto può essere attribuita all’esistenza di una norma di diritto (art. 8, comma 2, d.lgs. n. 66 del 2003) che impone al datore di lavoro, in difetto di disciplina nella contrattazione collettiva, di concedere, anche sul posto di lavoro, una pausa di almeno dieci minuti tra l ‘ inizio e la fine di ogni periodo
giornaliero di lavoro che ecceda le sei ore. Infatti, la semplice esistenza di una norma di diritto nulla vale ai fini della prova del fatto che quella norma sia stata, nel caso concreto, rispettata.
Su questo punto specifico, e complessivamente nell’esito del giudizio, la decisione qui assunta dà continuità all’orientamento già espresso da questa Corte in altre cause scaturite dalla medesima vicenda, in quanto intentate da altri lavoratori contro il Consorzio di Gestione e RAGIONE_SOCIALE (Cass. nn. 9202/2023, 23507/2022, 6166/2022, 6165/2022, 29946/2018).
Identico discorso vale per la previsione di un obbligo di assicurare la pausa pasto nel CCNL Comparto Regioni ed Enti locali del 14.9.2000 (art. 45, comma 2) : l’esistenza dell’obbligo non ha significato ai fini della prova che esso sia stato adempiuto.
2.2. Nella seconda parte della rubrica dell’unico motivo di ricorso viene denunciato anche il vizio di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sarebbero stati oggetto di discussione tra le parti, ma nella successiva illustrazione tale estensione della doglianza rimane priva di qualsiasi spiegazione. È dunque evidente che essa non richiede alcuna aggiunta alla motivazione sulla inammissibilità del ricorso.
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Si dà atto che , in base all’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 4.000 per compensi, oltre a € 200 per esborsi, spese generali al 15% e agli accessori di legge; con distrazione in favore del difensore antistatario;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19.10.2023.