Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 722 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 722 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21373/2018 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME , elettivamente domiciliate in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l e rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio RAGIONE_SOCIALE TRA AVVOCATI PER AZIONI rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME e LA COGNOME NOME
-controricorrente –
Oggetto: Donazione -Simulazione -Divieto di patti successori -Nullità -Rilievo d’ufficio – Limiti
R.G.N. 21373/2018
Ud. 30/11/2023 CC
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO MILANO n. 3199/2018 depositata il 28/06/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 30/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 28 giugno 2018 la Corte d’appello di Milano, nella regolare costituzione delle appellate NOME, NOME e NOME COGNOME ha accolto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio n. 855/2017 e, in riforma della medesima, ha:
-accertato e dichiarato la nullità sia della scrittura privata datata 15 novembre 2008 sia dell’atto pubblico del 18 dicembre 2008;
-conseguentemente condannato NOME NOME e NOME COGNOME alla restituzione in favore dell’appellante delle quote della società RAGIONE_SOCIALE a ciascuna appellata attribuite tramite il citato atto pubblico del 18 dicembre 2008;
-compensato nella misura del 50% le spese del doppio grado di giudizio, gravando NOME e NOME COGNOME del residuo 50%.
NOME COGNOME aveva adito il Tribunale di Busto Arsizio con citazione in data 30 gennaio 2014, chiedendo revocarsi ex art. 803 c.c. la donazione di quote della società RAGIONE_SOCIALE che il medesimo attore aveva disposto a favore delle sorelle NOME e NOME COGNOME con atto del 18 dicembre 2008.
Si erano costituite NOME NOME e NOME COGNOME eccependo che l’atto , formalmente intestato come donazione,
costituiva, in realtà, esecuzione di una intesa formalizzata con scrittura privata datata 15 novembre 2008, con la quale i genitori delle parti in causa avevano inteso definire, assieme ai figli, l’assetto della divisione dei propri beni tra i figli medesimi.
Avevano quindi dedotto le convenute che detta scrittura -sottoscritta da tutti i membri della famiglia -contemplava , tra l’altro, l’impegno di NOME COGNOME a cedere alle sorelle le quote della RAGIONE_SOCIALE di cui era titolare, al fine di riequilibrare precedenti attribuzioni dei genitori al medesimo NOME COGNOME.
Avevano, pertanto, argomentato le convenute che la donazione di cui l’attore chiedeva la revocazione veniva in realtà a dissimulare un negozio con funzione solutoria, in adempimento de ll’impegno precedentemente assunto dall’attore , appunto, con la citata scrittura privata.
A tale deduzione -secondo la ricostruzione offerta dalla decisione impugnata -l’attore aveva replicato in memoria ex art. 183 , sesto comma, c.p.c., deducendo la nullità della scrittura privata datata in quanto conclusa in violazione del divieto di patti successori di cui all’art. 458 c.c.
Il Tribunale di Busto Arsizio aveva definito il giudizio respingendo la domanda di NOME COGNOME
Il Tribunale -sempre secondo la ricostruzione offerta dalla decisione impugnata -aveva infatti escluso la sussistenza dei presupposti per poter qualificare l’atto pubblico del 18 dicembre 2008 come donazione, e ciò:
-sia perché risultava radicalmente assente in capo al disponente lo spirito di liberalità, risultando che l’attore medesimo aveva operato in esecuzione della scrittura privata datata 15 novembre 2008;
-sia perché era mancato un effettivo depauperamento dell’attore, essendo emerso che, pur essendo le quote formalmente intestate a NOME COGNOME, l’attribuzione patrimoniale proveniva concretamente dai genitori delle parti ed aveva la finalità di riequilibrare precedenti attribuzioni fatte al medesimo NOME COGNOME dai genitori.
Il Tribunale, quindi, aveva concluso che l’atto pubblico di donazione del 18 dicembre 2008 veniva a dissimulare un negozio meramente solutorio, in esecuzione della scrittura privata datata 15 novembre 2008, ed aveva escluso -sul piano processuale -che assumesse rilevanza la mancata formulazione di una domanda di accertamento della simulazione da parte delle convenute, essendo sufficiente la formulazione dell’eccezione riconvenzionale.
Proposto appello da parte di NOME COGNOME e costituitesi regolarmente NOME e NOME COGNOME la Corte d’appello di Milano, nell’accogliere il gravame, ha osservato che:
-correttamente il giudice di prime cure aveva negato all’atto pubblico del 18 dicembre 2008 la natura di donazione, data l’assenza dei due presupposti individuati dall’art. 769 c.c., ed altrettanto correttamente il Tribunale aveva concluso che detto atto pubblico veniva a collegarsi funzionalmente alla scrittura privata datata 15 novembre 2008 e perseguiva lo scopo di realizzare un progetto divisionale del patrimonio dei genitori;
-il giudice di prime cure, tuttavia, aveva proceduto ad una errata interpretazione della scrittura privata datata 15 novembre 2008, in quanto quest’ultima veniva ad integrare un patto successorio, avendo le parti stipulato l’intesa in qualità di aventi diritto alla successione – non ancora aperta
dei genitori e risultando che la comune intenzione delle parti medesime era quella di riequilibrare le rispettive situazioni patrimoniali nell’ottica della futura successione dei genitori rinunciando altresì al diritto di contestare in futuro le donazioni effettuate dai genitori medesimi quali anticipazioni dell’eredità;
-a tal fine non assumeva rilevanza il fatto che quanto trasferito con l’atto pubblico del 18 dicembre 2008 fosse intestato a NOME COGNOME trattandosi di beni che facevano parte di quanto donato dai genitori al medesimo NOME COGNOME, e quindi di beni che concorrevano a formare il patrimonio ereditario ed erano conseguentemente assoggettati a collazione;
-la nullità della scrittura privata datata 15 novembre 2008 per violazione del divieto di patti successori veniva a riflettersi anche sul successivo atto pubblico del 18 dicembre 2008, il quale veniva a consistere in un atto solutorio privo di causa meritevole di tutela ex art. 1322 c.c. e, ulteriormente, nullo perché posto in essere in frode alla legge ex art. 1344 c.c., essendo finalizzato a realizzare uno scopo illecito;
-detta nullità poteva essere rilevata d’ufficio anche in grado d’appello – essendo stata peraltro sollevata la questione dall’appellante già nel giudizio di primo grado, nonostante la mancata formulazione delle conclusioni nell’atto introduttivo di tale giudizio -in quanto la domanda originariamente formulata presupponeva la validità dell’atto pubblico del 18 dicembre 2008, il quale, conseguentemente, si poneva come
elemento costitutivo della domanda su cui il giudice poteva pronunciarsi anche d’ufficio.
Per la cassazione della decisione della Corte d’appello di Milano ricorrono NOME e NOME COGNOME
Resiste con controricorso NOME COGNOME
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
Le parti hanno entrambe depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a sette motivi.
2 .1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità ‘della sentenza e/o del procedimento’ per violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. ‘per avere la Corte d’Appello di Milano erroneamente dichiarato la nullità della Scrittura Privata del 15 novembre 2008 e dell’Atto Pubblico del 18 dicembre 2008, non potendo né accogliere una domanda nuova di dichiarazione della nullità, né dichiarare d’ufficio detta nullità, né accogliere “per l’effetto” la domanda di ripetizione dell’indebito’.
Il ricorso censura la decisione impugnata, per avere la stessa dichiarato la nullità sia della scrittura privata datata 15 novembre 2008 sia dell’atto pubblico del 18 dicembre 2008, sebbene l’odierno controricorrente avesse formulato la relativa domanda solo nel giudizio di appello.
Argomentano, pertanto, le ricorrenti che la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile la relativa domanda mentre la Corte territoriale, statuendo sul merito di essa, sarebbe incorsa nella violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c.
2.2. Con il secondo motivo, formulato in caso di mancato accoglimento del primo, il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità ‘della Sentenza e/o del procedimento’ , per violazione degli artt. 101, primo comma, 102 e 354 c.p.c. e 111 Cost., ‘per avere la Corte d’Appello di Milano accertato e dichiarato la nullità della Scrittura Privata del 15 novembre 2008 e dell’Atto Pubblico del 18 dicembre 2008, all’esito di un processo svoltosi a contraddittorio non integro, non essendo state parti di esso, quali contraddittori necessari, tutti i soggetti che hanno stipulato tali atti’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la declaratoria di nullità della scrittura privata datata 15 novembre 2008 e dell’atto pubblico del 18 dicembre 2008 è stata assunta senza che nel contraddittorio processuale fossero stati coinvolti tutti i soggetti che avevano concluso tali atti e che era, quindi, litisconsorti necessari rispetto alla domanda di accertamento della nullità.
2.3. Il primo motivo è fondato.
Questa Corte ha costantemente affermato (a far tempo da Cass. Sez. U, Sentenza n. 26243 del 12/12/2014 e con le successive Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 10233 del 18/04/2023; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 28377 del 29/09/2022; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 26495 del 17/10/2019; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 22457 del 09/09/2019; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 22678 del 27/09/2017; Cass. Sez. U – Sentenza n. 7294 del 22/03/2017; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5249 del 16/03/2016) il principio a mente del quale la regola, affermata da Cass. Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014, della rilevabilità d’ufficio delle nullità negoziali da parte del giudice nel corso del processo e fino alla precisazione delle conclusioni dev’essere coordinata con il principio della domanda di cui agli artt. 99 e 112 c.p.c., con la conseguenza che il giudice se, da un lato, può sempre rilevare la nullità negoziale anche
in grado di appello, trattandosi di eccezione in senso lato in funzione del rigetto della domanda riconducibile al disposto di cui all’art. 345, secondo comma, c.p.c., salvo il caso in cui sulla validità si sia già formato il giudicato, dall’altro lato, non può dichiarare detta nullità allorquando la relativa domanda della parte sia stata formulata solamente nel grado di appello, a ciò ostando il divieto fissato dall’art. 345, primo comma, c.p.c., e deve, semmai, convertire detta domanda, esaminandola nel merito, come eccezione di nullità legittimamente formulata dall’appellante ai sensi del citato art. 345, secondo comma, c.p.c.
Nel caso in esame, si deve rilevare -anche in virtù dell’esame diretto degli atti nell’esercizio dei poteri di giudice del fatto processuale, essendo dedotto un error in procedendo (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 20716 del 13/08/2018; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 6014 del 13/03/2018; Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 25259 del 25/10/2017) -che l’odierno controricorrente è venuto a formulare la domanda di accertamento della nullità sia della scrittura privata del 15 novembre 2008 sia dell’atto pubblico del 18 dicembre 2008 unicamente nel proprio atto di appello, laddove nel giudizio di prime cure si era limitato, in memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. a dedurre tale nullità meramente ope exceptionis .
Deduzione, peraltro, svolta con l’anodina formula ‘accertata e dichiarata la nullità/invalidità/inesistenza della privata scrittura sottoscritta il 15/11/2008’ , riferita unicamente alla scrittura privata del 15 novembre 2008 -insistendosi invece a chiedere la revocazione della donazione ex art. 803 c.c. -e radicalmente inidonea a costituire formulazione di una vera e propria domanda di accertamento della nullità.
Si deve, pertanto, concludere che la Corte d’appello di Milano, nel dichiarare la nullità sia della scrittura privata del 15 novembre 2008 sia dell’atto pubblico del 18 dicembre 2008, senza invece limitarsi a convertire la domanda in mera eccezione, esaminandola sotto tale profilo, si è posta in contrasto con il principio poc’anzi enunciato ed è venuta a statuire su una domanda che risultava inammissibile per violazione dell’art. 345, primo comma, c.c.
Da ciò deriva l’accoglimento del primo motivo e l’assorbimento del secondo, formulato in via subordinata.
3.1. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità ‘della Sentenza e/o del procedimento’ , per violazione dell’art. 112 c.p.c. ‘per avere la Corte d’Appello di Milano omesso di statuire in merito all’eccezione/ domanda di inammissibilità formulata dalle signore COGNOME per violazione del divieto di venire contra factum proprium ‘ .
Le ricorrenti vengono a dolersi del fatto che la Corte territoriale non abbia valutato l’eccezione con la quale veniva argomentata l’assoluta contraddittorietà tra la domanda inizialmente formulata dal controricorrente e le successive deduzioni che hanno investito il tema della validità della scrittura privata datata 15 novembre 2008 e dell’atto pubblico del 18 dicembre 2008.
3.2. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ‘per avere la Corte d’Appello di Milano omesso di esaminare il comportamento processuale del Sig. NOME COGNOME tenuto ln violazione del divieto di venire contra factum proprium’ .
3.3. I due motivi sono infondati.
Da un lato, infatti, occorre rammentare che la modificazione della domanda risulta ammessa ex art. 183 c.p.c. a condizione che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali (Cass. Sez. U, Sentenza n. 12310 del 15/06/2015), da ciò derivando la piena legittimità della modifica della linea difensiva, ove operata nel rispetto delle preclusioni di legge, senza che nella stessa possa ravvisarsi una forma di abuso delle facoltà processuali.
Dall’altro lato va richiamato il consolidato orientamento di questa Corte, a mente del quale il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 10422 del 15/04/2019; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 25154 del 11/10/2018; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 1876 del 25/01/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22083 del 26/09/2013).
4.1. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità ‘della Sentenza e/o del procedimento’ , per violazione degli artt. 101, secondo comma, e 112 c.p.c. nonché 24 e 111 Cost. ‘per avere la Corte d’ Appello di Milano rilevato d’ufficio la questione della nullità dell’Atto Pubblico del 18 dicembre 2008 perché redatto in frode alla legge, ai sensi dell’art. 1344 cod. civ., ossia per realizzare un progetto divisionale del patrimonio ereditario, senza sottoporre alle parti la relativa questione (c.d. sentenza a sorpresa o della terza via)’ .
4.2. Il motivo è infondato
Se, come osservato in sede di esame del primo motivo di ricorso, la domanda di accertamento della nullità formulata solo in appello
dall’ odierno controricorrente era da ritenersi nuova, e quindi inammissibile, è tuttavia vero che, alla luce degli stessi principi richiamati poc’anzi, ben poteva la Corte territoriale esaminare tale profilo nella forma della mera eccezione di nullità, essendo stato il profilo medesimo ormai dedotto in giudizio da una delle parti, senza che tale esame si traducesse in un rilievo di ufficio e senza, quindi, che occorresse provocare un contraddittorio che, a seguito della formulazione della domanda, si era già venuto a creare.
5.1. Con il sesto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 458, 1322, 1362 c.c. ‘per aver la Corte di Appello dl Milano erroneamente ritenuto che la Scrittura Privata 15 novembre 2008 costituisse un parto successorio dispositivo e abdicativo nullo’ .
Il ricorso censura la decisione impugnata, nella parte in cui quest’ultima ha ritenuto che la scrittura privata datata 15 novembre 2008 venisse ad integrare un patto successorio, argomentando che:
-la Corte territoriale avrebbe attribuito alla decisione di primo grado conclusioni che invece in quest’ultima non sono formulate, avendo il Tribunale di Busto Arsizio unicamente affermato che l’intesa in questione mirava a riequilibrare le posizioni dei contraenti ed a realizzare un progetto divisionale del patrimonio ereditario;
-l’interpretazione cui è pervenuta la Corte d’appello si porrebbe in contrasto con l’art. 1362 c.c. e non terrebbe conto della natura eccezionale dell’art. 458 c.c. quale limite all’autonomia privata.
5.2. Con il settimo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 1344 c.c. ‘per
avere la Corte d’Appello di Milano erroneamente ritenuto che l’Atto Pubblico del 18 dicembre costituisse un contratto in frode alla legge’ .
Il ricorso censura la decisione impugnata, nella parte in cui quest’ultima ha ritenuto che l’atto pubblico del 18 dicembre 2008 costituisse contratto in frode alla legge in quanto finalizzato ad eludere il disposto di cui all’art. 458 c.c., argomentando ch e:
-sia la scrittura privata datata 15 novembre 2008 sia il menzionato atto pubblico del 18 dicembre 2008 concernevano beni che erano già nella titolarità del controricorrente e quindi non potevano integrare una violazione dell’art. 458 c.c.;
-la Corte d’appello avrebbe erroneamente attribuito al contenuto della scrittura privata datata 15 novembre 2008 una finalità abdicativa rispetto ai diritti derivanti ai legittimari dall’apertura della successione, senza che invece una simile volontà emergesse in modo univoco dalla scrittura medesima.
5.3. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente.
Il sesto motivo è fondato.
Questa Corte ha, anche recentemente, chiarito che, per stabilire se una determinata pattuizione ricada sotto la comminatoria di nullità di cui all’art. 458 c.c. occorre accertare: 1) se il vincolo giuridico con essa creato abbia avuto la specifica finalità di costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta; 2) se la cosa o i diritti formanti oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come entità della futura successione o debbano comunque essere compresi nella stessa; 3) se il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, privandosi, così dello jus poenitendi ; 4) se l’acquirente abbia
contrattato o stipulato come avente diritto alla successione stessa; 5) se il convenuto trasferimento, dal promittente al promissario, debba aver luogo mortis causa , ossia a titolo di eredità o di legato (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 14110 del 24/05/2021; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1683 del 16/02/1995).
Ulteriormente, questa Corte ha chiarito che, in tema di patti successori, l’atto mortis causa , rilevante gli effetti di cui all’art. 458 c.c., è esclusivamente quello nel quale la morte incide non già sul profilo effettuale (ben potendo il decesso di uno dei contraenti fungere da termine o da condizione), ma sul piano causale, essendo diretto a disciplinare rapporti e situazioni che vengono a formarsi in via originaria con la morte del soggetto o che dalla sua morte traggono comunque una loro autonoma qualificazione, sicché la morte deve incidere sia sull’oggetto della disposizione sia sul soggetto che ne beneficia: in relazione al primo profilo l’attribuzione deve concernere l’ id quod superest , ed in relazione al secondo deve beneficiare un soggetto solo in quanto reputato ancora esistente al momento dell’apertura della successione (Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 18198 del 02/09/2020).
Occorre poi rammentare che, in fattispecie affine a quella oggetto del presente ricorso, questa Corte ha ritenuto che l’assunzione tra fratelli dell’obbligo di conguaglio per la differenza di valore dei beni loro donati in vita dal genitore non violi il divieto di patti successori, non concernendo i diritti spettanti sulla futura successione mortis causa del genitore (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24291 del 27/11/2015).
Di tali principi, pur in parte richiamati nella decisione impugnata, la Corte d’appello di Milano, nell’affermare il contrasto della scrittura del 15 novembre 2008 con il disposto di cui all’art. 458 c.c., non risulta avere fatto buon governo.
La Corte territoriale, invero, ha ritenuto di ricondurre la scrittura in questione all’ambito dei patti successori sulla scorta della considerazione che le pattuizioni contenute nella scrittura medesima miravano ad operare un riequilibrio tra le posizioni patrimoniali di figli dopo che solo alcuni di essi avevano ricevuto donazioni -peraltro non ben inquadrate nella decisione stessa -da parte dei genitori, concludendo che con tale riequilibrio si era mirato ad operare una ripartizione anticipata delle quote ereditarie tra i futuri aventi diritto alla successione, rinunciando a muovere contestazioni su eventuali lesioni della quota di legittima a ciascun erede spettante.
È agevole notare, tuttavia, che, in tal modo, la Corte territoriale ha omesso di verificare la presenza di almeno due dei presupposti individuati da questa Corte ai fini dell’applicazione dell”art. 458 c.c., e cioè, da un lato, se i promittenti -e cioè i genitori delle odierne parti avessero inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, privandosi, così dello jus poenitendi e , dall’altro lato, se il convenuto trasferimento, dal promittente al promissario, avesse luogo mortis causa , ossia a titolo di eredità o di legato, dovendosi osservare, anzi, che la stessa scrittura, pur riconducendo ai genitori -e non all’odierno controricorrente, formale titolare -il promesso trasferimento delle quote della società, veniva a qualificare lo stesso come donazione e non come attribuzione mortis causa .
Le conclusioni cui la Corte territoriale è pervenuta risultano, poi, ancora più fragili ove si consideri che la stessa -senza alcuna valutazione del patrimonio complessivo dei genitori disponenti – ha postulato apoditticamente sia che l’intesa in questione venisse in sostanza ad investire i due futuri assi ereditari dei genitori nel loro complesso sia che le attribuzioni convenute nella scrittura fossero
finalizzare ad evitare future contestazioni in tema di lesione di legittima.
In alcun modo, invece, la Corte territoriale ha verificato se le attribuzioni contemplate nella scrittura mirassero più semplicemente ad operare un riequilibrio delle posizioni patrimoniali unicamente in considerazione delle donazioni già conseguite da alcuni dei figli, e senza in alcun modo inserire funzionalmente tale riequilibrio nell’ambito della futura successione di ciascuno dei genitori, profilo, quest’ultimo, che anzi non appare in alcun modo desumibile in modo inequivoco dal tenore della scrittura stessa.
Vi è da dire, ulteriormente, che da quest’ultima non emerge neppure una volontà abdicativa dei paciscenti in ordine all’assetto delle future successioni, atteso che le espressioni impiegate nella scrittura -ritenute invece pregnanti dalla decisione impugnata – non presentano alcun univoco riferimento alle successioni medesime (considerato, come già fece la citata Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24291 del 27/11/2015, ‘che , ai fini della determinazione della porzione disponibile e delle quote riservate ai legittimari, occorre avere riguardo alla massa costituita da tutti i beni che appartenevano al “de cuius” al momento della morte – al netto dei debiti – maggiorata del valore dei beni donati in vita dal defunto; pertanto, siffatta lesione intanto può configurarsi in quanto sia verificata con riferimento alla consistenza del patrimonio al momento della morte del de cuius, momento fino al quale esso può incrementarsi per successivi acquisti ‘ ) ed anzi, proprio sulla scorta del tenore letterale della scrittura, appaiono riferibili, non agli assetti delle future successioni, bensì alle ‘ situazioni patrimoniali pregresse ‘, per usare proprio una locuzione contenuta nella scrittura medesima.
Ribadito, allora, il principio per cui l’impegno assunto da fratelli, d’intesa con i genitori, di procedere a forme di conguaglio o compensazione per la differenza di valore dei beni loro donati in vita dai genitori non viola il divieto di patti successori, in quanto non viene ad investire i diritti spettanti sulla futura successione mortis causa del genitore ed anzi non trova in quest’ultima il presupposto causale, si deve concludere che la decisione della Corte territoriale ha erroneamente ritenuto di ravvisare, in simile pattuizione, una ipotesi di violazione del disposto di cui all’art. 458 c.c.
Da ciò deriva l’accoglimento del sesto motivo, il quale comporta l’assorbimento del settimo .
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto in relazione al primo ed al sesto motivo e la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, la quale si conformerà ai principi qui enunciati, provvedendo altresì a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, a lla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell ‘adunanza camerale in data 30 novembre