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Patto successorio: quando un accordo è nullo?

Un fratello cita in giudizio le sorelle per revocare la donazione di quote societarie. Le sorelle si difendono sostenendo che l’atto fosse parte di un accordo familiare più ampio, volto a riequilibrare precedenti donazioni ricevute dal fratello da parte dei genitori. La Corte d’Appello aveva dichiarato nullo sia l’accordo che la donazione, qualificandoli come patto successorio vietato. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 722/2024, ha annullato tale decisione, distinguendo nettamente tra un accordo compensativo per donazioni passate, che è lecito, e un vero e proprio patto successorio, che dispone di una successione non ancora aperta.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile

Patto Successorio: La Cassazione chiarisce i confini tra accordi familiari leciti e nulli

Un accordo tra fratelli per riequilibrare le donazioni ricevute in vita dai genitori può essere considerato un patto successorio vietato dalla legge? A questa domanda cruciale ha risposto la Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 722 del 2024, tracciando una linea netta tra la legittima sistemazione di assetti patrimoniali tra vivi e gli accordi illeciti su una successione futura. Il caso offre spunti fondamentali per comprendere i limiti dell’autonomia privata in ambito familiare e successorio.

I fatti del caso

La vicenda giudiziaria trae origine dall’azione di un fratello contro le proprie sorelle. L’uomo chiedeva la revoca di un atto con cui aveva donato loro delle quote di una società di famiglia. A sua difesa, le sorelle sostenevano che tale donazione non fosse un atto di liberalità, ma l’adempimento di un obbligo assunto in precedenza con una scrittura privata.

Questo accordo, sottoscritto da tutti i fratelli e dai loro genitori, mirava a ristabilire un equilibrio patrimoniale, compensando le sorelle per precedenti e più cospicue donazioni che i genitori avevano fatto in passato a favore del fratello. In sostanza, la donazione delle quote societarie serviva a ‘pareggiare i conti’ in famiglia.

La decisione dei giudici di merito

Il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda del fratello, escludendo che l’atto fosse una donazione revocabile, in quanto privo dello spirito di liberalità. Secondo il giudice, si trattava di un atto con funzione solutoria, eseguito in base all’accordo familiare precedente.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato la decisione. Accogliendo l’appello del fratello, ha dichiarato la nullità sia della scrittura privata del 2008, sia del successivo atto pubblico di donazione. La motivazione? Entrambi gli atti, collegati funzionalmente, costituivano un patto successorio, nullo ai sensi dell’articolo 458 del Codice Civile. Secondo la Corte territoriale, l’intenzione comune delle parti era quella di regolare in anticipo le future successioni dei genitori, riequilibrando i patrimoni in vista di tale evento e rinunciando a future contestazioni, violando così il divieto di legge.

L’analisi della Corte di Cassazione e la validità dell’accordo

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso delle sorelle, cassando con rinvio la sentenza d’appello. I giudici supremi hanno fornito una rigorosa interpretazione dei criteri per identificare un patto successorio vietato, evidenziando l’errore commesso dalla Corte territoriale.

Perché un accordo ricada nel divieto dell’art. 458 c.c., devono sussistere precise condizioni:
1. L’accordo deve avere lo scopo specifico di creare, modificare o estinguere diritti relativi a una successione non ancora aperta.
2. I beni oggetto dell’accordo devono essere considerati dalle parti come parte di un’eredità futura.
3. Chi dispone dei diritti deve agire con l’intento di regolare la propria successione, privandosi della facoltà di cambiare idea (il cosiddetto jus poenitendi).
4. Il trasferimento dei beni deve avvenire mortis causa, cioè a titolo di eredità o legato, e non inter vivos (tra vivi).

Nel caso di specie, la Cassazione ha ritenuto che queste condizioni non fossero state adeguatamente verificate dalla Corte d’Appello.

Le motivazioni della decisione

La Corte Suprema ha chiarito che l’accordo tra i fratelli, d’intesa con i genitori, non violava il divieto di patto successorio. La sua finalità non era disporre di beni di una futura eredità, ma compensare e riequilibrare il valore di donazioni già avvenute in vita. Si trattava quindi di un negozio inter vivos, con effetti immediati, che mirava a regolare situazioni patrimoniali pregresse e non future successioni.

La Corte d’Appello ha erroneamente presunto che l’intento fosse quello di regolare le future quote ereditarie, senza però analizzare se i beni oggetto dell’accordo fossero stati considerati come parte del futuro asse ereditario dei genitori o se i genitori avessero inteso disporre della loro intera successione, rinunciando alla libertà testamentaria.

Inoltre, la Cassazione ha ribadito un principio importante, già affermato in precedenza: l’impegno assunto tra fratelli a procedere a conguagli per compensare la differenza di valore di beni donati loro in vita dal genitore non viola il divieto di patti successori, poiché non riguarda i diritti spettanti sulla futura successione mortis causa.

Conclusioni

La decisione della Cassazione è di grande importanza pratica. Essa chiarisce che gli accordi familiari volti a perequare il valore di donazioni già effettuate sono legittimi e non configurano un patto successorio nullo. Per aversi nullità, è necessario che l’accordo disponga di diritti nascenti da una successione non ancora aperta, trattando i beni come parte di un’eredità futura e vincolando la volontà del futuro testatore. La sentenza, annullando la decisione di secondo grado, impone alla Corte d’Appello di riesaminare il caso attenendosi a questi rigorosi principi, riaffermando così la validità di quegli accordi familiari che, pur avendo riflessi patrimoniali significativi, si muovono nell’ambito di rapporti giuridici tra vivi.

Quando un accordo familiare è considerato un patto successorio vietato?
Un accordo è un patto successorio vietato quando ha la specifica finalità di costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi a una successione non ancora aperta, e i beni oggetto della convenzione sono considerati dalle parti come entità della futura successione. Inoltre, il disponente deve intendere provvedere alla propria successione, privandosi della libertà di cambiare idea, e il trasferimento deve avvenire a causa di morte (mortis causa).

Un accordo tra fratelli per compensare il diverso valore di donazioni ricevute dai genitori è nullo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’impegno assunto tra fratelli, d’intesa con i genitori, di procedere a forme di conguaglio o compensazione per la differenza di valore dei beni loro donati in vita non viola il divieto di patti successori. Questo perché l’accordo non investe i diritti spettanti sulla futura successione del genitore, ma regola rapporti patrimoniali già esistenti tra vivi.

È possibile chiedere per la prima volta in appello la dichiarazione di nullità di un contratto?
La questione è complessa. La Cassazione chiarisce che la nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice anche in appello, ma una vera e propria domanda di accertamento della nullità, formulata per la prima volta in secondo grado, è inammissibile per violazione del divieto di domande nuove in appello (art. 345 c.p.c.). Il giudice d’appello può però esaminare la questione come eccezione di nullità, se sollevata per paralizzare la pretesa avversaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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